La svolta di Pattie

 

In molti l’ hanno definita una groupie, ma Pattie Boyd una groupie non lo era, non lo è mai stata. Inglese, nata nel Somerset nel 1944, dopo un’adolescenza di tumulti in famiglia abbandona la scuola nel  1961 e poi si trasferisce a Londra, per sperimentare l’ebbrezza dell’ indipendenza. La sua bellezza – grandi occhi azzurri e capelli biondo miele – viene immediatamente notata e la introduce a una carriera di modella. E’ il 1962, e a tutti i fotografi che la scartano, criticandole quei piccoli difetti che l’avrebbero fatta diventare ‘tipo’, risponde tramutandosi nella modella preferita di Mary Quant e viaggiando, da subito, tra Londra, Parigi e New York. In una escalation continua, il suo volto appare sulle copertine di VOGUE, viene ingaggiata da fotografi dal calibro di David Bailey e Terence Donovan e dal suo look, dichiara di aver preso ispirazione Twiggy in persona. Pattie conosce George Harrison nel 1964, quando viene ingaggiata per interpretare una delle studentesse fan dei Beatles in Hard day’s night.Harrison ne è subito affascinato, e narra la leggenda che il loro fidanzamento si suggellò durante un appuntamento al Garrick Club di Covent Garden. Nel 1966, Pattie e George diventano marito e moglie. Un matrimonio che naufragherà nel fervore induista di Harrison e nella sua infatuazione spirituale per il Maharishi Yogi, ma non solo: pare che anche le conseguenze legate al di lui successo, contribuiscano a minare la loro armonia di coppia. Quando, nel ’68, Pattie conosce Eric Clapton a una festa, lui ne rimane  talmente intrigato da comporre per lei Layla. Pattie, però, cederà al suo corteggiamento solo nel ’74, quando i rapporti con Harrison sono  ormai irrimediabilmente impregnati di tensione e di amarezze: il matrimonio con Clapton la consacrerà musa per eccellenza dei musicisti con cui vive, e con cui ha vissuto: è proprio nei primi anni di matrimonio, infatti, che Slowhand le dedica la struggente Wonderful Tonight, una pietra miliare delle love song di tutti i tempi – ma che, al contrario degli auspici, non sarà per la coppia un gran preludio di felicità. Pattie non accetta lo stile di vita di Clapton e la goccia che fa traboccare il vaso arriva  con Lory Del Santo, che nel 1986 ha un figlio dal musicista. Un ‘imprevisto’ che provoca la rottura del matrimonio, sancito da un divorzio nel 1989. L’ indipendenza conseguente alla sua nuova vita da single lrinvigorisce Pattie, le fa scoprire sè stessa e dà adito a una realizzazione professionale che non aveva più conosciuto, dopo l’abbandono della carriera da modella. Inizia a scattare foto, si appasiona alla fotografia e da quel momento in poi la sua svolta sarà totale: scrive un’autobiografia, Wonderful tonight, e nel 2005 espone i suoi scatti in una grande mostra, dal titolo Through the Eyes of a Muse, nella San Francisco Art Exchange. Leit motiv delle immagini sono le sue due importanti relazioni, di cui Pattie ha immortalato attimi speciali e di ordinaria quotidianità. Una mostra che verrà di nuovo esposta a San Francisco e poi in Europa, a Londra, dove rimane allestita per circa sei settimane nel 2006. Oggi, le lunghe gambe affusolate, le mini e i pull attillati  – che indossava in tinte pastello per enfatizzare la propria femminilità – i choker portati stretti sul collo, spessi, frequentemente decorati con perline o ciondoli, rendono Pattie un’ icona di stile fissa nell’ immaginario di ognuno: l’aria sbarazzina ma innocente, la stratosferica bellezza abbinata a un’aria da good girl, l’estro coniugato al bon ton fanno di lei una musa, sì, ma capace – a tutti gli effetti – di brillare di luce propria.

Buon venerdì.

