Il Principe Maurice a Fabriano: a tu per tu con l’icona del teatro notturno

 

Travolgente come solo lui sa essere, visionario, una leggenda vivente: il Principe Maurice (all’ anagrafe Maurizio Agosti Montenaro Durazzo, discendente dai Principi Agosti di Bergamo) si riconferma re incontrastato del teatro notturno di cui è, peraltro, fondatore. E il 20 Gennaio scorso anche Fabriano, la “città della carta”,  si è lasciata contagiare dal suo carisma. L’ occasione è stata una serata epica dove la techno dei Datura ha rievocato, live, atmosfere anni ’90 dando vita alla soundtrack di uno show a dir poco straordinario. Protagonista e mattatore dell’ evento, il Principe Maurice ha coinvolto il pubblico dell’ Aera Club and Place – un ex cinema oggi adibito a spazio polifunzionale grazie ai tre giovani imprenditori Nicola Paccapelo, Cristian Bussaglia e Enrico Rossi – in un’ esplosiva  performance iniziata alle 10 di sera e terminata alle 6 del mattino. Ad anticipare le danze è stato il docufilm “Principe Maurice #Tribute” diretto da Daniele Sartori, 50 minuti di pellicola in cui Maurice si racconta e rende partecipi del suo progetto artistico gli spettatori: un viaggio nella vita del Principe e nel suo immaginario, dove ai luoghi-simbolo come la Piramide del Cocoricò si alternano ricordi, omaggi ai Maestri Lindsay Kemp e Klaus Nomi, scenari suggestivi del Carnevale di Venezia di cui è Gran Cerimoniere.  La verve narrativa di Maurizio Agosti e un montaggio mozzafiato catturano letteralmente il pubblico, lo trascinano in un crescendo emotivo fino all’ apoteosi finale, uno dei momenti più intensi dell’ intero docufilm: con l’ incalzante sottofondo della “Passacaglia della vita” di Stefano Landi, ballata seicentesca rielaborata in chiave techno dai Datura, il Principe Maurice volteggia sulle note di un “memento mori”. “O come ti inganni se pensi che gli anni non han da finire, bisogna morire”, canta, e per l’occasione ripristina le iconiche lenti a contatto bianche e un paio di corna da Mefistofele. Ma la sua non è che un’ ode alla vita, perchè solo la consapevolezza della morte può donare valore aggiunto all’esistenza. Sull’ importanza dei valori Maurice tornerà spesso, soprattutto rivolgendosi ai giovani, nel corso dell’ intervista che mi ha rilasciato poche ore prima di una serata destinata a rimanere memorabile, unica e irripetibile per la nightlife fabrianese.

Cosa ti porta nella “città della carta”?

Fabriano era nell’ aria perché già c’erano stati degli incontri forieri di questa proiezione, guarda caso con la signora Silvia Ragni. Ma ero incuriosito da questa città da un po’, intanto perché ha una storia estremamente interessante, e poi perché una famiglia di Fabriano, i Serafini, è imparentata alla lontana con la mia. Così quando i ragazzi dell’ Aera Club and Place hanno desiderato avermi io ho proposto immediatamente, memore di questo incontro con te, di introdurre la serata – un tributo agli anni ’90 in collaborazione con i Datura che riprende il format di ReMemo trasmesso su Radio m2O –  con la proiezione del docufilm “Principe Maurice #Tribute”. Dal punto di vista musicale sarà uno show inedito, perché i Datura sono tra i rappresentanti principali di quel movimento musicale che mi ha visto protagonista di immagine al Cocoricò e in giro per il mondo negli anni ‘90.

 

 

Che cosa ha rappresentato, per te, il Cocoricò?

