Salsedine: la collezione PE 2023 di Federico Cina si ispira ai colori e alla suggestività della Salina di Cervia

 

La palette esplora tutte le nuance del beige, del sabbia e del panna, sebbene non manchino tocchi di rosa, grigio, celeste e nero. Le forme sono disinvolte ma sensuali, sovrapposizioni e asimmetrie regnano sovrane. Tessuti e fantasie eterogenei convivono, esaltando drappeggi, increspature e pattern che sembrano finissime cesellature (infatti sono stati realizzati a mano). Il mood è decisamente avantgarde. La collezione Primavera Estate 2023 di Federico Cina non passa inosservata: ammalia sia grazie ai look che ai dettagli preziosi, frutto di una perizia sartoriale doc.

 

 

L’ispirazione a cui attinge il giovane designer nato a Sarsina, un comune in provincia di Forlì-Cesena, prende vita da luoghi e atmosfere della Romagna, la sua regione, dove ha scelto di tornare dopo gli studi fiorentini al Polimoda ed esperienze lavorative internazionali. Le radici, i valori e la cultura romagnola sono dei leitmotiv costanti, per Federico Cina. La collezione Primavera Estate 2023 non sfugge alla regola: intitolata “Salsedine”, è focalizzata sulla Salina di Cervia e sul suo parco naturale a sud del delta del Po. Uno scenario futuribile, dove le montagne di sale assumono colori cangianti che spaziano dal rosa al ruggine e riflettono i bagliori delle pozze d’acqua lambite dal sole. Sale e acqua si alternano in una distesa sconfinata, contraddistinta da panorami mozzafiato e da specie botaniche e faunistiche rare. Basti pensare che la Salina, per fare solo un esempio, è popolata da ben 2000 fenicotteri rosa. Quando di sera cala il silenzio, le montagne di sale emanano la stessa suggestività delle dune del deserto. Federico Cina ha rielaborato quel paesaggio avveniristico, le sue sfumature, l’idea della salsedine rimasta impressa sul corpo, dando vita a una collezione intrisa di fascino che conquista al primo istante.

 

 

 

Tendenze PE 2023 – Floral Vibes: fiori in 3D, stampe e applicazioni

Elie Saab

 

“I fiori della primavera sono i sogni dell’inverno raccontati, la mattina, al tavolo degli angeli.”
(Khalil Gibran)

 

Dopo l’articolo dedicato alle tendenze a tema “rosa”, ecco un approfondimento sul filone floral della Primavera Estate 2023. Un’associazione, quella tra fiori e Primavera, che a prima vista potrebbe sembrare scontata, o come afferma sarcasticamente Miranda ne “Il diavolo veste Prada”, “Avanguardia pura”. In realtà non lo è: basti pensare che anche i fiori, purtroppo, stanno subendo le conseguenze del cambiamento climatico. Le temperature sempre più alte e la siccità prolungata provocano effetti nefasti sulle fioriture, influendo negativamente sulla loro quantità e sul loro aspetto. In poche parole, diverse piante iniziano a produrre meno fiori e in dimensioni di gran lunga minori rispetto a qualche anno fa. Di tutto ciò risente la produzione del polline e del nettare: i fiori non sono abbastanza appetibili per gli insetti, il che mette a rischio l’ attività di impollinazione. Lunga vita ai fiori, dunque, così importanti per l’equilibrio dell’ecosistema! Auguriamoci di vederli riapparire, con il consueto splendore, ogni Primavera. In questo post, esamineremo la tendenza floral nella moda. Le collezioni Primavera Estate 2023, “fiorite” in dosi massicce, sono contraddistinte dalla versatilità. I fiori in 3D proliferano, alternati a stampe e applicazioni che li propongono in innumerevoli versioni: un’eterogeneità che, coniugando l’estetica e la ricerca stilistica, si tramuta in un’ode a una meraviglia naturale e alla sua preservazione.

 

Erdem

Simone Rocha

Collina Strada

Rodarte

Alietté

Acne Studios

Lela Rose

Bottega Veneta

Gucci

Adam Lippes

Batsheva

Giambattista Valli

Antonio Marras

Kenzo

Chet Lo

Dries Van Noten

Loewe

Sandy Liang

 

Le “good vibes” di Boteh, tra l’Australia e Ibiza

 

