Blue FULL Moon: il Principe Maurice omaggia Fellini con un evento lunare e molto glam

 

Se per il Principe Maurice, ai tempi del Cocoricò, la Piramide rappresentava un supremo emblema, oggi la Luna (scritta proprio così, in maiuscolo, per evidenziare la sua valenza sia figurativa che metaforica) si è avvicendata a quel simbolo. La Terrazza Blue Moon del Lido di Venezia ce lo dimostra alla perfezione: ogni venerdì e sabato, fino al 12 Settembre, Maurice è l’ anfitrione della location più cool dell’ Isola d’Oro (rileggi qui l’ultima puntata di “Sulle tracce del Principe Maurice”). E in occasione dell’ inizio della 77ma Mostra Internazionale d’ Arte Cinematografica di Venezia, naturalmente, non poteva non lanciare un’ iniziativa che è, al tempo stesso, uno splendido tributo a Fellini e la celebrazione in chiave raffinata, onirica – ma rigorosamente “in sicurezza” – dei fasti mondani che contraddistinguono da sempre la Biennale Cinema; perchè nonostante la sobrietà che la kermesse ha dovuto giocoforza abbracciare a causa del Covid, il glamour del suo red carpet e dei suoi party rimane saldamente impresso nell’ immaginario collettivo. “Blue FULL Moon” è il nome dato allo show che, il 3 Settembre, immergerà il regno lidense del Principe in un’ atmosfera magicamente visionaria. Prendo in prestito le parole del comunicato stampa ufficiale per annunciarvi il “lunare” evento in programma. A cui, va da sè…non potete mancare!

 

 

Giovedì 3 Settembre la Terrazza Blue Moon diventa spazio onirico, immaginifico e volutamente felliniano dedicato alla Luna Piena, a “La Voce della Luna” e al grande regista di cui ricorre il centenario dalla nascita. “Blue FULL Moon” è uno show eterogeneo ed estroverso dove varie arti si combinano nel segno dell’intrattenimento più raffinato e stravagante che riporta ad atmosfere d’antan ma anche avanguardiste, con sonorità sperimentali e azioni sceniche intense. Le citazioni vanno dalla “Belle Epoque” al periodo psichedelico, passando attraverso il “Teatro dell’Assurdo” e arrivando al “Camp” in un viaggio creativo e mentale che esprime tutta la “lunaticità”, anche un po’ maliziosa, che induce il plenilunio.

 

 

Regista ed ideatore dello show è il direttore artistico della Terrazza Blue Moon, il Principe Maurice. Ad aprire la kermesse dall’orario dell’ aperitivo sarà il sound designer Francesco Trizza, che per l’occasione indosserà una preziosissima giacca di Dolce & Gabbana. La giacca, un pezzo unico dedicato al centenario felliniano, sfoggia una decorazione di 35.000 pietre Swarovski  applicate a mano riproducenti la leggendaria locandina di “Amarcord” creata da Giuliano Geleng.

 

Il sound designer Francesco Trizza insieme al Principe

“Saremo la voce, il corpo e l’anima della Luna Piena per una volta non indifferente alle passioni umane

A trent’anni dall’uscita del film “La Voce della Luna” la frase che mi ha colpito di più, dichiara Maurice Agosti, è quella del protagonista Gonnella (Paolo Villaggio) che dice: “Il ballo è…è un ricamo… è un volo… è come intravedere l’armonia delle stelle… è una dichiarazione d’amore… il ballo è un inno alla vita.” Interpreterà con sensuale eleganza questo poetico concetto, ispirandosi agli eccessi della Marchesa Casati, l’artista internazionale di “Glamour Burlesque” Giuditta Sin, che si esibirà in due stupendi numeri presentati a New York e New Orleans in occasione dei relativi Festival Internazionali e in prima assoluta in Italia al Lido.

Un’ altra suggestiva citazione è rappresentata dalla dichiarazione del coprotagonista Ivo Salvini (Roberto Benigni): “Il fuoco! Dove vanno tutte quelle scintille? Il fuoco quando si spegne, dove va? Come la musica, che nessuno sa dove va quando finisce”.

Questo è il momento del pantomimo “boylesque” Simon The Prince (Simone Fucci, co-regista dello spettacolo), che si esibirà in una improvvisazione sul tema della “Passione, il Fuoco dell’Anima” su tappeto musicale originale creato dal compositore di sonorità elettroniche live Alessandro Panicciari AXL P (Aleryde), nato artisticamente alla scuola di Brian Eno e conosciuto in tutto il mondo per le sue ricerche e produzioni rivolte alla musicoterapia. Aleryde curerà anche le ambientazioni sonore degli intervalli tra uno show e l’altro.

 

Simone Fucci alias Simon The Prince

“Anche la Luna, quando è bella piena, matura, può cascarti tra le braccia”, sottolinea Ivo Salvini.

A interpretare con eleganza questa visione, supportato dai ballerini Alberto Faccio e Giulia Dotta e sulle note di “Guarda che Luna” di Fred Buscaglione nella versione “tanguera” di Emma, sarà il coreografo e danzatore Arduino Bertoncello, reso popolare dalla trasmissione “Amici” di Maria De Filippi ed arrivato persino ad esibirsi di fronte alla Regina Elisabetta II.

 

Maurice sul magnifico sfondo del mare al crepuscolo

Ospiti veneziani per la prosa con due importanti monologhi saranno la nota attrice/autrice Chiara Stella Seravalle, presidente di ArteMide e ricercatrice culturale con un suo lavoro dedicato a “Lilith: la Prima Donna” (rappresentata anche come “Luna nel suo Apogeo”), e Lorenzo Veneziale Scocco, giovane, aristocratico attore lidense che si cimenterà nell’ “Enrico IV” di Pirandello, sintesi del concetto di “lunatico”.

