Antonio Marras, backstage beauty & hair PE 2024: un omaggio al mondo del cinema e al suo glamour

 

Era il 1968 quando il regista statunitense Joseph Losey approdò in Sardegna per girare “La scogliera dei desideri”: le location del film, situate prevalentemente nell’isola del mar Mediterraneo, comprendevano la baia di Porto Conte, Tavolara e l’Argentiera. Fu così che in terra sarda giunsero divi del calibro di Elizabeth Taylor e Richard Burton, una coppia che ha sempre incarnato l’essenza del glamour hollywoodiano. Antonio Marras aveva solo sette anni, all’epoca; tuttavia, grazie a quelle riprese, il fascino e l’insondabile magia del cinema sono rimasti perennemente impressi nell’immaginario dello stilista algherese. Ed è proprio il mondo del cinema ad aver ispirato la collezione che ha dedicato alla Primavera Estate 2024: un mondo che, per Antonio Marras, non ha mai cessato di emanare un potente appeal; prova ne è il fatto che abbia voluto in passerella la splendida Marisa Berenson nel ruolo della diva. Anche il beauty look e l’hairstyle della sfilata, naturalmente, erano un omaggio alla settima arte. Il make up artist Riccardo Morandin ha ideato un trucco intriso di reminiscenze anni ’60: ombretto azzurro in dosi massicce, ciglia finte a ciuffetti e labbra color nude per donare il massimo risalto allo sguardo. Davide Diodovich, Key Hair Stylist per Davines, ha abbinato al make up acconciature morbide, leggermente cotonate sul capo, riferite alla stessa epoca. Il risultato? Evocativo e visivamente impattante, in grado di suscitare un tripudio di emozioni. Proprio come il cinema

 

 

“Judy”, lo struggente biopic su Judy Garland

 

” Somewhere over the rainbow
Bluebirds fly
And the dreams that you dream of
Dreams really do come true “

(Da “Over the Rainbow”, che Judy Garland canta ne “Il Mago di Oz”)

 

Forse, Judy Garland non aveva mai covato il sogno di diventare un’attrice. Per lei, figlia di due performer del vaudeville, debuttare sul palco di un teatro era stato naturale, quasi ovvio. Ce lo conferma Oriana Fallaci nel libro “I sette peccati di Hollywood” (1958), dove la Garland così si esprime durante un’ intervista: ” Non avevo mai chiesto di diventare una attrice. Non sono mai stata bella, non sono mai stata una Duse e tutto quello che so fare è cantare. Ma decisero di farmi diventare un’attrice da quando avevo dieci anni e cantavo con papà e le sorelle in teatro. Mi vide un tale della MGM e poi mi fece un provino e io divenni proprietà della MGM. ” Così ebbe inizio la carriera di una delle più leggendarie icone della storia del cinema. Nel 1939, quando uscì “Il Mago di Oz” di Victor Fleming, Judy aveva già preso parte a tre film e la sua fama si era diffusa in tutti gli Stati Uniti, ma fu il ruolo di Dorothy a consacrarla giovane stella del panorama hollywoodiano. La Garland aveva appena 17 anni, e un anno dopo il film di Fleming le valse un Oscar Giovanile. Pare, però, che proprio durante la lavorazione de “Il Mago di Oz”, per mantenersi in forma e sostenere i ritmi pressanti del set, venne spronata ad assumere quegli psicofarmaci che si tramutarono in una costante della sua vita. Una costante nefasta, naturalmente, che 30 anni dopo contribuì a determinare il suo declino. E’ a questo periodo che fa riferimento “Judy”, il biopic di Rupert Goold appena uscito nelle sale. Una straordinaria Renée Zellweger veste i panni della Garland nel suo ultimo anno di vita, il 1969: a quell’ epoca, l’ ex “enfant prodige” annoverava nel curriculum quasi 40 pellicole, due nomination degli Academy Awards e un Golden Globe, ma l’esistenza che conduceva era tutto fuorchè dorata.

