Valentino tote bag Rockstud Collection: preludio di Primavera

 

Giorni fa, abbiamo evidenziato qualità e pubbliche virtù di una borsa dal miniformato. Oggi, per una sorta di par condicio, non possiamo esimerci dal considerare le caratteristiche della sua diretta controparte, la tote bag. Lo facciamo, prendendo a modello uno dei brand più autorevoli del nostro glorioso ‘made in Italy’: Valentino. La Rockstud Collection, linea accessori lanciata nel 2012 e da allora iperglamourous segno distintivo della Maison, ha recentemente conosciuto un restyling di aggiornamento agli imput e ai must della nuova stagione. Una delle sue caratteristiche in versione 2013, è la vibrante palette cromatica che include abbondantemente il rosa -in nuance che vanno dal pastello a una più carica tonalità ‘bubblegum‘ – ed altri colori, la maggioranza dei quali in stile ‘sorbetto’. Pezzo forte della Spring Collection è questo splendido modello di tote bag in soffice pelle di vitello, dai bordi sottolineati da una serie di borchie dorate. La tote presenta due lunghi manici e una tracolla removibile, entrambi completamente borchiati. Due tasche interne e una notevole capienza caratterizzano il suo interno. Una particolarità della borsa è quella di assumere una forma diversa una volta che la tracolla è stata agganciata, evidenziando le parti laterali che spingono fuori ‘ad ala’. L’ effetto d’ insieme è elegante, disinvolto, raffinato e molto ‘rock’. Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli hanno scelto tre tonalità-chiave quali il fucsia, il verde pistacchio e il verde smeraldo (o émerald), colore vincente per la Primavera Estate del famoso Pantone Color Report: sfumature molto cool che si ‘incastrano’ più che mai con il mood primaverile, donando un tocco di appeal e di glamour in più alla borsa. Il risultato è eccellente, giovane e fresco con una squisita vena grintosa. La tote bag, che noi donne tendiamo a riempire con tutto il nostro ‘mondo’ da portarci appresso, è la scelta ideale per chi ha senso organizzativo e ama le dimensioni importanti supportate da uno stile portabile – senza stonature – di giorno come di sera. La scelta ideale per chi non esula la borsa dalla sua primaria funzione di ‘contenitore’ , ma esige un’ estetica ineccepibile, perfetta, che la renda irrinunciabile must have e un inesauribile concentrato di glamour.

Buon giovedì.

Flash su una collezione: la Spring/Summer aristo-glamour di Gucci

 

Una collezione che guarda ai primissimi anni ’70, quella che Frida Giannini ha proposto per la Spring/Summer di Gucci. Nostalgica, di un’eleganza ‘netta’ ma densa di glamour. Non poteva d’altronde essere diversamente, viste le sue fonti di ispirazione e di riferimento: “Sono ritratti di donne aristocratiche che sprigionano allure con un’ estetica pulita, precisa, definita. L’ ispirazione è partita guardando i ritratti di Richard Avedon e di Gian Paolo Barbieri.Con le loro donne icona”, ha spiegato Giannini. E sfila quindi in passerella tutta una serie di abiti dalle linee grafiche ma arricchiti da dettagli come una profusione di rouches, la manica svasata o a palloncino, la mezzaspalla, la cintura che stringe in vita un tailleur ‘minimal’ ma squisitamente sofisticato. Punto forte della collezione è il monocolore in tinte vivide e forti- come l’azzurro, il fucsia, il verde, il giallo affiancate al bianco, al nero e a stampe esotiche che si rifanno al décor giapponese, oppure pitonate su cotone e su un tessuto in simil-lino, sempre proveniente dal Sol Levante. Frida Giannini declina il tutto in  abiti ‘a colonna’ di varie lunghezze, rielabora il modello del ‘pigiama palazzo’ in contemporanei tailleur pantalone che prevedono la giacca al posto della tunica e pantaloni lineari, appena svasati nel fondo, aggiungendo jewels in resina, corallo, pietre e fiori di grandi e medie dimensioni. Iconici anche gli accessori, come la clutch dal celebre motivo ‘a morsetto’ e gli occhiali da sole dalle lenti ‘importanti’, tonde, che richiamano a un noto modello sfoggiato da Elizabeth Taylor. Sandali e stivaletti in vernice, dal canto loro, forniscono agli oufit un tocco sexy e grintoso in più dirottando la ‘nostalgia’ verso la modernità. Una nostalgia ‘positiva’, quella di Frida Giannini: riferita a quel particolare periodo in cui l’Haute Couture andava lentamente virando al prèt-à-porter apportando un purismo tutto nuovo alle sue forme prima di adottare definitivamente le concretezze della ‘confezione’. Un periodo di transizione e innovazione che per Gucci, in particolare, è coinciso con l’apogeo della notorietà internazionale. All’ insegna del glamour anche il make up e l’hairstyle delle modelle in passerella: capelli lisci rigorosamente raccolti in un ‘grafico’ chignon e grande risalto agli occhi, sottolineati da abbondante mascara e da tonalità molto sfumate di nero. La donna Gucci è pronta dunque a calarsi, per la prossima stagione, in un mood aristocratico dalla raffinata femminilità, che nei colori di forte impatto acquista estro e luminosità. Il focus di questa collezione? Le rouches, naturalmente: in grado di dare movimento, creare deliziosi giochi di volume e sofisticatezza adornando abiti e casacche ‘essenziali’, da design.