Un Natale regale

 

Il colore rosso, uno dei più iconici del periodo natalizio. L’ Hotel Ritz di Parigi in tutta la sua solenne, lussuosa maestosità, il più tradizionalmente scelto dal turismo internazionale per le permanenze di Natale e fine anno. E, infine, Tim Walker, il fashion photographer autore di immagini completamente immerse in un mood fiabesco, e visionario, che con il Natale collima alla perfezione. Queste immagini, di cui Kate Moss si rende interprete regale per pose, abiti ed ispirazione -basti pensare che il loro concept ruota attorno alla figura di Marie Antoinette, ultima regina di Francia – potrebbero idealmente venir collegate ai momenti più magici, conviviali e opulenti dell’ anno, come quelli – appunto – delle feste natalizie.  Scattate per VOGUE USA qualche mese fa, esprimono lo spirito del Natale in modo eccellente sottolineandone lo sfarzo a cui, tradizionalmente, si accompagna. Uno sfarzo che non lesina il paesaggio urbano, sia delle grandi metropoli che dei piccoli centri di provincia: e se a Parigi Dior regna indiscusso sovrano negli splendidi e scenografici allestimenti delle vetrine dei grandi magazzini Printemps, da Harrod’s sono le principesse Disney a relagare un tocco d’incanto agli addobbi natalizi degli immensi department stores londinesi. Ovunque, nelle città, si assiste a un fermento estetico che risveglia dal grigiore della quotidianità: ci troviamo a frequentare locali, a cenare in ristoranti, a fare shopping in negozi che hanno completamente cambiato fisionomia, tramutandosi in scintillanti e candidi scenari di un immaginifico nord. Le luminarie, lungo le strade, attenderanno soltanto una manciata di giorni prima di essere accese ravvivando vie, piazze ed angoli dei centri abitati. E’ tempo di uscire, di bollicine di champagne frizzanti, di lasciarsi alle spalle ogni malinconia per andare incontro a una rinnovata gioia. E’ tempo di regali, per noi stesse e per gli altri: regali in termini non solo consumistici, ma umani. Ogni regalo, in fondo, al di là delle convenzioni, esprime un gesto, un significato, denota un pensiero: e voi, cosa vi regalerete e regalerete ad amori, amici e parenti, il prossimo Natale?

Buon giovedì.

Preziose anticipazioni

 

Colpo di fulmine! Le ho viste ed è stata subito passione. Non il solito animalier, ma un maculato quasi ‘sintetico’ che si sposa perfettamente a colori insoliti ed a glitter profusi, in un luccichio totalizzante e infinito. Non la solita décolletè, ma una femminilissima scarpa dal profondo mood anni ’50 che si traduce nella punta affilata e nei tacchi ultrasottili. E’ una ‘scarpetta magica’ firmata Casadei e fa parte della sua collezione Primavera Estate 2013, stagione in cui tutte vestiremo gli attillati panni di pin up del dopoguerra privilegiando outfit dalla decisa ispirazione 50s, tra i quali spicca un capo destinato a tramutarsi in cult: la pencil skirt. Ma di questo, ci occuperemo più avanti…Per ora, ancorate a piogge incessanti e ad un freddo che comincerà, dal prossimo fine settimana, a far calare notevolmente la colonnina di mercurio, occupiamoci della moda e dello stile che contraddistingueranno il prossimo inverno. Dedicando un anticipato posto d’ onore, a questi piccoli gioielli, nella nostra personale wish-list.

Buon mercoledì.