 

Un ritratto fotografico di Judy Garland

Quattro divorzi sommati ad anni di eccessi, abuso di farmaci e depressione l’ avevano segnata fisicamente e psicologicamente, con gravi ripercussioni sulle sue condizioni economiche. La nomea di “inaffidabile” la rincorreva e diradava i contratti cinematografici, le banche si rifiutavano di erogarle prestiti. Sola e con i figli Joey e Lorna a carico (era in lotta per la custodia con l’ex marito Sidney Luft), licenziata dalla Metro-Goldwyn-Mayer dopo il flop del film “L’allegra fattoria” (1950), nel 1969 Judy Garland decise di volare a Londra per una serie di concerti destinati a rilanciare la sua carriera. Seppure a malincuore, si separò dai figli e da Mickey Deans, un uomo d’affari che divenne il suo quinto marito. Nella capitale inglese, accudita dall’ onnipresente assistente Rosalyn, l’ attrice firmò un contratto di cinque settimane per esibirsi nel nightclub “The Talk of the Town”: furono serate in cui eccezionali performance e crolli emozionali si alternarono a ritmo continuo. In parallelo con questa caotica fase esistenziale, il film mostra la Judy “del successo”, l’ adolescente che nel 1939 conquistò il pubblico dopo il lancio in grande stile che organizzò per lei la Metro-Goldwyn-Mayer. Ma dietro al glamour hollywoodiano, al di là della parvenza della perfezione, non era esattamente oro tutto quel che luccicava. Per “creare” i loro divi, le major ne pianificavano la vita a trecentossessanta gradi. Raggiungere la fama era un obiettivo perseguito attraverso vere e proprie macchine da guerra, che non di rado stritolavano le star in erba: costretta a una dieta perenne, calata in una quotidianità in cui le torte di compleanno erano fake per ostentare sfarzo, Judy Garland scoprì ben presto l’altro volto del successo.

 

Da “Il Mago di Oz” di VictorFleming (1939)

Snodandosi sui due piani temporali del 1939 e del 1969, che continuamente alterna, il film mette  a raffronto la Judy degli esordi con quella del crepuscolo, intrappolata nella sua spirale autodistruttiva. All’eccesso di controllo a cui venne sottoposta durante l’ adolescenza si contrappone il subbuglio emotivo degli “anta”: come filo conduttore, un talento che si accompagna a una sensibilità finissima, a un costante bisogno di amore.  Delle doti che se da un lato “nutrono” l’artista, dall’ altro finiscono per scontrarsi con il mondo sfavillante, certo, ma spesso anche spietato dello show business.

 

Dal film “Nuvole Passeggere” (1946), registi vari

Adattato dalla pièce teatrale “End of the Rainbow” di Peter Quilter, “Judy” (guarda qui il trailer) ha già fatto l’ en plein di premi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Una menzione speciale va a Renée Zellweger, che si è calata perfettamente nel ruolo della protagonista: un’ interpretazione, la sua, talmente fedele di Judy Garland da rievocarne persino la gestualità e il modo di parlare. Nei paesi anglosassoni, dove il film è già uscito da mesi (a Settembre negli USA, a Ottobre nel Regno Unito), i riconoscimenti di cui la Zellweger è stata insignita sono innumerevoli. Per citane solo alcuni, la candidatura al Premio Oscar 2020 come migliore attrice, il Golden Globe e il Premio BAFTA 2020. Senza tralasciare, inoltre, la standing ovation interminabile che le è stata tributata al Toronto International Film Festival: il meritato elogio alla verve drammatica di un’attrice che, nel 2001, il mondo aveva imparato a conoscere nelle vesti della buffa e pasticciona Bridget Jones.

