Rose rosse a San Valentino

 

Il mio bacio ha il fiato delle rose rosse,
petalo che si scioglie sulla bocca.
(Sergej Esenin)

 

Se pensiamo ai simboli di San Valentino, quelli che ci vengono in mente per primi sono il cuore e le rose rosse. Già, ma perchè le rose, e perchè proprio le rose rosse? Il motivo affonda le sue radici nella notte dei tempi. La rosa rossa era il fiore prediletto da Venere, per i Greci Afrodite, la dea della bellezza, della fecondità, dell’amore e della potenza dell’eros. Già in epoche antichissime, quindi, la rosa rossa veniva associata agli innamorati e considerata un loro emblema. Ma il fiore tanto amato dalla dea, molti secoli dopo, entra anche a far parte di una leggenda che ha come protagonista San Valentino. Si narra che, mentre il Santo era impegnato nella cura del suo giardino, udì una coppia litigare furiosamente. Questo fatto lo colpì a tal punto che decise di intervenire: colse una rosa rossa e la posò tra le mani dei due innamorati, stando molto attento affinchè non fossero punti dalle sue spine. I fidanzati smisero immediatamente di bisticciare e pregarono San Valentino di benedire la loro coppia. Da allora, vissero in armonia per tutta la vita.

 

 

Il galateo dei fiori prevede per le rose delle regole ben precise; a seconda del loro colore e del numero compreso nel bouquet, infatti, trasmettono un messaggio completamente diverso. Cominciamo col dire che la rosa rossa rappresenta l’amore romantico e la passione.  Innanzitutto, il numero di rose che compone il bouquet dev’essere rigorosamente dispari. Esiste un’eccezione: il mazzo di dodici rose è perfetto così com’è, dato che ognuna è l’emblema di un mese dell’anno e svela il desiderio di passare il resto della vita insieme. Il linguaggio dei fiori stabilisce poi che regalare un’unica rosa rossa (ma priva di spine) indica un colpo di fulmine, e scongiura l’eventualità di spezzare il cuore.  Donare tre rose è un modo per comunicare il proprio amore, mentre un mazzo di cinque denota un amore all’apice della sua intensità. Sette rose sono un simbolo di possesso, dicono “ti voglio tutt* per me”. Nove rose rappresentano una coppia che basta a se stessa, dichiarano “io e te siamo il mondo intero”, undici sottolineano l’amabilità del partner. Dopo un litigio, si regalano quindici rose rosse per chiedere perdono; trentatré rose o, ancor meglio, centouno, significano che l’amore è ben saldo e rimarrà eterno.

 

 

E chi sceglie di trasmettere un messaggio pur senza buttarsi a capofitto in una relazione amorosa, quali possibilità ha? Può senza dubbio optare per rose in colori diversi dal rosso. Ad esempio, la rosa bianca simboleggia l’amore platonico; la rosa gialla la volontà di tramutare un’amicizia in amore, oppure rappresenta la gelosia; la rosa blu è un invito a scoprire il messaggio che si cela dietro il suo dono, la rosa rosa esprime ammirazione, omaggia il fascino di qualcuno. E voi, avete già pensato alle rose che vi piacerebbe ricevere o regalare a San Valentino?

 

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

Aprile

Marni

 

Aprile mette uno spirito di gioventù in ogni cosa.”
(William Shakespeare)

 

Benvenuto ad Aprile, il primo mese dell’anno interamente primaverile. Le origini del suo nome sono controverse: c’è chi lo fa risalire al latino “aperire”, riferito al periodo in cui i fiori schiudono i loro boccioli, e chi afferma che derivi da “Apro”, un termine etrusco ispirato ad Afrodite: anticamente, questo mese era consacrato alla dea greca della bellezza e dell’amore. Per il calendario romano, che iniziava a Marzo, Aprile era il secondo mese dell’anno. Veniva associato alla rinascita, al risveglio della natura, e celebrava la rinnovata fertilità della terra in svariate occasioni. In Italia, oggi, ad Aprile si festeggiano due ricorrenze basilari: la Santa Pasqua, che cade la domenica successiva al primo plenilunio di Primavera, e il 25 Aprile, la festa della liberazione dal nazifascismo. Un’altra data significativa è rappresentata dal 21 Aprile, il compleanno di Roma. La Città Eterna, infatti, fu fondata da Romolo il 21 Aprile del 753 a.C. Lo Zodiaco collega questo mese ai segni dell’Ariete e del Toro. Il colore di Aprile è il bianco, che si rifà nello specifico alla Pasqua: simboleggia la luce, la purezza, la gloria, la risurrezione di Gesù Cristo. Bianchi sono anche i paramenti sacri che i sacerdoti indossano quando officiano la messa pasquale. La pietra portafortuna connessa al quarto mese dell’ anno è il diamante, luminoso e cristallino; un emblema di forza, amore e prosperità.