“BLUE FULL MOON”

Quando:  giovedì  3 Settembre 2020 alle ore 22.30

Dove: Terrazza Blue Moon P.le Bucintoro – Lido di Venezia

Orario di apertura della Terrazza: dalle ore 19.00 alle 24.00

Ingresso gratuito con prenotazione, capienza max 200 persone. Servizio di Cocktail Bar

 

Serate in Terrazza: qui di seguito, alcuni scatti che immortalano le performance e gli spettacoli tenutisi nella splendida location lidense

Simon The Prince

Il Principe Maurice mentre canta sulle note del “sound design” di Francesco Trizza (di spalle nella foto)

Le iconiche e “lunari” cupole della Terrazza Blue Moon

Ancora uno scatto di Simon The Prince

Il Principe con Micol Rossi

Il Palazzo del Cinema in due immagini. Qui sopra, il muro “anti-assembramenti” che quest’anno separa il red carpet dal pubblico

 

 

Photo courtesy of Maurizio Agosti

 

 

La saggezza inizia con la meraviglia: lo show mozzafiato di Mary Katrantzou al Tempio di Poseidone

 

“La saggezza inizia con la meraviglia”, disse Socrate. E di meraviglia, la collezione Primavera/Estate 2020 di Mary Katrantzou ne sfoggia in abbondanza: basti dire che, osservandola, sembra di ammirare delle squisite creazioni di Haute Couture. Non a caso, è stata presentata con un evento che ha coniugato la sfilata con la celebrazione del 30esimo anniversario della nascita di ELPIDA, l’associazione fondata da Marianna V. Vardinoyannis a sostegno dei bambini malati di cancro. Uno show di tale portata non poteva che avvalersi di una location spettacolare: Mary Katrantzou ha optato per il millenario Tempio di Poseidone a Capo Sunio, in Grecia, conosciuto anche grazie ai tramonti mozzafiato che si godono dal promontorio su cui si erge. Il risultato? Memorabile, uno straordinario mix di estrosità creativa e monumentalità storica. Passato, presente e futuro si fondono in un’ alchimia che il sottofondo musicale di Vangelis rende ancor più magica. Esiste un termine ben preciso per definire il concept della sfilata: in greco moderno è ελληνικότητα, ellinikótita, ovvero “grecità”.

 

 

Perchè con questa collezione la stilista, nata ad Atene, omaggia la Grecia ad ampio spettro. Il suo è un tributo alla storia, alla cultura, allo spirito di un paese ricco di un heritage immenso. Anche nel pensiero: è nella Grecia antica che nacque la filosofia. Proprio da quell’ epoca Mary Katrantzou trae ispirazione, un’ ispirazione tradotta in abiti che ne riflettono tutto lo splendore. Il colore rappresenta il fulcro attorno al quale si concentra, prendendo in prestito i principi dei più noti filosofi. Espressione degli umori corporali e di linfa vitale, il colore nell’ antica Grecia è un emblema di potenza; Platone lo definì “una fiamma che scaturisce da ogni tipo di corpo”. Katrantzou lo profonde negli abiti realizzando creazioni monocrome, “spezzate” soltanto da dettagli ton sur ton. Risaltano il blu del mar Egeo, il viola imperiale di Tiro, il bianco e nero tipico del marmo, ma anche un prezioso verde smeraldo, l’oro, l’acquamarina, il rosa, il rosso, il fucsia. Le silhouette sono voluminose, svasate, ad anfora oppure sferiche, le ruche si moltiplicano così come le piume, le frange e le applicazioni floreali, che si affiancano a un tripudio di perline e di cristalli Swarovski. Ogni look è altamente evocativo, plasmato su un fil rouge specifico. Fitti plissè rimandano alle colonne dei templi, mantelle incorporate a long dress dorati rievocano la maestosità del dio Helios, mentre una bralette ricamata richiama la bilancia di Nemesi, dea della giustizia. I motivi decorativi attingono direttamente all’ antichità: se la costante di Archimede diventa un pattern, la rosa dei venti prolifera e il mappamondo troneggia sulle ampie gonne con crinoline. Interi abiti vengono costruiti su ruche nelle più disparate versioni, altri si rivestono di splendide composizioni floreali. L’effetto mosaico è frequente, acceso da uno scintillio costante, e origina un caleidoscopio cromatico su voluminosi abiti a sfera. Tra i materiali predominano la seta, il satin duchesse, il tulle, che dà forma a una mantella rasoterra su cui ricade una cascata di fiori: sovrapposta a un long dress altrettanto impalpabile, completamente tinta di rosa, costituisce uno dei look di punta della collezione. Ed è sempre la mantella, leitmotiv ricorrente, ad accentuare la ricercatezza degli outfit. Declinata in svariate lunghezze, dona sontuosità agli abiti che sfilano sullo sfondo di un magico crepuscolo.

 

 

Anche gli accessori, le scarpe e i gioielli partecipano a quest’ode alla grecità. Le modelle calzano sandali che gli artigiani greci realizzano a mano, servendosi di tecniche secolari. I gioielli appartengono all’archivio della Maison Bulgari, fondata nel 1884 a Roma dall’argentiere greco Sotirio Voulgaris, mentre la colonna sonora della sfilata è firmata (come già detto) dal Premio Oscar Vangelis. Il fulcro concettuale e la doppia celebrazione, dell’ heritage greco e del trentennale di ELPIDA al tempo stesso, sono il valore aggiunto di uno show che inneggia alla bellezza pura. Lo splendore dello scenario e quello degli abiti si uniscono in un connubio che sottolinea, valorizza e ribadisce la magnificenza ellenica: oggi come ieri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto (cropped) del Tempio di Poseidone in chiusura dell’ articolo: Petroskaz / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) via Wikimedia Commons

 

 

 

Il close-up della settimana

 

Il balletto, a Natale, accentua ulteriormente la sua allure magica. E se si tratta de Lo Schiaccianoci, possiamo esser certi che lo fa a 360°: la storia di Clara e di Hans-Peter, le loro oniriche avventure nel Regno dei Dolci della Fata Confetto, le lotte contro il perfido e grottesco Re dei Topi, iniziano proprio la Vigilia di Natale e si snodano attraverso le atmosfere della notte più incantata dell’ anno. Non è un caso che questa “summa” di meraviglie invernali costituisca un’ opera tradizionalmente proposta in occasione delle festività natalizie. Ispirato da una fusione tra il racconto Schiaccianoci e il Re dei Topi di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann e Storia di uno Schiaccianoci di Alexandre Dumas padre, il balletto Lo Schiaccianoci debuttò al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo nel 1892 e piacque subito allo Zar Alessandro III. Non c’è da stupirsi, d’altronde, visto che alla trasposizione della trama avevano lavorato nomi del calibro di Marius Petipa per le coreografie e  Petr Ilic Cajkovskij per le musiche. Oggi, ormai pietra miliare del balletto, Lo Schiaccianoci porta il suo sogno di Natale anche sul grande schermo: alle 20,15 del 17 Dicembre il pubblico italiano potrà ammirare al cinema, in diretta, il celebratissimo spettacolo natalizio del Royal Ballet di Londra. Si tratta di un evento imperdibile, una diretta via satellite dal Royal Opera House di Covent Garden che permetterà agli appassionati di fruire live questa straordinaria fiaba danzata, accompagnata da scene di backstage e da focus approfonditi sui ballerini che la interpretano.

