“Dolcetto o scherzetto“? E’ il leit motiv di tutti i bambini la notte della vigilia di Ognissanti, quando, in gruppo e abbigliati in stile horror, si recano di porta in porta per la questua di caramelle. Eppure Halloween, ridotta oggi ad una ‘festa in maschera’, incarnava una valenza decisiva per gli antichi Celti: Samhain (sam + fuin= fine dell’estate), questo il suo nome originario, veniva fissato alla prima luna crescente dopo l’equinozio di autunno. Rappresentava il momento chiave in cui la notte sanciva la sua definitiva supremazia sulla luce, coincidendo con il primo giorno dell’ inverno e l’ inizio del nuovo anno. I Celti, infatti, suddividevano il calendario in 12 mesi più uno, costituito da 3 giorni, che collegava l’anno vecchio al nuovo come ‘soglia di passaggio’ – e dei Celti è nota la passione per i cosiddetti ‘luoghi di mezzo’, come la spiaggia ad esempio: né terra asciutta (espressione del solido mondo materiale) né mare (simbolo del mutevole mondo spirituale), ma ‘via di transito’ tra i due. Samhain, dunque, era al tempo stesso varco, epilogo e inizio: l’ultimo raccolto ormai concluso, i suoi frutti costituiscono il nutrimento dell’ inverno. I semi riposano nella terra e ci si prepara al semestre di buio che è tempo di ritiro e di silenzio, di contatto profondo con la propria interiorità. L’introspezione predispone alla rinascita: esotericamente, è un momento di purificazione. Per questo le streghe, la notte di Samhain, accendevano grandi falò con cui appiccavano il fuoco a tutte le ‘rimanenze’: paglia, rami e foglie secche. Giuridicamente, ogni questione in sospeso doveva essere risolta, ogni debito saldato, per propiziare il nuovo inizio. A Samhain – detto anche ‘Trinoux Samonia’, ovvero ‘tre notti di festa’ – vigevano precisi ed importanti rituali: le famiglie attingevano al sacro fuoco dei Druidi per accendere il focolare; si tenevano gare di cavalli, di poesie, fiere, assemblee civiche. La notte di Samhain, dalla potente valenza magica, simbolizzava non solo l’inizio di una nuova stagione, ma anche di un nuovo ciclo cosmico ed i Druidi, nelle selve o lungo la linea in cui scorreva l’energia della terra segnata dai monolitici ‘Guardiani di pietra’, celebravano riti propiziatori e per accedere ai grandi misteri. Il sole si trova nel punto più basso del suo percorso e la terra è pervasa da forze esoteriche inimmaginabili, di buon auspicio per la divinazione del futuro e per il raggiungimento della ‘conoscenza’. I defunti e tutte le creature soprannaturali hanno libero accesso alla vita terrena attraverso le porte dell’ Annwn (regno degli spiriti) e del Sidhe (regno delle fate). Nelle Highlands scozzesi era consuetudine che i capofamiglia circondassero di torce fiammeggianti le loro fattorie, per proteggerle dalle forze malefiche. La celebre zucca intagliata e illuminata al suo interno, veniva posta all’esterno delle case allo stesso scopo e per indicare la via agli spiriti dei defunti; era in uso, inoltre, imbandire un angolo della tavola ad essi dedicato. Nel VII sec. d.C. la Chiesa fissò la data di Ognissanti al 31 ottobre, sovrapponendola alle celebrazioni pagane con l’intento di scoraggiarle ed esaltando, per suscitare terrore e repulsione, gli aspetti più macabri e ‘mortiferi’ legati a Samhain. Nacque cosi quella vasta iconografia di teschi, mostri e scheletri che appartiene tuttora ad Halloween. Anche i morti vennero onorati in questo periodo, il 2 novembre, riprendendo i motivi pagani. Tuttavia, i Celti non rinnegarono le loro tradizioni e in molti Paesi – come l’Irlanda o la Scozia– sopravvivono ancora usanze inerenti al carattere divinatorio della notte più magica dell’anno. Specifici rituali culinari come la preparazione del ‘colcannon’ (cavolo chiazzato servito con purè e molto burro) e del sidro di mele speziato con cannella o ‘wassail’ sono, allo stesso modo, molto comuni.