Le Frasi

 

“Ma c’è una cosa, una cosa soltanto che
non mi stanco mai di guardare;
il ruscello d’aprile, che scorre su sassi,
e bisbiglia, passate le rocce.”
(Po Chu-J)

 

 

Pink Is In The Air

 

Questa settimana, in cui i sakura e l’Hanami l’hanno fatta da padrone, non poteva che concludersi con un focus (modaiolo) sul rosa: quello più etereo, fiabesco, sognante. Un rosa delicato e intriso di magia, sia che viri verso toni caldi che freddi. A partire dal make up della foto di copertina, che abbina un rosa dalle gradazioni oniriche a sopracciglia folte, “decise” e ben delineate: la forma più in voga del momento.

 

Elie Saab

Germanier

Nunu-Nono

Sportmax

MSGM

Alberta Ferretti

Giambattista Valli

Priscavera

Prada

Sixdo

 

Hanami: i cibi e le bevande tradizionali dei picnic sotto i ciliegi in fiore

 

“Hanami”, in giapponese “guardare i fiori”: di questa tradizione del paese del Sol Levante, VALIUM ha parlato più di una volta. E’ un rito collettivo antichissimo, un inno alla bellezza del fiore di ciliegio e alla sua simbologia. I giapponesi attendono la fioritura dei ciliegi con trepidazione, spostandosi poi in massa verso i luoghi dove è possibile ammirarli in tutto il loro splendore. Lì, sotto le chiome in fiore dei sakura (il ciliegio o il fiore di ciliegio giapponese), contemplano la meraviglia di quelle spettacolari nuvole rosa e organizzano picnic. Di notte, al chiar di luna e con le luci dei lampioni e delle stelle, l’ Hanami risulta ancora più suggestivo: viene ribattezzato Yozakura, ovvero “ciliegio notturno”, ed è un appuntamento imperdibile di ogni Primavera. Ma quali sono i cibi e le bevande che i giapponesi consumano durante questi picnic? Cominciamo subito col dire che il rosa è il colore che fa rigorosamente da leitmotiv. Celebra il fiore di ciliegio e la sua valenza emblematica, che spazia dalla caducità alla meraviglia della vita.

 

 

Scopriamo quindi quali cibi tradizionali si accompagnano all’Hanami. Bisogna dire innanzitutto che, oltre al colore rosa, esiste un altro elemento che contraddistingue i picnic sotto i sakura in fiore: il sapore di fiore di ciliegio. E’ delicato, inconcondibile, e in Giappone si utilizza per aromatizzare qualsiasi bevanda e cibo, dolci o salati che siano. Molti di voi conosceranno i sakuramochi, dei dolcetti a base di riso, zucchero e pasta di fagioli rossi che vengono serviti avvolti in una foglia di sakura.

 

 

Anche i dango sono piuttosto celebri: nei manga potete ammirarne a volontà, essendo un dolce tipico giapponese. Esistono svariate tipologie di dango, i Mitarashi dango sono i più noti. Si tratta di gnocchi di farina di riso infilzati su un bastoncino (che può contenerne da un minimo di tre a un massimo di cinque), dalla forma sferica e rivestiti di glassa a base di salsa di soia dolce. In occasione dell’Hanami, si prepara una versione chiamata Hanami dango. E’ costituita da tre polpette sferiche (sempre infilzate a mò di spiedino) tinte nei caratteristici colori primaverili: rosa, bianco e verde. Il rosa simbolizza i sakura, il verde le foglie nate di recente, il bianco la neve appena sciolta.

 

 

C’è un proverbio ironico che riguarda gli Hanami dango, ossia “Meglio i dango che i fiori”. Il significato è duplice: può essere un elogio alla sostanza a discapito dell’estetica, oppure indicare qualcuno che approfitta dell’ Hanami per dedicarsi a grandi abbuffate anzichè all’ammirazione dei fiori di ciliegio. Dopotutto, l’Hanami è anche un modo di incontrarsi, di socializzare all’insegna del buon cibo e di deliziose bevande. La cornice di incredibile bellezza dei sakura, tuttavia, si rivela fondamentale. Prima parlavamo del gusto di ciliegio: lo ritroviamo dappertutto, persino nei gelati, nelle birre, nel thè, addirittura nell’acqua. La Coca Cola, in vista dell’Hanami, mette in commercio una speciale edizione al ciliegio della bevanda, il cui packaging è in total pink. Starbucks, dal canto suo, lancia il sakura frappuccino “vestito” di rosa e al gusto di ciliegio per l’occasione; lo stesso avviene per la nota birra Asahi, che in tempo di Hanami rinnova il look e il sapore. Ma torniamo ai cibi. Quelli imprescindibili sono l’onigiri, il tipico spuntino di riso bianco ripieno di tonno e di salmone; è riconoscibile, tra l’altro, dall’alga nori che lo ricopre lateralmente.

