L’ accessorio che ci piace

“Tender”, ma anche “Strict” e“Girls: sono i claim che spiccano sui beanies della collezione Autunno/Inverno 2016 di Alexander Wang, zeppa di riferimenti al Punk ed ai suoi emblemi. Il leggendario “No future” che ha sintetizzato l’ ideologia del movimento si concentra in un monotermine d’effetto, sia esso un nome o un aggettivo, stampato sul berretto in posizione frontale. E’ un dettaglio che risalta con rigore grafico sulla soffice lana d’angora: un contrasto intenzionale, ancor più d’impatto in virtù dello sfondo bon bon che alterna il bianco a colori come l’ arancio e il rosa confetto. La triade stessa dei claim sembra un gioco di parole. Due aggettivi che si contrappongono ma al tempo stesso riconducono a un unico nome, quel “girls” che affianca il “tender” allo “strict” con un’ ambivalenza naturale. Come a dire: tenerezza e rigore convivono nelle ragazze toste, soprattutto se neo-Punk in perfetto stile Wang. Ed è proprio quell’ antitesi di fondo ad orientarci verso il beanie in versione all pink, “tenero” quanto basta da abbinarsi a grintosi choker in cuoio, top see-through e colli in pelliccia animalier. Alleato antifreddo e disinvolto accento del look, il beanie si porta poco calzato in testa e con un alto risvolto su cui campeggia il claim. La sua allure easy lo ha già promosso a must have: includerlo nella wishlist natalizia è tassativo.

Rosso & bright pink, un binomio al top

Iceberg

Rosso e rosa: un binomio cromatico da sempre considerato azzardato. Soprattutto se, al posto di una “tranquilla” nuance pastello, al rosso viene affiancato un bright pink vibrante e d’effetto. Ma in ambito di stile le regole, si sa, sono fatte per essere sovvertite, con risultati che felicemente coniugano ricerca e sperimentazione: prova ne è che il bicolor rosso-rosa carico è un leitmotiv di svariate collezioni, l’ abbinamento ad hoc che squarcia il grigiore invernale con pennellate sgargianti. E tinge di uno chic avantgarde outfit ed accessori in total look.

Leitmotiv

Paula Cademartori

Gucci

Ryan Lo

Agatha Ruiz de la Prada

Piccione.Piccione

Iceberg

Gianluca Capannolo

Chanel

Gucci Marmont bag

Agatha Ruiz de la Prada

Schield SS 2017: una ad campaign tra il sacro e il profano

Sorprendente, graffiante, provocatorio: tutti aggettivi che calzano a pennello a Diego Diaz Marin, fashion photographer dalle mille risorse e dai mille progetti.  Tra questi – oltre al recente lancio del visual book Doubleview a livello internazionale – rientra la sua attività di art director per Schield, il brand di luxury jewels fondato da Roberto Ferlito. E proprio con Schield è in procinto di lanciare una nuova, incisiva advertising campaign che presenta la collezione Primavera/Estate 2017 in una delle sue tipiche photostory. Mancano i cieli turchesi, stavolta, i colori vibranti a fare da leitmotiv; il photo shoot è interamente ambientato nello spazio ristretto di un confessionale e affianca poche nuance basilari: l’ argento, il nero, il marrone. Il focus è tra il sacro e il profano, la “vanità” dei gioielli si sposa alle sobrie atmosfere della confessione. Un rito a cui la protagonista – e qui riappare l’ inconfondibile donna di Diego, affascinante ma nevrotica – si sottopone con una devozione che rivela, scatto dopo scatto, differenti sfaccettature.

Accanto alle splendide creazioni di Roberto Ferlito – grappoli di fiori, collier, orecchini pendenti di una ricercatezza avantgarde – risaltano tre elementi chiave: la donna, una corona di filo spinato, la grata del confessionale. E’ decisamente minimal il look della protagonista, che tiene i capelli raccolti in uno chignon. E la corona di spine si fa metaforica, scegliendo un più contemporaneo filo spinato che, non a caso, con i jewels è in perfetto pendant argento.