 

 

Lo Schiaccianoci del Royal Ballet vanta un cast di prim’ordine: include Francesca Hayward nel ruolo di Clara, Alexander Campbell in quello di Hans-Peter (lo Schiaccianoci), Federico Bonelli, Laura Cuthbertson e Gary Avis nei panni, rispettivamente, del Principe, della Fata Confetto e di Drosselmeyer. Sono presenti, inoltre, Mayara Magri e Marcelino Sambè. Il balletto, dalla durata di 2 ore e 15 minuti (intervallo compreso), è uno dei molti spettacoli della Royal Opera House Live Cinema Season, un progetto che da 11 anni diffonde in 1600 cinema di 53 paesi del mondo l’ opera e i balletti inscenati nel famoso teatro londinese. In Italia, la distribuzione è a carico di Nexo Digital in collaborazione con La Repubblica, MYmovies.it, Classica HD, Danza&Danza e Danzadove, Sipario-La Rivista dello Spettacolo, il British Council e l’ iniziativa UK Italy Partners for Culture. La Royal Opera House, per il broadcasting internazionale, ha siglato una partnership con Trafalgar Releasing, che dal 2006 trasmette live sul grande schermo eventi di vasta portata. Dopo Lo Schiaccianoci, Il prossimo balletto che il Royal Ballet porterà nei cinema sarà La Bella Addormentata. Save the date: 16 Gennaio 2020. Per maggiori info sul progetto, consultate i siti web https://www.roh.org.uk/cinemas e www.nexodigital.it, dove trovate anche l’elenco dei cinema in cui potrete assistere allo show.

 

 

Valentino Daydream, un sogno ad occhi aperti al Summer Palace di Pechino

 

Daydream, ovvero “sogno ad occhi aperti” ma anche “fantasticare”, se considerato come verbo: così Pierpaolo Piccioli ha chiamato il défilé-evento che Valentino ha mandato in scena il 7 Novembre al Summer Palace di Pechino. Nella settecentesca, splendida location – un’ ex residenza imperiale situata in un parco che ospita svariati edifici, pagode, padiglioni e persino un lago – ha sfilato una collezione di Haute Couture che ha onorato il titolo dello show. Un vero e proprio sogno ad occhi aperti ha ammaliato, fatto fantasticare il pubblico accorso, evidenziando l’incanto puro scaturito dal connubio tra il Rinascimento Italiano, ormai un’ispirazione signature della Maison, e la tradizione cinese più squisita: le creazioni indossate dalle modelle, meravigliose in quanto a bellezza e a spettacolarità, emanano una allure colma di fascino. Abiti dai volumi extra, quasi sempre svasati, ostentano una sartorialità strepitosa arricchita da fiocchi, decori scultorei, finissimi ricami, un tripudio di ruche e di applicazioni floreali, il tutto declinato in una palette cromatica mozzafiato. Rosso e fucsia in bicolor, verde smeraldo, rosa, oro, argento e bianco ghiaccio si alternano al “rosso Valentino” in un crescendo di preziosità, risaltando una serie di drappeggi, puff sleeve e forme a ventaglio a dir poco “imperiali”.

 

Una pagoda del Summer Palace di Pechino

Dotati di strascichi e lunghe mantelle non di rado, gli abiti – a cui Piccioli ha dato il nome dei sarti artigiani grazie ai quali hanno preso vita – vantano uno straordinario processo di realizzazione: basti pensare ai 500 metri di stoffa utilizzati per una singola creazione, alle migliaia di paillettes (fino a 32.000) profuse su alcune mise così come ai fiocchi e ai fiori innumerevoli applicati sui long dress, un’ abbondanza di materiali che ha richiesto infinite ore di lavorazione. Il risultato di tanto splendore, in passerella ha raggiunto il suo apice: l’ incedere delle modelle, visioni celestiali (un termine che in questo caso potrebbe derivare proprio da “Celeste Impero”) nei loro copricapi scintillanti, creature argentee dalla testa ai piedi, leggiadre dee orientali, ha pervaso la sala di una magia indescrivibile. Il make up ideato da Pat McGrath, in tal senso, è stato basilare. A fare da leitmotiv sono dosi massicce di eyeliner, mascara e lipstick rosso laccato, utilizzate però in modo differente. Un look in total silver ha lasciato a bocca aperta il pubblico: miriadi di paillettes ricoprono un lungo abito con cappuccio, mentre il viso della modella, completamente argentato a sua volta, ne accentua l’allure lunare: viaggiando con la fantasia, potrebbe quasi sembrare un omaggio alle oltre 900 tonnellate di “tael” d’argento che, due secoli orsono, l’ Imperatrice Cixi destinò alla ristrutturazione del Summer Palace portandolo all’ odierno splendore. Altre uscite hanno visto prevalere volti di porcellana adornati di rossetto e di un eyeliner in deciso stile cat eye, mentre velette in rete rigida tempestata di Swarovski si sono contraddistinte per la loro iconicità. In questo caso, i visi vengono celati pressochè totalmente, rimandando forse a un concetto di “maschera” molto presente nella cultura cinese. Il beauty look di Pat McGrath e le creazioni di Pierpaolo Piccioli si sono fuse in un mix superbo, onirico ed oltremodo raffinato. La filosofia del direttore creativo di Valentino, sempre più tesa all’ inclusività e al pluralismo culturale, ha trionfato anche nel Paese della Grande Muraglia, dove il savoir faire italiano e le suggestioni cinesi hanno dato vita a una stupefacente alchimia. Non c’è alcun dubbio: Daydream ha scritto una nuova pagina nella storia della Maison Valentino.