 

 

Molto comuni sono anche le tamagoyaki, gustose omelette tradizionali, gli edamame, baccelli di soia lessati tipici anche della cucina cinese, e il dorayaki, un dolce composto da due pancake e ripieno di salsa rossastra ottenuta dai fagioli azuki. Tutti questi cibi, e molti altri ancora, sono di solito racchiusi nel bentō, un vassoio munito di coperchio particolarmente utile per i picnic all’aria aperta. Tra le bevande dell’ Hanami risaltano invece l’Hanami-zake, sakè in coppetta a cui si aggiunge un fiore di ciliegio: dev’essere appena caduto dal ramo per esaltare il fascino e la potenza evocativa del drink. Anche il té verde ai fiori di ciliegio è un must, e in molti lo portano con sè in un thermos (caldo o freddo non importa). Il chuhai lo si trova praticamente in tutti i supermercati, nei bar e nei distributori automatici; è una bevanda alcolica gassata rinfrescante a base di schochu (un distillato tradizionale del Sol Levante) e highball. L’aroma, naturalmente, è al gusto di ciliegio.

 

 

E in questo trionfo del rosa, vi chiederete, che ruolo ha il vino rosè? La buona notizia è che il rosato italiano sta avanzando a grandi passi verso il Giappone, e chissà che un giorno non riesca ad affiancare le bevande tradizionali dell’ Hanami.

 

 

Foto dei dango e sakuramochi (n.4 dall’alto) di crayonmonkey from Manchester, UK, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, da Wikimedia Commons

Il resto delle foto, via Pixabay e Unsplash

 

I discorsi del tempo

 

O ciel, sei bello quand’azzurro fulgi,
E se d’orror ti cinge la tempesta;
Bello se ridi, o mare, oppur minacci;
Sei bella, o terra, mentre april s’infiora
O l’estate biondeggi, e ti vendemmi
L’anno cadente, o, imperversando i venti,
Tu scintilli di neve alla montagna:
L’ombra, la luce, l’ora mattutina,
E il vespero amoroso, ah! tutto muove
Letizia mesta e arcano un desiderio;

Della pace immortal tutto è un sospiro

 (Augusto Conti, da “I discorsi del tempo in un viaggio in Italia”, 1867)

 

Aprile, il look del mese

 

Per rappresentare Aprile, scegliere il rosa e un tripudio di fiori non è scontato: la Primavera ispira leggerezza, si associa ai colori tenui e allo spettacolo della fioritura. Questo abito di Ermanno Scervino concentra in sè tutti gli elementi sopra citati. Ha una gonna ad anfora ma fluida, in impalpabile chiffon, che danza con i movimenti del corpo. Il corpetto, aderente, ha un accenno di scollatura a cuore ed è cosparso di applicazioni floreali che si insinuano anche tra le pieghe dello chiffon. Sotto le applique di fiori, un ricamo ne riproduce le fattezze sulla trasparenza del tessuto.

 

 

Il colore dell’abito non poteva che essere il rosa, più carico per il bustino e decisamente etereo per la gonna “danzante”. Dopotutto, è tempo di Hanami: in Giappone il rito di ammirare i ciliegi in fiore è in pieno svolgimento, e il rosa è il colore che lo contraddistingue. Rosa come i sakura del Paese del Sol Levante, dunque, rosa come la Primavera. E a completare questo look, non a caso, sono dei sandali con un tacco vertiginoso e un altissimo plateau. Il colore? Rosa, naturalmente. Per celebrare la tonalità più magica che inaugura la bella stagione.

 

 

Aprile

 

“Quando Aprile con le sue dolci piogge ha penetrato fino alla radice la siccità di Marzo, impregnando ogni vena di quell’umore che la virtù di dar ai fiori, quando anche Zeffiro col suo dolce flauto ha rianimato per ogni bosco e ogni brughiera i teneri germogli, e il nuovo sole ha percorso metà del suo cammino in Ariete, e cantando melodiosi gli uccelletti che dormono tutta la notte ad occhi aperti la gente è allora presa dal desiderio di mettersi in pellegrinaggio.”