Il Cocoricò è stato il contenitore creativo più importante della mia carriera. Se il Principe Maurice è nato e ha potuto farsi conoscere velocemente sia in Italia che in tutto il mondo – perché il Cocoricò attirava turismo musicale e techno anche dal resto d’Europa – è stato proprio perché ero lì. E lì ci sono arrivato quasi per caso. E’ stata veramente una coincidenza straordinaria: ero la persona giusta al momento giusto, con il direttore artistico giusto, nel locale giusto. All’ epoca l’ art director era il grandissimo Loris Riccardi, collaboratore di “Blob” di RaiTre. Grazie a lui abbiamo avuto la possibilità di esprimere la forma di teatro notturno della quale sono portatore e ideatore, ma anche di ospitare compagnie importanti a livello intenazionale: La Fura dels Baus, La Societas Raffaello Sanzio, Marion D’Amburgo e i Magazzini Criminali…Nel Morphine, il super privé fiore all’ occhiello della sperimentazione del Cocoricò, è venuto a suonare anche Roger Eno, fratello di Brian e musicista ancora più avantgarde. Il Cocoricò era una discoteca fuori da qualsiasi canone, iconica, un unicum mondiale come nemmeno a New York o a Ibiza ce n’erano. Per me è stato un luogo magico e speciale.

Sei un performer leggendario. Che sensazioni provi, dopo anni, prima di salire sul palco?

Ti spiego qual è la cosa meravigliosa del mio essere uno, nessuno, centomila: il mio maestro Lindsay Kemp (leggi qui la sua intervista con VALIUM) adotta un vero e proprio cerimoniale nel prepararsi, la sua è una metamorfosi. Entrare nel camerino di Lindsay è addentrarsi in un mondo in cui anche gli odori dei trucchi ti inebriano, qualcosa di straordinario! Ho cercato di ispirarmi a lui, infatti pretendo di avere un camerino per conto mio perché per me è un vero e proprio rito quello di entrare nel personaggio. C’è questa magia particolare per cui tu, Maurizio Agosti, piano piano diventi il Principe Maurice come vuol essere in quel momento lì e quella sera lì, che non è mai uguale a un’altra. Voglio essere il più possibile vicino al mio feeling del momento, diretto e spontaneo: per me è molto importante. Mi rifaccio alla tradizione della Commedia dell’Arte, ho un canovaccio ma poi devo improvvisare. Lindsay Kemp è stato il mio Maestro con la maiuscola: ha le sue coreografie, le sue storie da raccontare, ma improvvisa tantissimo. Ero molto giovane quando ho fatto uno stage da lui, a Milano. Una sera un ballerino non si è sentito bene e l’ho sostituito in “Sogno di una notte di mezza estate”. Ho recitato una sola volta, ma sono riuscito a essere con Kemp sia sul palco che nel backstage, a imparare. Poi ho portato il tutto in discoteca: è questo che rende il mio personaggio particolare, perché nessuno si è mai impegnato davvero nel non guardare al lavoro in discoteca come a una “marchetta”, solo perché il teatro notturno aveva trovato un mercato da sfruttare anche lì. Questa mentalità ha fatto cadere un po’ il progetto di cui io sono rimasto l’unico testimone, ma non demordo.

 

 

Quale messaggio lanceresti ai giovani che affollano le discoteche?

Pretendete. Pretendete da voi stessi di vivere in maniera consapevole e partecipe tutto, anche la trasgressione, ma di esserci, non di arrivare a un punto in cui non ricordate nemmeno cosa avete fatto perché vi stordite con l’alcool o con altro. Dovete essere protagonisti e sempre presenti, altrimenti nulla ha valore, è una perdita di tempo. In più, se avete delle idee, proponetele, esprimetele, perché la vostra età ha bisogno di conoscenza, di sperimentazione, di divertimento. E di fantasia…Oggi seppellita dal conformismo della rete e dal melting pot della globalizzazione. Cerchiamo di essere il più autentici possibile e di capire da dove veniamo, perché è importante, e dove vogliamo andare… Anche se questa società ci porta a non aver troppa fiducia nel futuro sappiate, giovani d’oggi, che è importante credere in tre cose: la libertà, che è un valore fondamentale, la dignità, senza la quale la libertà è uno spreco e può diventare dannosa, e l’amore. Altrimenti non c’è nulla. I soldi sono importanti, ma vanno e vengono. La salute stessa è appesa a un filo di ragnatela. Mentre l’amore, la libertà e la dignità sono tre ingredienti fondamentali per poter immaginare un futuro, e posso dirvelo perché l’ho vissuto sulla mia pelle. Per questo lo racconto con fervore e convinzione.

Tu e il Carnevale di Venezia: cosa ti lega maggiormente alla grande kermesse veneziana?