 

Al Greek Theater di Los Angeles nel 1957

Con John Hodiak nel film “The Harvey Girls” (1946)

 

 

Ritratto a colori di Judy Garland via Kate Gabrielle from Flickr, CC BY 2.0

 

Sulle tracce del Principe Maurice: addio al Cocoricò

 

Siamo a Riccione, e l’aria è frizzante come le bollicine dei calici di prosecco che, su uno dei tavolinetti “open air” del Victor Pub, aspettano di essere sorseggiati. Questo incontro con il Principe Maurice avviene in occasione di una data speciale: il 14 Luglio, anniversario della Presa della Bastiglia ma non solo. Tra poche ore, infatti, il Cocoricò festeggerà i suoi primi 30 anni con una Memorabilia spettacolare. PCP aka Marc Acardipane, Cirillo, Dj Saccoman e (naturalmente) il Principe stesso sono solo alcuni degli ospiti eccellenti di questa Reunion a cui prendono parte nomi che hanno fatto la storia della discoteca romagnola. Mentre mi accingo a intervistare Maurice, l’ euforia cresce in modo inversamente proporzionale al calar del sole. E nello scenario del tramonto su un viale Ceccarini ultrachic ha inizio la nostra conversazione.

Eravamo rimasti al Life Ball di Vienna: qual è stato il tuo ruolo nel grande evento arrivato alla sua 25ma edizione?

Già dall’ anno scorso, chiamato da Marco Maccapani che è il Direttore Artistico del Carnevale di Venezia, ero stato invitato a fare da Maestro di Cerimonie per i 439 VIP che occupavano la sala consiliare del Rathaus. Li ho accolti con un ingresso pazzesco insieme a Dionne Warvick, qualcosa veramente da sogno, ho fatto il mio show di benvenuto durante l’aperitivo e poi li ho portati al piano nobile del Municipio di Vienna per una cena di gala straordinaria. Sono piaciuto, ha funzionato, per cui quest’ anno Maccapani e Gery Keszler (il fondatore del Life Ball) mi hanno chiesto di fare sempre da Maestro di Cerimonie per il gruppo dei VIP, ma anche di aprire la sfilata degli abiti da sposa. Io ero una sorta di cardinale bizzarro che celebrava dei matrimoni molto misti…E’ stato un onore dare il via al momento “fashion”, motivo per cui ho partecipato al Life Ball la prima volta: nel 2008 infatti, quando ho iniziato, Agent Provocateur sfilava con la sua lingerie e io cantavo insieme a Nina Hagen nella band Dirty Stop Out di Joe Corré. Tra me e il Life Ball c’è ormai un legame a doppio filo. Il 25mo anniversario era una ricorrenza importante a cui ho partecipato con grande piacere e con grande successo. Sono felice, spero di poter continuare ancora a dare il mio contributo! Tutti gli artisti, a qualsiasi livello, si esibiscono gratuitamente pur di sostenere la lotta contro l’Aids. Quest’ anno invece di Dionne Warvick avevo a fianco Patti LaBelle, poi ho accolto la stupenda combriccola degli attori di Hollywood.

 

Il Principe al Life Ball con Rufus Wainwright

Che sensazioni, che emozioni hai provato, nelle vesti di guest star?

Questa volta, effettivamente, ero lì non solo a “lavorare”, ma ho avuto la sensazione di essere trattato come una guest star internazionale: una sorta di consacrazione in un ruolo che forse anche per carriera, per vecchiaia, mi spetta…(ride)

 

 

Al Life Ball partecipano le più sfavillanti celebrità internazionali. Puoi citarci qualche nome e raccontarci, magari, qualche aneddoto a tema VIP?

