Da “Doppio Sogno” a “Eyes Wide Shut”: un viaggio notturno e onirico tra Eros e Thanatos

In queste sere di coprifuoco sto riscoprendo film che avevo visto tempo fa e che, anche dopo anni, non smettono di affascinarmi. “Eyes wide shut” è uno di questi: l’ ultimo film girato da Stanley Kubrick – anticipato ieri da una citazione tratta da “Doppio sogno”, la novella di Arthur Schnitzler alla quale Kubrick si è ispirato per il suo adattamento – è a mio parere una vera e propria perla della cinematografia. Ho pensato di riportare qui di seguito, quindi, una breve recensione della pellicola che scrissi nel 2011.

Le sere splendenti di luminarie, i locali affollati, i colori delle luci intermittenti e i marciapiedi bagnati dalla pioggia: uno scenario natalizio che mi riporta, ogni anno, a una New York notturna la cui aria di festa non riesce a celare le sotterranee ambiguità, ma anche a una Vienna fin de siècle mirabilmente descritta nelle sue realtà enigmatiche. Sono i luoghi che Stanley Kubrick, e ancor prima Arthur Schnitzler, hanno immortalato tramite differenti forme artistiche, ma con un risultato sublime in entrambi i casi: non è un caso che “Doppio sogno” (1925), la suggestiva novella di Schnitzler, sia stata adattata da Kubrick con il titolo di “Eyes wide shut” (1999), dove viene magicamente tradotta per immagini in uno dei film che più amo. L’ antica Vienna diventa una New York odierna ricca di simbolismi e di insidie, almeno così come appaiono nella percezione di Bill (Tom Cruise), il medico newyorchese protagonista della pellicola. Quando Alice (Nicole Kidman), sua moglie, gli racconta di aver sognato di tradirlo con un giovane ufficiale, sprofonda in un baratro di incertezze. In quel momento crollano la rassicurante ritualità e la scontata quotidianità di un rapporto che, fino ad allora, scorreva placido lungo i binari dell’esistenza. Ma un sogno è poi solamente un sogno?

Alberi di Natale e luci natalizie si susseguono quasi in ogni scena del film. Oltre a possedere una valenza emblematica, caratterizzano potentemente la pellicola.

Comincia così il viaggio notturno di Bill in una New York pre-natalizia, un viaggio in cui Eros e Thanatos si intrecciano di continuo e la realtà si rivela completamente agli antipodi della sua apparenza. L’ universo della trasgressione lo pone di fronte all’ essenza sfaccettata delle cose e delle persone, come un perenne gioco di specchi che lo lascia sconvolto dopo ogni nuova, traumatica scoperta: la prostituta “gentile” dalla quale si congeda prima di consumare un rapporto risulterà positiva all’ Aids, la figlia adolescente del venditore di costumi in maschera, che fa infuriare il padre mentre flirta con due giapponesi di nascosto, è spinta a prostituirsi proprio da costui. L’ orgia segreta nella villa in cui Bill si è introdotto, dulcis in fundo, si conclude con la sua espulsione enfatizzata da minacce e con la morte di una splendida donna sacrificatasi per lui, in un macabro gioco a metà tra verità e messinscena. La stessa New York ritratta di notte, le cui luci natalizie (oltre che gli onnipresenti alberi di Natale) rimandano a connotazioni di tipo familiare, fiabesche e oniriche al tempo stesso, dischiude al protagonista le porte di un mondo che gli è estraneo, impenetrabile, oscuro e intriso di pericoli. Al suo ritorno a casa, Bill trova Alice in preda a un incubo. Seguendo una struttura narrativa circolare, il racconto di un sogno apre e conclude il viaggio del medico newyorchese. Sua moglie, piangendo, gli rivela che stava sognando di accoppiarsi con una moltitudine di sconosciuti…una situazione stranamente simile al rito orgiastico a cui ha assistito Bill. Ancora una volta, dimensione onirica e realtà si sovrappongono, confondendo il mondo razionale dell’io e quello imperscrutabile dell’ inconscio. La soluzione sembra univoca: riscoprire la sessualità all’ interno della vita coniugale, con i suoi rassicuranti riti. Ma basterà a tener lontani i fantasmi che i sogni hanno risvegliato?

(Foto di copertina: il manifesto originale di “Eyes Wide Shut” della Warner Bros.)

“Io resto a casa”…e cresco: una guida in 5 punti

 

“Io resto a casa”: questo lo slogan della campagna lanciata in Italia per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Con il decreto del 9 Marzo firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), l’ intera nazione è diventata “zona rossa” e sono state applicate misure restrittive che, tra l’altro, limitano al minimo gli spostamenti. Uscire di casa è permesso solo per motivi strettamente necessari; l’ obiettivo è far sì che gli italiani non si muovano dal proprio domicilio in modo da contrastare la diffusione del virus. Le disposizioni saranno in vigore fino al 3 Aprile, poi si vedrà. Cosa possiamo fare, intanto, per affrontare una quotidianità tanto diversa da quella che eravamo abituati a vivere finora? Quali occasioni può offrirci, questo periodo, per sviluppare una nuova coscienza, una nuova consapevolezza? Come possiamo tramutare una pausa forzata in un’ opportunità per guardare la vita sotto un’altra ottica? Ecco 5 spunti ad hoc.

