Bardot secondo Beauvoir

 

” Brigitte Bardot è l’esemplare più completo di queste ambigue ninfe. Visto di spalle, il suo corpo di ballerina, minuto, muscoloso, è pressoché androgino; la femminilità balza esuberante dal suo busto incantevole; sulle sue spalle scende la lunga e voluttuosa chioma di Melisenda, acconciata però con una negligenza da selvaggia; le sue labbra accennano un broncio puerile e nello stesso tempo invitano a baciare; cammina a piedi nudi, se ne infischia di come è vestita, non porta gioielli, non ricorre a busti, non si profuma, non fa uso di nessun artificio, purtuttavia le sue movenze sono lascive, e un santo si dannerebbe soltanto a vederla danzare. “

 

Simone de Beauvoir

estratto dal saggio Brigitte Bardot

 

Buon giovedì,

New denim e glamour anni ’70 per l’ estate Miss Sixty

 

Belle immagini, quelle della campagna pubblicitaria pe 2012 di Miss Sixty, che si affida ancora una volta ad una più che mai sensuale Belén Rodriguez per evidenziare alcuni tra i capi di maggior spicco della bella stagione prodotti dal brand. Le foto dello spagnolo Txema Yeste immortalano una location in interni in cui l’ ambiente minimal, i giochi di luce ed ombre, il tecnologico riflesso azzurrino che proviene dallo schermo di un televisore ricordano vagamente certe atmosfere di Paris, Texas di Wim Wenders. In un’ atmosfera che mixa una profusa virtualità alla carnalità insolente e marcata di Belén Rodriguez, la showgirl viene ritratta in pose che risaltano le gambe affusolate ed il corpo slanciato, donando una perfetta visibilità ai capi presentati: un abito turchese plissettato, stretto in vita da una cintura dorata e di ispirazione anni ’70, rappresenta una delle novità che ha riscosso molteplici consensi e apprezzamenti. In un successivo scatto, Belén – in accordo con il boom ‘di ritorno’ del denim attualmente in corso – indossa denim in total look: camicia e skinny jeans pensati ad hoc per valorizzare la silhouette.

 

 

Profonde attorno a sè un alone di glamour il minidress in colori fluo a contrasto con le righe nere che creano un particolarissimo effetto, mantenuto aderente al corpo grazie a una serie di listelli in tessuto incrociati sul dorso. Le zeppe, vertiginose e in total black, strette alla caviglia grazie a una serie di lacci intrecciati, rappresentano il tocco in più che fa la differenza: sexy e sciccose.

 

 

Il denim riappare in tutto il suo splendore coniugato in versione anni ’70 nella tutina délavè dal profondo scollo a V e stretta in vita da un cinturone in corda. Miss Sixty, per la stagione attuale, ha puntato copiosamente sul restyling del jeans, proponendolo frequentemente a vita alta e in modelli ampi e scampanati  versione Studio 54.

 

 

Ed ancora una volta il look è sexy a profusione grazie al denim grigio délavè abbinato a un corpetto nero che lascia la schiena quasi completamente scoperta. Per un effetto strong e ammaliante, d’obbligo il mix con le décolleté dal tacco a spillo che riprendono la fantasia, nei toni del perla, del jeans.


 

Buon mercoledì.

 

 

 

Julian Schnabel: l’arte come respiro vitale

The conversion of St. Paolo Malfi, una delle tele esposte a Fabriano in occasione della rassegna POIESIS 2012 (foto tratta dal sito http://poiesis-fabriano.it/)

 

“Dipingere è come respirare, per me. E’ quel che faccio tutto il tempo. Produco arte ogni giorno, che sia dipingere, scrivere o girare un film.” (Julian Schnabel)