‘The little black jacket’: la tappa berlinese

 

E’ sbarcata a Berlino, il 23 novembre scorso, l’ esposizione fotografica itinerante ‘Little black jacket’, nata da un progetto di Karl Lagerfeld e Carine Roitfeld. Un omaggio al giacchino nero in lana bouclè che, insieme al ‘little black dress’ – tubino dalle linee essenziali e dalla lunghezza appena sopra il ginocchio – rappresenta un capo cult e passepartout che Coco Chanel, ideatrice di entrambi, creò il 5 febbraio 1954, Il little black jacket, infatti, al pari di quel black dress che M.lle Coco definì nel 1926 “Uniforme per tutte le donne di gusto”, si rende versatile e perfetto per molteplici occasioni, presentandosi unisex e, quindi, declinando il suo utilizzo sia al maschile, che al femminile. Un capo base del guardaroba di ogni donna moderna e emancipata, sempre attuale negli anni ed ispirato alle giacche tirolesi indossate dallo staff di un hotel austriaco in cui Chanel soggiornò durante uno dei suoi viaggi: tornata a Parigi, la stilista rielaborò il giacchino nero  dalle quattro tasche – e un bordo intrecciato a far loro da profilo – a seconda del gusto francese, tramutandolo in quel simbolo di indipendenza di cui tuttora mantiene la funzione. Nel 1954 veniva ,dunque, proposto all’ attenzione delle clienti un capo destinato a divenire iconico e senzatempo, quel capo che – spiega Lagerfeld -“ogni stilista sogna di aver inventato”. Oggi, con il progetto “The little black jacket: Chanel’s Classic rivisited by Karl Lagerfeld and Carine Rotifeld”, il duo Lagerfeld-Roitfeld coinvolge numerose personalità dello show e del fashion biz al fine di stimolare una loro personale interpretazione dell’ intramontabile giacchino nero:  Anna Wintour, Sarah Jessica Parker, Jane Birkin, Vanessa Paradis, Roberto Bolle, Uma Thurman, e moltissimi altri ancora, rendono omaggio al little black jacket in scatti fotografici rigorosamente in bianco e nero,  personalizzandolo a loro piacimento. La mostra, direttamente proveniente da Parigi e già ‘passata’ per Tokyo, New York, Taipei, Hong Kong, Londra, Mosca e Sidney, affronta la sua tappa berlinese nella location del tunnel inutilizzato della U3 Bahnhof, in Potsdamer Platz. In esposizione, 113 foto del giacchino che viene tuttora tagliato e prodotto secondo il prototipo ideato da Coco Chanel: un  must have prediletto, tra le altre, da dive o VIP quali Marilyn Monroe, Jackie Kennedy e Romy Schneider. Le immagini esposte, che intendono mostrare come ognuna delle celebrities ritratte abbia adattato il black jacket alla propria creatività ed agli ambienti più disparati, rimarranno in mostra a Berlino fino al 14 dicembre 2012. Ultima tappa dell ‘ esposizione itinerante, il prossimo 1 dicembre a Seoul.

Buon martedì.

THE LITTLE BLACK JACKET

Dal 23/11 al 14/12

U3 Tunnel, Potsdamer Platz 1 (ingresso su Leipziger Platz), Berlino

Lunedì, martedì, mercoledì, venerdì orario: 11- 19

giovedì: 11-22

sabato, domenica: 11-20

 

Glitter People

 

“Mi sento più bella, specchiandomi negli occhi di chi mi ama. E’ pura onestà. Quegli occhi pensano che tu sia molto più bella di quanto tu possa pensare di te stessa. “

Vanessa Paradis

 

Buon lunedì.

La ragazza in motocicletta e la libertà

 