Buon mercoledì.

Rihanna takes it all

 

Non c’è che dire, per Rihanna il 2013 è iniziato sotto i migliori auspici: dopo la sfolgorante apparizione in un abito Alaia color rosso fuoco in occasione dei Grammy, la vulcanica singer originaria delle Barbados sta differenziando straordinariamente la sua attività in molteplici direzioni, e ha già presentato due importanti progetti nei settori del beauty e del fashion. La sua prima collezione, creata appositamente per l’high street brand River Island, ha debuttato lo scorso febbraio alla London Fashion Week: un esordio importante, che Rihanna ha definito  un ‘sogno divenuto realtà’. La capsule collection mescola elementi street style ed urban ad outfit sexy e provocanti: ‘sassy’ – insolente – è stato uno degli aggettivi utilizzati per descriverla. Quell’ insolenza che è sicurezza di sè, voglia di star bene nella propria pelle senza reticenze o false inibizioni, con fierezza. Microtop, denim, abitini stretch, lunghe gonne con spacchi profondi, trasparenze e canottiere di chiffon si mixano a comode tute con cappuccio:  Rihanna alterna, con naturalezza, mood hip hop e seduzione, accordandosi in modo perfetto al gusto del suo target di giovani e giovanissime donne. Le stesse donne che, ammirandola mentre si esibisce sul palco, non bramano abiti in pompa magna nè luxury brand: vogliono semplicemente vestire come lei. Ed è questo che Rihanna dà loro: il suo stile inconfondibile. Le sue fan dovranno aspettare il 5 marzo per acquistare la River Island collection, data in cui verrà distribuita sia on line che in selezionati store internazionali. Ma la collaborazione con River Island non è certo l’ unica news extramusicale che Rihanna ha in serbo per noi: quasi in concomitanza con la partecipazione alla London Fashion Week, è arrivato infatti l’annuncio di un suo ‘ingaggio’ con MAC cosmetics, il noto brand made in USA per il quale la star ha firmato una linea make up, RiRi, distribuita nell’ arco di un anno contando su un totale di 31 prodotti. Il lancio, previsto per maggio 2013, includerà inizialmente RiRi Woo, un rossetto ispirato al MAC lipstick preferito da Rihanna (Ruby Woo), un blush , un gloss, ombretti in svariati colori a cui nelle rimanenti stagioni si aggiungeranno cosmetici sempre nuovi. La RiRi collection verrà inaugurata durante le tappe newyorchesi del Diamond Tour, quando dei pop store aperti per l’occasione la presenteranno a pubblico e fan. Il lancio delle tre successive collezioni, caratterizzate da un intrigante packaging avorio che riporta la firma di Rihanna su ogni confezione,  è invece previsto per il periodo estivo, autunnale e natalizio. “Essere creativa è qualcosa che amo”, ha spiegato la novella designer, e non ne avevamo alcun dubbio. Attendiamo con ansia la sue prossime novità. Con la certezza che non dovremo aspettare a lungo!