Nato a New York nel 1951, Julian Schnabel si trasferisce dopo pochi anni in Texas con la propria famiglia, dove si laurea all’ University of  Houston prima di far ritorno a New York grazie alla partecipazione ad un programma di studio indipendente al Whitney Museum of American Art: pare che la sua application per il Whitney abbia incluso esemplari delle sue opere inserite tra due fette di pane, a mò di sandwitch. A New York, per un breve periodo lavora anche come cuoco e si dedica all’arte intervallando la sua passione alla frequentazione di ristoranti e night-club. Risale al 1975 la sua prima personale, organizzata al Contemporary Art Museum di Houston; negli anni seguenti, sono frequenti i suoi viaggi in Europa: Italia, Germania, Spagna, dove rimane fortemente colpito dall’architettura di Antoni Gaudì, da Cy Twombly e Joseph Beuys. E’ grazie alla personale esposta alla Mary Boone Gallery, nel 1979, che esplode la sua fama: Julian Schnabel inizia a ricevere un’ ampia considerazione e vasti consensi dal mondo artistico, tanto da partecipare – appena un anno dopo – alla Biennale di Venezia con i suoi lavori. A metà anni ’80 è già visto come una figura di spicco del movimento neo-espressionista; si è fatto notare grazie alla serie dei plate painting, enormi disegni su schegge di piatti di ceramica dalle grandi dimensioni,e ai Japanese paintings. Le immense tele dedicate a Jane Birkin, che oggi hanno raggiunto quotazioni altissime, rappresentano una sorta di sample’delle opere per cui Schnabel viene maggiormente conosciuto; tele dalle maxi dimensioni in cui il colore viene tracciato con pennellate decise, schizzato, impastato con le mani stesse dell’artista: Schnabel sperimenta da sempre una sorta di simbiosi con la pittura che lo spinge ad immergersi nel suo mondo, molto spesso, usando le mani per ‘sentire’ il colore e per tastarne la consistenza tra le dita. Dici Julian Schnabel e subito ti viene in mente un uomo per cui ogni cosa è concepita ‘in grande’, cosi come imponente è la sua fisicità: un illimitato loft newyorchese,  location per eccellenza del suo lavoro, le ciclopiche tele issate su supporti o appese al muro, la forza con cui l’artista infierisce sulla materia quasi a provocare degli squarci di colore. Negli anni 90, incomincia a dedicarsi anche al cinema: nel 1996 esordisce con Basquiat, un film incentrato sulla vita del famoso graffitista. A David Bowie spetta il ruolo di Andy Warhol, scopritore del giovane artista newyorchese morto a soli 27 anni per un’overdose. Il secondo film lo gira nel 2000 dedicandolo a Reinaldo Arenas, scrittore cubano censurato e imprigionato dal regime di Castro. Lo interpreta lo spagnolo Javier Bardem, ricevendo anche una nomination all’ Oscar come miglior attore. Nel 2007 è la volta di Lo scafandro e la farfalla, che narra la vera storia di Jean Dominique Bauby – ex direttore di ELLE Francia – e la sua alienante convivenza con l’ictus che lo colpì: un film interpretato da Mathieu Almarit ed Emmanuelle Seigner che ha fatto il pieno di riconoscimenti, valendo a Schnabel il premio per la miglior regia al Festival di Cannes e numerosissimi, prestigiosi altri premi. I film rappresentano una diramazione importantissima del lavoro di Julian Schnabel, un processo creativo in cui si immerge a 360° curandone ogni minimo dettaglio. Sceneggiatura, regia, composizione della musica fanno capo unicamente a lui, che è spesso sul set anche nelle vesti di attore. Lou Reed’s Berlin, un documentario relativo al tour di Lou Reed del 2007, e Miral, tratto da un libro di Rula Jebreal sulla causa palestinese, sono i suoi più recenti lungometraggi. Miral, presentato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nel 2010, è stato sceneggiato da colei che è stata  l’ ultima compagna, in ordine di tempo, dell’artista newyorchese, ossia la Jebreal stessa. Julian Schnabel, le cui opere sono esposte nei più prestigiosi musei di tutto il mondo (per citarne solo alcuni: il Met, il Museum of Modern Art, il Whitney, il MOCA di Los Angeles, il LA County Museum of Art e, in Europa, in gallerie quali la Reina Sofia di Madrid, la Tate di Londra e il Centre Pompidou di Parigi) vive oggi a Palazzo Chupi, un’ immensa e splendida palazzina nel West Village progettata dall’artista in persona ispirandosi allo stile – vagamente veneziano – di un palazzo italiano. Contraddistinto da una facciata color rosa brillante e da due ampie arcate a portici nei piani più alti, Palazzo Chupi conta su un interior décor singolarissimo che coniuga classicismo ed eccentricità in un mix di tonalità insolite e vivaci. Un design che è una vera e propria opera d’arte, pensato dallo stesso Schnabel e cosi denominato in onore dell ‘ex moglie e modella Olatz Lopez Garmendia, detta ‘Chupi’. L’arte si conferma, ancora una volta, come vita stessa dell’artista newyorchese, rendendosi protagonista persino dello scenario quotidiano che lo circonda: dal momento in cui apre gli occhi ogni mattino all’ istante in cui va a dormire, il suo creare gli ribadisce, costantemente e ad ogni sguardo, la sua immensa, supereclettica genialità.

 

Palazzo Chupi

 

Buon martedì.