 

 

1. VIAGGIARE, Sì’…MA DENTRO NOI STESSI. Abbiamo molto più tempo libero a disposizione, i ritmi sono rallentati. Centelliniamo le uscite e lavoriamo (chi può) con lo smart working. L’occasione è propizia per avventurarci in un bel viaggio all’ interno di noi stessi: ci permetterà di riflettere su chi siamo, come affrontiamo la vita e gli imprevisti. Tutti dati che apprendiamo soprattutto durante le emergenze. A differenza dei nostri antenati, messi di fronte alla guerra e ad epidemie come l’asiatica o la spagnola, la maggior parte di noi non ha avuto molte opportunità di testare la propria tempra, di conoscersi davvero. Questo è il momento giusto per farlo.

 

 

2. ADATTARSI CON CREATIVITA’. “Il fattore più importante nella sopravvivenza non è né l’intelligenza né la forza, ma l’adattabilità.”, ha detto Darwin. L’ isolamento sociale è una situazione alla quale, per quanto dura sia, dobbiamo adattarci per il bene di noi stessi e degli altri. Ma non per questo ci è dato di farlo passivamente, tramutando lo stare a casa in pura inedia: “adattabilità”, in tal caso, significa adeguare la temporanea clausura ai propri gusti e alla propria personalità. Adorate l’ happy hour? Organizzatevi una pausa aperitivo in casa, sbizzarrendovi con la preparazione di stuzzichini inediti. Vi manca la palestra? Richiedete al vostro istruttore un training personalizzato da svolgere a domicilio. Amate il cinema? Scaricate i vostri film preferiti e sprofondatevi sul divano per guardarli con tanto di bibite e popcorn. In breve: seguite i vostri hobby, inventatevi nuove passioni o approfondite a tutto campo quelle che già avete. Al termine dell’ isolamento, garantito, ripartirete con più entusiasmo e ricchi di conoscenze.

 

 

3. L’ IMPORTANZA DEL “CARPE DIEM”. E’ il momento di riscoprire il valore della locuzione di latiniana memoria. “Carpe diem”, diceva Orazio, “quam minimum credula postero”, ovvero: “Afferra il giorno, confidando il meno possibile nel domani”. Molti di noi la traducono con “cogli l’attimo” e ne fanno il loro motto, almeno a parole. In realtà, l’ abitudine di fare programmi a lungo termine, di procrastinare tutto il possibile, di pianificare la vita da qui a un anno, sono la norma per un buon numero di persone. Ma – come dimostra il virus – esistono eventi che, ahimè, sfuggono al nostro controllo. E’ fondamentale, quindi, assaporare l’attimo e valorizzare con la massima intensità il “qui e ora”. Questo comporta anche l’essere grati di ciò che abbiamo, grati all’ esistenza e a tutti i suoi doni. Oggi ci sono, domani chissà: i buddhisti la chiamano “impermanenza”, un concetto che sottolinea la transitorietà delle cose e dei fenomeni.

 

 

4. MAI PIU’ “CONTROL FREAK”. I “maniaci del controllo” (questa la traduzione della locuzione inglese), nei momenti di emergenza, hanno la vita dura. Dobbiamo accettare di non essere onnipotenti, di non poter governare a 360° la nostra quotidianità, prendere coscienza che i problemi non riguardano solo “gli altri” ma possono coinvolgerci in prima persona. L’ imprevisto va affrontato con umiltà e come una grande opportunità per imparare: all’ insegna del rispetto del prossimo e di tutto quel che ci circonda, oltre che di noi stessi. E’ un’ occasione preziosa, insomma, per acquisire una nuova consapevolezza e un nuovo modo di rapportarsi all’ esistenza.

 

 

5.  RISCOPRIRE LA VICINANZA…A DISTANZA. Le emergenze hanno la caratteristica, del tutto positiva, di avvicinare le persone. Nel caso del Coronavirus, anche a dispetto della distanza di sicurezza. L’ avete notato? Non siamo vicini fisicamente, sono vietati gli abbracci, le strette di mano e gli assembramenti, ma non per questo ognuno è rinchiuso nella sua torre d’avorio. Anzi! Mai come adesso proliferano le informazioni (attenzione alle bufale, però), le conversazioni sui social, le telefonate, la solidarietà. Video, news e foto impazzano per via telematica e tramite la messaggistica istantanea, ci si aiuta l’ un l’altro e ci si fa compagnia come si può, enfatizzando gli aspetti positivi dell’ era digitale. La videochiamata, diciamo la verità, è una splendida invenzione!