(Geoffrey Chaucer)

 

Arriva Aprile, e l’aria si fa improvvisamente tiepida. I fiori sbocciano nei prati e sui rami, in campagna viene piantata la quasi totalità delle sementi. La sera, complice anche l’ora legale, scende sempre più tardi. Aprile, insieme a Maggio, è uno dei due mesi centrali della Primavera. Le origini del suo nome sono controverse. C’è chi afferma che derivi da “Apro”, un termine etrusco proveniente da “Afrodite”, il nome che i Greci avevano dato alla dea della bellezza e dell’amore: non a caso, il mese di Aprile le era stato dedicato. Altri, invece, fanno risalire Aprile al verbo latino “aperire”, ovvero “aprire”, un chiaro riferimento al fenomeno della fioritura che avviene proprio in questo periodo. Nell’ antica Roma, dato che l’anno iniziava a Marzo, Aprile veniva subito dopo. La Primavera esplodeva in tutto il suo fulgore, e la rinascita veniva festeggiata con rituali che inneggiavano alla fertilità e al risveglio della natura. A causa dei cambiamenti climatici, oggi, il meteo di questo mese è piuttosto imprevedibile: al freddo può alternarsi un caldo anomalo, alla pioggia il sole. Certo è che le temperature sono già salite di qualche grado; non ci resta che osservare pazientemente l’evoluzione delle condizioni atmosferiche. Parlando di ricorrenze, Aprile esordisce con la tradizione globale del “Pesce d’Aprile” e prosegue di solito con la Pasqua, che essendo una festa mobile, però, non cade sempre lo stesso giorno. Quest’anno, ad esempio, è stata celebrata il 31 Marzo. Il 25 Aprile, invece, viene festeggiata la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. I segni zodiacali del mese di Aprile sono l’ Ariete e il Toro, il suo colore è il verde (verde menta per i modaioli), la pietra a cui si associa è il diamante: candido e lucente, simbolizza la purezza ma anche la forza. Il suo nome, infatti, deriva da “adamas”, “invincibile” in greco.

 

Foto via Pexels, Pixabay, Unsplash

 

Buona Pasqua

 

Buona Pasqua ai miei amici più “piccoli”
ed ai miei amici più “grandi”.
Buona Pasqua a chi la pensa come me,
ma soprattutto a chi la pensa diversamente da me
perché solo così mi ha dato la possibilità di crescere.
Buona Pasqua a chi è solo,
a tutti coloro che hanno la gioia di una famiglia accanto.
Buona Pasqua ad ognuno di noi
perché l’amore e la serenità dimorino nei nostri cuori.

(Stephen Littleword)

 

 

Foto: Elizabeth Meyers via Unsplash

Pasqua, una solennità ricca di simboli

 

Giovedì abbiamo parlato dell’uovo, ma la Pasqua è una solennità piena zeppa di simboli che affondano le loro radici nella religione, nella cultura e nel folklore. La Resurrezione di Cristo, avvenuta tre giorni dopo la sua sepoltura, rappresenta la festività più importante del Cristianesimo: con il passar dei secoli si è andata ammantando, quindi, di molteplici connotazioni simboliche. Di alcuni di questi emblemi si sono perse le origini, mentre altri sono diventati così celebri da essere dati per scontati. Facciamo un po’ di chiarezza e addentriamoci nella ricca iconografia pasquale.

 

L’agnello

 

Simbolizza il sacrificio di Gesù, che ha dato la vita per l’uomo. La tradizione di mangiare agnelli risale alla Pasqua ebraica, il cui nome, Pesah, indicava originariamente la liberazione, ad opera di Mosè, dai lunghi anni di schiavitù che gli Ebrei sperimentarono in Egitto. Fu Mosè, infatti, a guidare il loro esodo verso la Terra promessa. Durante la Pasqua ebraica era tassativo cibarsi degli agnelli per commemorare la salvezza: quando Dio inviò l’ultima piaga, che uccise ogni primogenito egiziano, gli Ebrei (su direttive di Mosè) sacrificarono degli agnelli. Li mangiarono insieme al pane azzimo e tinsero gli stipiti delle porte con il loro sangue. In questo modo, Dio avrebbe potuto riconoscere le loro dimore e risparmiare i loro primogeniti.

 

La campana

 

Il giorno di Pasqua, le campane suonano festosamente per celebrare la Resurrezione di Gesù. Il loro suono comunica gioia, simboleggia la gloria di Gesù risorto. Il Venerdì Santo, invece, giorno della morte di Gesù, le campane suonano a lutto.