Di Boteh, brand di swimwear e resort wear fondato nel 2019 a Sydney da Amelia Mather, VALIUM ha già parlato diverse volte. Per saperne di più, ho deciso di dedicargli un approfondimento: è un marchio che nasce e cresce “sotto il sole”, con i piedi sprofondati nella sabbia o a contatto con la terra arsa dal calore estivo.  Il suo stile è inconfondibile, boho-hippie al punto tale da essere definito “nostalgico”; senza dubbio è evocativo, ricco di riferimenti che riportano a una cinquantina di anni orsono, ma risulta squisitamente contemporaneo. Il nome stesso della griffe rimanda a tutto un mondo e a tutta un’era: “boteh” è la traduzione in persiano di “Paisley”, il celebre motivo a goccia che spopolava tra i figli dei fiori. Non è un caso che le stampe e i pattern che ad esso si ispirano siano uno dei tratti distintivi del brand. Lo affiancano i valori dell’ artigianalità, della sostenibilità e dell’ attenzione per l’ambiente. Qualche esempio? Tessuti cellulosici al 100 per cento e naturali come il lino, il cotone, la viscosa e il cotone certificati, filati da ricamo riciclati o provenienti da merce invenduta, stampe digitali a ridotto impatto ambientale. E poi ci sono i colori, sempre vibranti, le forme danzanti e fluide, il mood che coniuga la vocazione tipicamente australiana per la beach life con la libertà, le good vibes, le suggestioni hippie che si respirano a Ibiza. Questo connubio si traduce in un mix di ampie maniche a sbuffo, bikini a triangolo, micro crop top, pantaloni palazzo, lunghe gonne cinte in vita da un elastico, abiti impalpabili e ricamati, slip culotte, bluse morbide, costumi monopezzo ornati di fitte stampe…Su tutto aleggia un gusto ethno-esotico, decorazioni e linee intrise di un profondo sapore orientale. Proprio come all’ epoca del Flower Power. Il motto di Boteh, in tal senso, è significativo: riverire il passato, assaporare il presente e cercare il futuro. Un concetto che sulla sua rielaborazione del tempo fonda un’estetica che lo trascende, va oltre le tendenze e si fa imperitura.

 

Frida-Kiza di Fabiola Manirakiza: un nuovo Rinascimento che parte dalla Milano Digital Fashion Week

 

L’ ascesa di Frida-Kiza nel fashion world è inarrestabile. Il marchio fondato da Fabiola Manirakiza, nata in Burundi ma fabrianese d’adozione (e quindi mia concittadina), sta facendo molto parlare di sè anche per la recente partecipazione alla Milano Digital Fashion Week. Una presenza, la sua, legata ad un progetto d’eccezione: “The Fab Five Bridge Builders”, l’ iniziativa con cui il gruppo di lavoro composto da Stella Jean, Edward Buchanan, Michelle Francine Ngonmo e la Camera Nazionale della Moda Italiana ha supportato e promosso il lavoro di cinque talenti di origine africana residenti ormai da anni in Italia. Il team, oltre a Frida-Kiza, comprendeva le griffe Gisfab di Claudia Gisèle Ntsama, Joy Meribe di Joy Ijeoma Meribe, Mokodu di Pape Mocodou Fall e Karim Daoudi dello stilista omonimo. La Camera della Moda  ha allestito una piattaforma on line dove i cinque brand hanno avuto l’ opportunità di svelare le loro collezioni Autunno Inverno 2021/22 ottenendo una visibilità internazionale. Il progetto, nato allo scopo di sottolineare i valori della multiculturalità e dell’ inclusione, ha riscosso un successo enorme. Ispirazioni, suggestioni e stili esotici si sono fusi con la quintessenza del Made in Italy in un connubio affascinante, che ha catturato immediatamente l’ interesse del pubblico e degli addetti ai lavori. Fabiola (rileggi qui la sua precedente intervista  con VALIUM), che ha fondato il marchio Frida-Kiza nel 2016, ha presentato una capsule in cui la sua cifra stilistica si coniuga con motivi di decisa matrice africana. Tailleur, pajama suit, chemisier e minidress alternano fantasie e colori intensi tipici del Continente Nero – tra i capi più iconici spicca un coat-chemisier rosso carminio adornato di arabeschi bianchi – ad una stampa in black and white che rielabora la “Primavera” del Botticelli alla luce del fil rouge tematico delle creazioni: durante i tempi duri del lockdown, Fabiola auspica a un post-pandemia contraddistinto dall’ inizio di una nuova era, un nuovo Rinascimento che coinvolga non solo l’ Italia, bensì il mondo intero. Estimatrice dell’ arte italiana, la designer ha assurto questa passione a cardine di tutte le sue collezioni, dove la omaggia e la reinterpreta a seconda dei motivi ispiratori. Il gusto per il colore, sempre vibrante, riconduce al continente da cui Fabiola proviene: è un’ esplosione di vitalità (mai sopra le righe) esaltata da una donna indipendente e raffinata, che ama l’ eleganza ma non trascura il comfort per affrontare agevolmente la vita quotidiana. Ho incontrato Fabiola Manirakiza perchè volevo saperne di più sulla sua partecipazione alla Milano Fashion Week, sulla sua collezione Autunno Inverno 2021/22 (che potete ammirare nelle immagini di questo post) e su molti altri argomenti ancora. Qui di seguito, la nostra chiacchierata.