 

  Il gran finale della sfilata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“The Origins”: il mito di Memorabilia rinasce a nuova vita

Cirillo dj e il Principe Maurice, i due headliner del progetto

In attesa di ritrovare il Principe Maurice nella prossima puntata della rubrica che VALIUM gli dedica, “Sulle tracce del Principe Maurice”, ho il piacere – oltre che l’ onore – di anticiparvi un progetto che i suoi fan, e tutti i fan di Memorabilia, adoreranno. Signore e signori, rullo di tamburi per “The Origins”: un nuovo format, una nuova iniziativa che vedrà Maurice nelle sue vesti più leggendarie, quelle di icona della notte e del Teatro Notturno. Il luogo in cui debutterà questo inedito concept non poteva essere che Riccione, patria dell’ indimenticabile Cocoricò. Come in un cerchio che si chiude per ricrearsi subito dopo, “The Origins” riflette la natura ciclica delle cose: ad ogni fine succede un inizio, e così via all’ infinito. Ma partiamo innanziutto dall’ evento, che vi descrivo prendendo in prestito le parole del comunicato stampa ufficiale.

ATTENZIONE: VI COMUNICO CHE L’EVENTO DESCRITTO DI SEGUITO E’ STATO PURTROPPO ANNULLATO E VERRA’ FORSE RINVIATO A DATA DA DESTINARSI

Sabato 19 Ottobre la collina di Riccione ospiterà la première del format più autentico riferito alla memoria techno degli anni ’90, diretta derivazione con i protagonisti storici del mito di Memorabilia: “The Origins”. Al Prince si ritroveranno coloro che hanno dettato le regole e definito l’immaginario diventando icone assolute per generazioni di techno lovers:  Cirillo, Saccoman, Ricci Jr., Cek saranno l’orchestra e il Principe Maurice, con la sua compagnia, il Teatro Notturno. Proprio come allora, più di allora: ORA!

Ma qual è la filosofia che sottostà al progetto? E’ presto detto. Se Memorabilia è la celebrazione del fenomeno musicale e performativo techno che ha segnato un’ epoca fondamentale per il mondo della notte, per la sua valenza artistica e storica, “The Origins” nasce dall’ esigenza di proseguirne il percorso emotivo  andando propriamente alla fonte di quel movimento che aveva trovato nella Piramide il suo straordinario habitat. Il mito e il rito vengono così celebrati proprio dai protagonisti di allora, che sentono l’esigenza di proporre un viaggio che riporta alle radici di un successo senza tempo. Il luogo, più che fisico, diventa mentale, in un coinvolgimento sensoriale totale e travolgente. “The Origins” non è “figlia” di Memorabilia, ma probabilmente la “madre” che si rivela finalmente quale matrice senza limiti di tempo e spazio per la potente energia che ha generato e che continua a nutrire con libertà, dignità e amore un mondo di suono, creatività e passione.

 

 

A pochi giorni dall’ esordio di un progetto così speciale, naturalmente, ho contattato il Principe Maurice per saperne di più. Ecco cosa mi ha raccontato su “The Origins” :

” Con tutti i protagonisti dell’ epoca d’oro della Piramide ci siamo confrontati e abbiamo pensato che fosse necessario reagire allo shock e all’ empasse per la chiusura del Cocoricò, riunendoci a corte per reagire anche alla confusione di format riferiti alla memoria storica del movimento giovanile musicale, artistico e sociale più importante degli ultimi decenni. Da qui è nata l’idea di tornare alle origini del tutto, ma chiudendo il cerchio (simbolo del progetto) e proponendo anche una nuova visione che dia il senso del passato che si trasforma, senza soluzione di continuità, in nuove sperimentazioni dei suoni e delle visioni. Insomma qualcosa, in attesa degli sviluppi non facili e immediati della situazione riccionese, che ribadisca i valori, la professionalità e la creatività necessari per mantenere vivo il lavoro svolto finora da tutti noi. E’ bello che tutto questo ricominci dalla collina magica, in un posto che mi è sempre piaciuto e che è stato rinnovato totalmente per l’occasione: il Prince. Ci crediamo molto e il feedback da parte del nostro pubblico è già altissimo! “

Il 19 Ottobre, quindi, tutti al Prince di Riccione per partecipare al nuovo, affascinante rituale che vi trascinerà in un vortice di atmosfere techno “primordiali”: un’ autentica esperienza sensoriale, un viaggio agli albori di Memorabilia che coinvolgerà in toto le vostre emozioni. Con “The Origins”, inizia un percorso che va a ritroso nel tempo per tracciare un futuro completamente da scoprire. “Tutto muta, nulla perisce”, disse Ovidio. E miti come la Piramide, si sa…non muoiono mai.

 

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I dj protagonisti dell’ iniziativa

 

 

 

Photo courtesy of Maurizio Agosti

 