 

La colomba

 

Simboleggia la Pace, ma anche lo Spirito Santo, ovvero il Terzo Membro della Santissima Trinità. La Colomba è una figura strettamente legata al Diluvio Universale. Quando il Diluvio si placò, Noè ordinò a una colomba di volare fuori dall’ Arca. La terza volta che lo fece, la colomba tornò con un ramoscello d’ulivo nel becco. Per Noè fu un chiaro simbolo della riconciliazione tra Dio e l’uomo. La colomba divenne quindi un emblema di Pace e della rinascita di Gesù, che si immola sulla croce per la nostra Redenzione: Gesù auspica un mondo all’insegna della Pace e della comunione tra gli uomini. All’inizio del XX secolo, la forma di una colomba cominciò a identificare il dolce pasquale per eccellenza.

 

Il coniglio

 

La lepre, con l’avvento del Cristianesimo, era un simbolo di Cristo. Questo animale infatti non ha una tana, in Primavera vaga liberamente nel bosco. E Cristo si era definito privo di una dimora, di un luogo che lo ospitasse, che gli garantisse il dovuto riposo. Il coniglio vero e proprio, in particolare il coniglio bianco, è una figura molto presente nei paesi del Nord Europa e in quelli anglosassoni (se vuoi saperne di più, rileggi qui l’articolo che VALIUM gli ha dedicato): viene chiamato Easter Bunny e ha il compito di distribuire ai bambini le uova di cioccolato. Probabilmente il coniglio, essendo un animale molto prolifico e che fa la muta in Autunno e in Primavera, divenne un emblema di rinnovamento e di rinascita.

 

La croce

 

All’epoca dell’Impero Romano, una croce di legno veniva utilizzata per dare la morte ai condannati: li si crocifiggeva infliggendo loro un supplizio che provocava una lenta agonia. A rendere ancora più atroce il tormento era la flagellazione che lo predeceva. Gesù venne condannato a morte per crocifissione in quanto la Palestina, all’epoca, faceva parte dell’Impero Romano d’Oriente. Quando Gesù risorse, i credenti cristiani assursero la Croce a simbolo della loro religione e tramutarono quello strumento di tortura in un potente emblema di fede.

 

Il fuoco

 

Con il fuoco che tradizionalmente arde davanti alle chiese la notte di Pasqua, viene acceso il cero pasquale. E’ un rito molto importante a cui i fedeli assistono in massa: il fuoco simboleggia, la vita, la luce, il calore che sconfiggono la morte, l’oscurità e il gelo, ma anche il rinnovamento dello spirito e la luminosità che ci guida verso lo splendore eterno.

 

L’acqua

 

In questo caso, l’acqua è quella del fonte battesimale: durante la veglia pasquale, infatti, si celebra un gran numero di battesimi. L’acqua ha una valenza purificatrice, e il battesimo è un momento di passaggio dal buio alla luce. Battezzandosi si diventa figli di Dio, si abbraccia la luce e si lasciano le tenebre del peccato alle spalle. Con il battesimo rinasciamo a vita nuova proprio come Gesù è morto e risorto.

 

L’ulivo

 

Quando la colomba dell’ Arca ritornò da Noè con un ramoscello di ulivo nel becco, Noè capì subito che l’ira di Dio nei confronti degli uomini era terminata. Il Diluvio Universale si era concluso, la Terra poteva ricominciare a popolarsi. L’ulivo, dunque, divenne un emblema di pace. La Domenica delle Palme, quella che precede la Pasqua, i rami d’ulivo vengono benedetti in ricordo dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, dove venne salutato da una folla entusiasta che agitava rami di palma e ulivo.

Foto via Pexels e Unsplash

 

Il close-up della settimana

 

Una notizia straordinaria, del tutto inaspettata, che ha riempito di gioia i suoi innumerevoli estimatori: Alessandro Michele è appena stato nominato direttore creativo di Valentino. Il ritorno dell’acclamato designer, il cui divorzio da Gucci risale al Novembre 2022, è fissato al 2 Aprile, mentre il suo debutto in passerella è previsto per il prossimo Settembre, durante le sfilate Primavera Estate 2025 della Paris Fashion Week. La curiosità è già alle stelle: che tipo di estetica imprimerà, Michele, alle creazioni della Maison fondata nel 1960 da Valentino Garavani? Sicuramente, la leggendaria casa di moda romana si accinge ad iniziare un nuovo capitolo della sua storia. E siamo in trepidante attesa di ammirare il connubio che scaturirà dall’eleganza e la bellezza mozzafiato dell’heritage di Valentino con la fantasia, le suggestioni oniriche e la magica creatività di Alessandro Michele. Tanto più che il designer, che al timone della Maison di piazza Mignanelli rimarrà nella sua amata Roma, si occuperà per la prima volta anche delle collezioni di Alta Moda. Michele ha espresso parole entusiastiche per il nuovo incarico alla direzione creativa di Valentino. “E’ per me un grandissimo onore essere accolto nella Maison Valentino“, scrive su Instagram. E prosegue: “Sento l’immensa gioia e l’enorme responsabilità nel fare ingresso in una Maison de Couture che ha inciso la parola “bellezza” in una storia collettiva fatta di ricercatezza ed estrema grazia. A questa storia va il mio primo pensiero: alla ricchezza del suo patrimonio culturale e simbolico, al senso di meraviglia che ha saputo costantemente generare, all’identità preziosissima che i suoi padri fondatori, Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti, le hanno donato con amore sfrenato.” La nomina del designer romano è avvenuta ad opera di Jacopo Venturini, AD di Valentino, che in un comunicato ha lodato il talento e la creatività di Alessandro Michele, dichiarandosi molto contento di tornare a collaborare con lui: Venturini e Michele, infatti, avevano già lavorato insieme nel periodo in cui lo stilista era alla guida creativa di Gucci. La Maison Valentino ad oggi appartiene al fondo del Qatar Mayoola for Investiments, ma nel Luglio del 2023 il gruppo Kering ne ha acquisito il 30%.