Simbolo di espiazione oppure ironico dettaglio fashion? E ancora: la protagonista sarà davvero pentita dei suoi peccati o la confessione rappresenta piuttosto, per lei, l’ ennesima provocazione? Per chi segue ed ama l’arte di Diego Diaz Marin, l’ interpretazione si spoglia di ogni nota enigmatica.

biancobiancoSCHIELD Advertising Campaign SS 2017

Photographer: Diego Diaz Marin

Model: Reece Perkins

Hair and make up: Giovanna Fucciolo

biancoLeggi qui l’ ultima intervista di VALIUM a Diego Diaz Marin

Il close-up della settimana

Ieri pomeriggio, a Firenze, LUISAVIAROMA ha inaugurato uno spazio verde nel suo concept store: la nuova terrazza, che inneggia a un luxury essenziale e rilassato, è stata battezzata Oasi e porta la firma di Patricia Urquiola. Oasi è una superficie da vivere, una rivisitazione del concetto di lifestyle in chiave contemporanea, la valorizzazione di uno stile minimal che esalta i suoi “interiors” e preferisce essere anzichè apparire.  I pezzi più iconici delle creazioni outdoor di Patricia Urquiola – la Tropicalia di Moroso, le ultime linee Mesh e Roll per Kettal – vanno a costituire piccoli salotti rappresentativi del mondo di LVRHome, che rinsalda il suo legame con il design tramite questa collaborazione: ” Quando progetto tendo all’ empatia, non credo in un criterio estetico unico, piuttosto ad un processo creativo coerente. Una sinergia tra creativo, editore e user. Per me LUISAVIAROMA è questo”, spiega la Urquiola.

La designer spagnola, laureata in Architettura, ha collaborato con Achille Castiglioni, Vico Mastretti e Pietro Missoni prima di aprire il suo studio milanese nel 2001. Tra le sue creazioni cult la sedia Tropicalia occupa un posto di primo piano,  strutturata com’è su una ricercatissima lavorazione di fili a intreccio policromo.

Oltre al progetto Oasi, dal 29 Novembre LUISAVIAROMA ha in serbo una novità ulteriore: ha arricchito infatti la sua ampia scelta di arredi e di accessori per la casa dei brand Moroso e Kettal, leader indiscussi del design internazionale.

