Ultima domenica di ottobre

 

Colazione con dolcetti speciali dai colori già in linea con Halloween, un save the date solamente tre giorni distante: predomina l’arancio della crema di zucca misto al multicolor dei canditi. E inizia turbolenta, questa mattinata in cui il vento ulula forte trascinando nel cielo grigio nuvoloni pesanti e plumbei, gonfi di pioggia. Un’atmosfera elettrica, cadenzata dal ticchettio furioso della pioggia sui vetri, segna il ritmo di riflessioni costanti e pressanti. E’ una domenica densa di dubbi e considerazioni, quest’ ultima domenica di ottobre: invita a sviscerare la natura dell’ amore e le sfaccettature dei sentimenti, in fondo molto meno complicate -nella loro vera essenza – di quanto non tendiamo a renderle. Uno sguardo al lavoro da fare, ed è quasi un sollievo: in fondo, porta con sè la certezza di un sentiero sicuro, che solo noi e in prima persona possiamo gestire. E’ rassicurante prendere in mano le briglie che ci conducono a quel sentiero, regolare il ritmo e le direzioni dei nostri spostamenti. Al contrario, la burrasca dei sentimenti esplode, caotica, come i tuoni che rimbobano nel cielo: risucchiandoci nel vortice dell’ imprevedibilità, instillandoci domande che pesano quanto minacciose nuvole di piombo. Ma bastano un caffè, e un paio di Halloween cupcakes, per ritrovare quel limbo di serenità mista a torpore che una domenica grigia dedicata al relax porta sempre con sè…

Buona giornata!

Pioggia d’ Aprile

 

Piove, piove, piove…Gocce di pioggia cadono come stille ininterrotte, come aghi che martellano l’asfalto perdendosi in cerchi concentrici d’acqua. Piove sin dall’ alba, un’ alba grigio perla…confusa di foschia e di tracce di nebbia. Piove nei vicoli del centro storico: la pioggia imprime il suo ritmo continuo sui ciotoli  mentre i passi si avvicendano svelti e gli sguardi non si incrociano, coperti come sono dagli ombrelli. L’aria impregnata di umidità trattiene profumi e odori di erba bagnata, di tubature sotterranee, di fiori troppo a lungo innaffiati. E mentre vaghi lungo le vie strette, una strana magia si diffonde nell’ incessante stillicidio, pronta a diramarsi tramite i vapori creati dall’acqua…Una magia strana che racchiude momentaneamente umori, pensieri, stati d’ animo sotto una cappa di pioggia ,creando un altro scenario, dando adito a nuove riflessioni….Estraneando, grazie alla cortina di gocce, ogni banale e routinario pensiero. Lasciandoci, per tutto il lasso di tempo di una lunga pausa piovosa, in un limbo sospeso in cui la mente si astrae riflettendo su fatti, persone e situazioni da una differente angolatura…Accompagnando, con il ticchettio ritmico della pioggia, un nuovo sguardo sul mondo.

Buon lunedì.

Luna di fine marzo

 

Notte di fine marzo: i tuoi passi che risuonano lungo le strade silenziose e, davanti a te, la luna…Una luna piena, luminosa, che risalta nel cielo buio e sembra vegliare sul popolo notturno. E mentre, avanzando, ti sembra quasi di andarle incontro, l’ aria tiepida e dolce di queste sere primaverili ti avvolge in una  magia languida e densa di nostalgia…E’ nel silenzio di una notte di inizio stagione che rivivono immagini, volti, situazioni, le suggestioni di ricordi neanche poi tanto lontani. Come se l’oscurità divenisse una nera lavagna su cui i flashback della tua vita si incidono impalpabili delineandone colori, odori, sfumature…che poi svaniscono inghiottiti dal buio lasciandoti smarrita e sola con te stessa, persa nelle atmosfere di qualcosa che prima era, ma ora non è più. E all’ improvviso il silenzio diventa totale, l’aria della notte si immobilizza congelandoti il cuore. Solo la luna a rischiarare il tuo cammino, pervaso dai profumi dei fiori in boccio…Solo la luna amica, con il suo luminoso candore, a far luce sul profondo pozzo scavato nel tuo cuore.

Buon mercoledì.