(Nella foto: Alessandro Michele alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2022)

 

Le uova colorate: un’antica tradizione pasquale tra leggenda, simbologia e sacralità

 

L’uovo è il simbolo pasquale per eccellenza. Sin da tempi remotissimi ha rappresentato la vita, il cardine dei quattro elementi, la fertilità, la rinascita. Regalare uova in occasione dell’arrivo della Primavera era una tradizione diffusa tra molti antichi popoli pagani. I Persiani, così come gli Egizi, i Greci e i Cinesi solevano scambiarsi uova di gallina per festeggiare la rinascita della natura, e non era raro che si trattasse di uova decorate manualmente. Con l’avvento del Cristianesimo, questa simbologia venne sostituita da quella prettamente associata alla Resurrezione: in Mesopotamia, tra i cristiani era d’uso donarsi uova tinte di rosso per rievocare il sangue di Cristo Crocifisso. La Chiesa Cattolica considerava l’uovo un emblema perfetto del Cristo che risorge. Esternamente, infatti, l’uovo somiglia alla pietra di un sepolcro, è freddo e inanimato; al suo interno, invece, germoglia la vita. Con questo significato, nel Medioevo, le uova si tramutarono in un tradizionale dono pasquale. Ma come ebbe inizio l’usanza di colorarle? Per tingerle delle tonalità più svariate, era comune farle bollire avvolte in delle foglie o insieme ai petali di certi fiori.

 

 

Tra i ceti aristocratici, nello stesso periodo storico, era molto in voga regalare uova interamente costruite in oro, platino o argento, oppure rivestite di questi metalli preziosi. Il popolo, tuttavia, adottò l’abitudine di colorare le uova anche per ragioni pratiche: durante la Quaresima, infatti, quando era proibito mangiare carne e prodotti di origine animale, le famiglie usavano bollire le uova per conservarle fino alla fine del digiuno; tingerle di vari colori si rivelava utile ai fini di distinguerle dalle uova crude. Tornando alla tradizione pasquale, le tonalità tipiche erano il giallo, il rosso, il marrone, il verde e il nero, che era possibile ottenere tramite coloranti naturali. Nei paesi dei Balcani e ortodossi, la millenaria usanza delle uova colorate è giunta fino ad oggi. Le uova, bollite, sono rosse a simboleggiare la Passione, ma di recente sono state introdotte anche altre cromie. Il pasto viene poi consumato a Pasqua e Pasquetta. Parlando di uova rosse, è interessante sapere che in Primavera, nella Roma antica, era abitudine sotterrarle nei campi affinchè fossero di buon auspicio per il raccolto. Esiste anche una leggenda, riguardante le uova tinte di questo colore.

 

 

Si narra che Maria Maddalena, quando scoprì che Cristo era risorto, corse a dare la bella notizia a tutti i suoi discepoli. Nessuno di loro, però, prestò fede alle parole della donna, e Pietro le disse che l’avrebbe creduta solo se le uova che portava con sè in un cestello si sarebbero tinte di rosso. Così avvenne: come per miracolo, tutte le uova di Maria Maddalena diventarono rosse in un batter d’occhio.

 

 

Oggigiorno, con la supremazia delle uova di cioccolato, la tradizione delle uova di gallina colorate è sempre viva, anche se un po’ in ribasso. Negli stati di fede ortodossa, tuttavia, permane in tutto il suo fulgore originario: le uova sode, tinte con coloranti alimentari, in questi paesi rappresentano un po’ una risposta al boom dell’uovo di cioccolato, che viene generalmente associato a connotazioni più consumistiche.

 

Foto di Roman Odintsov via Pexels