Buon martedì.

Glitter People

 

“Amavo recitare, ma non è mai stato per il denaro, o per il successo. Era tutto relativo a una ricerca di senso. Era doloroso.”

Kim Novak

 

Buon lunedì

L’accessorio che ci piace

“Small is beautiful!” è il nuovo grido di battaglia di Louis Vuitton: uno slogan perfetto per la nuova, geniale collezione che include i modelli più iconici della Maison rivisitati in chiave ‘mini’, ossia in taglia ridotta. Stile, qualità, praticità e colore sembrano essere gli aggettivi più pertinenti a questa linea dedicata alle giovani donne, dimostrando come lo chic si concentri in piccoli, preziosi modelli piuttosto che nelle grandi dimensioni. Per ribadire il concetto, Louis Vuitton si è affidato ad uno spot pubblicitario vivace e ritmato interpretato non da modelle, bensì da donne ‘vere’: le stesse che -si presume- nella frenesia della quotidianità preferiscono una borsa ‘alleata’, che non sia di ingombro, caratterizzata dalla funzionalità. E’ così che, tra le protagoniste dello spot, troviamo  tre tra le più consolidate blogger del fashion biz: Miroslava Duma, Elin Kling e Anneli Mustaparta, riprese nelle loro scorribande -a piedi o in bicicletta – lungo le strade parigine. Nelle immagini, i vividi colori rendono le borse protagoniste assolute sullo sfondo di qualsiasi scenario. Un modello, in particolare, sta già mietendo (fashion) victims e riscuotendo consensi strepitosi: la mini edizione della Monceau BB, un classico della Maison datato 1986. Linee rétro, niente monogram, pelle verniciata e splendide tonalità costituiscono i caratteri distintivi di una borsetta con tracolla applicabile, capiente tasca anteriore, grande fibbia dorata per la chiusura, fodera in microfibra ed una tasca interna. La Monceau BB viene prodotta in una palette di quattro colori: un acceso verde oliva, un Rose Indien che corrisponde al fucsia, un delicato e molto vintage Rose Velours e un ‘passionale’ rosso amaranto. Le sue misure? Appena 5,9 x 7,9 cm. Una borsa in miniatura – ma proprio per questo meno dispersiva – i cui suggestivi colori risaltano, sulla vernice, appena vengono illuminati dal sole: dite forse che non basti, per nominarla subito ‘must have n.1‘ primaverile?

Buona domenica.

‘Hippie’ di Barry Miles: controcultura per immagini

 