Alba di inizio primavera

 

Ormai, intorno alle cinque, già si fa giorno…L’aria è già tiepida, cinguettano gli uccelli sui rami del parco. E l’ aria, fuori, impregnata di leggera foschia, è sospesa nel silenzio. L’alba di inizio primavera è un sole che rinasce su un nuovo scenario in cui tutto si risveglia, su un paesaggio in continuo mutamento, carezzando con i suoi colori tenui strade ancora sonnolente e fiori in boccio. Ma in quella strana atomsfera rarefatta creata dal cielo già chiaro sulla città assopita, ipnotizzata dalla suggestione che porta con sè il nascere di un nuovo giorno, ti chiedi se non sono poi troppo in contrasto con la tua anima questa natura che rifiorisce, l’ aria frizzante che va incontro all’ estate in accordo con il passo del tempo, l’ odore del pane appena sfornato che serpeggia lungo viottoli e strade…Ti chiedi se non sia in troppo stridente contrasto questo generale risveglio mentre qualcosa, nel profondo del cuore, ti si è fermato dentro.

Buon lunedì.

La giostra

Basta poco, a volte…una musica, un dettaglio, persino un odore particolare, per rievocare momenti e sensazioni del passato. Per ricercare, tra le immagini archiviate nella mente, luoghi, persone, situazioni accuratamente impressi in fotogrammi flou e dai colori incerti, deformati dallo sguardo di bambino che li immagazzinava…e basta un carillon che a manovella mette in moto gli ingranaggi dei ricordi, diffondendo una melodia  semplice, ripetuta all’infinito ad ogni giro, per riaffondare nel passato. La giostrina del carillon affida ai suoi cavalli in miniatura e a decorazioni come glassa di zucchero il ritornello di giorni lontani: giorni di festa, quando le giostre arrivavano in città! Ancora mano nella mano della mamma avanzavi incerta, quando si spargeva la voce…ed erano capricci e suppliche, per arrivare in quei campi densi di ghiaia e di erba che ospitavano giostrine variopinte come enormi carillon, autoscontri e ottovolanti che non vedevi e non ti interessavano…Cercavi solo le decorazioni di perle, i cavallucci che si muovevano a suon di musica, il dolce movimento ondulante della rotonda pedana. Ed erano aspri rimproveri dei vecchi quando ammonivano imperiosi di stare attenti, perchè gli zingari  rapivano i bambini: la manina stretta più forte in quella della mamma non appena i tuoi occhi , ancora intrisi solo del tuo piccolo mondo, scorgevano le roulotte sparse attorno, il fumo che ne usciva, donne scure come tronchi d’albero in trecce lunghissime ed ampi gonnoni. Ma il sogno tornava, su quella pedana. E mentre roteava a suon di musica cullandoti sui suoi cavallucci incantati, nulla poteva succederti: ti accingevi a varcare i confini di un mondo fatato che ti avrebbe condotto, giro dopo giro, verso il magico scenario di una favola surreale, in un Regno della fantasia dove non esistevano vecchi apprensivi nè pittoreschi ladri di bambini..

Buon venerdì.

Maschere

 

“Nascondi chi sono, e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni.”

W.Shakespeare, da Macbeth, atto III, scena II


Quante volte, quanto spesso nella vita, indossiamo delle maschere? Maschere invisibili, che deformano, occultano, stravolgono il nostro vero essere…Maschere inconsapevoli, che posiamo sul volto senza accorgercene. Maschere che ci assegnano gli altri. Maschere che intenzionalmente utilizziamo per tramutarci in chi non siamo. Maschere che sono sfaccettature o proiezioni di noi stessi. Il relativismo della nostra identità, già analizzato da Pirandello, porta a una rimessa in discussione totale del nostro io, a una disgregazione eclatante della personalità che, nel disorientamento completo, sfocia nella manifestazione più pregnante della sua frantumazione: la  follia (come in Uno, nessuno, centomila). Macbeth, spinto da una profezia che esalta la sua ambizione, indossa una maschera per raggiungere i suoi invasati obiettivi, fomentato da Lady Macbeth e poi da un assolutismo visionario che si tramuta in follia. Jeanne e Paul, in Ultimo tango a Parigi, usano maschere per annullare la propria identità allacciando una relazione basata su una carnalità senza nomi, senza età, senza un passato: che vive solo nel ‘qui ed ora’. L’esito è tragico, intriso di sangue. L’alterazione dell’ identità – quando non è solidificata, consapevolmente radicata nell’ interezza di chi la vive – si sdoppia, triplica in maschere come in un infinito gioco di specchi, e l’unico modo per coglierla nella sua essenza più profonda è riconoscerla nella sua modularità, nella sua flessibilità, nelle sue sfaccettature. Le Maschere della Commedia dell’Arte, al contrario, nella maschera (moretta o bautta) rafforzavano, definivano la loro identità in una tipicizzazione che concretizzava l’essenza pura del personaggio: la ‘maschera’ non ha bisogno di un volto ma è definita da un costume caratteristico ed invariato, dalla modulazione della voce, dalla cantilena dei dialetti, dalla gestualità eloquente…In tempi di Carnevale, per paradosso, la maschera è un interessante strumento per fornire indizi sulla nostra identità: come scrisse Xavier Forneret quasi due secoli orsono, ” Durante il Carnevale, l’ uomo mette sulla propria maschera un volto di cartone.”.

