Cipria meets ONO: creatività al femminile a Bologna

“Pink cocktail, pink cupcake, marshmallow & bob cut girls!”: nasce all’ insegna di questo slogan la prima serata Cipria al di fuori dei confini veneti. E come location sceglie ONO Arte, galleria d’arte e multispazio culturale bolognese che i lettori di VALIUM conoscono ormai bene. La data? Oggi stesso, alle 18, 30: sarà un evento giocoso, autoironico e completamente votato al pastel pink, un clubbing che traduce in chiave contemporanea l’ immaginario anni ’70 e ’80 della Disco Diva. Ma di non solo party e djset si tratta. Cipria non tralascia infatti la propria originaria missione, quella di valorizzare la creatività al femminile, e per l’ occasione verranno proiettate le significative immagini di Giulia Agostini. Artista che privilegia la fotografia come modalità espressiva, la Agostini evidenzia una componente conturbante nei suoi ritratti di giovani donne: “Il femminile, l’ individualità ed il gruppo non sono concetti semplici, non sono concetti su cui è possibile lavorare in modo esatto, non sono concetti chiari e non sono nemmeno entità “pure”, cristalline, perchè si portano sempre dietro un residuo di insondabile”, come spiega Alice Neglia (alias Oceanicmood), ideatrice del progetto Cipria oltre che curatrice dell’ opera.

 Il lavoro presentato, che si ispira liberamente all’ opera di Osamu Yokonami, è incentrato su una “squadra” di cinque ragazze accomunate da un identico taglio di capelli (il bob) e da carnagioni, silhouette ed abiti del tutto simili. Individualità e gruppo sono regolati da un rapporto ben preciso: la prima ragazza cede il passo alla seconda. Ed è proprio il gruppo a costituire il focus, a determinare la composizione dell’ immagine. Tra i corpi si instaura un dialogo quasi coreografico, fatto di piccole aggregazioni. Le unità del gruppo sono affini, ma non uguali. Diverso e uguale rappresentano due entità irriducibili: un concetto da cui sgorga una miriade di riflessioni che riconducono invariabilmente a quella “squadra”, una sorta di pentacolo tutto al femminile. Sta allo spettatore decidere di accogliere, rifiutare o condividere le suggestioni che come sempre scaturiscono, innumerevoli, dal lavoro di Giulia Agostini.

Credits

Ph: Giulia Agostini
Artistic Direction: Oceanicmood for Cipria
Clothes: Socks
Hair: Eden Salon
Models: Chiara, Gloria, Laura, Maria Giulia, Marika@Cipria
Production: Cipria
Production Assitant: Alessandra Perongini
Site: Villa dei Vescovi

biancoPhoto courtesy of ONO Arte

New icons: Petite Meller

L’ hanno paragonata di volta in volta a una Lolita, ad un folletto, a una bambolina: quel che è certo, è che nel panorama pop contemporaneo la figura di Petite Meller è talmente unica e irripetibile da non avere eguali. Incarnato color latte, capelli biondissimi e il tipico fard rosa steso in una chiazza che ricopre naso, guance e zigomi in modo uniforme, Petite ha saputo tramutare il suo look in materiale iconico imitato da migliaia di fans. Dopo il boom dell’ estate 2015 con il singolo Baby Love, un’ esplosione gioiosa di note mandata quasi “in loop” per tutta la stagione ed oltre, nel Settembre scorso è uscito Lil Empire, il suo primo album, scritto e prodotto da un team di big names che include Jocke Ahlund, Peter Mayes, Shamir, Nick Littlemore e Craigie Dodds, già producer di Amy Winehouse. Petite, nata in Francia ma vissuta a lungo in Israele, vanta un CV di tutto rispetto che spazia dagli studi di Filosofia alla Sorbona all’ attività di modella in un caleidoscopio di suggestioni ispirative: un elemento fondante del suo stile “jazzy pop” – come le piace definirlo – che mixa irresistibilmente le sonorità di Dizzy Gillespie, Charles Aznavour e Duke Ellington al pop melodico più tradizionale.