Il look del mese

Prendendo spunto dal colore-simbolo di Aprile, ho scelto un look firmato Marni in total white: pantaloni palazzo a vita bassa e pull dalla texture “differenziata” che gioca con la trama e con il filato. L’ effetto d’insieme è grintoso, raffinato e avantgarde al tempo stesso (vedi foto di copertina).

L’ accessorio del mese

The Moonlight Capture Earrings di Alighieri sono orecchini che coniugano il fascino candido delle perle d’acqua dolce con la magia cangiante delle pietre di luna. Incastonati in bronzo riciclato placcato oro 24 carati, risultano perfetti per il mese di Aprile: anche in questo caso è presente il bianco, colore del periodo, che accresce il suo incanto grazie all’ abbinamento con delle pietre il cui nome è tutto un programma. Le pietre di luna, in effetti, sembrano riflettere il chiarore lunare in un tripudio di bagliori iridescenti che inneggia ai pleniluni primaverili.

 

 

 

Aprile

 

” È verde la pianura
al sole dell’aprile,
ha quella verde fiamma,
la vita che non pesa;
e l’anima pensa ad una farfalla
del mondo atlante e sogna.”
(Antonio Machado)

 

Oggi inizia Aprile, il mese primaverile per eccellenza. La natura si è risvegliata definitivamente, al verde e a un’ ampia gamma di colori si alterna il candore dei mandorli in fiore: l’ albero delle mandorle, con la sua chioma vaporosa e immacolata, ha ispirato allegorie e leggende (leggi qui per saperne di più) sin da tempi remotissimi. Aprile, quarto mese del calendario gregoriano, porta un nome intriso di fascino come la stagione a cui si associa; pare che derivi da Afrodite, poichè il periodo più fiorito dell’anno veniva consacrato alla dea greca dell’ amore, ma alcuni ritengono che provenga dall’ etrusco Apro. Altri studiosi lo riconducono al latino, che con il termine “aperire” – ovvero “aprire” – designava la fase dello sboccio delle gemme. Il 1 Aprile, tradizionalmente, coincide con la nota usanza del “Pesce di Aprile”. Ma quali sono le sue origini, e perchè è stata chiamata così? La teoria più accreditata la fa risalire alla Francia del 1500. Con il Calendario Giuliano, il Capodanno d’ Europa cadeva tra il 25 Marzo e il 1 Aprile. In seguito alla riforma di Papa Gregorio XIII, nel 1582, venne introdotto il Calendario Gregoriano, che fissava l’ inizio dell’ anno al 1 Gennaio. Ciò diede adito a una consuetudine scherzosa: ogni 1 Aprile il popolo soleva scambiarsi singolari doni, dei pacchi completamente vuoti che simbolizzavano la festività azzerata. Questa tradizione fu battezzata “Pesce d’Aprile”, e con il tempo evolse nelle burle che ben conosciamo. Ulteriori studi relativi all’ argomento lo hanno associato, di volta in volta, alla pesca infruttuosa di inizio Primavera (i pescatori, tornati con le pive nel sacco, venivano derisi dai compaesani), al mito del ratto di Proserpina e ai Veneralia, rituali che le donne romane compivano il 1 Aprile in onore della dea Venere Verticordia. Pesce d’Aprile a parte, passiamo al look che ho dedicato al nuovo mese: un miniabito di Valentino in organza, color avorio, impreziosito da applicazioni floreali che, per tonalità e fattezze, rievocano i fiori di mandorlo citati in questo articolo. Il mandorlo, celebrato anche dalla mitologia ellenica, è uno degli emblemi della Primavera; l’ outfit che ho scelto è una sorta di rimando alla sua magica soavità. Le linee sono essenziali, ma le maniche esibiscono un tripudio di volants plissettati. Sull’abito “sboccia” un’ autentica cascata di fiori che ne esalta la sublime raffinatezza. Il look viene completato da un paio di combat boots in vernice nera: un accessorio a contrasto che, anzichè smorzarla, sottolinea ed amplifica la preziosità della mise.