Buon mercoledì.

Inquietudini oniriche

 

E con la neve che riprende a cadere in un continuum ritmico ininterrotto, anche i pensieri seguono un flusso perenne che abbraccia ricordi, fa rivivere mentali immagini, si proietta in un futuro totalmente offuscato nella bufera che ha bisogno di tracce, di un sentiero di impronte affondate nel bianco per trovare una sua consistenza. In un  gioco di specchi che rimandano la tua identità sfaccettata, si compongono e frazionano tutti i volti, tutte le maschere della tua esistenza in un’eterna alternanza: segmenti del passato, suggestioni del presente, congetture di futuro che ancora necessitano di coordinate. Un ultimo sguardo all’ orologio a muro: è tardi, le lancette continuano ad avanzare ed il tempo non attende…Sistemi l’abito che riveste la tua interiorità, ne alzi lo strascico e ti affretti, corri, esci dal tunnel degli specchi avvolta da un’ inquieta eccitazione. Il tuo corpo nel concreto della vita, nel qui ed ora, per non mancare l’appuntamento con ogni nuova avventura che ti riserverà l’esistenza. Ma ti confonde l’immagine che riflettono gli specchi, sei trattenuta dalla neve come da sabbie mobili…Ti perdi, disorientata, nella contemplazione dei fiocchi…E poi prendi coscienza che, in fondo, è sufficiente un semplice battito di ciglia per uscire da un brutto sogno.

Buon venerdì.

Glitter people

 

“La gente pensa che le attrici trovino facile parlare in pubblico, e non è facile affatto; noi, siamo abituate a nasconderci dietro delle maschere.”

Jane Fonda

 

Buon giovedì.

Sogni

 

“L’ interpretazione del sogno è la via regia che porta alla conoscenza dell’ inconscio nella vita psichica.”     Sigmund Freud

Esistono sogni ricorrenti: mondi e persone, soprattutto quelle dalla nostra vita ora assenti, che visitiamo con frequenza…Sono mondi fatti di colori sfumati, evanescenti, mescolanze di toni che delineano gli ambienti della nostra realtà interiore. Raggiungiamo quei mondi percorrendo tragitti, scendendo scale che ci conducono nei meandri più profondi di noi stessi, dove sentimenti ancora vivi ci chiedono un perchè e dolori mai sopiti, ma solo rimossi, gorgogliano dentro come lava. I personaggi che li popolano, volti noti, spesso uniti a noi da legami particolari, ne sono i protagonisti assoluti: figure eteree, spesso dall’espressione fissa, che come in un film dal doppiaggio mal sincronizzato ci parlano…ma la loro voce è solo un eco che proviene da lontano, che avanza in differita. In quei mondi, con loro, viviamo situazioni stranamente amalgamanti di una realtà che è stata, che vorremmo fosse stata, che vorremmo fosse stata diversa…I desideri inespressi, inattuati galleggiano come in un acquario senza pesci. Le sensazioni si acuiscono donandoci la gioia nel vederli realizzati, una smaniosa inquietudine nel constatare strani intoppi, impedimenti, telefoni di cui non riusciamo a digitare i tasti, personaggi i cui corpi svaniscono in sagome immateriali, partenze continuamente bloccate da auto o treni affossati nelle sabbie mobili. Eppure, ogni singola sequenza di quegli avvenimenti è il tassello che va a ricomporre la nostra zona più buia e oscura, quella dell ‘inconscio. La preziosità di quel mondo onirico, surreale, va colta analizzando dettagli, sensazioni, persone: tutto, e nulla escluso, costituirà il materiale che andrà a ricostruire, mattone per mattone, le mura crollate  del nostro ‘io’  più profondo,  quelle corrose da un’indistinta varietà di emozioni. Un percorso di basilare importanza per conoscerci, per viaggiare dentro noi stessi. Perchè, come scrisse anche Schnitzler nel suo ‘Doppio sogno’ ripreso cinematograficamente nell’ ‘Eyes wide shut’ di kubrickiana memoria, “Nessun sogno, è mai solamente un sogno…”.

Felice weekend.