Una miscela non nata a caso, influenzata da un’ infanzia parigina che al sottofondo di chansonnier come Charles Aznavour e Serge Gainsbourg alternava i ritmi made in Africa di Fela Kuti. E’ all’ università che Petite scrive le prime lyrics, ma solo a New York il suo imprinting musicale riaffiora appieno: le note dell’ hot jazz la contagiano, tramutandosi in mood ispirativo da cui scaturiscono suoni e immagini. Potenti entrambi, preziosi in parti uguali nel definire un sound che fa del video il suo irrinunciabile supporto base. Il primo, NYC Time, Petite lo gira a New York e lo carica su You Tube: proprio grazie a quel video viene notata per caso da un manager inglese che, folgorato, la invita immediatamente a Londra.  Ha così inizio la sua avventura, una carriera all’ insegna di un jazzy pop travolgente associato a sequenze di forte impatto visivo. Un esempio su tutti? Il coloratissimo video di Baby Love, dove Petite esorcizza il mal d’amore in un tripudio di danze. Girata a Nairobi, in Kenya, la clip la vede ballare scatenata con i locali e posare tra giraffe e fenicotteri rosa.

L’ ispirazione è nata dalla famosa scena del mambo di BB in E Dio creò la donna, ma le citazioni cinematografiche riappaiono in quasi ogni video di Petite Meller, così come le terre lontane ed i paesaggi esotici: le Vergini suicide di Sofia Coppola, le colline mongole, il lago Rosa del Senegal fanno da leitmotiv all’ immaginario sconfinato della bionda popstar, suggestivi fotogrammi di un viaggio a ritroso nell’ infanzia.

Ed è proprio da un ricordo infantile che provengono le sue guance in total look rosa. Nulla a che fare con un trademark di stile, piuttosto – come ha spiegato a Panorama – lo strumento terapeutico per il superamento di un trauma, quando un’ ustione durante le vacanze sulla neve tinse il suo volto di un fiammeggiante rosso ciliegia: un aneddoto che la dice lunga sul “think pink” interiore e sulla straordinaria propositività di Petite.

Photo courtesy of Petite Meller

Il close-up della settimana

Un importante riconoscimento va a coronare la carriera della già pluripremiata Miuccia Prada: Glamour USA l’ ha nominata Woman of the Year 2016 per il suo contributo alla moda, all’ arte e alla cultura. Il premio – come si legge nel comunicato – celebra il “ruolo di pioniere” della designer milanese che, oltre a creare un’ azienda di successo, ha mantenuto una visione coerente ed un impegno profuso in molteplici direzioni. A Miuccia Prada va il merito di aver tradotto il suo inesauribile interesse per l’ arte in spirito innovativo e in un continuo work in progress sulla contemporaneità. Per la stilista il traguardo è stato doppio: proprio in questi giorni, infatti, Prada festeggia l’ apertura del primo monomarca a Copenaghen. La cerimonia dei Glamour of the Year Awards, che ha avuto luogo a Los Angeles il 14 Novembre, come ogni anno ha premiato le donne che si sono contraddistinte in settori quali lo spettacolo, lo sport, la politica, la scienza e l’ imprenditoria (solo per citarne alcuni). Tra le altre Women of the Year 2016 figurano i nomi di Gwen Stefani, Zendaya, Cara Delevingne, Leona Lewis, Amber Heard, Christine Legarde, Simon Biles e Nadia Murad oltre che le fondatrici del movimento attivista Black Lives Matter, ma nella lista rientra anche un “man of the year”: la rockstar Bono Vox, leader degli U2 e ideatore della campagna Poverty is Sexist che combatte la disparità salariale tra i due sessi. E’ la prima volta che un uomo viene inserito nell’ elenco delle 100 donne premiate da Glamour USA, un vero e proprio record motivato dalla lotta di Bono a favore di un’ effettiva parità uomo-donna e contro ogni sorta di ingiustizia e povertà.