Un film anglo-francese girato nel 1968 e diretto da Jack Cardiff, ‘Girl on a motorcycle’ (tradotto in Italia con il titolo ‘Nuda sotto la pelle‘), attraverso una moto di potente cilindrata e una tuta di pelle nera indossata, sul corpo nudo, dalla protagonista -interpretata da Marianne Faithfull – raccontava una storia di ritrovata libertà e di indipendenza femminile. La trama, infatti, ispirata alla novella francese ‘La motocyclette‘ scritta da André Pieyre de Mandiargues, inscena la fuga di Roberta che, oppressa dal pedante e autoritario marito svizzero, a cavallo di una moto corre ad Heidelberg per ricrearsi una vita autonoma insieme al suo amante francese (nei cui panni, si calava Alain Delon). Il finale sarà drammatico: la ‘ragazza in motocicletta’ perderà la vita  in un incidente stradale, schiantandosi contro un camion. Una metafora di  quelle reminescenze ancestrali che, all’ epoca, pesavano ancora sulla ricerca di libertà dei giovani riflettendone il frustrante ruolo, perlpiù, di utopia: in ‘Easy rider’ i due motociclisti ‘selvaggi’ finiscono uccisi da due ‘butteri’ in un furgone, in ‘Zabriskie Point’ l’ esplosione della villa, dalla ragazza ribelle all’ establishment, viene soltanto immaginata. Quasi convalidando l’ assioma ‘libertà= equazione impossibile’. Nel caso di ‘Nuda sotto la pelle’ la fuga viene obbligata da un marito oppressivo, e dobbiamo riconoscere a Roberta il coraggio e la grinta che esprime non solo grazie alla sua aggressiva tuta di pelle nera, bensì tramite un gesto: il tentativo di riprendersi la libertà. Ma quante donne, oggi, hanno la forza e la volontà di ribellarsi e quante, invece, sono ancora trattenute da catene invisibili che le ancorano a soprusi e a violenze fisiche- ma anche psicologiche, ugualmente insidiose- senza fine?  Il 25 novembre, Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, pone l’accento su questi e molti altri problemi che le donne, in tutto il pianeta, tuttora si trovano a fronteggiare: femminicidio, violenza sessuale, violenza domestica, mutilazioni genitali, verranno oggi dibattute e approfondite. E se il Telefono Rosa segnala un aumento delle violenze contro la donna dell’ 85% all’ interno dei rapporti sentimentali, non diminuisce il numero dei femminicidi, per la prevenzione dei quali le donne di D.i.Re (Rete contro la violenza) chiederanno al Ministro delle Pari Opportunità Elsa Fornero l’attuazione di un piano nazionale presentando un appello di 20.000 firme. La giornata sarà ricca di iniziative, tra le quali segnaliamo la proiezione a Milano, al Teatro Litta, del documentario ‘Giulia ha picchiato Filippo’ , di Francesca Archibugi, visibile anche su RaiUno. Intanto, mentre apparati come la Croce Rossa, tramite i suoi centri di assistenza e di ascolto, si dichiarano pronti a tutelate le donne vittime di violenza, fondamentale risulta una presa di coscienza generale che apra una via di fuga dall’ omertà, dalla vergogna e dalla paura: le reazioni che, più comumente, trattengono le donne a denunciare i crimini subiti, così rinforzando – fossilizzandosi nel ruolo di vittime – il potere di sempre più temibili carnefici.

Buona domenica.

 

Cara Delevingne per DSquared2

 