Trasformarmi, travestirmi, ricercarmi in altre forme, ricercare il mio fratello gemello morto a 11 mesi…Un giorno –  ho 16 anni e sono già un “decadente” – decido di partire da Milano per andare al Carnevale di Venezia. Ci vado la domenica dedicata alla passeggiata delle maschere, dopo Sabato Grasso. Mia madre, che è mia complice, mi permette di viaggiare in costume per partire al mattino e ritornare la sera. Arrivo a Venezia, capito alle Generali dove fanno una festa e vengo intervistato. E’ un boom incredibile, meraviglioso, per cui mi dico: “Io il Carnevale lo frequenterò tutti gli anni”. Dopo qualche anno trovo nel personaggio di Giacomo Casanova qualcosa che mi piace, che sento mio: coltivare il piacere dei sensi ad esempio, anche in questo sono molto decadente…Il Carnevale comincia a entrarmi nella mente e nel sangue, diventa un obiettivo, una mania. E’ una passione che nel tempo ho condiviso con altre persone. Abbiamo creato delle associazioni: gli Amici del Carnevale di Venezia, un’ Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia, arriviamo da tutto il mondo per ritrovarci al Carnevale a divertirci e a competere per la bellezza dei costumi e delle interpretazioni. Quando Bruno Tosi, il Presidente della Fondazione Maria Callas, ha ricreato la tradizione storica delle Marie, mi ha chiesto di presentare la manifestazione. Da allora sono diventato il maestro di cerimonie che apre e chiude il Carnevale, conduco happening sul palco di Piazza San Marco e sono il Magister Elegantiarium del Concorso della Maschera più Bella. Il Carnevale diventa per me il momento dell’anno più atteso: in 10 giorni arrivo a gestire 30 produzioni tra feste private, di associazione e ufficiali.

 

 

Che ci racconti del tema “Creatum Civitas Ludens” associato al Carnevale di Venezia 2018?

“Creatum”, per valorizzare un po’ tutta quella che è l’artigianalità e l’arte che sta dietro al Carnevale. Ma non sarà un’esposizione o una specie di fiera delle botteghe, bensì un circo dove anche questi artigiani si possono esprimere. L’ elemento del circo è quello che mi piace di più: ci sono le scenografie dei Togni utilizzate per “La strada” di Fellini, oltre ad altre scenografie aggiunte dal teatro La Fenice che, in collaborazione con Massimo Checchetto, ha reso il circo un po’ più elegante, un po’ più veneziano, un po’ più adatto a Piazza San Marco. Il circo è uno dei miei ambienti preferiti, amo soprattutto  il ruolo del clown bianco e adoro Fellini. Quest’ anno quindi il Carnevale sarà davvero “playful”, con quel tocco di follia che va verso il freak: a fine ‘800 inizio ‘900, ricordate?, al circo si esponevano i fenomeni. Si giocherà sulle trasformazioni…I cambi di ruolo sessuale, che sono tipicissimi del Carnevale, faranno parte (e in modo anche molto malizioso) del gala serale che avrà per titolo “La serata di Dottor Jack Hill e Mrs. Hyde”.

 

 

Quali sono gli angoli segreti di Venezia che consiglieresti di visitare, i meno turistici e scontati?

Te ne racconto due. Uno è il minuscolo negozio di maschere di un’artista che si chiama Barbara Babi. Dietro Piazza San Marco, dietro Palazzo Ducale, c’è un ponte, credo che si chiami Ponte della Canonica. Lo trovate dopo questo ponte, un po’ sulla destra. E’ nuovo: quest’ artista ha finalmente avuto modo di aprire un suo negozio/laboratorio, e utilizza in modo molto particolare sia la cartapesta che le piume. Le sue maschere indossano parrucche fatte di piume. Sono stupende, e anche abbastanza dark! Ma non si tratta di piume di struzzo in stile Rio: sono piume di pennuti, lunghe, che lei acconcia. In più usa, applicandola sulle maschere, la pelle del serpente quando fa la muta. Il negozio si chiama La Babi e spero che abbia successo, perché lo merita. Poi c’è un bacaro speciale in quanto a ambiente, qualità e cucina. E’ uno degli ultimi rimasti, situato in una piccola calle che va verso il Casinò dal Teatro Italia, e veneziano DOC: ci vanno solo veneziani e solo loro sanno che c’è, niente turisti. Tutto viene cucinato da veneziani, in stile veneziano e con ingredienti veneziani. Lo suggerisco a chi cerca un posto veramente riservato, quasi “massonico”, per l’ ”apericena”…Il nome non te lo dico, solo chi lo scopre merita di frequentarlo. Ah, ecco un altro posto particolare! Un’ ala del Teatro Italia è stata venduta ed è diventata il più bel supermercato del mondo. Cinema Teatro Italia, in Strada Nova: entrateci. E’ da visitare perché è una contaminazione pop fuori di testa!