Certo! La prima volta che ho partecipato, l’incontro con Sharon Stone è stato un po’ inquietante perché stava molto sulle sue. Anche se è stata estremamente generosa nei confronti della manifestazione, è stato un peccato non riuscire a comunicare in maniera rilassata con lei…Però ho avuto modo di conoscere Linda Evangelista, per me un mito vivente: una donna di una dolcezza e di una sensibilità incredibili. L’ incontro più fulminante? Quello con Nina Hagen. Il fatto di poter cantare con lei è stato senza dubbio un bell’ imprinting! L’anno scorso Dionne Warvick si è “innamorata” di me, siamo stati a braccetto tutta la sera. Quest’anno invece ho ritrovato Rufus Wainwright – ci eravamo già conosciuti a Venezia, a un Ballo della Cavalchina…Vedete com’è piccolo il mondo? – e ho incontrato anche suo marito, che avevo conosciuto quando erano ancora solo fidanzati…Adrien Brody mi ha trovato immediatamente simpatico e ha voluto fare delle foto con me: siamo nell’ assurdo più totale, ma questa è la mia vita e mi piace proprio perché è così! Che un premio Oscar mi chieda “Posso fare una foto con te?” è troppo divertente, no?

 

 

In una foto, datata 10 anni fa, sei insieme a Nina Hagen e sfoggi un look da Casanova punk. Quando e come è iniziata la tua avventura al Life Ball?

Il look da Casanova punk era anche un po’ un omaggio a Vivienne Westwood, perché io ero lì con suo figlio. Lei negli anni ’90 aveva creato una collezione punk barocca che secondo me è stata forse la sua più bella, quella quantomeno più nelle mie corde, e io dovevo fare Casanova in ogni caso perché avevo in programma un numero di Burlesque: al Life Ball siamo in un perenne Carnevale, surreale e grottesco, dove io mi sento assolutamente normale. E Nina Hagen, che surreale e grottesca lo è da sempre, trovava la canzone giusta per accompagnare ogni frase della conversazione. “Life is a musical”, quindi…Ma io le ho detto, vedendo le sue facce bizzarre, “Life is also a cartoon!”. “La vita è un musical, ma è anche un cartone animato”: e questo mi piace molto!

 

Il Principe con Nina Hagen al Life Ball del 2008

Il gala viennese si è tenuto il 2 Giugno. Cosa è successo, da allora, nella vita del Principe Maurice?

Una cosa che ho fatto recentemente è stata quella di inaugurare la boutique romana di The Merchant of Venice, che nella mia ricerca del piacere dei sensi è il mio sponsor “olfattivo” perché crea profumi meravigliosi. Ma sapete con chi ho passato la serata e chi, addirittura, ha ballato sulla musica del mio emotional dj set durante il cocktail all’ Hotel di Inghilterra? Pierluigi Pizzi, il Maestro Pizzi, premio Oscar per i Costumi, al quale ho mostrato una mia foto con un suo costume creato nel ‘56 per un “Rinaldo” di Handel e ci siamo commossi tutti, perché mi ha detto “Non ho visto come ti sei mosso, ma già dall’ attitude della foto penso che tu l’abbia indossato bene.” Queste sono le soddisfazioni del Principe Maurice! Sono successe tante altre cose, ma poi si accavallano e dovrei fare ordine mentale…Per esempio sono stato invitato al concerto veneziano di Zucchero in piazza San Marco, riaperta finalmente agli eventi musicali dopo un periodo di chiusura.

Stasera si celebreranno i primi 30 anni del Cocoricò e tu, va da sè, non mancherai. Qual è il ricordo più bello che hai della Piramide e quello che vorresti invece accantonare?