Per descrivere adeguatamente la figura di Barry Miles, un solo post non basterebbe. Riassumendo il personaggio in una sintesi incisiva, cercherò di delinearne un breve ritratto: nato a Cirencester nel 1943, Miles è uno scrittore e giornalista del Regno Unito che ha frequentemente trattato, nelle sue opere e nei suoi scritti, i temi dei movimenti giovanili e della cultura underground degli anni ’60. Tra le tappe più significative del suo percorso esplorativo della Swinging London,  l’ apertura della libreria e galleria d’arte Indica Gallery nel 1966, al 6 di Mason Yard, fu una pietra miliare: fondata da Miles insieme a John Dunbar e a Peter Asher (fratello di una girlfriend di Paul Mc Cartney), divenne lo snodo di tutte le pubblicazioni sulla controcultura dell’ epoca ospitando regolarmente tra i propri scaffali stampa, libri e ogni genere letterario relativo al soggetto, con particolare riferimento alla Beat Generation. Miles stesso fondò. nel 1967, il periodico indipendente International Times, per la raccolta di fondi del quale organizzò un memorabile concerto in tandem con John Hopkins: The 14 Hour Technicolor Dream, titolo che si incastra alla perfezione con certe sfaccettature ‘psichedeliche’ del periodo, vide la partecipazione di nomi quali i Pink Floyd, John Lennon, Yoko Ono, i Soft Machine e tutta una serie di poeti, artisti e musicisti. A proposito di John Lennon e Yoko Ono, leggenda vuole che proprio la Indica Gallery fu ‘galeotta’ per il loro incontro. Tornando a Miles, la sua bibliografia annovera noti titoli come London calling (2010), tomo autorevole che traccia la storia della counterculture londinese dal 1945 in poi, oltre ad un’ immensa mole di biografie di letterati, poeti, grandi del rock e del pop delle sue epoche di riferimento. Risale al 2004 la pubblicazione di Hippie, 384 pagine pubblicate per i tipi di Cassell: un voluminoso ‘coffee table book’ in cui sono le immagini -sotto forma di foto e di opere d’arte – ad avere il ruolo di protagoniste. Evitando di focalizzarsi esclusivamente sulla figura degli ‘hippies’, il libro ripercorre la storia di un periodo storico attraverso scatti che ritraggono personaggi simbolo di un’era quali (tra gli altri) Martin Luther King, Timothy Leary, Bob Dylan e i Pink Floyd. Il testo, ridotto all’ osso, lascia spazio più che altro a citazioni, slogan, testi di canzoni affiancati ad immagini atte a descrivere quel particolarissimo movimento che, a cavallo tra il 1965 e il 1971, contribuì a rivoluzionare i valori giovanili di un’ intera generazione e la cultura occidentale in toto. Il libro di Miles si sofferma, anno dopo anno, sui principali avvenimenti che contribuirono a fissarsi nella storia: la formazione delle band psichedeliche (come i Grateful Dead), la nascita degli Hare Krishna, l’ inizio della Summer of Love nello scenario di una San Francisco che, ad Haight Ashbury, ritrovava un nuovo fermento, l’ uscita di Sgt. Pepper Lonely Hearts Band dei Beatles. E mentre dall’ America all’ Europa il 1968 si identificava con l’anno, per eccellenza, delle lotte politiche, nel ’69 il Festival di Woodstock cercò di riportare in auge lo spirito del ‘Peace and Love’ all’ insegna del quale il movimento hippy si era originariamente organizzato. Eventi come i primi Gay Pride e le giornate dedicate alla Terra, nell’ America del 1970, non sarebbero rimasti isolati. Molti altri assiomi derivanti dalla Hippy Culture avrebbero percorso i decenni a venire tramutandosi in ‘must‘ anche per le generazioni successive: la diffusione del cibo organico e vegetariano, la ricerca di sè stessi tramite diverse forme di spiritualità, l’ adesione a nuove religioni o a nuovi credo. In Hippie non mancano le immagini delle copertine di dischi più significative, le testimonianze fotografiche delle proteste ‘No war’, dei sit-in, delle comuni e di quanto caratterizzava gli schemi sociali e i costumi dell’ epoca: il tutto, immortalato in una serie di 600 scatti a colori e in bianco e nero che faranno la gioia di quanti, già ‘iniziati’, vogliono approfondire il fenomeno del Flower Power privilegiandone soprattutto l’aspetto visivo.

Felice weekend.