Torniamo a Fabriano. Un tuo parere a bruciapelo sulla città?

La cosa che mi suggestiona molto della città è questo rapporto con la carta, così importante sia per l’arte che per la scrittura. E poi c’è la tipica magia di tutte le città italiane un po’ “appartate”, che nascondono tesori. Mi piace la simpatia, la sobrietà che c’è nelle persone, e mi piace che ci siano personaggi che sono sostanzialmente dei “fantasmi”: grazie alla tecnologia sono proiettati culturalmente in tutto il mondo, ma vivono qui quasi un po’ nascosti. Un nome? Silvia Ragni, ma anche Rexanthony, uno degli autori della musica specificatamente dedicata al Cocoricò oltre che di compilation degli anni d’oro che hanno avuto un successo straordinario. Quindi non è che una città di provincia, pur famosa per la sua industria, per la sua tradizione eccetera, sia meno intrigante di una capitale.

 

 

Per concludere, una domanda sui tuoi prossimi progetti. Puoi anticiparci qualcosa o sono ancora top secret?

Con questa intervista capiti proprio durante l’ultimo cambiamento fondamentale della mia vita. I miei cambiamenti si sono avvicendati in cicli di circa 20 anni l’uno. Questo è il terzo, credo sia il finale. Sto puntando ad avere una residenza anche esterna all’ Italia, quindi mi sono spostato a Palma de Mallorca: una città antica dove c’è un centro storico, una vita culturale e la presenza della famiglia reale si “respira” sia attraverso il castello che il Palazzo di Marivent…C’è tutto quello che può affascinarmi in una città europea importante, perché Palma è una piccola Barcellona. Non è lontana dall’ Italia e il fatto che sia un’isola mi piace, perché anche Venezia è un piccolo arcipelago di isolette. Questo cambiamento mi porterà ad essere meno presente nel mondo della notte e più presente nel mondo degli eventi a carattere culturale o privato. Il mio futuro, quindi, sarà suddiviso tra l’Italia e Palma.

 

 

Photo courtesy of Aera Club and Place e collezione privata Principe Maurice Agosti

 

Haute Couture PE 2018: flash dalle sfilate di Parigi (parte 3)

Maison Margiela

John Galliano si ispira all’artista americana Jessi Reaves e crea dei look “plastici”, tutti all’ insegna della sperimentazione delle forme e di un utilizzo sorprendente del colore. Il mood sporty predomina, ma si fa couture ai massimi livelli: pvc, plastica e tessuti high tech doppiano gli abiti, li compongono, accentuano una allure futuribile che reintepreta cardini del womenswear come il bustier e la gonna plissé. E’ così che, tra parka e sneakers, trovano spazio preziosi abiti-origami, ruches “architettoniche” e cangianti giochi di colore. Galliano rivela un lato inedito del suo immaginario creativo e si riconferma guru indiscusso della genialità visionaria.

 

Maison Margiela

Maison Margiela

Maison Margiela

 

Armani Privé

Linee sinuose e femminili stemperano la sobrietà adottando una palette che esplora le mille sfumature di un cielo tropicale. Non è un caso che sia l’isola di Antigua (dove saltuariamente vive) ad ispirare Giorgio Armani: i look si susseguono impalpabili, declinati in lunghezze mini e bagliori argentati che si alternano al nero, al cipria, al blu polvere e a un blu deciso. Il corto trionfa nella miriade di short e di minidress a palloncino su cui le paillettes si posano, scintillano, esaltano i volumi, mentre asimmetrici top-tunica si fanno fluttuanti grazie allo chiffon. L’ ultima uscita è una nuvola di organza tingeggiata a pennellate vive, appena un po’ sbiadite dall’ eterea foschia tropicale.