Photo by Ca0572 (Opera propria) [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

Mary Katrantzou: il nuovo foulard è pop

E se questo Inverno, anzichè il cappello, scegliessimo il foulard? Purchè sia coloratissimo, setoso e pop come quello che nella collezione FW 2016/17 di Mary Katrantzou fa da iconico leitmotiv. Si annoda sotto il mento citando una femminilità rétro e risalta per l’ esplosione di cromie e di decori. Tra creazioni che mixano dettami fiabeschi, odi agli American movies e vibranti “citazioni” warholiane, affiora un’ iconografia naif in cui trionfano farfalle, stelle e cuori: sono gli stessi motivi che ricorrono nel foulard, sgargianti ma mai chiassosi. E stilosi al punto tale da ravvivare un basic dello chic rendendolo potentemente attuale.

Tendenze FW 2016/17: vinyl is back

 

Louis Vuitton

 

Il vinile, o vernice, oppure ancora patent leather volendo usare un termine anglofono, rientra dalla porta principale e torna a svettare  – più lucente che mai – tra i trend di stagione. Lo troviamo declinato in capospalla, in pantaloni dal gusto rock ma anche in gonne, abiti e top grintosissimi e di grand’effetto. La novità è che abbandona le forme skinny per sperimentare nuovi volumi, spaziando dal geometrico/strutturato al baggy style: non c’è che l’ imbarazzo della scelta, per chi ama gli sciccosi bagliori della pelle lucida.

Kenzo

 

Wanda Naylon

 

Barbara Bui

 

Cédric Charlier

 

Nina Ricci

 

Carven

 

Burberry

 

Valentino

 

Tome

Like a rainbow

 

Oro e arcobaleno per dare una sferzata in technicolor al grigiore: Novembre non è mai stato così variopinto grazie alle creepers Gucci, It shoes della collezione Cruise 2017. In pelle metal oro, replicano il design delle sneakers e si adornano di due fasce laterali nel bicolor blu e rosso tipico del brand. Ma il loro punto di forza risiede nel platform, piatto però altissimo, tinto di una miriade di stripes arcobaleno: una policromia che di certo non stona tra creazioni che alternano il pervinca, il lime, il rosso e il giallo senape ad un vibrante turchese. Dal Giugno scorso, quando la Gucci Cruise ha sfilato nella Westminster Abbey di Londra, queste scarpe sono un iconico cult. Il richiamo alla club life anni ’90 è evidente, e va a sommarsi ai tributi che Alessandro Michele dedica agli emblemi dello spirito British: lo street style, le subculture ne sono parte integrante, se pensiamo che la capitale inglese ha visto nascere movimenti come (solo per citarne un paio) il Punk e il New Romantic. Le creepers Gucci rievocano un’ era all’ insegna del “Girl Power”, il look sporty-glitter delle Spice Girls, i platform vertiginosi delle loro sneakers. Ad aggiornare alla contemporaneità questa ispirazione, un arcobaleno – forse simbolico, forse puro virtuosismo di colore – che si inserisce a pieno titolo nel “Paese delle Meraviglie” di Alessandro Michele: sarà pura coincidenza ma, proprio nel Poets’ Corner della Westminster Abbey, una targa commemora il genio visionario di Lewis Carroll.