Photo courtesy of LUISAVIAROMA Press Office

“Walking with the Muses”: Pat Cleveland si racconta

Walking with the Muses: mai titolo potrebbe essere più azzeccato per descrivere Pat Cleveland, supermodel e musa delle passerelle, che in oltre 300 pagine ha concentrato la storia di un sogno divenuto sfavillante realtà. Dream Lover, d’altronde, è anche l’ intestazione del primo di una serie di capitoli che si aprono all’ insegna di hit che hanno fatto storia e che compongono l’evocativa colonna sonora di questo memoir: un dettaglio che la dice lunga dell’ amore di Pat per la musica, una costante di tutta la sua esistenza. Non sembra forse un ispirato passo di danza il suo avanzare inconfondibile sulla catwalk? E non sono forse definiti “danzanti” i coloratissimi abiti creati da Stephen Burrows, primo designer a eleggere Pat a propria musa? Correvano gli anni dello Studio 54 e Patricia (questo il suo nome all’ anagrafe) Cleveland, insieme a Grace Jones, Bianca Jagger, Andy Warhol, Jerry Hall e a molte altre celebrities ancora era una delle sue più assidue frequentatrici. Ma per addentrarci nella fiaba fino in fondo dobbiamo tornare indietro nel tempo, a quel 23 Giugno 1950 che segna l’ inizio di tutto. E’ allora che Pat nasce a New York da Ladybird Cleveland, artista di origini pellerossa e afroamericane. Suo padre Johnny Johnston, un sassofonista jazz  (riecco l’ elemento della musica) svedese, torna in Europa e da quel momento rimarrà pressochè latitante. Ladybird però non è una single mom qualunque: dipinge, si diverte a creare abiti, è una talentuosa illustratrice che frequenta la scena jazz di Harlem. Pat cresce con l’ arte nel DNA e trascorre un’ infanzia circondata dai colori, dai lustrini, da tutte le declinazioni del bello. Non è un caso che, con un simile imprinting, scelga di studiare design per diventare stilista e che venga notata da Carrie Donovan, fashion editor di Vogue, proprio per il look estroso che esibisce. E’ il 1966 e quel fortuito incontro nella metro le varrà un articolo in cui Vogue la include tra i new talents della moda: è l’ evento chiave che coincide con la svolta. E se da cosa nasce cosa, grazie a quell’ articolo Pat viene notata dal magazine afro-americano Ebony che la recluta come modella del suo Fashion Fair tour. Dalla tourneè con Ebony in giro per gli USA, tra episodi di bieco razzismo e un Cassius Clay infatuato di lei da subito, ha inizio la sua carriera di cover girl dapprima con Eileen Ford e poi con Wilhelmina Models, fautrice di una bellezza più esotica e fuori dagli schemi. Pat racconta di quegli anni con sincerità e passione: gli esordi come fitting model, gli incontri con icone del calibro di Diana Vreeland e Andy Warhol, le esperienze professionali con fotografi come Berry Berenson, Irving Penn e Richard Avedon, il suo ruolo di musa di Stephen Burrows e successivamente di Halston, l’ euforia e le amarezze che azzera trasferendosi a Parigi, dove il colore della pelle è un dettaglio irrilevante.  E’ proprio a Parigi che scoppia la “Cleveland fever”. Nella capitale francese Pat è ancora una volta musa, e tra coloro che ispira risaltano i big names di Antonio Lopez, Karl Lagerfeld, Yves Saint Laurent e Thierry Mugler, senza contare le innumerevoli Maison per le quali sfila o gli autorevoli magazine per cui posa. La consacrazione arriva con la celebre Battaglia di Versailles, sfilata-evento che il 28 Novembre 1973 mette a confronto 5 designer francesi (Hubert de Givenchy, Yves Saint Laurent, Emanuel Ungaro, Pierre Cardin e Marc Bohan per Christian Dior) e 5 americani (Halston, Oscar de la Renta, Stephen Burrows, Bill Blass e Anne Klein) davanti a un’ audience di miliardari, socialites e teste coronate. Un anno dopo, Pat fa ritorno a New York: è il 1974 e Beverly Johnson è appena apparsa sulla cover di Vogue, per le black models si apre una nuova era. Ma “di non solo pane si vive” e nel suo memoir la Queen of the Catwalk racconta la sua svolta spirituale come adepta del guru Swami Satchidananda, mentre sul versante love story e flirt spuntano gli altisonanti nomi di Warren Beatty e di Mick Jagger. Prima dell’ incontro con il marito Paul van Ravenstein, naturalmente, al quale Pat dedica l’ ultimo (ma non ultimo) capitolo del libro: il titolo? At long last love, come recitava la romantica hit di Cole Porter.

Tendenze FW 2016/17: i preziosismi del pigiama di giorno

Antonio Marras

Pigiami e vestaglie varcano i confini della notte per tramutarsi in stilosi protagonisti del daywear. E alternano a una miriade di pattern e di tessuti il satin impreziosito di motivi floral nel più puro China style.

Alberta Ferretti

Fendi

1205

Dries Van Noten

Roberto Cavalli

Undercover

H & M

Alexis Mabille

House of Holland

In viaggio con Rosetta: Bet She Can e il nuovo progetto di “empowerment stellare”