Vintage & Contemporary trends: il cappello a tesa larga

 

Il cappello a tesa larga: da sempre un classico dello stile e dell’ eleganza, simbolo esclusivo di lusso e sofisticatezza (una delle sue più celebri ‘testimonial’ fu, guarda caso, Audrey Hepburn). Ma è con l’ inizio di quello specialissimo periodo che coincide con l’ inizio della controcultura anni ’60 che, da capo raffinato ed elitario, subisce una metamorfosi totale che ne reinventa le caratteristiche di base rimodellandole sul gusto Hippy: il cappello a falda larga diviene uno dei must have al pari del boa di struzzo, delle borse con le frange e dei sandali alla schiava. Lo indossano tutte le icone del rock, a cominciare da Anita Pallenberg, e tra la fine dei ’60 e l’ inizio dei ’70 spopola letteralmente tra le it girl. Perchè piace così tanto? Innanzitutto perchè rende ‘un tipo’, dà carattere, distingue dalla massa e richiama l’attenzione su di sè. Ma è anche un cappello che, celando parzialmente il volto o creando, grazie alla sua falda, un discreto gioco di luci ed ombre, accentua il ‘mistero’. Non è un caso se – negli anni in cui la psichedelia si intrecciava frequentemente alla scoperta dell’ esoterismo – il cappello nero a tesa larga aveva il potere di donare una particolare e irresistibile aria da ‘strega’ moderna, che esprimeva nello stile un grande culto dei dettagli. Declinato in vari materiali senza trascurare il denim, si tramutò in uno dei capi clou dell’ epoca, ridimensionandosi o – addirittura – scomparendo dalle scene con il passar degli anni. Ma recentemente sta conoscendo un rinnovato boom: le collezioni dell’ Autunno/Inverno 2013/13 lo hanno nuovamente posto sotto i riflettori, rivisitandolo e proponendolo nei modelli più disparati: ricordiamo, tra gli altri, il cappello a tesa larga di Giorgio Armani, che ricade obliquo su un lato del volto, e quello di Moschino, dalle linee arrotondate, che richiama a un cowboy di lusso. Ma è grazie al genio creativo di un designer come Hedi Slimane che il cappello a tesa larga viene incoronato protagonista assoluto di un’ intera collezione: la Primavera/Estate 2013 di Saint Laurent, infatti, in un mix tra rock, chic e molte reinterpretazioni dei basic del leggendario Yves, è riuscita mirabilmente a rievocare un mood anni ’70 rendendolo il clou della modernità: è così che, tra sahariane tramutate in abiti in suede, smoking ultraderenti in total black, bluse di chiffon, nude look, maxidress vaporosi  in stile flou. maxigonne in pelle e maglioncini in lamè, l’attenzione viene catturata dai cappelli in feltro a falda larghissima che indossano le modelle. Una mistura di passato e presente, glorificazione di un periodo storico che Yves Saint-Laurent amava alla follia, che traduce in chiave luxury dei must, come il cappello, donando una sofisticatezza mai scontata ad uno dei capi più amati dalle rock witches d’antan. Restituendogli, of course,  l’aura di unicità e di mistero che lo caratterizzava negli anni in cui il Maestro della Couture lanciava Saint-Laurent Rive Gauche e condivideva, insieme a Talitha e a Paul Getty, il suggestivo tetto di stelle di Marrakesch.

Buon venerdì.

 

Alessandra Facchinetti nuovo Direttore creativo delle collezioni donna Tod’s

 

E’ una notizia fresca fresca diffusasi proprio ieri, quel 20 febbraio che ha coinciso, per Milano, con l’ importante save the date che segna l’ inizio della Fashion Week: Alessandra Facchinetti è stata nominata nuovo Direttore Creativo delle collezioni femminili  Tod’s. Alessandra, nata a Bergamo nel 1972, ha studiato arte, architettura e scultura prima di assecondare la sua passione per la moda diplomandosi all’ Istituto Marangoni di Milano. La sua carriera inizia nel 1994 e comprende esperienze presso i più prestigiosi fashion brand: Miu Miu, Gucci, Moncler – per cui lancia Gamme Rouge – e Valentino. Ma nel 2011, pone le basi per un suo esclusivo progetto personale nato in ‘tandem’ con Pinko: nasce Uniqueness, rivoluzionario rispetto alle modalità di presentazione di collezioni no season disponibili on line nel ‘qui ed ora’, senza attese nè anticipazioni. Dopo aver annunciato l’ interruzione della collaborazione con Pinko e l’ abbandono di Uniqueness, per Alessandra Facchinetti si  preannuncia un nuovo, entusiasmante inizio. Il suo incarico di Direttore Creativo presso il celebre brand marchigiano prende il via all’ insegna dei buoni auspici espressi da Diego Della Valle, presidente del Gruppo Tod’s, che ha così commentato l’ ingresso della Facchinetti in azienda: “Alessandra è una donna di grande talento e la sua passione per i dettagli e per la ricerca di materiali e lavorazioni permettono sofisticati passaggi di lusso artigianale e la rendono perfetta per il nostro marchio, da sempre attentissimo alla qualità e al Made in Italy.”Da parte sua, la giovane designer si è dichiarata “Onorata di assumere un incarico così importante per un marchio che – con massima qualità e raffinatezza – contribuisce a tenere alto il prestigio del Made in Italy nel mondo. “