Ispirazione dreadlocks

Marc Jacobs

Gli ultimi a fare notizia, in ordine di tempo, sono stati quelli di Rihanna: i lunghissimi dreadlocks color ebano che sfoggia impazzano sui magazine e sui social. Ma le celebs si sono dimostrate rasta-addicted da sempre, basta pensare al Lenny Kravitz di anni fa e alla sua ex Lisa Bonet, al Boy George degli esordi con i Culture Club o, tornando nel terzo millennio, ai dreads di Lady Gaga, Miley Cyrus, Helena Bonham Carter e Justin Bieber, con variazioni sul tema che includono le fitte treccine afro esibite da Zoe Kravitz. La tipica acconciatura di Bob Marley, emblema della cultura Rasta, non poteva lasciare indifferente il fashion world: dal défilé Chanel Paris-Bombay 2012 – dove le modelle sfilavano con dreadlocks raccolti in sofisticati updo – alle recenti passerelle di Marc Jacobs, The Blonds e Balmain, le lunghe ciocche aggrovigliate su se stesse rappresentano un’ inesauribile fonte di ispirazione. Le rivisitazioni sono molteplici, ma il popolo della rete non sempre gradisce e, come nel caso dell’ acceso dibattito suscitato dalla sfilata di Marc Jacobs lo scorso Settembre,  grida all’ “appropriazione culturale”. Una critica a cui il designer americano ha ribattuto con un post su Instagram in cui inneggia alla libertà di espressione e alla sua contrarietà nei confronti di qualsiasi discriminazione: dopotutto, l’ ispirazione non conosce colore nè frontiere.

Marc JacobsGuido Palau, il celebre hairstylist e Direttore Creativo Globale Redken, per il fashion show SS 2017 di Marc Jacobs ha optato per un tripudio di dreads multicolor realizzati con extensions in lana. L’ ispirazione, come ha spiegato lo stesso Palau, ha inglobato la rave culture e popstar anni ’80 quali Boy George e Marilyn, ma il riferimento al rasta style arcobaleno di Lana Wachowski (la cineasta testimonial della advertising campaign Marc Jacobs SS 2016) è predominante.

The Blonds

The Blonds – La collezione FW 2016/17, un’ ode a Alice in the Wonderland ed alle eroine cinematografiche di Quentin Tarantino e Gregg Araki, ha evidenziato un hair look realizzato grazie a dosi massicce di dreadlocks rosa. A firmarlo, il team Oribe Hair Care che si è ispirato ad una contemporanea rivisitazione del pink glamour del film Gli uomini preferiscono le bionde.

Balmain

Balmain – Il fashion show della collezione Menswear FW 2016/17 creata da Olivier Rousteing ha visto trionfare i dreadlocks per i look femminili. Nabil Harlow, creative director Balmain Hair, ha ideato un hairstyle che ai capelli delle modelle alterna le extensions DoubleHair Silk. Una caratteristica dei dreads di Harlow è l’ alto tasso di volume conferito alle radici: per realizzarlo, l’ hairstylist ha utilizzato la Styling Powder Balmain e il Texturing Salt Spray in abbondanza, modellando successivamente i “locks” con l’ ausilio del Matt Clay Strong.

bianco

Glitter People

” La mia vita è stata sorprendente. Quante altre donne di 85 anni possono dire che l’ istantanea sulla loro senior citizen’s card è stata scattata da Norman Parkinson? “

Carmen Dell’ Orefice

Photo by The Heart Truth (Carmen Dell’Orefice, Red Dress Collection 2005) [CC BY-SA 2.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons

Lo sfizio

Cigno bianco e cigno nero: lo stesso piumaggio sfarzoso e ricco, personalità agli antipodi. Sembrano ispirarsi a Odette e Odile de Il lago dei cigni di Tchajkovsky le due spose in passerella da Rodarte, figure chiave di una collezione Autunno/Inverno che della contrapposizione tra il nero dark e un immacolato candore fa uno dei suoi leitmotiv. Odette il Cigno Bianco, un tripudio candido di pizzi e trine. Odile il Cigno Nero, misteriosamente oscura e nerovestita. Per entrambe, il tulle increspato da una miriade di ruches è un denominatore comune: spose romantiche ma al tempo stesso gotiche, optano per lunghezze midi e un velo che ricade sul viso fino a sfiorare le spalle. Ma le accomunano anche la silhouette che accarezza il corpo, un gioco di balze che dell’ abito movimenta gonna e maniche, il pizzo finissimo cosparso di applique floral, delineando due versioni del wedding dress speculari seppur apparentemente distinte. Il bianco e il nero come concetti agli antipodi ma appartenenti ad un’ unica, medesima visione che li interfaccia in un dualismo inscindibile, emblemi  – come nello ying e nello yang del tao cinese – dell’ eterno ciclo di morte e di rinascita. Candore e oscurità custodiscono il segreto dello stesso enigma: non è un caso che nel balletto di Tchajkovsky sia una sola ballerina ad interpretare il doppio ruolo di Odette e Odile. La sposa di Rodarte riflette questi indizi nel velo che cela il volto in un “vedo non vedo” carico di mistero, gli orecchini pendenti simili a fatati fiori dei boschi. Ad accentuare le suggestioni gotiche, il make up artist James Kaliardos ha tinto labbra ed unghie di un burgundy saturo: talmente scuro da essere confuso con un nero dark.

Les Vestiaire des Parfums: Yves Saint Laurent presenta la Collection de Nuit

 

E’ trascorso un anno da quando Yves Saint Laurent lanciò la collezione Les Vestiaire des Parfums, fragranze che interpretano olfattivamente i capi cult della Maison: Tuxedo, Caftan, Caban, Saharienne e Trench sono i nomi, indicativi, dei cinque profumi ai quali ora si va ad aggiungere un trio prettamente declinato in modalità “notturna”. Les Vestiaire des Parfums Collection de Nuit, una novità assoluta, prende spunto da tre tessuti iconici come il cuoio, il vinile e il velluto per evocare il glamour della nightlife parigina in tutta la sua sensuale audacia. Senza trascurare il mood rock che la Maison associa – come a rimarcare la sua doppia accezione di tessuto e supporto audio – ad ogni produit de beauté ispirato al vinile: un atout imprescindibile, segno distintivo di forte impatto. Cuir, Vinyl e Velour rappresentano fragranze-tributo a materiali che hanno donato all’ estetica Saint Laurent un’ impronta inconfondibile e si sono declinati in ogni possibile nuance di nero. Intense, seduttive, voluttuose, le tre essenze sono cuoio che accarezza la spalla con tocco aspro e lieve, morbido velluto che avvolge in un buio profondo, vinile lucente che fascia il corpo, ed effondono una scia che non conosce distinzioni di genere. Il loro flacone, di un’ essenziale eleganza, ricalca il design di Les Vestiaire des Parfums tingendosi di un all black sfumato dal quale fa capolino la pelle.

Creato dal naso Ilias Ermenidis, Cuir è un potente mix di zafferano speziato, cuoio affumicato e legni. Il profumo esordisce con note concentrate di rum, zenzero e zafferano per poi calarsi in un cuore di tabacco, thé nero e osmanto dagli accenti intensi. Il fondo esalta accordi di oud, cuoio e legno di guaiaco.

In Velour, che Carlos Benaim ha concepito come un aroma in cui la vaniglia stempera un cupo amalgama di legni ed ambra, risaltano note di testa a base di pepe nero, thé nero e pepe rosa. Il cuore mescola gelsomino, olibano e rizoma di iris esaltandosi in un intenso fondo di muschio, vaniglia e amber wood.

Vinyle, firmato dalla profumière Juliette Karagueuzoglou, è sensuale e sfrontato. Il suo jus è una combinazione di mirra orientale e immortelle che si intensificano in un audace mix con l’ anice, la vaniglia, il pepe rosa, il bergamotto ed accordi resinosi.

Cuir, Velour e Vinyle sono disponibili nel formato di Eau de Parfum da 125 ml.

(Photo source: YSL Beauty official website)