Comincio con il ricordo più bello. Poco fa Marc Acardipane, che è l’ospite techno più importante della serata, mi ha detto: “La prima volta che sono venuto al Cocoricò ti ho visto in quella specie di casetta su due piani che avevi fatto costruire a lato della consolle, dove vivevi come in un Grande Fratello ante litteram. Ci abitavi dentro, e questa cosa mi ha molto impressionato.” Quella è stata l’unica volta in cui, assieme a Loris Riccardi (storico direttore artistico del Cocoricò, ndr), abbiamo ideato un tema stagionale. Ho vissuto per tutta l’estate in quella casetta con Manuela, che lì era mia moglie, poi abbiamo divorziato, poi ho avuto un’amante, poi sono rimasto incinto…Insomma, una storia come sempre assurda e grottesca! Era il 1994 o ‘95, sai che non ricordo bene? Fu un’idea geniale. E sai cosa successe a fine stagione? Demolimmo la casa – che chiamavo “la casetta di Barbie” – e demmo in pasto pezzi di piastrelle e di mobili agli avventori della serata di chiusura. C’ è qualcuno – molti, anzi! – che conserva i pezzettini di quella casa come fossero reliquie. Il ricordo più brutto? Qualche rammarico, ma niente di che. Il Cocoricò rimane sempre nel mio cuore e anche come “one man show”, su una cassetta della frutta e con una pila puntata addosso, riesco ad emozionarmi e ad emozionare.

 

Il Principe alla Memorabilia Reunion per i 30 anni del Cocoricò

Una domanda che forse vorrebbero farti in molti: com’è nato il dettaglio dei leggendari “occhi bianchi” del Principe Maurice?

Quando ho perso i miei genitori, a cavallo tra l’89 e il ‘90, sono andato a stare a Venezia per recuperare le mie radici nell’ acqua e ho cominciato a organizzare feste di Carnevale a palazzo. Una di queste era dedicata ai vampiri: io ero Nosferatu, quindi mi sono rasato i capelli a zero e mi sono fatto fare queste lenti bianche perché volevo avere un aspetto demoniaco, inquietante, vampiresco. Non volevo essere Dracula, era scontato! Io volevo essere Nosferatu. Per cui, lenti bianche create artigianalmente da un laboratorio di Jesolo (adesso me le realizzano a New York) e carnagione bianca, ho messo anche le protesi alle dita per allungarle! Il Principe Maurice è, in effetti, un’emanazione del “principe della notte” Nosferatu. Mi sono ispirato sia al Nosferatu del cinema muto che a quello interpretato da Klaus Kinski: il primo lo adoravo per questa capacità incredibile, nonostante i mezzi dell’epoca, di inquietare attraverso il movimento dell’ombra diverso da quello del personaggio e per la mimica esagerata, molto teatrale. Klaus Kinski in quel ruolo mi era piaciuto tantissimo. Nel sequel, “Nosferatu a Venezia”, lui era il signore dei ratti, quindi dalla stilista artista Fiorella Mancini mi sono fatto fare un vestito con tutte pantegane dipinte per poter essere anche Nosferatu a Venezia.

 

 

Cosa ti aspetti da questa serata e cosa diresti al Cocoricò, ormai trentenne, a mò di auguri?

 Auguro al Cocoricò di ritrovare la sua personalità e la sua capacità di creare tendenza non soltanto a livello di costume, ma proprio a livello culturale. Il Cocoricò è stato un volano di tendenze vere, dal punto di vista del teatro ha sdoganato compagnie tipo La Fura dels Baus, La Socìetas Raffaello Sanzio, i Magazzini Criminali…Siamo stati un unicum mondiale, in questo. Io vorrei che la sua reputazione fosse non solo legata alla straordinaria programmazione di dj che c’è, ma anche e soprattutto che tornasse a rappresentare la cultura giovanile e magari che riuscisse a lasciare un segno, come è sempre stato fatto in questi trent’ anni, alle nuove generazioni. Penso al Cocoricò come a un luogo di sperimentazione, di divertimento, dove addirittura un laboratorio di giovani potrebbe creare nuove situazioni. Stasera, ad esempio, coinvolgerò Raffaello Bellavista e Michele Soglia nella mia performance: sono dei musicisti che si esibiscono in uno spettacolo musicale classico e reinterpretato con l’ausilio di pianoforte, voce baritonale e marimba in una combinazione originale e rigorosamente live…il fatto che abbiano accettato di esibirsi con me al Cocoricò mi dà la speranza che il Cocoricò possa essere ancora attrattivo per questo tipo di artisti, giovani e innovativi, e che continui ad essere quella grande scuola di vita e di cultura giovanile che è sempre stato.