I 50 anni di Woodstock tra musica, Hippie culture e stile

Janis Joplin nel backstage del Festival

Rimane il più immenso, il più memorabile, quasi l’ “archetipo” dei Rock Festival: Woodstock compie 50 anni e, non a caso, è in atto un vero e proprio tripudio celebrativo. Perchè oltre ad essere un Festival musicale, Woodstock è stato un emblema. E un emblema a tutto tondo: dell’ epoca Hippie, di una società scossa da cambiamenti irreversibili, di un nuovo modo di intendere e “vivere” il Rock, come esperienza da condividere ma soprattutto come veicolo del motto “Love and Peace” di cui la generazione Hippie si faceva portabandiera. Erano il 15, il 16 e il 17 Agosto (si aggiunse poi il 18 estemporaneamente) del 1969, un anno che segnò l’apice della controcultura giovanile dei cosiddetti “Figli dei Fiori”, da “Flower Power” che incarnava un altro dei loro significativi slogan . Quando una società di giovani e intraprendenti imprenditori, la Woodstock Ventures, organizzò la Woodstock Music & Art Fair – questo il suo nome completo – la concepì come un raduno musicale all’insegna della pacifica convivialità e così fu. L’ allevatore Max Yasgur (sua la “Yasgur’s farm” citata da Joni Mitchell in “Woodstock”, il brano che dedicò alla kermesse) mise a disposizione del Festival 600 acri di terra a cui si aggiunsero ulteriori spazi concessi dai coltivatori confinanti: la location dell’ evento era costituita da una conca che discendeva verso lo stagno Filippini, dove, in cerca di refrigerio, innumerevoli spettatori si bagnavano spesso e volentieri completamente nudi. Invece dei 50.000 partecipanti previsti ne arrivarono 500.000, tutti allettati dalla possibilità di vivere collettivamente, come voleva l’ input dell’ era delle “comuni”, un’ avventura che sarebbe diventata leggendaria. Ad esibirsi in quell’ affollatissima quattro giorni furono autentiche icone della music scene, nomi del calibro di Richie Havens (che cantò “Freedom” rendendola un vero e proprio inno), Santana, Janis Joplin, Sly & The Family Stone, Joe Cocker, The Ten Years After, Crosby Still & Nash, Joan Baez, The Who, The Jefferson Airplane e Jimi Hendrix, oltre a moltissimi altri artisti ancora. Fu proprio Jimi Hendrix a concludere il Festival con una performance mozzafiato che incluse una versione di “The Star-Spangled Banner” talmente incandescente da restare negli annali del Rock. Sono passati 50 anni da allora, ma gli echi dell’ incredibile raduno che prometteva “tre giorni di pace e musica” sono ben lungi dallo spegnersi. Che fossero un’ utopia o meno, i valori degli Hippie hanno racchiuso lo spirito e la quintessenza di una generazione fortemente decisa a far sentire la sua voce, senza violenza (lo stesso Max Yasgur si stupì di come, durante il Festival, non si verificò neppure una rissa) e coinvolgendo in toto il proprio stile di vita. Peccato che i delitti losangelini della Manson Family (occorsi a soli pochi giorni dall’ inizio di Woodstock) rappresentassero le prime, pericolose avvisaglie di un mutamento di “clima”; mutamento che, alla fine del 1969, si fece tangibile con i tristi fatti avvenuti al free concert di Altamont tenuto dagli Stones. Si stavano spegnendo gli ideali di tutta un’ epoca: quando il decennio dei ’60 giunse al termine, i colori psichedelici e vivaci del Flower Power sfumarono progressivamente in un nero cupo.

 

Il manifesto della kermesse

 

GLI ACCENTI HIPPIE NELLE COLLEZIONI DELLA PRIMAVERA ESTATE 2019

 

R 13

Il look Hippie, nelle più disparate declinazioni, non ha mai cessato di ispirare la moda:  Ethno Style, Hippie Chic e Boho sono solo alcune delle sue varianti attuali. Il perchè di questo perenne appeal è presto detto. Innanzitutto l’ elemento di rottura, che definiva il distacco dalle generazioni precedenti anche attraverso l’ abito. E poi l’ innato senso di libertà, il gusto del colore, la fascinazione per l’esotico…La dimensione del viaggio, preferibilmente verso mete incontaminate e culle di una civiltà, di un misticismo remotissimi, nei giovani Hippie era connaturata. Basti pensare al celebre Hippie Trail, che dall’ Europa conduceva in Oriente percorrendo Paesi come la Turchia, l’ India e il Nepal: autostop o bus presi a noleggio erano i metodi preferiti per spostarsi, bandita ogni pianificazione. E’ così che gli esotismi tanto vagheggiati rientrano a pieno titolo nell’ Hippie look. Ce lo dimostrano frange, motivi tribali, caftani e Paisley pattern a profusione ma soprattutto il Tie Dye, antica tecnica di tingere i tessuti che incarna, oggi, un vero trend di stagione. Nella gallery che segue, alcuni indizi dello stile “Woodstock” – o Flower Power, se preferite – avvistati alle sfilate delle collezioni Primavera Estate 2019 dei più noti fashion brand.

 

PACO RABANNE

JONATHAN SIMKHAI

VALENTINO

VERSACE

PROENZA SCHOULER

DIOR

COLLINA STRADA

MSGM

 

 

Photo:

Janis Joplin via Kim from Flickr, CC BY-ND 2.0

Woodstock manifesto via David from Flickr, CC BY 2.0

Woodstock Festival 1 (dall’ alto verso il basso) by James M Shelley [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)]

Woodstock Festival 2 by James M Shelley [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)]

 

 

“Rock’n Roll is a State of the Soul”: il Summer Jamboree compie 20 anni e li festeggia (anche) con una grande mostra

Foto (c) Guido Calamosca

Il Summer Jamboree festeggia il suo 20esimo compleanno! E a Senigallia, la “spiaggia di velluto” che ogni anno ospita il Festival Internazionale di Musica e Cultura dell’ America anni ’40 e ’50 (clicca qui per visionare il calendario), le celebrazioni hanno preso il via il 31 Luglio, data di inizio dell’ edizione 2019: fino all’ 11 Agosto prossimo, la città balneare marchigiana torna indietro nel tempo, calandosi in un vero e proprio set che inneggia all’ era d’oro del Rock’n Roll. Frangette, gonne a ruota, biker jacket e brothel creepers sono i leitmotiv di ogni look, il Rock’n Roll in tutte le sue declinazioni fa da colonna sonora 24 ore su 24. Appuntamento imprescindibile per miriadi di fan degli anni ’50 e non, il Summer Jamboree è tornato ad avvolgerci nelle sue atmosfere frizzanti, vantando una lunga lista di ospiti d’eccezione e di iniziative come gli immancabili Rockin’ Village vintage market e Burlesque Show accanto a moltissime novità. Per il ventennale del Festival – il primo per importanza in tutta Europa – a Senigallia arrivano performer del calibro dei Los Lobos (USA), che si esibiranno durante l’affollatissimo Hawaian Party on the Beach, Jimmy Clanton (USA) e Jimmy Gallagher (USA), pionieri rispettivamente del R’n’B della Gulf Coast e del Doo-Wop – genere a cui, il 7 Agosto, verrà dedicata un’intera Big Doo-Wop Night che vedrà protagonisti suoi numerosi esponenti, solo per citarne alcuni Charlie Thompson (USA), The Velvet Candles (ES), The Class of ’58 (UK), Greg (ITA) e The New Tones (ITA). Sui palchi del Foro Annonario, della Rocca e di piazza Garibaldi si susseguono 39 concerti gratuiti che abbracciano svariati stili musicali: oltre al Rock’n’Roll e al Doo-Wop il Rockabilly, il Rhythm’n’Blues, lo Swing, il Country, il Western Swing, l’Hillbilly, tutti rappresentati da prestigiosi ospiti internazionali. Qualche nome? I Tail Gators (USA), il Big Boy Bloater Trio (UK), Shaun Young and the Texan Blue Dots (USA), i Ray Collins’ HOT-CLUB (DE) e Jimmy Dale (USA) alternati ad una serie di new talents, a innumerevoli presenze femminili – tra le quali spicca Bailey Dee (USA) – ed alla storica house band del Festival The Good Fellas (ITA).