Si chiama In viaggio con Rosetta ed è il nuovo percorso che Bet She Can – la Fondazione che si occupa di empowerment delle bambine tra gli 8 e i 12 anni – sta portando avanti con Scuola di Robotica, a Milano, presso lo spazio WeMake. Il progetto, iniziato il 12 Novembre, è articolato in 7 incontri che si prefiggono di avvicinare le pre-teen alla robotica e al settore aerospaziale: racconti, video, foto, illustrazioni, laboratori di robotica e di programmazione saranno gli strumenti di una fantastica avventura che condurrà le allieve tra i pianeti e sulle comete, come se fossero a bordo della sonda Rosetta. Ed è stata proprio la discesa di Rosetta a inaugurare gli incontri proseguiti con le testimonianze della Prof.ssa Amalia Ercoli-Finzi, grande protagonista della missione e prima laureata in Ingegneria Aeronautica in Italia. “Voi siete quello che avrei voluto essere”, ha esordito la Ercoli-Finzi davanti alle 15 bambine intente ad occuparsi di spazio anzichè di faccende domestiche, e si è prestata con entusiasmo a rispondere alle loro domande. “Le stelle fanno sognare…e pongono anche, a chi le osserva, tanti interrogativi” ha risposto a Lola, 10 anni, che le ha chiesto “Come hai scoperto che volevi fare la scienziata delle stelle?”, mentre a Beatrice, 8 anni, interessata alle difficoltà incontrate nella sua carriera, ha spiegato che, soprattutto a certi livelli di potere, “gli uomini non vogliono dare spazio alle donne” aggiungendo che “la nostra società avrà successo quando ci sarà una vera e sincera collaborazione uomo-donna”.

Amalia Ercoli-Finzi durante l’ incontro

Nell’ incontro successivo, con l’ aiuto di carta, forbici e pennarelli le bambine hanno realizzato una propria versione della missione e poi prodotto un video-documentario con la tecnica dello stop-motion. Le seguenti tappe del percorso prevedono, tra l’altro, un confronto tra l’ Ing. Alessia Mauta – controllore di volo per veicoli spaziali in Lussemburgo – e le giovani “apprendiste” in un settore, come quello aerospaziale, che registra attualmente una rappresentanza femminile del 25% a livello mondiale e solo del 10% di ingegneri donne. Il 17 Dicembre prossimo, a concludere questa prima edizione di In viaggio con Rosetta sarà la presentazione alle famiglie, agli insegnanti, agli amici e al pubblico dei lavori svolti: un finale in grande stile per un’ iniziativa già destinata a ripetersi in virtù del successo riscosso.

La Fondazione si sta attivando per lanciare prossime edizioni nel 2017, sia a Milano che in diverse città italiane. Per saperne di più:  www.betshecan.com

Leggi qui l’ articolo che VALIUM ha dedicato a Bet She Can e l’ intervista alla sua fondatrice Marie-Madeleine Gianni

Photo courtesy of Marie-Madeleine Gianni/Bet She Can

Punk London: i 40 anni del Punk tra celebrazioni…e falò

Alexander Wang

Mancano solo due giorni alla data clou di Punk London, l’ intero anno di festeggiamenti che – tra tributi e una lunga serie di iniziative – Londra dedica al 40mo anniversario del Punk: il 26 Novembre del 1976 usciva infatti Anarchy in the UK, il singolo d’esordio dei Sex Pistols. All’ epoca, la band capitanata da Johnny Rotten e prodotta da Malcolm McLaren esplose come una bomba e marcò l’ inizio di un’ era all’ insegna della ribellione in cui sound, look e attitude veicolavano, con la stessa forza impattante, un messaggio provocatorio e irriverente. Suoni grezzi, borchie, chiodo, creste colorate, spille a balia, cuoio ed elementi fetish a profusione ci riportano, come brevi flashback, ad anni in cui Londra si riappropriò del ruolo di capitale di movimenti innovativi sfociati, in questo caso, in un nichilismo in lotta contro società ed istituzioni, ma anche contro tutta la musica antecedente al Punk. Quarant’ anni dopo, è ancora il 26 Novembre  la data scelta da Joe Corré, figlio di Vivienne Westwood e Malcolm McLaren oltre che fondatore del brand Agent Provocateur, per l’ evento che lo vedrà protagonista di un gesto di rottura: il rogo di memorabilia Punk del valore di 5 milioni di sterline. Una ribellione alla “ribellione istituzionalizzata”, la sua, un j’accuse contro la benedizione del Punk da parte dell’ establishment che rischia di tramutare, secondo Corré, una subculture in “pezzo da museo” privandola di tutta la sua carica sovversiva. Al grido di “Burn Punk London”, il falò distruggerà simbolicamente i cimeli che il figlio dei guru del Punk ha collezionato finora, non ultimi svariati abiti venduti dalla boutique Seditionaries: è impensabile trascurare la valenza rivoluzionaria che il movimento apportò nella moda. Ne sono prova le innumerevoli citazioni, rivisitazioni e letture proposte tuttora dai fashion brand. Perchè, sdoganato dalle istituzioni o meno, un dato di fatto rimane innegabile: il Punk ha fatto storia.