Candy colors per il denim ASOS

Il ritorno del denim rappresenta uno dei focus su cui è incentrata tutta la moda primavera estate  2012. Il jeans si ripresenta più versatile, diversificato, longevo che mai applicandosi anche agli accessori, ricreando un mood vagamente anni ’70 che contempla borse, scarpe – dalle décolletè alle zeppe – bijoux e persino l’ intimo. Ma non poteva certamente mancare di declinarsi in quella caratteristica palette cromatica che viene ormai da tempo indicata come il principale leit-motiv estivo: delicati colori pastello e golose tinte sorbetto si alleano infatti per contribuire al nuovo denim look, che alla storica praticità del tessuto abbina tonalità inedite e un’ accentuata femminilità. ASOS Candy Denim Collection si rende protagonista di questo trend assemblando outfit in un ricorrente ton sur ton che include ogni sorta di sfumatura bon bon: viola glicine, verde pistacchio, rosa fragola, giallo limone, rosso corallo si affiancano al verde acqua e al rosa pastello definendo un effetto dolcemente caramelloso. I jeans, in svariati modelli che comprendono lo skinny, il boyfriend, la classica versione a tubo e i minishort, vengono mixati a t-shirt, bluse dall’ importante fiocco legato al collo, giubbini in denim, camicine annodate in vita e comode giacche. Il technicolor, atout vincente dell’ intera collezione, si presta a giochi ed assembaggi assolutamente personalizzati e variegati: sta a noi mixare tinte e toni in un mélange estrosamente creativo o rimaner fedeli a quel tono su tono che costituisce lo spirito base della Candy Collection lanciata dal noto brand made in the UK. Ancora una volta, la bella stagione si prospetta a tutto colore e ricca di ritorni clou, confermando il denim tessuto evergreen da  mezzo secolo a questa parte.

Buon lunedì.

 

 

Nuovo taglio, nuova vita

 

Sarà che dalla produzione di Peyton Place, nel 1965, quando decise improvvisamente di tagliarsi i capelli durante la lavorazione della serie, era stata aspramente rimproverata: ma dei suddetti rimbrotti, Mia Farrow si prese una definitiva rivincita appena tre anni dopo, grazie a un film come Rosemary’s baby e ad un regista estroso e visionario come Roman Polanski. Polanski, infatti, sul set del suo film più oscuro volle nientemeno che il giovane ‘fenomeno’ dell’ hairstyle Vidal Sasson,  e nella pellicola inserì una scena che prevede un’ inaspettata uscita dal parrucchiere di Rosemary, il personaggio interpretato dalla Farrow, che al suo ritorno esibisce un taglio corto e sfilato. Un taglio sbarazzino che, in accordo con la moda e la filosofia dell’epoca, rappresentava l’ideale connubio tra praticità e innovazione: rompeva il monopolio dei capelli lunghi legati all’ immagine di una donna la cui femminilità, fino a allora, pareva fosse vincolata ai centimetri di capelli che esibiva, e rientrava prepotentemente in quel trend ‘rivoluzionario’ che negli swinging sixties stravolse e capovolse ogni obsoleto concetto di stile. Nel film di Polanski, dove i capelli corti di Rosemary venivano opportunamente evidenziati nei dialoghi – storico lo scambio di battute  ” Dove sei stata?” “Da Vidal Sassoon” “Vuoi dire che hai anche pagato per questo taglio?” scambiate tra la protagonista e suo marito – l’ ironia dei toni non impediva comunque di citare il nome di colui che, all’ epoca, sarebbe diventato forse l’hair-stylist più famoso al mondo. Mia Farrow, con il nuovo taglio, fece furore e venne imitata da migliaia di donne in tutto il mondo. Del resto, il suo viso sembrava fatto apposta per essere valorizzato dalle ciocche corte e sfilate di Sassoon: collo slanciato, zigomi marcati, lineamenti regolari e grandi occhi su una carnagione candida e vellutata potevano solo essere messi in risalto da quell’ inedito mood “alla maschietta” che Sassoon le aveva conferito. Confermando l’ assioma per cui ,spesso e volentieri ,un nuovo taglio è per un donna il primo indizio di una importante svolta di vita – pare che durante la lavorazione di Rosemary’s baby si consumò, infatti,  il divorzio tra Mia Farrow e Frank Sinatra.

Buona domenica.