 

Foto (c) Matteo Crescentini

Non mancherà, come già detto, l’attesissimo Burlesque Show and Cabaret che quest’anno vedrà esibirsi l’ affascinante Miss Betsy Rose (UK) con il sottofondo live di Alex Mendham and his Orchestra feat. The Dunlop Sisters (UK), big band di jazz e swing che si avvale di strumenti musicali d’antan. Imperdibile la Rock’n’Roll Revue, uno spettacolare tributo ai classici del Rock’n’Roll eseguito dalla Abbey Town Jump Orchestra (ITA) e da una “staffetta” di eccelsi artisti che si alterneranno l’uno dopo l’ altro sul palco. A presentare il 20esimo anniversario della kermesse sono la pin up-pasticcera Alice Balossi e il carismatico frontman Jackson Sloan (i lettori di VALIUM conoscono bene entrambi, clicca qui e qui per rintracciare le loro rispettive interviste) insieme al critico musicale Dario Salvatori, pilastro di un Festival che oltre alla musica offre una panoramica ad ampio spettro della cultura anni ’40 e ’50. Ecco allora il Dance Camp, il Dopofestival alla Rotonda al Mare, l’ American Classic Car Cruise (sfilata d’auto d’epoca), uno Street Food che vi delizierà il palato e djset tenuti dai top names mondiali del settore, tra cui Ringo di Virgin Radio. Le novità del ventennale includono la consacrazione della non-stop di tatuaggi Old School Walk In Tattoo (che ha esordito l’anno scorso), portata avanti da guru del tatuaggio come Gippi Rondinella e da molti altri tatuatori ancora.

 

Foto (c) Amedeo Turello

“ROCK’N’ ROLL IS A STATE OF THE SOUL” – Summer Jamboree 20th Anniversary Immersive Exhibition

A rendere ancora più speciale il 20esimo compleanno del Festival è Rock’n’Roll is a State of the Soul, un’esposizione che, negli spazi di Palazzo del Duca e di Palazzetto Baviera, instaura un iter fotografico-multimediale incentrato sui momenti più significativi del Summer Jamboree e sulla cultura Rock’n’Roll in senso lato. Inaugurata il 14 Giugno da Peter Ford, figlio della star di Hollywood Glenn Ford, la mostra è curata dall’ Associazione Summer Jamboree, co-prodotta dal Comune di Senigallia con la collaborazione della Regione Marche e sarà visitabile fino al 29 Settembre 2019. Sono oltre 300 gli scatti che la costituiscono, distribuiti in 20 sale espositive. Una foto, in particolare, è risultata talmente iconica e rappresentativa da aver ispirato il manifesto del ventennale del Festival: avete presente la “bellezza al bagno” in costume rosso fuoco? Bene: ricorda non poco un’ immagine in cui Eve La Plume (Burlesque queen ed ex presentatrice della kermesse senigalliese) venne immortalata mentre, radiosa, si immergeva in mare nei pressi della Rotonda (i lettori di VALIUM potranno scoprire l’ aneddoto associato a questa foto rileggendo qui l’ intervista con Eve). Ma la diafana diva non appare solo nel suddetto scatto: sappiate che le è stata dedicata una maxi installazione, un Wall of Wonder di 2,50×2,20 mt che riproduce un Burlesque show olografico-virtuale in tre atti dalla durata di sette minuti. Rimarrete a bocca aperta ammirando la piattaforma tridimensionale che, grazie agli ologrammi fluttuanti nell’aria, vi coinvolgerà in un’autentica visione “live” dello spettacolo di Eve (il Wall of Wonder è il primo di simili dimensioni mai apparso in Italia). Il resto del percorso annovera ritratti, foto di backstage, di costume e di streetstyle rétro, manifesti, scatti d’autore di icone del Rock’n’Roll, video ed immersive room, una traiettoria che non vuol essere esclusivamente descrittiva bensì indicativa dell’ essenza, del mood che il R’n’R racchiude in sè; il tutto, ovviamente, filtrato dagli obiettivi che per 20 anni hanno immortalato il Summer Jamboree in ogni suo aspetto.

 

Foto (c) Giovanni Cocco

Il Rock’n’Roll, quindi, come uno stato dell’ anima che viene colto e divulgato da una straordinaria esposizione. Non dimentichiamo che questo genere musicale ha dato il via ad un’autentica rivoluzione culturale: ha abbattuto le barriere interrazziali, inneggiando all’ amore e alla condivisione. La mostra, ai fini di trascinare gli spettatori in una full immersion delle atmosfere rievocate nelle 20 sale, si avvale di una Extended Reality tecnologica che accresce la magia di un patrimonio visivo in cui personaggi quali Dita Von Teese, Chuck Berry, gli Stray Cats, i Bill Haley’s Original Comets e Jerry Lee Lewis risaltano accanto a moltissimi altri ancora. Tra gli autori degli scatti troviamo gli autorevoli nomi di Luca Locatelli, Giovanni Cocco, Pippo Onorati, Amedeo Turello, Guido Calamosca e Graziano Panfili, affiancati a un incredibile numero di professionisti che hanno saputo raccontare la “Hottest Rockin’ Holiday on Earth” catturandone gli istanti più indimenticabili.