Moschino

Valentino

Undercover

N.21

Philipp Plein

(I look sono tratti dalle collezioni FW 2016/17)

Emilio Cavallini, la calza come cult: Pier Filippo Fioraso presenta ‘Ready to seduce’

“Quando ho aperto la mia azienda nel 1970 ero interessato a fare uscire i collant dall’anonimato, volevo trasformarli in un capo completo, fine a se stesso”, ha detto Emilio Cavallini. E bisogna dire che è perfettamente riuscito nel suo intento: oggi, le creazioni di calzetteria e l’ abbigliamento seamless che portano il suo nome incarnano uno stile inconfondibile ed altamente iconico amatissimo dalle celebs. Tutto è cominciato negli anni della Swingin’ London, quando il boom della minigonna tramutò le calze in elemento imprescindibile del look. Folgorato da quello spunto ispirativo, Cavallini iniziò a “vestire le gambe” con un’ inventiva che fondeva moda, arte e cultura pop in un prezioso connubio: i suoi collant divennero dei cult proposti nei pattern più incredibili ed in lavorazioni che alla rete declinata in molteplici versioni affiancavano – e affiancano tuttora – le stampe, il devoré, il crochet e il jacquard. Creatività e innovazione tecnologica sono ormai i leitmotiv di un brand che, per primo,  lanciò il seamless eliminando le cuciture grazie ad appositi macchinari e che Madonna, Beyoncé, Lady Gaga, Naomi Campbell, Gwyneth Paltrow, Gigi Hadid, Emma Stone e molte, molte altre star ancora scelgono per la daily life e per le loro performance. Con la nuova collezione Ready to seduce, il Direttore Creativo Pier Filippo Fioraso traduce l’ heritage più iconico del marchio in un mix di rete rock e fantasie floral che ridefinisce il gioco della seduzione: il risultato è iper-glam, straordinaramente sensuale. Ed è proprio Fioraso ad approfondire con noi i punti cardine della linea e dell’ universo Cavallini.

Com’è iniziata la sua avventura come Direttore Creativo di Emilio Cavallini?

Vengo da una tradizione familiare nel campo della moda, fin da piccolo sono stato motivato a seguire le mie passioni, i miei sogni, ad esprimermi liberamente. Da qui ho sviluppato un grande interesse per l’arte, nelle sue svariate forme ed espressioni. Fra tutte la moda è quella che mi ha attratto di più. Dopo gli studi artistici mi sono trasferito a Brescia e Milano per approfondire la mia formazione nel campo del fashion design e della maglieria. Da lì l’interesse per le infinite possibilità della “maglia” intesa come punto di partenza su cui sperimentare ed innovare. Successivamente, dal 2007 è iniziata una solida e continuativa collaborazione con Emilio Cavallini.

Calze a rete avantgarde”, fantasie optical e floral, calze che si tramutano in un vero e proprio capo di vestiario: quale elemento sente più suo, dello stile Cavallini?

Dello stile Cavallini sento mia la filosofia che anima il brand sin dalla sua fondazione: ideare outfit per donne reali, che cercano proposte ricche di personalità e che non vogliono passare inosservate.

 Quale valore aggiunto possiede la calza, in un outfit?

Penso che la calza sia uno degli accessori più versatili del guardaroba femminile, capace di trasformare e impreziosire anche il più semplice dei look. Abbinarla nel modo giusto più trasformare una donna nella regina della serata… o del supermercato!

Beyoncé

La nuova collezione ha il nome di Ready to Seduce”:che  cos’è, per lei, la seduzione?