 

Armani Privé

Armani Privé

Armani Privé

 

Jean-Paul Gaultier

Jean-Paul Gaultier celebra Pierre Cardin e i suoi gloriosi 60s: linee ad A, pattern optical e  black and white prevalgono ma vengono impreziositi da frange, strascichi, asimmetrie profuse. Il resto dei look è un inno al full color  declinato in una serie di suit maschili e long dress a campana che in un tripudio di frange, chiffon e drappeggi combinano preziosismi e una vaga allure hippie chic. Le giacche strutturate si fanno sexy, si stringono in vita e reinterpretano lo stile smoking,  stampe psichedeliche movimentano tessuti impalpabili. L’ hairstyle signature di Gaultier, il torchignon, diventa ancor più iconico tingendosi delle identiche nuance degli abiti.

 

Jean-Paul Gaultier

Jean-Paul Gaultier

Jean-Paul Gaultier

 

Haute Couture PE 2018: flash dalle sfilate di Parigi (parte 2)

Chanel

Chanel ricrea un immenso giardino sotto le cupole del Grand Palais e dà un party in onore della rosa: la sua collezione è un’ ode alla regina dei fiori e al colore con cui ha in comune il nome. Sfilano look all’ insegna della preziosità pura che alternano squisite applicazioni floreali a miriadi di piume, chiffon a profusione, ricami di cristalli e paillettes magicamente cosparse sugli abiti. Tra le silhouette predomina quella svasata, a corolla, già candidata (come anticipato da Karl Lagerfeld) a fare da fil rouge alle creazioni di Alta Moda della Maison. L’ iconica veletta fissata al capo con un bouquet dona alle modelle un’ incantevole allure da “fiore in boccio”.

 

Chanel

Chanel

Chanel

 

Valentino

Il valore del savoir faire artigianale, della manualità che si intreccia straordinariamente con la creazione: Valentino battezza ogni abito con il nome della sarta che gli ha dato vita e omaggia la proverbiale eccellenza del suo Atelier. La collezione di Pierpaolo Piccioli è intrisa di un glamour ispirato a un’ Alta Moda “archetipa” che guarda ai “Gowns of Emotions” di Lady Duff Gordon reinterpretandoli attraverso la lente di un sogno. Ampie mantelle, pantaloni palazzo, fiocchi che diventano parte integrante del look, abiti “costruiti” su giochi di ruches spettacolari si declinano in taffetas per esaltare la loro qualità sculturale e conquistano grazie ad accostamenti cromatici sbalorditivi. Gli enormi cappelli di piume creati da Philip Treacy  accentuano suggestioni a metà tra l’ onirico e il rétro.

 

Valentino

Valentino

Valentino

 

Givenchy

Clare Waight Keller prende il posto di Riccardo Tisci e presenta una collezione altamente evocativa. Emerge come una visione notturna, un giardino sfiorato dall’ argenteo bagliore lunare. I suoi fiori assumono una grazia diafana,  misteriosa e al tempo stesso cristallina che condivide con i look visti in passerella: è un approccio alla preziosità che fonde l’ opulenza con la purezza estrema, il trionfo di uno stile che deliziosamente calibra femminilità e rigore. Piume, balze, nuance vibranti in dégradé movimentano silhouette pulite e toni neutri esaltandone la sofisticata linearità.

 

Givenchy

Givenchy

Givenchy

 

New icons: Kaia Gerber

 