Buon giovedì.

 

Flash su una collezione: la Op Art della Spring/Summer 2013 Louis Vuitton

 

La passione per l’arte e il lavoro ‘à deux’ con alcuni dei suoi protagonisti principali non sono una novità, quando ci si riferisce a Marc Jacobs: dopo Takashi Murakami, sono ancora vivi gli echi della sua collaborazione con Yayoi Kusama, l’artista giapponese ‘dei polka dots’ con la quale nacque una splendida collezione tutta all’ insegna del ritmo ossessivo e ridondante dei pois. Non è da meno, in quanto a ispirazione e a pattern ‘seriali’, la collezione Spring Summer 2013 che Jacobs ha creato per Louis Vuitton: stavolta l’artista di riferimento ha il nome di Daniel Buren, la cui produzione concettuale è caratterizzata da geometrie, grafismi, linearità e alternanza nei colori. Un’ opera, in particolare, chiamata Les deux plateaux – commissionata a Buren nel 1985 dall’ allora Ministro della Cultura francese Jack Lang – ha ispirato il leit motiv della bella stagione firmata Vuitton: essenziali, puliti, geometrici potrebbero essere i primi tre aggettivi usati per descrivere gli outfit pensati da Jacobs. Il richiamo a Buren non è casuale, ma a sua volta omaggio ad uno dei motivi iconici della Maison stessa; il Damier, ‘ la caratteristica stampa optical ‘a scacchiera’ antecedente, pare, persino al famoso monogram, gioca in questa collezione tutti i suoi atout. L’allestimento della sfilata (ideato in collaborazione con Buren)  non poteva evidenziare in modo migliore il mood suggestivo e le geometriche alternanze: due enormi scale mobili introducevano le modelle immettendole su una passerella in total style Damier per ricondurle, poi, al backstage. La collezione presentata da Jacobs è prevalentemente incentrata sul Damier, che coinvolge colori, tecniche e applicazioni. Crea un’ alternanza Optical tra bianco e giallo, bianco e verde, bianco e marrone, bianco e nudo, bianco e nero stampati su abiti, giacche e gonne. Si declina in contrasti tra opacità e trasparenze grazie a una tecnica di devoré. Delinea- come avveniva per i polka dots di Yayoi Kusama – un ritmo ossessivo e ‘seriale’ che cattura e ipnotizza lo sguardo. Laddove il Damier non si profonde a piene mani, le stampe si stilizzano e riassumono nella forma di un fiore che risalta su un full total color di sfondo, mentre la tecnica del tuffettage, ripresa dalla lavorazione dei tappeti, funge da ricamo. I molteplici abitini stilizzati e cortissimi che rimandano agli anni ’60, e che non sfigurerebbero addosso a Twiggy, sono solo una sfaccettatura di una collezione che non si ferma alle lunghezze mini esplorando anche le maxi e le midi, ed utilizza materiali variegati come il taffetà, la nappa, l’organza, il crepe di seta, il gabardine e il duchesse coniugandoli con tubini, tuniche, insiemi di giacchina e gonna e minisoprabiti. L’ outfit sul quale  VALIUM ha acceso i suoi riflettori, stavolta,  riguarda più esemplari: in particolare,  tutti quelli in cui il Damier mette a contrasto giallo e bianco, due colori all’ apparenza incompatibili ma che proprio il leit motiv ‘geometrico’ che li affianca riesce a rendere ideali. L’ effetto è luminoso e solare: un inno all’ estate che riprende la tonalità del sole e dei ranuncoli in boccio. Il Damier di Marc Jacobs regge benissimo il total look. Il gioco a scacchiera di bianco e giallo si estende senza ridondanze, dunque, anche agli accessori: il clou è rappresentato dalle décolletè e dalle slingback caratterizzate dalla punta lunghissima e da un sottile tacco rettangolare, coadiuvate da borse Damier dalla forma allungata e con rigidi manici in nappa.

