Gianni Versace, gli anni ’90 e le supermodel: 10 ad d’autore

 

I loro nomi sono entrati nella leggenda: Carla Bruni, Cindy Crawford, Christy Turlington, Yasmeen Ghaouri, Linda Evangelista, Naomi Campbell, Nadja Auermann, Helena Christensen, Stephanie Seymour…Gli anni ’90 segnano il loro boom e il boom assoluto di una nuova tipologia di diva, le supermodel. Tutti le cercano, tutti le vogliono, tutte le copiano. E già, perchè non esiste ragazza che non ammiri la loro bellezza radiosa e indomita, quell’ incedere regale in passerella. Non è un caso che proprio su una catwalk esplode la supermodel-mania: a dare il la al fenomeno è Gianni Versace, che chiude la sua sfilata Autunno/Inverno 1991 con il “quartetto d’oro” formato da Naomi Campbell, Linda Evangelista, Cindy Crawford e Christy Turlington. Il momento è irripetibile, un’ esplosione di glamour allo stato puro. Da quell’ istante, il connubio “Versace – supermodel” si tramuterà in una costante ad alto tasso iconico del fashion-biz. Il designer calabrese trapiantato a Milano ha sempre dotato di forti connotati identificativi la sua estetica, curando l’ immagine a 360°. La lunga collaborazione con Richard Avedon e poi con Bruce Weber, Irving Penn, Steven Meisel e molti altri top names della fotografia ha dato vita a campagne pubblicitarie storiche, tuttora radicate nell’ immaginario collettivo: a fare da protagoniste, le supermodel ormai assurte al ruolo di star assolute. Gianni Versace le adora, le lancia, ne fa le sue muse. Per Naomi Campbell è un pigmalione che la Venere Nera oggi ricorda con struggente emozione, colui che la promuove a Catwalk Queen. Il gruppo delle cosiddette “Big Six”, che oltre a Naomi include 5 top del calibro di Claudia Schiffer, Cindy Crawford, Linda Evangelista, Kate Moss e Christy Turlington, nei ’90 domina incontrastato.  Il waif è ancora di là da venire. Trionfano il lusso, il glamour a dosi massicce, il tipo fisico statuario delle “Big Six”, che diventano richiestissime e pronunciano frasi come quella – mitica – di Linda Evangelista “Non ci svegliamo mai per meno di 10.000 $ al giorno”. A 20 anni dalla scomparsa di Gianni Versace, VALIUM celebra il suo geniale intuito con una selezione di 10 memorabili scatti d’autore tratti dalle campagne pubblicitarie della Maison. Denominatore comune, l’ appartenenza al “favoloso” decennio dei ’90 e  le celeberrime testimonial: quelle supermodel che hanno incarnato lo stile e il mood Versace con incredibile potenza impattante.

(Photo: Christy Turlington, Nadja Auermann, Cindy Crawford, Stephanie Seymour e Claudia Schiffer by Richard Avedon, 1994)

Christy Turlington, Linda Evangelista e Helena Christensen by Herb Ritts, 1991

Naomi Campbell e Kristen MacMenamy by Steven Meisel, 1993

Nadja Auermann, Christy Turlington, Claudia Schiffer, Cindy Crawford e Stephanie Seymour by Richard Avedon, 1994

Claudia Schiffer by Richard Avedon, 1994

Niky Taylor by Bruce Weber, 1990

Nadja Auermann e Claudia Schiffer by Richard Avedon, 1995

Stephanie Seymour by Richard Avedon, 1994

Shalom Harlow, Aya Thorgren e Kate Moss by Richard Avedon, 1993

 

Claudia Schiffer, Naomi Campbell e Christy Turlington by Irving Penn, 1992

 

 