In questi giorni, non si fa che parlare di lei. Di certo anche perchè al défilé Chanel Haute Couture, due giorni fa, è apparsa in passerella come una visione: eterea e al tempo stesso sontuosa, magicamente avvolta nel tripudio di piume rosa che adornava un dress sculturale.  La veletta, cosparsa di cristalli, celava a malapena un volto “familiare” evocando sensazioni di déjà-vu. Perchè oltre ad essere la nuova e celebre musa di Karl Lagerfeld, Kaia Berger vanta una somiglianza strabiliante (neo a parte) con la mamma, la supermodel Cindy Crawford: come dire, “buon sangue non mente”. Nata in California, classe 2001, a 16 anni Kaia ha il fashion world ai suoi piedi. Il suo debutto nell’ Haute Couture con la sfilata PE 2018 di Chanel è la consacrazione di una carriera iniziata appena decenne, quando fu scelta per la campagna di Young Versace da Donatella Versace in persona. Tre anni dopo è arrivata la copertina di Teen Vogue USA e poi, via via di seguito, ancora campagne e photo shoot fino all’ esordio in passerella con Calvin Klein, lo scorso Settembre, alla Fashion Week di New York. La fluente chioma scura, il corpo flessuoso, lo sguardo al tempo stesso volitivo e dolce sono i suoi segni di riconoscimento, punti di forza che si fondono con un’ eleganza innata. Non è un caso che, ancor prima di Herr Lagerfeld, nel ruolo di musa Kaia abbia ispirato anche Marc Jacobs, che l’ ha voluta come testimonial della linea Beauty e dell’ ad campaign del profumo Daisy (leggi qui l’articolo che VALIUM le ha dedicato). Oggi, dopo aver incantato tutti al “garden party” di Chanel al Grand PalaisKaia è incoronata star nascente delle passerelle e si prepara a stupirci con la sua prossima sfida: la capsule collection “Karl Lagerfeld x Kaia” che creerà in collaborazione con Kaiser Karl.

 

Kaia per Chanel Haute Couture PE 2018

Kaia per Chanel PE 2018

Kaia per Versace PE 2018

Kaia per Saint Laurent PE 2018

Kaia per Marc Jacobs Beauty PE 2017

Kaia per Moschino PE 2018

Kaia per Coach PE 2018

Kaia per Valentino PE 2018

Kaia per Bottega Veneta PE 2018

 

Haute Couture PE 2018: flash dalle sfilate di Parigi

Dior

Dal 22 al 25 Gennaio, a Parigi, torna in scena il  sogno: le sfilate della Haute Couture invadono le passerelle con la loro magia. Alta sartorialità, ispirazione ad ampio spettro e creazioni scenografiche sono i leitmotiv di quattro giornate all’ insegna della creatività più sublime. E’ il trionfo della moda nella sua quintessenza inventiva, il tributo a un’ iconografia che trascende il quotidiano per esaltare l’ esclusivo e lo speciale. In questo post – e in altri che faranno seguito –  una selezione di look tratti dai défilé parigini. Stay tuned!

 

Dior

Maria Grazia Chiuri per Dior guarda all’arte moderna, nello specifico al surrealismo di Leonor Fini. Sperimentazione ed elementi onirici, un viaggio alla scoperta nel femminile, visioni che continuamente si ribaltano e moltiplicano si intersecano con la fantasia immaginifica e con motivi come l’ esplorazione dell’ identità tramite l’abito che hanno dato linfa all’ opera della grande pittrice.

 

Dior

Dior

Georges Hobeika

Preziosa e impalpabile, un sontuoso intreccio di ricami scintillanti e di colori tenui, la collezione di Georges Hobeika si ispira all’ antica civiltà greca e al fascino che la sua magnificenza continua a esercitare: un appeal irresistibile, immortale, intriso di un sapere e un savoir faire divenuti supremi punti di riferimento culturali. Il risultato? Abiti degni di una vera e propria dea ellenica.

 

Georges Hobeika

Georges Hobeika

Georges Hobeika

Giambattista Valli

Un tripudio di volants, tessuti soavi e applicazioni floreali: nelle sale del Petit Palais, grazie a Giambattista Valli è esplosa la Primavera.  Miniabiti romantici portati con cuissardes rock, scollature off-shoulder, lunghi strascichi, fiocchi, piume e ruches ornamentali si alternano ad abiti botticelliani fino a un gran finale spettacolare, tre uscite come nuvole di tulle a balze declinate nelle golose nuance del pesca, del rosa confetto e del lime.