Buon mercoledì.

 

‘Collezione 1953’: compie 60 anni il mocassino Gucci con il morsetto

Il mocassino: un classico le cui origini risalgono a tempi remoti. Ai pellerossa va, per primi, il merito della creazione di una calzatura che avvolge il piede fasciandolo con della pelle morbida. Da allora, le rielaborazioni e le rivisitazioni del modello iniziale si sono susseguite negli anni assegnando al mocassino, a pieno titolo, lo status di cult. Ultrapiatto o con suola, a tacco basso e a tacco alto, pratico, comodo e unisex, nel corso dei decenni le sue innumerevoli reinterpretazioni da parte dei designer si sono fatte sempre più massiccie e diversificate. Un esempio su tutti? Gucci, che nel 2013 festeggia proprio il 60mo anniversario del famoso mocassino ‘con il morsetto’: era il 1953, infatti, quando la Maison creò dei mocassini che riprendevano, come motivo decorativo, il dettaglio del ‘morso’ in ottone riprodotto da Guccio Gucci sulle borse. Il morsetto dal doppio anello e la barra, che funge da fibbia ai mocassini lanciati nel 1953, divenne subito un simbolo iconico: si trattava di un motivo attinto dal mondo dell’ equitazione, di un finimento equestre. Non è un caso che al rilancio del capo sia stata associata l’immagine di Charlotte Casiraghi, campionessa e appassionata di equitazione: Charlotte, in una serie di foto in bianco e nero scattate da Inez Van Lamsweerde & Vinoodh Matadin viene immortalata, sprofondata sul divano, durante una pausa dalla lettura di un libro: una posa rubata ai momenti di vita quotidiana, ma di grande eleganza. D’ altronde, se la classe non è acqua,  non dimentichiamo che la bellissima testimonial Gucci è nipote della compianta Grace Kelly. Charlotte Casiraghi, amazzone glamour, è chiamata a rappresentare uno degli accessori della Maison più storicamente amati dalle star: il mocassino da donna, in versione 2013, viene proposto in chiave Pop e prodotto grazie a una serie di lavorazioni specifiche atte a renderlo particolarmente flessibile, morbido, comodo. Privo di soletta interna, è reperibile in tre differenti modelli: scamosciato, in pelle, in pelle verniciata. La caratteristica principale di questa iconica calzatura Gucci è soprattutto, però, la palette cromatica incredibilmente varia e ricca di vivide nuance: si va dal fucsia al giallo limone passando per l’azzurro polvere, il rosso carminio, l’arancio e il cipria, senza naturalmente dimenticare tonalità classiche come il bianco e il nero. La serie dei nuovi modelli, denominata Collezione 1953, fa parte della Cruise 2013 ribadendo il legame di Gucci con un prestigioso passato che torna a rivivere, rinnovandosi, in un adattamento stilistico aderente alla cultura del presente. Il famosissimo mocassino con morsetto è ormai un basic dell’ eleganza, un imprescindibile must have per ogni donna. Un capo universale che Frida Giannini definisce “Una fonte infinita di ispirazione, diventata un’ icona che lega la storia unica di Gucci con la sua attitudine moderna.”

Buon martedì.

 

(Photos taken from Gucci website www.gucci.com)