“Lolita. Icona di stile”: ONO Arte presenta il libro di Giulia Pivetta

Vladimir Nabokov la ideò e Stanley Kubrick la elevò a icona: Lolita, la conturbante adolescente che fa perdere la testa al professor Humbert, viene a tutt’ oggi identificata con la biondissima Sue Lyon che la interpreta nel film e con i suoi occhiali a cuore. Era il 1962 e quando uscì la pellicola, di cui lo stesso Nabokov fu sceneggiatore, lo scandalo che suscitò creò a Kubrick svariati intoppi nella distribuzione. Eppure, la figura della “ninfetta” non era nuova nelle arti e nella letteratura: basta pensare alla Beatrice dantesca della cultura classica, alle muse teen di innumerevoli artisti o della Hollywood post-Anni Ruggenti. Questo archetipo femminile viene ora raccontato in un libro di Giulia Pivetta, Lolita.Icona di stile (24 Ore Cultura), che ONO Arte Contemporanea presenterà domani a Bologna con l’ autrice ed in conversazione con la docente di Studi di Genere dell’ ateneo bolognese Giulia Monticelli. Muovendosi tra moda, show-biz e società, Lolita incarna un contemporaneo modello culturale che abbatte i confini tra infanzia e adolescenza, capricci e sensualità: il suo fascino coincide con una delle tappe cruciali – e senza dubbio più ambigue – della femminilità, quel passaggio tra un’asessuata infanzia al ruolo di giovane donna che esprime il proprio appeal nei bronci, negli sguardi, in una seduttività sottilmente insolente. Una fase evolutiva che le arti visive, il fashion world, la music scene hanno contribuito a rendere eterna, traducendola in un cult che tanto impatto continua a esercitare sul look di un’ ampia fetta della popolazione femminile mondiale. Il libro di Giulia Pivetta nasce proprio con l’ intento di approfondire la valenza iconica della Lolita, la quintessenza di una femminilità ricca di sfaccettature: la Bardot degli esordi nelle vesti di seducente “petite peste”, le teen indolenti immortalate da David Hamilton, la minigonna a pieghe in tessuto Vichy, l’ uniforme scolastica con il collo in alla marinara e, ancora, la Francia di Jane Birkin, gli States di Liv Tyler e Chloe Sevigny fino ad approdare al Giappone e alla Lolita delle cosplayer, rappresentano solo alcune tappe dell’ excursus che l’ autrice effettua addentrandosi in un universo affascinante e controverso al tempo stesso.

Giulia Pivetta – autrice e ricercatrice indipendente, si occupa di trend e fenomeni sociali nel campo della moda.

 

Lolita.Icona di stile

Giovedì 13 Ottobre ore 18,30

c/o ONO Arte, via Santa Margherita 10 Bologna

Per info: www.onoarte.com

 

Photo courtesy of ONO Arte

 

 

Tra horror e fiabe: le Monster e le Ever After High, nuove tipologie di fashion dolls

Le Monster High

 

Mancano circa venti giorni ad Halloween ed un nutrito gruppo di fashion dolls è in procinto di farci visita, esibendo un look a tema comprensivo dei dettagli horror di ordinanza: le Monster High non sono una novità sul mercato, furono create nel 2007 ma distribuite nei toy store tre anni dopo. Oggi, il boom. Sarà che sono un incrocio tra la classica bambola e i personaggi da cartoon, queste dolls prodotte da Mattel ed ideate da Garret Sander e Kellee Riley, ma la loro gang – formata da una quarantina di giovani “mostre” – sta facendo furore. Slanciate come Barbie, un ovale “importante” che dona visibilità a carnagioni spettrali, cicatrici alla Frankestein e dentini aguzzi da lupe mannare, le Monster High hanno arti lunghi e affusolati che ricordano vagamente le Bratz Dolls: antenate di tutto rispetto ma niente affatto dark, i cui look accuratissimi e all’ insegna della extravaganza non avrebbero sfigurato accanto a quelli di Rihanna e Lady Gaga. Da Barbie, al contrario, sono agli antipodi nel mood: zero leziosità, il sorriso sostituito – quando non da un broncio – da un piglio spavaldo, l’ aria fatale che sa tramutarsi all’ occorrenza in letale ed il make up pesante, quasi punk, incorniciato da una lunga chioma fitta di meches in colori strong le rendono più simili a teen all’ avanguardia che alla storica bambola Mattel, al confronto una mera pin up. Le Monster High vestono abiti zeppi di dettagli metal degni di una glitter rock band , ankle boots dorati e scintillanti, corpetti strizzavita da vampiressa e abitini in pizzo da giovani fleurs du mal, alternano calzerotti a righe che sarebbero piaciuti a una Pippi Calzelunghe in versione dark a cuissardes fetiches con plateau altissimo e stringati. Non si curano del pallore, delle piccole corna in testa, dei bulloni sul collo o dei punti di sutura che esibiscono su viso e corpo: il loro, è un patrimonio ereditario di tutto rispetto. Vi dicono qualcosa i nomi di Dracula, Frankestein, Mummia Maledetta, Fantasma dell’ Opera, Zombie, Lupo Mannaro, Dr. Jekyll e chi più ne ha, più ne metta? Non capita mica a tutte, di nascere da cotanti papà!

