L’abito bianco dell’Estate: 5 proposte firmate Zara

 

E’ fresco, pratico, luminoso. E soprattutto disinvolto, semplice solo in apparenza, versatile: basta combinarlo con accessori ad hoc e riesce a interpretare i più svariati stili. L’abito bianco è un must dell’Estate, vi accompagna ovunque. Prendo spunto dall’ ultima photostory di VALIUM (riguardala qui) per presentarvene cinque, rigorosamente low cost. Sono tutti firmati Zara, un marchio che vanta un sistema di produzione a zero impatto ambientale e nel pieno rispetto degli standard della sostenibilità.

 

 

 

Agosto

Lido Swimwear

Agosto. L’ estate è ormai entrata nel vivo, inizia il mese vacanziero per antonomasia. C’è voglia di relax, di staccare con la routine quotidiana, di vacanza…di riconnettersi con la natura. Mare o montagna che sia, ma anche città per chi non parte, diventano scenari di cui godere appieno. Oppure – soprattutto nel caso della città – da riscoprire in toto, guardandoli con nuovi occhi ed esplorando angoli che mai avevamo visto prima. Anche il vestiario si adegua a questo mood: si fa semplice, essenziale, comodo, però con stile. La praticità e la freschezza vincono su tutto. Della serie un capo e via, incontro all’ avventura di una nuova giornata. Ecco allora il bikini, gli shorts sfilacciati in denim abbinati a una camicia, l’abito super confortevole…Da accompagnare a un sandalo che è un’ eccellenza del Made in Italy, il sandalo artigianale caprese. I modelli sono svariati, si va dalla versione classica adorata da Jackie Kennedy a quella gioiello o alla schiava, ma con un denominatore comune: il fascino di una calzatura che rimarrà per sempre iconica e che permette al piede di vivere in tutta libertà, quasi a contatto con il suolo infuocato, il mese più bollente dell’anno.

 

Zara

Kaos

Otra Vez con Bottega Capri

Antonio Pantè

Dea Sandals

 

 

 

Il bob: 100 anni e non sentirli

Clara Bow

 

Oggi come ieri: il bob, nato negli anni ’20 del ‘900, è un taglio che dopo un secolo continua a far furore. Prova ne è che le acconciature sfoggiate in queste foto dalle star più famose dell’ epoca risultano assolutamente attuali. Rispetto all’ era odierna cambiano il contesto, le motivazioni che spinsero le donne dei “Roaring Twenties” ad accorciare le loro lunghe chiome: la parola d’ordine era “libertà”, o sarebbe meglio dire “emancipazione”. Agli inizi del XX secolo, lo studio e il lavoro non erano più di appannaggio esclusivamente maschile. Le donne cominciavano a far sentire la propria voce all’ interno della società e a questa avanzata si accompagnò un drastico cambio di look; il corsetto cadde nel dimenticatoio, gli orli delle gonne si accorciarono come pure i capelli e gli abiti si fecero più comodi, più essenziali. A Parigi, nel 1908, Paul Poiret presentò le sue collezioni avvalendosi di modelle con un “rivoluzionario” taglio corto. La Prima Guerra Mondiale segnò una svolta decisiva: mentre gli uomini combattevano al fronte, le donne svolgevano lavori tipicamente maschili e mandavano avanti la famiglia. I capelli corti, più pratici ed emblematici di quel periodo storico, divennero un must e una moda al tempo stesso.

 

Louise Brooks

Il bob rappresentava l’haircut ideale. La lunghezza sfiorava il lobo dell’ orecchio o lo oltrepassava di qualche centimetro, la linea era squadrata e, a volte, addolcita da una frangia. Due film come “Giovanna d’ Arco” (1916) e “Cleopatra” (1917), interpretati rispettivamente da Geraldine Farrar e Theda Bara, fecero schizzare alle stelle il successo del bob che esibivano le due attrici. Le dive del muto e le celebri flapper (donne emancipate che fumavano, si truccavano, guidavano la macchina e vivevano al passo con i tempi) diffusero la voga del bob a macchia d’olio. A ognuna il suo, però, perchè del bob esistevano innumerevoli varianti: liscio o semi-liscio, ondulato, voluminoso ai lati oppure più grafico, con frangia, scriminatura centrale, laterale e così via…

 