Nuovi trend: il verde acqua

Ermanno Scervino

 

Intercettata una nuova tendenza, tra i must di questa primavera estate che tarda ad arrivare: abiti, scarpe e accessori si tingono di quella delicata sfumatura che assume il mare quando, appena increspato dal vento e con il riflesso delle nuvole, mescola l’azzurro ad una punta di verde originando una tonalità che la palette colori include con la dicitura verde acqua. Diramazione diretta del trend ‘pastello’, il verde acqua è splendido perchè insolito, raro e quindi prezioso. Dà luogo ad abbinamenti speciali, inediti, fantasiosi da cui prende corpo e carattere. E’ un colore malleabile, cangiante come il mare, che in solitario esprime fascino magnetico e magia. I designer, nelle collezioni di questa stagione, si sono sbizzarriti a declinarlo in decine di modi diversi: dal bon bon e lo zucchero filato di Louis Vuitton alle linee minimal di Max Mara, dagli abitini intrecciati sul seno di Moschino agli evening dress da sirena di Versace, passando per la sofisticatezza tipica di Ralph Lauren, ognuno ne ha dato un’interpretazione diversa. E con delle sorprese aggiuntive…Ammiriamone una carrellata:

 

Marc Jacobs per Louis Vuitton

 

Jo No Fui

 

Moschino

Francesco Zanotti

 

Ralph Lauren

 

Versace

Chanel

 

Max Mara

Repetto

 

Confezione di cioccolatini Giorgio Armani

 

Felice weekend

 

Miu Miu e le metamorfosi della Madras bag

 

Miu Miu ci ha ormai abituato ad una ricerca stilistica talmente caratterizzata dall’ estro e dall’ originalità che, ad ogni singola sfornata di nuovi accessori, il rischio addiction diviene conseguenza pressochè certa. Come tutte le it bag che si rispettino, anche i modelli cult scaturiti dal genio creativo di Miuccia Prada subiscono, nel tempo, metamorfosi e trasformazioni che, step by step, le accompagnano in un continuo percorso di evoluzione: non potevano mancare all’appello le Madras Bag, versatili e diversificate per forme, dimensioni, materiali e colori. La mia Madras preferita è, da sempre, questo gioiellino dalle dimensioni mini e dagli angoli arrotondati , che si può esibire con manico o con una lunga tracolla. La palette cromatica che la riguarda è stata sempre molto viva e variegata: colori brillanti  o pastello ne hanno caratterizzato costantemente la collezione e per l’estate 2012, la superlativa Miuccia ci propone un’ulteriore novità. La sciccosa e sbarazzina Madras bag si impreziosisce di nuovi, sofisticati materiali come lo struzzo e il coccodrillo, che ne potenziano il glamour dotandola di un sicuro valore aggiunto. Dettagli che non le impediscono, ovviamente, di declinarsi in un full colour che, nell’abbinamento con i nuovi pellami, evidenzia ancor più la briosa eccentricità tipica del brand, caratterizzata dal gusto e da un’ attento studio del particolare. Le tonalità in cui la Madras bag in struzzo e coccodrillo è disponibile sono il turchese, il fucsia e il bluette, arricchiti da fibbie e chiusure rigorosamente dorate. Le piccole dimensioni la rendono ideale per tutte coloro che scelgono di vivere la loro vita quotidiana liberandosi dagli orpelli e di portare con sè l’essenziale, azzerando il timore di non riuscire a rintracciare chiavi e cellulare. Un concentrato di stile ‘a minidosi’ , dunque, che si conferma una scelta ad hoc sia per il giorno che per la sera, evidenziando un mood easy ma raffinato.

Buon venerdì

 

 

Lana del Rey: il vintage che guarda al futuro

 

Favolosamente vintage sin dalla scelta del nome: Lana – come Lana TurnerDel Rey – come l’auto Ford Del Rey.  Si è definita una bad girl in varie interviste, lasciandoci intuire un passato tormentato e burrascoso: la sua avventura comincia con un trasferimento da  Lake Placid a New York, dove appena diciottenne dà sfogo alla sua passione per la musica esibendosi in performances nei club e iniziando a scrivere i suoi pezzi. E’ il 2008 e all’epoca Lana è ancora Lizzy Grant, firma un contratto con un’etichetta indipendente e sforna un album che viene diffuso brevemente su i-Tunes. Tre anni dopo esce Videogames, divulgata in rete e accompagnata da un video autorealizzato: quanto basta per attirare un’ enorme attenzione su di sè che la porta a firmare un contratto con una major discografica come Interscope Records, con cui lancerà il suo primo ‘vero’ album Born to die. Il successo esplode immediato, Born to die raggiunge subito il primo posto in classifica in ben sette nazioni e Lizzy, ormai definitivamente Lana Del Rey, viene consacrata nell’ Olimpo delle star. Intanto, mentre i singoli tratti da Born to die escono a ritmo serrato, Lana annuncia tra i suoi prossimi progetti la riedizione del primo album di cui ha acquistato i diritti in i-Tunes, per farlo debuttare alla grande con la sua nuova etichetta discografica. Il forte impatto mediatico di Lana Del Rey nasce da una musica che è prodotto di influenze particolari, data da contaminazioni con la pop music più tipicamente americana degli anni 50 e 60: non per niente, tra le sue fonti di ispirazionie la new singer cita Elvis Presley e Frank Sinatra affiancandoli a Anthony and the Johnsons, Eminem, Maria Carey e Britney Spears. Ma il look originalissimo di questa star made in USA ormai trapiantata a Londra gioca un ruolo non meno predominante: a metà tra mood anni ’50 e Lolita-oriented, la sua immagine si accosta a quella di una moderna pin up del 2000 rivisitandola di un’inedita femminilità, insolente, languida e grintosa al tempo stesso. Morbide onde alla Veronica Lake, unghie affilate e folte ciglia finte richiamano a  una sensualità di altri tempi , riattualizzata grazie a  un saldo self-consciousness che evita di finalizzarla esclusivamente al compiacimento maschile.