 

 

Una domanda di rito: cosa bolle in pentola, riguardo ai tuoi progetti futuri?

Si stanno delineando all’orizzonte una collaborazione con dei format televisivi e   anche un progetto per il cinema. Mi è stato sottoposto un soggetto cinematografico che è molto nelle mie corde: io reciterò nella parte di me stesso. Non posso rivelare più di tanto, ma il tutto sta diventando sempre più concreto. Appena saremo pronti, VALIUM lo saprà per primo! Per quanto riguarda il format TV, ti dico solo che si tratterà di una cosa un po’ buffa e anche molto autoironica…

 

 

 

GOODBYE COCORICO’

L’ entusiasmo delle celebrazioni, dopo la notte del 14 Luglio, è stato squarciato come un fulmine a ciel sereno: la notizia è arrivata inaspettata e ha lasciato di stucco il pubblico. Il mattino succcessivo alla Memorabilia Reunion, infatti, il Principe Maurice ha annunciato l’ addio al Cocoricò sui suoi social. Tristezza, incredulità, stupore…Un potente concentrato di emozioni è calato come un’ ombra su chi ha letto quelle parole. Ma quali sono i motivi che hanno decretato il “divorzio” tra il club più avantgarde d’ Italia e la sua icona per antonomasia? E’ il Principe Maurice stesso a spiegarceli:

“Questo grande evento del Memorabilia Reunion è stato estremamente emozionale per me in quanto, oltre a darmi la gioia di rivedere amici di vecchia data, ha determinato altresì la consapevolezza che ormai il luogo che ha dato origine al mio esperimento sul “Teatro Notturno” e fomentato il mio lavoro di ricerca su me stesso e nuove forme di ricerca espressiva, dopo il recente cambio di proprietà e senza una vera direzione artistica, ha totalmente cambiato direzione. Del “mio” Cocoricò è rimasto solo il nome e non mi basta. Elaboro il lutto e giro pagina anche perché ho trovato altrove terreni più fertili e anche un maggior rispetto per il mio progetto, sempre “in progress”, di espressione artistica “contaminata”, frutto di tanto studio, sacrificio e coraggio. Il “Teatro Notturno” è più vivo che mai, con l’acquisizione di nuovi talenti da coinvolgere e ai quali lasciare le redini quando sarà necessario. Sarò sempre grato a chi negli anni mi ha incoraggiato, accompagnato ed assistito in questo duro ma soddisfacente lavoro. Voglio in particolare citare la famiglia Palazzi, Loris Riccardi e il sempre presente Renzo Palmieri, senza i quali la Piramide non sarebbe diventata un laboratorio straordinario di avanguardia teatrale oltre che punto di riferimento, questo anche a tutt’oggi, di djs e produttori di livello internazionale.”

Sono parole che lasciano con l’ amaro in bocca, considerazioni che toccano profondamente tutti i fan di una Piramide vissuta sin “dagli albori”. Il re del Teatro Notturno dice addio alla location che l’ ha visto nascere: la malinconia prevale, una miriade di ricordi si sussegue fino a prorompere in un presente che sembra sancire la fine di un’ era. Ma in mezzo all’ incertezza e a tanti punti interrogativi, una cosa è certa: il Principe Maurice e il Teatro Notturno sono ormai immortali, e come l’ antico emblema dell’ oroboros si preparano a “cambiar pelle” per favorire la rinascita, un nuovo inizio che si riallaccia alla natura ciclica dell’ Universo. Non mi resta che concludere (per ora) con un “Lunga vita al Principe Maurice!” e un “Lunga vita al Teatro Notturno!”, prima di darvi appuntamento alla prossima puntata di questa rubrica.

 

Photo courtesy of Maurizio Agosti