Edna Murphy

Di gran moda erano soprattutto le fingerwaves, le onde piatte, ma anche le punte all’ insotto in stile Louise Brooks o le “virgole” intorno al viso di Josephine Baker venivano ampiamente imitate. Le flapper decoravano le loro chiome con lunghe piume, fasce scintillanti, gioielli ed ogni genere di fermagli. La domanda “capelli lunghi o bob?” aveva ormai una sola risposta: i capelli corti equivalevano alla modernità, all’ indipendenza, alla svolta nel ruolo sociale. La donna brillava di luce propria e aveva intenzione di farlo a tutti gli effetti, anche nel look. Il bob assumeva una valenza simbolica che a poco a poco non ebbe più a che fare con la mera praticità. Oggi è tornato prepotentemente alla ribalta: gettonatissimo, è il taglio che tutte vogliono o che hanno sfoggiato almeno una volta nella vita. Una cosa è certa, il bob non sparirà mai dalle scene. Perchè quel fascino primordiale che sa di libertà gli aleggia sempre intorno: possiamo percepirlo persino a un secolo di distanza…

 

Barbara Stanwick

Mary Ryan

Gloria Swanson

Clara Bow

Claudette Colbert

Jean Arthur

Marlene Dietrich

Coleen Moore Ball

Fay Wray

 

Foto di copertina: Clara Bow via Allison Marchant from Flickr, CC BY-NC-SA 2.0

 

 

Tendenze PE 2021- Il ritorno della minigonna: quando praticità fa rima con stile

Versace

Torna la minigonna: la moda dell’ estate 2021 scopre le gambe, emancipandole dalle lunghezze dei maxidress (che rimangono, comunque, sempre al top delle tendenze). Il sole, le recenti riaperture e il caldo imminente accrescono il desiderio di uscire, di tornare a girare, a muoversi. C’è voglia di praticità, di libertà persino nel modo di vestirsi: indossare una minigonna e via, a lanciarsi nel brulichio della vita. La mini è seduttiva, certo, ma soprattutto rievoca tutto un mood. Quello frizzante della Swinging London di Mary Quant, negli anni ’60, dove si sfoggiava per rompere gli schemi ed affermare i nuovi valori giovanili. Non ultimo per la sua comodità, che ancora oggi si coniuga rigorosamente con lo stile. Le collezioni della Primavera Estate 2021, infatti, propongono versioni sfiziose e ricche di questa gonna dagli orli micro: date un’ occhiata alla gallery ed ammiratene alcune.

 

Dolce & Gabbana

Miu Miu

Alberta Ferretti

Philosophy di Lorenzo Serafini

Blumarine

Dior

Chloé

Elisabetta Franchi

David Koma

 

 

 

London Fashion Week: flash dalle sfilate delle collezioni PE 2021

1.VICTORIA BECKHAM

Prosegue il percorso di VALIUM nelle quattro capitali mondiali della moda. Dopo Milano e New York, approdiamo alla Fashion Week di Londra: anche qui, a causa della pandemia di Covid, le sfilate sono state in gran parte sostituite da presentazioni via lookbook digitali oppure da video fondati su un connubio tra cinema, moda e arte. La creatività avantgarde tipica degli stilisti British, comunque,  non ha affatto risentito del lockdown. Come abbiamo già riscontrato a Milano e nella Grande Mela, la quarantena e l’ emergenza sanitaria hanno semmai fomentato le riflessioni, l’ ispirazione, l’ apertura di nuove prospettive. Se molti brand hanno scavato a fondo nel proprio DNA, altri hanno introdotto innovazioni nel loro stile signature pur rimanendo fortemente caratterizzati e riconoscibili. Passiamo quindi ai marchi che ho selezionato per voi dalle passerelle londinesi: Victoria Beckham, Matty Bovan, Burberry e Molly Goddard, quattro label con una storia diversissima alle spalle ma accomunati da una spiccata identità.