E se Elvis tanto ha rappresentato nella formazione di Lana Del Rey, moltissimo rappresenta per noi il suo pezzo dedicato a The King: ritmato, ballabile ma anche  sottofondo ideale per ogni break della nostra vita quotidiana. Energico e rilassante, in un dualismo che persino il nome di Lana, unendo la più pura tradizione cinematografica americana alle tracce ‘latino’ delle sue frequenti permanenze a Miami, presenta e ostenta con originalità e fierezza.

Buon giovedì.

Fendi e la zeppa in corda versione 2012

 

Le zeppe rappresentano ormai un classico della calzatura estiva, intramontabile e continuamente declinabile in infinite,  sempre nuove variazioni. E se qualcuno pensava che la zeppa in corda fosse ormai superata, un déjà vu risalente agli anni ’70 soggetto a sporadici revival, non aveva ancora visto le zeppe che Fendi ha felicemente creato per l’ imminente estate 2012: caratterizzate da un mix di materiali – pelle, corda, tela, stoffa -, sono movimentate da una decorazione bicolore sulla zeppa e riuniscono un riuscitissimo mélange di colori tra i quali ritroviamo il viola e il tangerine, idolo di stagione.Il risultato non poteva che definire una scarpa emblema di una disinvolta eleganza e dallo spiccato stile, che nella sua peculiarità rinviene tutte le tracce del mood Fendi: un deciso connubio tra classe ed estro che da lunga tradizione costituisce l’ appeal principale del brand.

Buon mercoledì.

Naomi Sims

 

Pensavate che Naomi Campbell fosse la prima ‘Naomi’ di colore ad essere apparsa sulle copertine dei glossy internazionali? Sbagliato: prima di lei, in quel periodo magico e molto swinging della storia che va dagli ultimi anni ’60 ai primi ’70, era Naomi Sims la black model che si imponeva nel fashion world. Iscritta al Fashion Institute of Technologies di New York grazie ad una borsa di studio, i suoi inizi con le modelling agency non furono dei migliori: Naomi veniva spesso discriminata a causa della sua ‘pelle troppo scura’.  Fu grazie a una brillante idea che riuscì a sormontare l’ostacolo: proponendosi, cioè, direttamente ai fashion photographers ed in particolare a Gosta Peterson, che immortalò la sua bellezza esotica per la copertina di un fashion supplement del New York Times. Era il 1967 e, già appena un anno dopo, Naomi guadagnava almeno 1000 dollari ogni settimana in virtù dei suoi ingaggi. Decisivo fu, di seguito, uno spot pubblicitario girato per Bill Blass: da quel momento, le sue quotazioni salirono vertiginosamente e  registrò tutta una serie di record come prima modella di colore mai apparsa sulla copertina di prestigiosi periodici quali Ladies Home Journal e Life. Nel 1973, dopo un matrimonio che aveva fatto scalpore in un’epoca in cui le coppie interraziali erano viste con il fumo negli occhi, decise di abbandonare la carriera di modella e creò un impero di bellezza multimilionario, lanciando tra l’altro una linea di parrucche dalle chiome lunghe e lisce che fecero furore tra le donne afroamericane. A questa attività se ne affiancarono ben presto altre, come l’ impegno politico nel movimento Black is beautiful e la pubblicazione di alcuni libri sulla bellezza, sul successo e sullo stile. Naomi Sims è scomparsa nel 2009, a soli 61 anni: una breve vita che le ha permesso, tuttavia, di essere testimone di una nuova era densa di significativi traguardi per le modelle afroamericane che hanno seguito le sue orme.

Buon martedì.