 

Giambattista Valli

Giambattista Valli

Giambattista Valli

 

Mothership IV: Decadence di Pat McGrath, il make up come preziosità pura

 

Suggestioni barocche associate a tonalità intense e ricche di bagliori: è grazie a questo mix che prende vita Mothership IV: Decadence, la palette occhi appena lanciata dalla guru del make up Path McGrath. Preziosa come un gioiello, custodita in un pack laccato nero su cui campeggia una corona, Mothership IV: Decadence sfoggia un twist iper luxury che abbina oro e gemme come una creazione di Haute Couture. Al suo interno si affiancano 10 nuance sontuose che spaziano dal gold alle gradazioni di blu, passando per il rame  e per cromie all’ insegna della luminosità pura: si chiamano “Gold Standard” (un giallo oro sfavillante), “Inferno” (un rame metal dai riflessi radiosi),  “Blue Blood” (un vermiglio profondo e avvolgente), “Sinful” (un platino magnetico e teatrale), “Underworld” (un ceruleo metal matte che vira al blu navy), “Sterling” (un argento dai riflessi ultra splendenti), “Lapis Luxury” (un turchese cristallino a effetto multidimensionale), “Divine Mink” (un taupe lucente che scolpisce l’occhio), “Hedonistic” (un cremisi vibrante e metallico) e, per finire, “Enigma” (un “greige” scintillante di glitter). A accomunare le dieci tonalità sono texture cremose, intrise di pigmenti perlacei e metal che accentuano l’ intensità del colore. La massima aderenza è garantita, combinata a qualità emollienti che favoriscono la tenuta. Impreziositi da un finish multidimensionale, tutti gli ombretti coniugano alla lucentezza una vellutata coprenza matte.

 

 

Ma oltre che allo sguardo, Pat McGrath da deciso di donare anche alle labbra una nuova seduttività. In parallelo con la palette Mothership IV: Decadence lancia, infatti, 11 nuance inedite dei rossetti Lust MatteTrance. I nomi? “Polaroid Pink”, “Faux Pas”, “Peep Show” e “Venus in Furs” tra gli altri, in una scia cromatica che abbraccia i toni del lilla, del nude e del rosa con incursioni nel vinaccia e nel cioccolato. Il clou rimane però “Vendetta”, almeno a mio parere: finish matte e pigmenti a oltranza si alleano con una texture brillante per esaltare l’appeal di una vera e propria femme fatale.

 

 

Il Gucci Garden, uno scrigno fatato nel cuore di Firenze

 

Il suo logo – il Gucci Eye – ricorda l’ “l’occhio che tutto vede”, un elemento che rimanda alla simbologia esoterica di cui sono intrise le collezioni di Alessandro Michele. Perchè a partire dall’ uroboros fino al sole, passando per il quadrupede nero e il serpente con tre teste, Michele ha sempre attinto all’ iconografia alchemica e il Gucci Garden, il multispazio appena inaugurato all’ interno del Palazzo della Mercanzia a Firenze, non poteva non evidenziare un leitmotiv ispirativo che è ormai parte integrante della sua estetica. Lo storico edificio fiorentino è lo location ideale per ospitare l’ universo Gucci in ogni sua sfaccettatura: concepito da Alessandro Michele stesso, distribuisce su tre piani una galleria espositiva, un ristorante e una boutique che traducono la nuova visione della Maison in puro incanto.

 

 

Moda, ispirazione, arte, ricordi, reperti d’archivio, gusto e savoir faire artigianale si fondono in un magico mix che prende il nome da una costante delle creazioni del designer, il giardino, ennesimo emblema dalla forte valenza mistica. L’ iter ha inizio con la Gucci Garden Galleria e più precisamente con una sala, Guccification, interamente all’ insegna della doppia G. Vi trovano spazio espressioni artistiche recenti, come il GucciGhost di Trouble Andrew o i  lavori di Coco Capitain e Jayde Fish.  Gli “hashtag” Guccy, Guccify e Guccification concentrano la quintessenza del brand: Gucci come un’ attitude, che spazia dal look a un modo di porsi di fronte al reale.

 

Guccification

A seguire, un approfondimento dedicato all’ heritage è suddiviso tra le sale Paraphernalia e Cosmorama, che rispettivamente rievocano i codici del marchio, i suoi celebri clienti del jet set e gli elementi araldici presenti nel suo logo. Al di là di spesse tende di velluto rosso, poi, l’ auditorium Cinema da Camera del Gucci Garden è adibito alla proiezione di film e corti sperimentali.