 

2.VICTORIA BECKHAM

Il lockdown, per VICTORIA BECKHAM, ha stimolato dei quesiti sull’ identità del suo marchio rielaborata alla luce della pandemia. Un desiderio di libertà, di riscoperta dell’ istinto è emerso prepotentemente, riflettendosi in una collezione emblematica sotto vari punti di vista: “ritornare all’ essenza” si è rivelato un must sia riguardo al numero dei look, soltanto 21, che all’evoluzione della sartorialità, dei cromatismi saturi e dello stile iper contemporaneo caratteristici del brand. Il risultato? Creazioni che inneggiano a un mood disinvolto e nonchalant, alla “libertà”, appunto, di essere se stesse. Le silhouette sono minimal, ma fluide. Predominano flares singolarissimi, talmente svasati e lunghi da formare una sorta di “strascico” (che la designer paragona a delle “pozzanghere”), alternati a long dress drappeggiati o morbidamente plissettati e a giacche strutturate proposte anche in versione animalier. Portabilità, praticità e comodità sono le parole d’ordine. L’ ispirazione è fortemente radicata nella realtà di tutti i giorni, forse uno dei motivi per cui il focus sui pantaloni è preponderante. Il modello vincente è sempre svasato in fondo, persino se gli orli si accorciano, a volte movimentato da spacchi e altre -come nel caso di un paio di jeans – da altissimi risvolti.

 

3.VICTORIA BECKHAM

 

1.MATTY BOVAN

L’ artigianalità e le suggestioni storiche rappresentano i cardini di questa collezione. MATTY BOVAN va a ritroso nel tempo e si lascia ispirare da Elisabetta I Tudor, dall’ Inghilterra antica, dall’ home decor deliziosamente fané che popola certe case di York, la sua città natale (dove ha trascorso il lockdown). Per donare ulteriore pathos alla presentazione delle sue creazioni, Bovan le mostra indosso a manichini che ha collocato proprio a York, in una cappella ottocentesca. I look, tutti all’ insegna del “do it yourself”, nascono anche dalla filosofia che il designer ha adottato per trascorrere la quarantena e ribadiscono il valore del fare, rifuggendo dalla massificazione e dalle metropoli dove il fashion system ha fissato le sue basi: Matty Bovan inneggia al passato per forgiare il futuro, per dimostrare alle nuove generazioni che esiste un modo alternativo di creare moda, intriso di pura passione. Non è un caso che la sua collezione sia stata battezzata “Future. Olde. England.”, e che sartorialmente sia intrisa di sperimentazione. Colpisce subito un patchwork di stili e materiali; si susseguono pull a maglia scuciti e deformati, pattern celtici che rievocano mattonelle medievali, capi simbolo dell’era shakesperiana come il farsetto,   look scultorei e/o ricchi di sovrapposizioni. Il tessuto viene drappeggiato, movimentato con balze e ruches, lavorato a punto smock e accostato a stampe Liberty Tana Lawn, dando vita a oufit coloratissimi dove ricorrono i riferimenti alle bandiere e agli stemmi araldici. Tra i gioielli che adornano gli abiti, sono presenti anche esemplari appartenenti alla mamma di Bovan.

 

2.MATTY BOVAN

3. MATTY BOVAN

 

1.BURBERRY

Per BURBERRY il lockdown si sintetizza graficamente in due simboli, la sirena e lo squalo. Queste due creature del mondo marino, la prima mitologica e la seconda reale, diventano rispettivamente emblemi di un passato idilliaco, dei sogni associati ad esso e della durezza della quarantena, con la sua solitudine e le sue paure. Riccardo Tisci ha pervaso buona parte dei look di quell’ iconografia, soprattutto attraverso le stampe: non a caso, sono le nuance del blu e dell’ azzurro i colori predominanti. Persino sul classico trench Burberry, in un’ audace versione sleeveless, campeggiano grafismi che ricordano un enorme pesce. Nonostante la minaccia dello squalo incomba, a prevalere è la sirena: la sua coda si moltiplica nella fantasia di una blusa, un pull bluette si interrompe sul seno delineando un orlo che rimanda al suo corpetto a cuore, preziose reti da pesca argentate si fanno bustini, bracciali e via dicendo. Un trench in vernice lucida si spalma di blu oltremare, ma la sorpresa forse più iconica ci attende alla fine del défilé (le modelle hanno sfilato in un bosco esaltando il nuovo rapporto tra uomo e natura): una serie di abiti fascianti, scintillanti d’argento e adornati di mantelle asimmetriche incorporate, sono un omaggio ad Ariel che lascia senza fiato. E lo squalo? Lo ritroviamo nelle ampie giacche in gomma e nei cuissardes “da combattimento” che proteggono dalle insidie del mare, ma anche nelle stampe, come quelle che sfoggia un bomber con maniche e inserti in rete nera.