Cara Delevingne, sorella minore della hyper-fashion socialite e modella Poppy, è a un passo dall’ incoronazione a nuova icona di stile che, da questo fine anno in poi, brillerà su tutto il 2013 e oltre. Inglese, nata a Londra, appena ventenne, Cara è nipote di Sir Jocelyn Stevens, ‘pezzo grosso’ della English Heritage, e ha respirato sin da bambina l’aria esclusiva e upper class di Belgravia diplomandosi alla Bedales School. Una carriera da modella iniziata alla grande, è stata recentemente decretata da VOGUE UK “Volto” dell’ autunno inverno 2012/13 dopo aver imposto la sua figura longilinea, i lunghi capelli biondi, il viso particolare e deciso e lo sguardo azzurro incorniciato da due folte e ben delineate sopracciglia -che la fanno vagamente somigliare a Margaux Hemingway – sulle passerelle di altisonanti brand quali Jason Wu, Oscar de la Renta, Burberry, Dolce & Gabbana, Stella Mac Cartney, Fendi e Chanel. Non una sorpresa, d’altronde, se si pensa che Cara, giovanissima, ha già all’attivo campagne pubblicitarie iconiche e di prestigio come quelle lanciate da Burberry, Chanel, Blumarine, Dominic Jones. Zara e H&M.  Oggi, il suo ruolo di protagonista assoluta del videoclip “Ultimate scream”, con cui Dan e Dean Caten presentano la collezione Resort 2013 DSquared2, la pone al centro dell’ attenzione internazionale rivelandola non solo una modella al top, ma un’ ottima interprete, versatile ed espressiva. Per la regia di Senio Zapruder e con un soundtrack rock-chic firmato Miami Scream Remix e Stefano Riva, il video inizia con la misteriosa telefonata di uno sconosciuto e termina con un finale rigorosamente a sorpresa, intramezzato da un montaggio incalzante che mostra, in frenetiche ma incisive sequenze, outfit e look della collezione alternando glamour, colore e un mood molto anni ’90:  un’ eleganza a metà tra lo stile tipico del periodo e la ‘Biker Couture’. Chiodo in pelle, berretti di ispirazione ‘Il Selvaggio’, catene dorate, bijoux importanti e grandi pendenti ‘marina style‘, flashy colours per i tailleur, smoking portati di giorno e scenografici long dress in taffetas per la sera, sandali con listini torchon e una profusione di accessori in puro stile Caten, la Resort Collection si presenta in tutto il suo vivace ed estroso splendore. La disinvoltura e la grinta di Cara fanno tutto il resto, conferendo al video un mix glamour e sbarazzino di immensa classe.

Felice weekend.

 

Lipstick in pink per un 60s look

 

Una Jean Shrimpton in pieno mood ’60s, in posa per la campagna pubblicitaria di Yardley lipstick, ci dona un perfetto ritratto d’ epoca della Swingin’ London: cappello con visiera rosa confetto- che, come tutte le tonalità che si distanziavano dai ‘classici’ beige, grigi e neri indossati dalle generazioni precedenti, veniva promosso a pieni voti da una società ‘giovane’ che mai avrebbe vestito in total black -e un make up indicativo, caratteristico del decennio che più ha rivoluzionato il look, oltre che i costumi, di un secolo intero. Ciglia rigorosamente finte, focus sullo sguardo grazie a una vistosa chiazza di colore che riveste la palpebra e, soprattutto, labbra pallide, sovente tinte di nude o rosa ghiaccio. L’ espediente è chiaro: mira a risaltare l’occhio accuratamente truccato, evitando di appesantirlo accompagnandolo ad un rossetto dai toni squillanti. Questo, lo stile di anni di profonda svolta e di costanti cambiamenti: occhi sgranati da psichedelica bambola e labbra in sottotono. E a quasi un mese dal Natale, perchè non replicare un look che tanto ha caratterizzato non solo un’ epoca, ma uno stile di vita? Le occasioni si moltiplicano e si fanno ghiotte, grazie alle miriadi di cofanetti e trousse a disposizione negli scaffali delle profumerie più rifornite in occasione delle feste. Sarà sufficiente selezionare, tra le tante proposte, quelle che più si addicono al nostro scopo e che permettono di sfoggiare, con la palette cromatica più idonea e ad hoc, occhi, incarnato e labbra degni di una Twiggy, di una Jean Shrimpton, di una Penelope Tree: icone originalissime e mai dimenticate. Un’ idea che può tramutarsi in un interessante spunto nella ricerca dei regali sia per le amiche, che per noi stesse. Vi alletta?

Buon venerdì.

A tutto cuissard

 