 

Paraphernalia

Cosmorama

L’ avventura prosegue al secondo piano con De Rerum Natura, una panoramica che sviscera in modo museale, quasi “scientifico”, l’ amore di Alessandro Michele per i giardini e gli animali. Ephemera è la sala conclusiva: qui, in un tripudio di video, di oggetti e di ricordi, la storia della Maison Gucci regna sovrana.

 

De Rerum Natura

Cinema da Camera

Ephemera

Il percorso è a dir poco spettacolare, un viaggio tra l’ onirico e il reale che fissa al 1921 il suo anno di partenza. Negli spazi del Gucci Garden si interfacciano passato e presente, vintage e pezzi cult, le più leggendarie creazioni del brand dialogano con gli stili iconici di Tom Ford, Frida Giannini e Alessandro Michele. A curare questa ipnotica galleria è il critico e fashion curator Maria Luisa Frisa, direttore del corso di Laurea in Design della Moda e Arti Multimediali all’ Università IUAV di Venezia.

 

Gucci Osteria di Massimo Bottura

Gucci Boutique

Ma nello scrigno fatato ideato da Alessandro Michele sono racchiuse due ulteriori chicche: la Gucci Osteria di Massimo Bottura, chef tre stelle Michelin, omaggia la Firenze crocevia di scambi culturali del Rinascimento con un menù che spazia dalle delizie locali a quelle internazionali, mentre la Gucci Boutique è un’ oasi delle meraviglie vera e propria. Collocata al piano terra, le pareti dipinte di giallo, al suo interno è possibile rintracciare pezzi unici, tutti assolutamente originali e contrassegnati dall’ esclusivo logo Gucci Garden. Il Bookstore, infine, affianca ai libri un’ ampia scelta di oggettistica rara, memorabilia, pubblicazioni d’antan e d’avanguardia, preziosi paraventi, arredi e prodotti di cartoleria sui generis. Visitare il Gucci Garden si configura come un’ esperienza intrisa di fascino: è penetrare a fondo nell’ immaginario della Maison, lasciarsi contagiare dalla sua creatività, calarsi in magnetiche atmosfere. Senza sottovalutare che la metà del costo del biglietto d’ingresso (8 euro) verrà devoluta agli interventi di restauro nel capoluogo toscano.

Per info: https://www.gucci.com/it/it/

Photo: Gucci

 

Tendenze AI 2017/18: pellicce in full-color

MSGM

Pelliccia: anche per quest’ anno, la parola d’ordine è “full-color”. Soffice, voluminoso, spesso eco, il coat di pelo prende definitivamente le distanze dallo stile ladylike e si tinge di tonalità vivaci per regalarci una sferzata di energia.

 

Annakiki

Sies Marjan

Versace

Ellery

Giorgio Armani

Dolce & Gabbana

Marni

Chloé

Emilio Pucci

 

 

 

Venezia e le “Regine di Cuori”: la campagna pubblicitaria PE 2018 di Dolce & Gabbana

 

Mancano due weekend esatti all’ inizio del Carnevale di Venezia, il Carnevale più conosciuto al mondo, ma il fascino che pervade calli e campielli è sempre mozzafiato. Non è un caso che sia proprio la città lagunare a fare da sfondo alla campagna pubblicitaria Primavera/Estate 2018 di Dolce & Gabbana: emblema iconico delle meraviglie d’ Italia, Venezia esalta e sintetizza l’ heritage del brand. Luca e Alessandro Morelli (altrimenti detti Morelli Brothers) la immortalano in scatti vibranti, luminosi, intrisi di quel glam italico che è ormai il trademark del duo di designer, e si avvalgono di un cast di modelle Millennials per movimentare i suoi scenari. Laura Murray, Kitty Spencer, Frankie Herbert, Sabrina Percy, Eleonore Von Habsburg, Isabel Getty e Bea Fresson organizzano spaghettate in Piazza San Marco, fanno escursioni in gondola, interagiscono con i locali in uno scoppiettante inno all’ italianità che coniuga folklore e stile. A fare da protagonisti, l’ allegra brigata ed i preziosi abiti che indossa: creazioni dedicate a una “Regina di Cuori” che seduce con un’ esplosione di rose stampate, sete impalpabili e ricami barocchi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Photo by Luca e Alessandro Morelli