 

2.BURBERRY

3.BURBERRY

 

1.MOLLY GODDARD

Regina degli abiti in tulle più spettacolari, MOLLY GODDARD ripropone il suo trademark non senza innovazioni. Che sono parecchie: innanzitutto, il tulle contraddistingue solo una parte degli outfit e viene declinato in inedite versioni. Un’ altra novità riguarda il suo abbinamento, per contrasto, con dei geometrici pattern a scacchi o a righe. In tutti i casi, e per tutti i look o quasi, la palette cromatica è a dir poco sgargiante: il rosso, il verde mela, l’arancio, il rosa, sono utilizzati in dosi massicce e accostati fra loro. Risaltano fittissime ruches in tulle disseminate sulle gonne in grandi “bouquet” verticali, oppure in alte bande che circondano un velo di chiffon trasparente. Sono sempre le ruches in tulle a plasmare dei vaporosi top o, unite in gruppi sovrapposti, a dar vita a rutilanti tutù in stile impero. Chi ama l’iconico abito “da bambola” griffato Goddard, poi, lo troverà tinto di un giallo pallido che vira al crema, una delle poche eccezioni nel novero dei colori strong della collezione. Ruches e volant abbondano anche tra i decori degli oufit in tessuto: si moltiplicano sugli abiti, sulle gonne e sulle jumpsuit. La collaborazione tra Goddard e Ugg ha dato eccellenti frutti; sabot con platform vertiginoso e mules in fake fur sono il complemento ideale delle mise fiabesche e surreali create dalla designer londinese.

 

2.MOLLY GODDARD

3.MOLLY GODDARD

 

 

 

Tendenze PE 2020 – Shorts + giacca = il nuovo tailleur

DIOR

Il tailleur della Primavera/Estate 2020? A base di shorts o di bermuda. I pantaloncini, must intramontabili della bella stagione, si fanno chic e instaurano un connubio con le giacche che li tramuta in veri e propri ensemble: stesso pattern, stesso stile, stesso mood per dare vita a un suit ad alto tasso di praticità e di raffinatezza. Le collezioni ne propongono innumerevoli versioni, adatte a tutti i gusti; dai un’occhiata a queste foto per scegliere il look che più ti rappresenta.

 

MAX MARA

ERMANNO SCERVINO

CHLOE’

BRANDON MAXWELL

DOLCE & GABBANA

MICHAEL KORS

GIVENCHY

TANYA TAYLOR

SAINT LAURENT

SPORTMAX

 

 

 

Tendenze PE 2018 – Gli shorts, nuovi must dell chic

Giorgio Armani

Shorts à go-go: l’ imperativo di questa Estate ma anche un punto di svolta per un capo, fino a poco tempo fa, unanimemente considerato un baluardo dello stile casual. Oggi gli short si indossano di giorno come di sera, e la loro versatilità li introduce a pieno titolo tra i must dello chic. I più nuovi sono addirittura declinati in versione suit, con tanto di giacca abbinata, o spaziano tra svariati materiali: la pelle, lo shantung, il tulle…Per coniugare un alto tasso di praticità a un’ eleganza dai toni cool.

 

Saint Laurent

Tom Ford

Coach

Dior

Isabel Marant

Chloé

Elisabetta Franchi

Chanel

Moschino

 

 

 

La Petite Robe, 10 anni di “travel chic”: intervista con Chiara Boni

 