La mostra è aperta tutti i giorni dalle 17 alle 23, ma durante il Summer Jamboree l’orario di chiusura si prolungherà fino all’1.00. Per ulteriori info su “Rock’n’Roll is a State of the Soul” clicca qui

 

Foto (c) Guido Calamosca

Foto (c) Luca Locatelli

Foto (c) Giovanni Cocco

Foto (c) Amedeo Turello

Foto (c) Giovanni Cocco

Foto (c) Henry Ruggeri

Foto (c) Marco Matteucci

Foto (c) Guido Calamosca

 

 

Photo Courtesy of Summer Jamboree Press Office

 

 

 

“The Dawn of Romanity”, lo straordinario tributo di Fendi a Karl Lagerfeld

 

Il 19 Luglio scorso, ricorrevano cinque mesi dalla scomparsa di Karl Lagerfeld. In suo ricordo, ed in omaggio dei 54 anni di collaborazione che hanno legato il leggendario designer alla Maison Fendi, il brand capitanato da Silvia Venturini Fendi ha organizzato una sfilata di haute couture AI 2019/20 potentemente suggestiva. La collezione, dal significativo titolo di “The Dawn of Romanity” (“l’alba della Romanità”), include in tutto 54 look – ognuno a celebrare il connubio tra Herr Lagerfeld e la Maison – ed è stata presentata il 4 Luglio in un’ incantevole location di Roma, il Colle Palatino, con la splendida visuale del Tempio di Venere, del Colosseo e dei Fori Imperiali. Siamo nella culla della Città Eterna, esattamente nei pressi di uno dei templi più estesi dell’ Urbe; sorse in onore delle dee Venus Felix e Roma Aeterna, e Fendi si è avvalsa del suo imponente scenario per far sfilare silhouette inneggianti alle creazioni d’archivio di Karl Lagerfeld ed al periodo storico che entrambi hanno condiviso. Risaltano gli anni ’70, così fervidi e ricchi di creatività innovativa, ma l’ ispirazione spazia ad ampio spettro: dalla magnificenza dei marmi romani agli accenti mitologici, dagli artisti della secessione viennese a “Gruppo di famiglia in un interno”, il film che Luchino Visconti ambientò in un sontuoso palazzo patrizio di Roma e che vede come protagonista una Silvana Mangano in total look Fendi. Ma torniamo al défilé al Tempio di Venere. Mentre la luna effonde la sua luminosità in un cielo sempre più buio, l’ evento ha inizio. Apre la sfilata un suit pantalone bianco dalla sartorialità ineccepibile; spalline squadrate, ampi rever, maniche a sbuffo chiuse da eleganti polsini: l’allure è più che mai Seventies, il glamour ricorda Bianca Jagger. Ad hoc anche la scelta di acconciare la chioma delle modelle nel tipico caschetto dell’ epoca, con tanto di frangia e punte arrotondate all’ insotto, declinandolo in svariati colori.

 

 

Ogni mise che appare in passerella è un’ ode al savoir faire più squisito. Abbondano le pelliccie (anche in versione “alternativa”), fantasie marmoree ornano long dress e suit amalgamandosi a geometrie moderniste oppure agli ornamenti della Roma antica. Trasparenze, tessuti translucidi o marcatamente scultorei si alternano, sfoggiando di volta in volta una florealità bucolica ricca di spighe, intagli, grafismi klimtiani o pattern che rievocano stilizzati decorativismi d’antan. Gli abiti somigliano a preziose opere di architettura, dove l’effetto marmo, per contrasto, si affianca all’ impalpabilità del tulle; nell’ insieme, tuttavia, la collezione ostenta un’ allure – seppur soave, iper femminile e fluida  – altamente strutturale. La palette la esalta con toni in cui predominano il beige, il panna e il grigio, ma anche il nero, sobrie tonalità pastello e un oro “liquido” non passano inosservati. Una serie di vestiti impalpabili, con lunghe maniche a sbuffo ed adornati di spighe e fiori, accentua il mood idilliaco che fa da trait d’union tra il mondo antico e l’ audace modernità. La spettacolarità della location rientra inoltre nel grande progetto di restauro che Fendi dedica, dal 2013, alle meraviglie romane: dopo la Fontana di Trevi, il Palazzo della Civiltà Italiana e Fendi for Fountains ( l’iniziativa di “restyling” destinata alle fontane del Gianicolo, del Mosè, del Ninfeo e del Peschiera), la Maison devolverà 2 milioni e mezzo di euro al restauro del Tempio di Venere. L’ amore di Fendi per Roma è ormai sancito a pieno titolo, ed è un amore ricambiato. Gli scenari unici, i monumenti arcaici, i preziosi reperti della capitale  rappresentano lo sfondo perfetto per evidenziare e raccontare, a un tempo, le radici e lo straordinario savoir faire della casa di moda fondata da Adele Casagrande e da Edoardo Fendi nel 1925.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto del Tempio di Venere di Anthony Majanlahti via Flickr, CC BY 2.0

 

 

Dolce & Gabbana Alta Moda AI 2019/20: mitologia e spettacolarità nella Valle dei Templi di Agrigento

 

Sta per calare la notte, sulla Valle dei Templi di Agrigento. Il momento è quello, magico, che sfuma i colori del tramonto nell’ azzurro intenso del crepuscolo. In quegli stessi istanti, un pubblico di 300 persone assiste a un fashion show che verrà ricordato come uno dei tributi più spettacolari alla Sicilia e al suo patrimonio storico/culturale: su una passerella che fuoriesce dal maestoso Tempio della Concordia sfilano le creazioni di Alta Moda AI 2019/20 di Dolce & Gabbana, autentici capolavori di preziosismi ed allure mitologica valorizzati da una location che definire incantevole è dir poco. Ad indossarli, tra le 156 modelle presenti, sono top del calibro di Bianca Balti, Helena Christensen, Isabeli Fontana, Marpessa Hennick, al tempo stesso muse e vestali; considerando che la regia dell’ evento è stata affidata al Premio Oscar Giuseppe Tornatore, inoltre, potrete facilmente intuire il livello di sontuosità del défilé. In un tripudio di sartorialità, impeccabile savoir faire e pregiatissimi materiali, sul catwalk si alternano alate Cupido vestite d’oro, reminiscenze delle dee Era e Afrodite, novelle Atena con tanto di elmetto, creature munite di arco e frecce in onore di Eros, ma anche di Artemide. Non mancano neppure le ninfe, provenienti da boschi fatati quanto antichissimi.