 

 

Anche il complemento del mese inneggia alla Primavera: firmato Area Nyc, è un choker che riproduce una serie di margherite stilizzate. I petali sono ricoperti da un pavé di cristalli, il bottone centrale è composto da ottone placcato in oro giallo. Il risultato è di forte impatto, a metà tra il giocoso e il luxury; la reinterpretazione sofisticatamente cool di uno dei fiori più iconici della bella stagione.

Dolce & Gabbana Alta Moda AI 2019/20: mitologia e spettacolarità nella Valle dei Templi di Agrigento

 

Sta per calare la notte, sulla Valle dei Templi di Agrigento. Il momento è quello, magico, che sfuma i colori del tramonto nell’ azzurro intenso del crepuscolo. In quegli stessi istanti, un pubblico di 300 persone assiste a un fashion show che verrà ricordato come uno dei tributi più spettacolari alla Sicilia e al suo patrimonio storico/culturale: su una passerella che fuoriesce dal maestoso Tempio della Concordia sfilano le creazioni di Alta Moda AI 2019/20 di Dolce & Gabbana, autentici capolavori di preziosismi ed allure mitologica valorizzati da una location che definire incantevole è dir poco. Ad indossarli, tra le 156 modelle presenti, sono top del calibro di Bianca Balti, Helena Christensen, Isabeli Fontana, Marpessa Hennick, al tempo stesso muse e vestali; considerando che la regia dell’ evento è stata affidata al Premio Oscar Giuseppe Tornatore, inoltre, potrete facilmente intuire il livello di sontuosità del défilé. In un tripudio di sartorialità, impeccabile savoir faire e pregiatissimi materiali, sul catwalk si alternano alate Cupido vestite d’oro, reminiscenze delle dee Era e Afrodite, novelle Atena con tanto di elmetto, creature munite di arco e frecce in onore di Eros, ma anche di Artemide. Non mancano neppure le ninfe, provenienti da boschi fatati quanto antichissimi.

 

 

Un’antichità che si rinviene in ogni dettaglio della collezione, a partire dalla forma ad anfora degli abiti per approdare ai motivi ornamentali ispirati alle effigi di civiltà remote, all’ epoca di maggior splendore di quell’ Akragas divenuta oggi – con il nome di Valle dei Templi Patrimonio dell’ Umanità Unesco. Decori mitologici ricorrono anche sui long dress vaporosi, di stampo Barocco, abbinati ad aderentissimi corsetti; e poi si succedono frange, pepli scintillanti, lunghe mantelle, tessuti di volta in volta impalpabili o damascati. Gli accessori prendono parte a pieno titolo a quest’ode all’età antica: capitelli, colonne e statue in minatura si stagliano sui copricapi affiancandosi a corone di ogni foggia, non di rado floreali o vegetali come quelle della Grecia del tempo che fu. Ai piedi, i calzari ricalcano i raffinatissimi modelli che successivamente vennero adottati nell’ Impero Romano. Persino la palette cromatica contribuisce ad arricchire look già di per sè mozzafiato. L’oro predomina e si intercala al nero, al bianco, al celeste, al burgundy, al giallo, a pennellate di rosa, ma gli scenografici abiti Barocchi della collezione, con gonne amplissime di ispirazione “Il Gattopardo”, sono un trionfo di tonalità pastello. I gioielli, dal canto loro, meritano una menzione a parte. Non è un caso che Dolce & Gabbana, durante la loro tre giorni siciliana, li abbiano celebrati con una sensazionale esposizione dedicata all’ Alta Gioielleria a Palma di Montechiaro, la città che fa da sfondo al più noto romanzo di Tomasi di Lampedusa. Nella suggestiva Sciacca, invece, è stata la volta dell’ Alta Sartoria, la “haute couture” della moda uomo che ha sfilato all’ interno del Palazzo dei Gesuiti. Ma l’ incredibile kermesse (tenutasi dal 4 al 6 Luglio) non è destinata a rimanere solo un ricordo: fino al 15 Settembre, infatti, la passerella del défilé non verrà rimossa per permettere ai turisti in visita al Tempio della Concordia di percorrerla e di raggiungere la cella interdetta al pubblico. A distanza di secoli dall’ edificazione di Akragas, la Valle dei Templi rivive dunque tutto il suo splendore più ammaliante grazie all’ omaggio che Dolce & Gabbana hanno tributato alla Sicilia, terra natale di Domenico Dolce. Un omaggio scaturito dal profondo del cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto del Tempio della Concordia di CucombreLibre via Flickr, CC BY 2.0