Occhi azzurro cielo, capelli tagliati in un bob platinatissimo, sorriso stampato sulle labbra: Chiara Boni irradia fascino a prima vista. La guardi e pensi che la sua allure radiosa – un mix di grazia, pragmastismo e stile – la identifichi in toto con la donna a cui ha dedicato il brand La Petite Robe. Fiorentina DOC, Chiara esordisce come designer all’ inizio degli anni ’70, quando irrompe nel settore della “moda giovane” con gli abiti griffati You Tarzan, Me Jane che crea per la boutique che ha aperto nella sua città. E’ impossibile dimenticare il mood frizzante veicolato da quel marchio: negli anni in cui il modo di vestire diventa un emblema generazionale, la ribellione eccentrica di You Tarzan, Me Jane rielabora le suggestioni sgorgate da una full immersion nella Swingin’ London della sua fondatrice. Da allora, con i tessuti stretch come iconico leitmotiv, il percorso stilistico di Chiara Boni è andato consolidandosi attraverso un iter di cui l’ ingresso nel Gruppo Finanziario Tessile nel 1985 e la creazione de La Petite Robe nel 2007 rappresentano due tappe fondamentali. Oggi La Petite Robe compie 10 anni e con You Tarzan, Me Jane condivide l’ intento rivoluzionario da cui prende vita: il suo nome evoca uno chic all’ insegna della praticità, abitini facili da lavare e non spiegazzabili che una donna sempre in giro per il mondo può agevolmente riporre in micro buste di tulle. Lo stile del brand, inconfondibile, coniuga un alto tasso di femminilità e linee essenziali, ma ricche di dettagli estrosi. I capi si modellano sul corpo assecondandolo, evidenziandolo in tutta la loro raffinata linearità ed adottando una palette che al nero affianca nuance, di volta in volta, vivaci, pastellate o intense: il fucsia, il cobalto, il rosso, il rosa baby e l’acquamarina si alternano al verde oltremare, al melanzana, al vino, tutti rigorosamente in versione monocroma. Il jersey rimane il materiale signature di La Petite Robe, che dal 2009 viene distribuito anche negli USA dove conquista fin da subito le celeb. Qualche nome? Beyoncé, Anjelica Houston, Angela Bassett, Oprah Winfrey sono solo alcune delle sue fan più sfegatate. Risale proprio al Settembre scorso l’ inaugurazione del flagship store losangelino di La Petite Robe, il primo in territorio stelle a strisce. Ho preso spunto da questa entusiasmante news per ripercorrere, insieme a Chiara Boni, la storia e gli stilemi di una carriera che dal 1971 brilla con accenti di creatività del tutto unici nel panorama del Made in Italy.

Era il 1971 quando a Firenze hai aperto la boutique “di rottura” You Tarzan me Jane. Con quale intento è nata e come descriveresti l’humus da cui ha preso forma?

Dall’irripetibile melting-pot di Londra, alla fine degli Anni ’60, prendeva vita lo spirito di You Tarzan, Me Jane: la mia risposta ribelle al formalismo della Moda Italiana che, a quei tempi, imponeva rigore ed essenzialità. Nel 1971, in via del Parione 33r a Firenze allestivo, così, insieme alla mia amica Elisabetta Ballerini, un inedito tendone da circo nel mezzo di un grande laboratorio-artigiano e iniziavo a proporre la mia Moda Giovane come alternativa all’offerta quasi esclusivamente sartoriale del mercato.

La tua passione per la moda è innata o si inserisce in un preciso background esistenziale?

Devo molto a mia madre. La mia formazione è stata frequentare per tanti anni con lei, donna di estrema eleganza, atelier e sartorie, l’osservazione mi ha svelato in modo naturale i segreti del corpo femminile e mi ha invogliata a valorizzarlo con un design cedevole alla morbida interpretazione delle forme.

Esistono immagini, suggestioni, reminiscenze a cui la tua ispirazione attinge in modo ricorrente?

Mi appassiona l’Arte in generale, di cui la Moda stessa rappresenta una forma. Da sempre fonte di ispirazione, l’Arte è diventata protagonista, insieme alla Moda, anche di alcuni dei miei eventi di presentazione.

La Petite Robe festeggia i suoi primi dieci anni. Quali sono gli step che hanno portato alla creazione del brand?

Ho fatto un percorso fatto di sperimentazioni consapevoli ma anche di rivoluzioni intuitive che solo a posteriori ho scoperto straordinariamente coerenti. Ho pensato a dei capi realizzati in tessuti stretch innovativi, progettati per incontrare le esigenze di una donna dinamica. Questo è stato il pensiero che mi ha portato alla creazione del brand.

 

 

A quale tipo di donna si rivolge Chiara Boni, e soprattutto: è la stessa donna dei suoi esordi?

Sì, è la stessa donna anche se forse un po’ meno giovane. Comunque le donne sono straordinariamente diverse, raffinate, sognatrici e divertenti, ma ciascuna a modo proprio. Ognuna è accesa da una sfumatura intensa di personalità. Le donne sono in continua evoluzione, il modo di vivere cambia e loro tengono il passo.

 

 

Per definire La Petite Robe” hai usato il termine di “travel chic”. Come approfondiresti questo concetto?