 

 

Un’antichità che si rinviene in ogni dettaglio della collezione, a partire dalla forma ad anfora degli abiti per approdare ai motivi ornamentali ispirati alle effigi di civiltà remote, all’ epoca di maggior splendore di quell’ Akragas divenuta oggi – con il nome di Valle dei Templi Patrimonio dell’ Umanità Unesco. Decori mitologici ricorrono anche sui long dress vaporosi, di stampo Barocco, abbinati ad aderentissimi corsetti; e poi si succedono frange, pepli scintillanti, lunghe mantelle, tessuti di volta in volta impalpabili o damascati. Gli accessori prendono parte a pieno titolo a quest’ode all’età antica: capitelli, colonne e statue in minatura si stagliano sui copricapi affiancandosi a corone di ogni foggia, non di rado floreali o vegetali come quelle della Grecia del tempo che fu. Ai piedi, i calzari ricalcano i raffinatissimi modelli che successivamente vennero adottati nell’ Impero Romano. Persino la palette cromatica contribuisce ad arricchire look già di per sè mozzafiato. L’oro predomina e si intercala al nero, al bianco, al celeste, al burgundy, al giallo, a pennellate di rosa, ma gli scenografici abiti Barocchi della collezione, con gonne amplissime di ispirazione “Il Gattopardo”, sono un trionfo di tonalità pastello. I gioielli, dal canto loro, meritano una menzione a parte. Non è un caso che Dolce & Gabbana, durante la loro tre giorni siciliana, li abbiano celebrati con una sensazionale esposizione dedicata all’ Alta Gioielleria a Palma di Montechiaro, la città che fa da sfondo al più noto romanzo di Tomasi di Lampedusa. Nella suggestiva Sciacca, invece, è stata la volta dell’ Alta Sartoria, la “haute couture” della moda uomo che ha sfilato all’ interno del Palazzo dei Gesuiti. Ma l’ incredibile kermesse (tenutasi dal 4 al 6 Luglio) non è destinata a rimanere solo un ricordo: fino al 15 Settembre, infatti, la passerella del défilé non verrà rimossa per permettere ai turisti in visita al Tempio della Concordia di percorrerla e di raggiungere la cella interdetta al pubblico. A distanza di secoli dall’ edificazione di Akragas, la Valle dei Templi rivive dunque tutto il suo splendore più ammaliante grazie all’ omaggio che Dolce & Gabbana hanno tributato alla Sicilia, terra natale di Domenico Dolce. Un omaggio scaturito dal profondo del cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto del Tempio della Concordia di CucombreLibre via Flickr, CC BY 2.0

 

 

Quando “bellezza” fa rima con “multiculturalità”: la sfilata Dior Cruise 2020 a Marrakech

 

La sera è scesa, fa già buio. Ma le luci di miriadi di fiaccole, intervallate da falò sospesi, galleggiano sull’ immensa piscina del palazzo di El Badi. Siamo a Marrakech, in una location straordinariamente suggestiva: è la location che Dior ha scelto per la sfilata della collezione Cruise 2020, un inno alla bellezza scaturita da un intreccio di culture. Aver puntato su Marrakech, affascinante crocevia tra il Mediterraneo, l’ Europa e l’ Africa, è indicativo. Memore di quel Marocco che nel ‘900 attirò intellettuali, artisti e viaggiatori bohémien, Maria Grazia Chiuri ha voluto rievocarne i topos immaginativi e le atmosfere per intraprendere un percorso in cui reminiscenze, paesaggi e suggestioni si coniugano, esaltandolo, con l’heritage della Maison (come dimenticare la fascinazione che il Marocco esercitava su Yves Saint Laurent, primo direttore creativo Dior dopo la dipartita di Monsieur Christian? ).  Emblema dei temi ai quali Chiuri si ispira è il Wax, un tessuto cerato e ricco di variopinte stampe considerato dai più una tipicità africana. In realtà, la storia del Wax (o Batik, se preferite) rispecchia fedelmente quel mix di eterogeneità che la designer romana celebra nella collezione Cruise 2020: nasce in Olanda nel 1864 per essere commercializzato in Indonesia, dove però riscuote scarso successo. Al contrario, nel Continente Nero sarà richiestissimo. Simbolico punto di incontro tra Europa, Asia e Africa, il Wax, come il Marocco, concentra in sè un connubio di culture. E’ un denominatore comune, un “common ground”, un’ intersezione tra le differenze. Non è un caso che faccia da leitmotiv all’ intera collezione, e che l’ atelier ivoriano Uniwax abbia rivisitato la sua trama tessile combinandola con i codici Dior. Il Wax, insomma, diventa un “viatico” indispensabile per la rilettura di nuove e di antiche stampe. Delinea paesaggi, bestiari, memorie ed impressioni, mescola la fauna della Savana all’ iconografia dei Tarocchi, reinterpreta addirittura un cult della Maison come il tailleur Bar. Il Wax dà vita a dei look sfaccettati, multiformi e multietnici di un’ eleganza squisita: lunghi abiti, ampie mantelle, pantaloni cropped o affusolati, gonne e tuniche plissettatissime, caftani e minidress lo sfoggiano a tutto spiano, declinandolo in tessuti rigorosamente naturali (shantung, garza di seta, seta écru) e in una palette che esplora i colori più incantevoli e caratteristici dei panorami africani. Risaltano l’ ocra, il ruggine, l’indaco, il sabbia, il blu, il bianco e il nero in total look, svariati toni di marrone; tonalità intrise di un’ esotismo che si fonde con il pluralismo e – di conseguenza – con il concetto di “inclusività”, condicio sine qua non per la convivenza tra culture diverse. Oltre a Uniwax, una fitta rete di collaboratori ha affiancato Maria Grazia Chiuri nella creazione della collezione Cruise 2020: tra essi, l’artista e designer africano Pathé Ouédraogo, la designer anglo-giamaicana Grace Wales Bonner, l’artista afro-americana Mickalene Thomas, il collettivo SuMaNo di artigiane marocchine, il guru dei cappelli Stephen Jones insieme a Martine Henry e Daniela Osemadewa. (Per ammirare la collezione completa clicca qui)