Con Ready to Seduce ho cercato di dare corpo ad un’idea. Di definire una donna capace di esprimere la propria sensualità con consapevolezza di sé. Gli stessi scatti della collezione non sono stati pensati per rendere il corpo “esplicito” quanto, piuttosto, per vestirlo di allure. Ready to seduce è ricca di dettagli, anche di trame recuperate dall’archivio del brand e attualizzate, proprio per dare ad ogni tipo di femminilità la possibilità di trovare quello che è più adatto al personale gioco della seduzione che decide di condurre. E questo è per me “seduzione”, un gioco in cui ciascuno definisce le proprie regole.

Il black and white è un po’ il leitmotiv della linea. Perché?

Il bianco e nero rappresenta uno dei tratti distintivi della Collezione Timeless, il “continuativo” di Cavallini. Se per molti brand questo termine rappresenta il basico, da noi è invece iconico. Bianco e nero sono l’essenza della calza, il pieno e il vuoto su cui plasmare arte per le gambe.

Emilio Cavallini è un brand che le celebrities adorano. Quali sono i modelli preferiti dalle dive dello show-biz?

Celebrities come Madonna, Beyoncé, Lady Gaga, sono consapevoli di essere icone di irriverenza e seduzione, oltre che dive del pop. Sono comunicatrici e quando scelgono le creazioni di Cavallini sanno esattamente cosa vogliono. Di recente anche Petite Meller e Bebe Rexha sono letteralmente impazzite per i bodysuit. Di tutti gli articoli della collezione sono sicuramente i migliori per enfatizzare il corpo e sottolinearne le curve; hanno la forza impattante di un nudo integrale pur coprendo completamente la figura.

Se dovesse indicare un pezzo iconico della nuova collezione, su quale punterebbe?

Direi sicuramente i tre modelli a rete. Facendo ricerca negli archivi, me ne sono innamorato! Erano stati disegnati per una collezione del 1976. Li ho rivisitati in chiave contemporanea e in poco tempo sono stati tra i più utilizzati in moltissimi editoriali, oltre che scelti da numerose star.

Da dove ha attinto ispirazione per il sensualissimo bodysuit in rete?

In genere è la quotidianità ad ispirarmi, trovo che in ciò che ci circonda ci siano spesso veri momenti, o dettagli, capaci di sorprenderci. Altre volte mi ispiro al mondo dell’arte, soprattutto di quella contemporanea e al lavoro di artisti come Joana Vasconcelos o Magda Sayeg. In particolare questo bodysuit è nato dopo un viaggio in Sicilia dove sono rimasto colpito dei preziosissimi pizzi e crochet realizzati a mano secondo l’antica tradizione locale.

Madonna

biancoSe dovesse tracciare un breve ritratto della donna Cavallini, come la descriverebbe?

Una donna libera e sicura di sé, capace di definire ogni giorno la propria personalità.

Tra i suoi progetti futuri ce n’è qualcuno di cui vorrebbe parlare?

In questi anni ho collaborato con stilisti e brand di diverso calibro, come Alexander McQueen, Balenciaga, Paco Rabanne e Missoni, oltre ad aver sviluppato progetti speciali come quello per Opening Ceremony e sono sempre aperto a svilupparne di nuovi. Per il mondo Cavallini, vorrei sviluppare maggiormente l’universo Uomo, la cui proposta di calzini ed intimo è limitata ai motivi iconici in bianco e nero e, solo di recente, si è arricchita dei tanto discussi mantyhose (comodissimi collant da uomo). Vorrei inoltre focalizzarmi di più su nuove proposte di outwear e maglieria da abbinare ai motivi optical Cavallini.

Gigi Hadid

Bebe Rexha

https://www.emiliocavallini.com

biancoREADY TO SEDUCE  credits photo shoot:

Photographer: Marco Barbaro
Creative Director: Pier Fioraso
Stylist & Editor: Manuele Menconi
Video: Tommaso Cappelletti
Hair & Make-up: Rosanna Campisi @RockandRose, Melissa Alaimo
Models: Gaia and Federica @ Nur Model Mgt, Edoardo @ Mandarine Models

Location: special thanks to Soprarno Suites – Florence

Photo courtesy of Pier Filippo Fioraso