Un guardaroba flessibile, versatile e personalizzabile. La Petite Robe nasce proprio dalle esigenze di una donna moderna che non può concedersi il tempo di cambi d’abito durante la giornata, che in valigia ha poco spazio e che una volta arrivata in albergo non ha modo di farsi stirare un vestito.

Il leitmotiv della tua cifra stilistica è, senza dubbio, la femminilità. Quale valenza ricopre, la femminilità, per te?

La femminilità è dolcezza. Sboccia nell’animo di una donna e inonda di profumo tutto attorno. Una primavera permanente di sguardi, gesti e atteggiamenti.

 

 

La Petite Robe furoreggia sul mercato USA: non è un caso che proprio a Los Angeles sia stata inaugurata la vostra terza boutique monomarca.  Quali sono, a tuo parere, i motivi dell’enorme successo americano del brand?

Le clienti americane sono entusiaste. Il loro è un modo diretto di testimoniare affetto per il mio concetto di femminilità. Parlano attraverso i social e svelano passione per le linee accoglienti, giovanili e sensuali dei miei abiti. Il passaparola virale delle addicted oltreoceano è stato il vero punto di forza per la diffusione del brand in America.

 

 

I tuoi little dress, stilosi ma pratici ed essenziali, sembrano fatti su misura per una alter ego di Chiara Boni. Sbaglio, o quando crei tendi un po’ ad identificarti nella tua donna tipo?

Non sbagli, mi affido sempre all’autorità della prima persona: -Io lo indosserei?-.

Esiste una donna che vorresti fortissimamente vestire? Se sì, perché?

No. I miei vestiti sono pensati per tutte le donne. Ho una visione democratica della femminilità che non esclude nessuna taglia, forma o personalità.

 

 

In tempi di crisi, uno dei punti di forza del settore fashion sembra tradursi nell’ iconicità del prodotto. Sei d’accordo? E cosa aggiungeresti, al riguardo?

Sono assolutamente d’accordo. Infatti la cosa più difficile nella Moda è rinnovarsi rimanendo riconoscibili. È proprio qui che sta l’iconicità di un prodotto.

 

 

 

Tutti i look e gli accessori sono tratti dalla collezione “Grand Hotel” AI 2017/18 di La Petite Robe

Photo courtesy of press office

L’accessorio che ci piace

“Small is beautiful!” è il nuovo grido di battaglia di Louis Vuitton: uno slogan perfetto per la nuova, geniale collezione che include i modelli più iconici della Maison rivisitati in chiave ‘mini’, ossia in taglia ridotta. Stile, qualità, praticità e colore sembrano essere gli aggettivi più pertinenti a questa linea dedicata alle giovani donne, dimostrando come lo chic si concentri in piccoli, preziosi modelli piuttosto che nelle grandi dimensioni. Per ribadire il concetto, Louis Vuitton si è affidato ad uno spot pubblicitario vivace e ritmato interpretato non da modelle, bensì da donne ‘vere’: le stesse che -si presume- nella frenesia della quotidianità preferiscono una borsa ‘alleata’, che non sia di ingombro, caratterizzata dalla funzionalità. E’ così che, tra le protagoniste dello spot, troviamo  tre tra le più consolidate blogger del fashion biz: Miroslava Duma, Elin Kling e Anneli Mustaparta, riprese nelle loro scorribande -a piedi o in bicicletta – lungo le strade parigine. Nelle immagini, i vividi colori rendono le borse protagoniste assolute sullo sfondo di qualsiasi scenario. Un modello, in particolare, sta già mietendo (fashion) victims e riscuotendo consensi strepitosi: la mini edizione della Monceau BB, un classico della Maison datato 1986. Linee rétro, niente monogram, pelle verniciata e splendide tonalità costituiscono i caratteri distintivi di una borsetta con tracolla applicabile, capiente tasca anteriore, grande fibbia dorata per la chiusura, fodera in microfibra ed una tasca interna. La Monceau BB viene prodotta in una palette di quattro colori: un acceso verde oliva, un Rose Indien che corrisponde al fucsia, un delicato e molto vintage Rose Velours e un ‘passionale’ rosso amaranto. Le sue misure? Appena 5,9 x 7,9 cm. Una borsa in miniatura – ma proprio per questo meno dispersiva – i cui suggestivi colori risaltano, sulla vernice, appena vengono illuminati dal sole: dite forse che non basti, per nominarla subito ‘must have n.1‘ primaverile?

Buona domenica.