BB è stata l’ antesignana, colei che li ha rigorosamente adottati come must: erano gli anni ’60 e alle minigonne vertiginose lanciate da Mary Quant si accompagnavano altissimi stivali, spesso a sfiorare la parte alta della coscia, che oltre a riparare dai rigori invernali fungevano da vero e proprio accessorio non solo modaiolo, ma di alto stile. I cuissardes, questo il loro nome, da allora hanno conosciuto alti e bassi nella fashion history, ma un dato è certo: da qualche anno sono ritornati alla grande raggiungendo il top del gradimento, sia tra i designer che tra le giovani donne. Non c’è da meravigliarsi: i cuissardes fasciano la gamba rendendola affusolata, sexy, slanciandola e mettendola in risalto più di un qualsiasi fuseaux o pantalone attillato. Quale appeal maggiore di uno stivale che si avvolge attorno alla coscia, rivestendola, abbinato magari a una minigonna inguinale? Issati su varie tipologie di tacchi, i cuissardes, negli ultimi tempi, hanno conosciuto una rapida e variegata evoluzione che ne ha diversificato i materiali, moltiplicato le forme e incrementato i colori. Moltissimi, i designer che li hanno riproposti nelle ultime stagioni, incoronandoli definivamente come lo stivale più gettonato dell’ autunno/inverno attuale. Ed a ragione: con il cuissard la donna assume una allure sexy e grintosa, acquista in sicurezza e sperimenta la sensazione di sentirsi vagamente ‘dominatrice’: un ruolo ideale e più che mai à la page, visto lo strepitoso successo di certe trilogie narrative ‘dalle cinquanta sfumature’. Voi che ne dite?

Buon giovedì.

 

Fendi, Gucci e Max Mara

Roberto Cavalli

Moschino

Chanel

Vicini

Gucci, Fendi, Balenciaga

Fendi

Gareth Pugh

La sposa Sergeenko: candore calato in una fiaba russa

 

Ulyana Sergeenko, chi segue assiduamente questo blog, la conosce già. Abbiamo tracciato più volte un ritratto di questa estrosa e geniale designer ma anche blogger, fotografa, modella e stilista di gioielli che, dalle lande sovietiche (supportata, tra l’altro, da una ricchezza stratosferica e da un marito magnate), ha avuto l’ onore di presentare a Parigi la sua prima collezione di Haute Couture. A soli 32 anni, Ulyana stravolge e rimescola ogni stereotipo sulle donne russe: creativa, fantasiosa, un gusto quasi ‘europeo’ che applica ad uno stile particolarissimo e ormai inconfondibile, è colta e profondamente amante della propria terra e della sua storia, delle sue tradizioni. M.me Sergeenko ha creato una collezione autunno/ inverno che riprende temi e stili del solenne passato dell’ antica Russia: per i suoi outfit si ispira alle tipiche bambole – kukly – mescolando spesso elementi, o stampe, che richiamano alla vita agreste. Non mancano riferimenti alle storiche divise dei militari sovietici, costantemente rielaborate seguendo i dettami di una femminilità deliziosa e aggraziata: sofisticatezza, ricercatezza, eleganza costituiscono le coordinate base di ogni sua creazione. Il ritorno a un tipo di glamour marcatamente anni ’50 è un leit-motiv onnipresente nelle collezioni di questa giovane designer, che predilige tessuti pesanti, spessi, caldi come scegliendoli in base a una perenne reminescenza delle rigide temperature sovietiche. Maniche a palloncino, gonne longuette svasate nel fondo, abiti scampanati stretti in vita da alte cinture spesso allacciate a bretelle, silhouette che ricordano il New Look di Dior, tutine con hotpants portate insieme a stivaloni, copricapo ispirati al colbacco e ai fazzoletti delle matrioshke, morbide cuffiette in pelliccia si alternano a cappotti in stile ‘guardia russa’ rivisitati con ampi spacchi ed a giacchine avvitate dal taglio iperfemminile.

Ma il clou della collezione Couture firmata Ulyana Sergeenko è rappresentato dalla sua proposta di abito da sposa: una splendida bambola russa completamente di bianco vestita. L’abito, un attillato corpetto su un’ ampia gonna, è impreziosito dal tessuto damascato, e una candida mantellina di pelliccia, partendo dal capo, ricopre morbidamente spalle ed avambraccia. Una sposa, quella di Ulyana, che nel suo incantevole e romantico abito diffonde intorno a sè tutta l’ immaginaria suggestività di una fiaba russa. Buon mercoledì.