 

Clawdeen Wolf


L’orrorifica brigata condivide la stessa scuola, la Monster High, e tra le sue fila non mancano sporadici maschietti. Non pensate, però, che il tormentato periodo adolescenziale trovi le nostre fascinose mostre in erba immuni da crisi e dai piccoli-grandi problemi: il rito del make up può tramutarsi in un incubo, quando ti chiami Draculaura e da brava vampiretta ti è proibito specchiarti.  Una collera improvvisa può risultare a rischio, se sei il figlio del Fuoco ed ogni volta che ti arrabbi esplodi in fiamme. I tuoi abiti alla moda sono soggetti a una groviera di buchi, se tra i tuoi pasti principali figurano lana e seta. Ma tant’è: non lo dice, d’altronde, anche il proverbio che “Chi bella vuol apparire, qualche dolore deve soffrire”?  Per chi è stata battezzata con nomi del calibro di Skelita Calaveras, Operetta Phantom, Spectra Vondergeist, Clawdeen Wolf o Frankie Stein, si tratta in fondo di “controindicazioni” incluse nel pacchetto. E mentre i sociologi si interrogano sull’ evoluzione nei giochi delle bimbe, tracciando una traiettoria che da Cicciobello passa per la Barbie ed approda alle Monster in uno sciorinare di teorie sull’ immedesimazione nei ruoli della contemporaneità, come per ricondurre il fenomeno ad una dimensione più tradizionale e fiabesca ecco entrare in scena, nel 2013, le Ever After High. Figlie di genitrici e genitori illustri quali Biancaneve, Il Cappellaio Matto, La Bella Addormentata, Cappuccetto Rosso e Raperonzolo (solo per citarne alcuni), sfoggiano un mix di tulle e boccoli adornandosi di tiare e il loro sguardo è dolce, però deciso. Come a dire: ben vengano bambole per tutti i gusti, ma non esiste ormai donna al mondo che –  seppure in tenera età – prenda a modello chi non sa il fatto suo.

 

Le Ever After High

 

 

Vintage & contemporary trends: Jean Shrimpton per Lambretta

 

Nel pieno del 50mo anniversario della creazione della minigonna,  non possiamo non omaggiare una delle minigonne più belle che fu mai legata ad un prodotto tipicamente Made in Italy: la serie di foto che ritraggono una splendida Jean Shrimpton per il calendario Lambretta del 1967 rappresentano una chicca rara da custodire gelosamente. La Lambretta, memorabile scooter e diretto concorrente della Vespa, deve il suo design a Corradino D’Ascanio e raggiunge il suo picco di popolarità a cavallo tra gli anni ’50 e ’60. L’atout di  D’Ascanio sta nell’ aver pensato, e proposto, un veicolo a due ruote che possa adattarsi ai gusti di entrambi i sessi, non trascurando di  renderne confortevole la guida a ragazze sempre più addicted a microabiti e miniskirt. Corre l’anno 1967, dunque: la minigonna è al top della popolarità, da ben quattro anni la Swinging London e il mondo intero sono pazzamente invaghiti di questo rivoluzionario indumento composto da due spanne di stoffa. Jean Shrimpton, all’ epoca, è già un’icona: è apparsa sulle cover di Vogue, Vanity Fair e Harper’s Bazaar ed è stata  la girlfriend e musa di David Bailey, altisonante nome della fotografia Made in the UK. It girl numero uno della scena londinese, modella legata agli Swinging Sixties per antonomasia, Jean Shrimpton viene scelta da Lambretta come testimonial del calendario che il brand italiano ha intenzione di lanciare sul mercato. Associare la Lambretta a Jean Shrimpton equivale a sancirne la modernità e  l’avanguardismo, a sottolinearne il design elegante, a stabilire un link all’ insegna di quel ‘giovane’ che, come aggettivo, furoreggia unanime. Non è un caso, infatti, che in tutti gli scatti Jean Shrimpton appaia accanto alla Lambretta in pose easy e non convenzionali, mirate a mettere in evidenza la sua immensa bellezza in parallelo all’ armonia di linee e forme dello scooter. Ma una menzione a parte merita il look che Shrimpton esibisce nella totalità delle foto: minigonne e top cangianti, sandali infradito, soprabiti in Pvc, coloratissime calze a rete, miniabiti in vernice, spessi collant in technicolor, una parrucca a caschetto nello stile di quelle, gettonatissime, vendute da Biba. Gli outfit che la modella indossa sono caratterizzati da una allure di straordinaria modernità,  splendidi esempi di un vintage da cui ha attinto, a piene mani, la contemporaneità stilistica più di tendenza. Tutto ciò a decretare, ancora una volta e per sempre, l’ inconfutabile carattere evergreen di un capo – come la minigonna – che negli anni, lungi dal perder smalto, ha affermato in modo costante le sue qualità ed il suo valore. Le foto del calendario Lambretta potrebbero essere state scattate nel 2013 senza incongruenze: il tutto a testimoniare che la vera bellezza, il vero stile, non si pongono limiti e non hanno confini. Sopravvivono al di là del concetto di tempo e, soprattutto,  non cessano mai di toccare le nostre corde più profonde: quelle di un meraviglioso stupore.