La tua partecipazione al progetto “The Fab Five Bridge Builders”, curato da Stella Jean, Edward Buchanan, Michelle Francine Ngonmo insieme alla CNMI, ti ha visto protagonista alla Milano Fashion Week insieme ad altri 4 designer di origine africana. Cosa puoi raccontarci di questa esperienza, che ha ottenuto, peraltro, un ottimo riscontro?

Si è trattato di un’ esperienza unica e importante. La sfilata per la Fashion Week e’ stata inserita nel calendario della Camera della Moda ottenendo una visibilità mondiale.

L’ Africa, nelle tue creazioni, riaffiora soprattutto attraverso i colori. Sono colori collegati a particolari ricordi, sensazioni, scenari del tuo Paese? Se sì, raccontaci quali.

Nelle mie creazioni cerco sempre di unire colori e cultura dei miei due mondi, l’ Africa e l’ Italia.

 

Fabiola Manirakiza in uno scatto molto primaverile

Nella collezione Autunno/Inverno 2021/22 di Frida-Kiza predomina un tripudio di stampe, di fantasie paesaggistiche e floreali. Le stampe, in particolare, si rifanno alla “Primavera” di Sandro Botticelli. Come è nata la tua ispirazione?

L’ arte italiana mi affascina da sempre! La “Primavera” del Botticelli, che è un’opera rinascimentale, mi ha dato l’ ispirazione. Ho immaginato una rinascita universale conseguente alla pandemia di Covid.

Che procedura hai seguito per la realizzazione di queste stampe? Esiste una tecnica, un processo di lavorazione ben preciso?

Sono state eseguite a mano,  passando poi a un procedimento digitale per la realizzazione della stampa finale.

 

 

 

Perché la scelta del bianco e nero?

In quel momento, erano i colori che mi ispiravano di più.

Durante il lockdown, mi hai raccontato, hai auspicato all’ avvento di un nuovo Rinascimento post-pandemia. Come si concretizzerebbe un’eventuale rinascita nello stile di Frida-Kiza?

Seguici e vedrai! (sorride, ndr.)

 

 

Che tipo di donna avevi in mente, mentre creavi la capsule che hai presentato a Milano?

La donna Frida,  naturalmente: contemporanea, sempre al passo con i tempi e attenta al mondo che la circonda.

 

 

 

L’ arte italiana è un motivo ricorrente nelle tue creazioni. Come è sorta questa tua passione e quali artisti (o movimenti artistici) ti affascinano maggiormente?

Non ho particolari preferenze, amo gli artisti e l’arte italiana in generale.

I fiori, i piante e la natura in genere sono un altro filo conduttore delle stampe che impreziosiscono i look di Frida-Kiza. Il motivo ispiratore è associato solo a riferimenti artistici o si tratta anche di una sorta di “dichiarazione d’amore” nei confronti del creato?

Sono riferimenti artistici, ma anche un modo per sensibilizzare le persone all’amore per la natura e per valorizzare, al tempo stesso, la bellezza nascosta della donna Frida.

Potresti anticiparci qualcosa dei tuoi progetti più imminenti?

Per il futuro abbiamo tanti progetti, ma mi riservo di svelarli a tempo debito…

 

 

 

 

Photos courtesy of Frida-Kiza

 

 

London Fashion Week: flash dalle sfilate delle collezioni PE 2021

1.VICTORIA BECKHAM

Prosegue il percorso di VALIUM nelle quattro capitali mondiali della moda. Dopo Milano e New York, approdiamo alla Fashion Week di Londra: anche qui, a causa della pandemia di Covid, le sfilate sono state in gran parte sostituite da presentazioni via lookbook digitali oppure da video fondati su un connubio tra cinema, moda e arte. La creatività avantgarde tipica degli stilisti British, comunque,  non ha affatto risentito del lockdown. Come abbiamo già riscontrato a Milano e nella Grande Mela, la quarantena e l’ emergenza sanitaria hanno semmai fomentato le riflessioni, l’ ispirazione, l’ apertura di nuove prospettive. Se molti brand hanno scavato a fondo nel proprio DNA, altri hanno introdotto innovazioni nel loro stile signature pur rimanendo fortemente caratterizzati e riconoscibili. Passiamo quindi ai marchi che ho selezionato per voi dalle passerelle londinesi: Victoria Beckham, Matty Bovan, Burberry e Molly Goddard, quattro label con una storia diversissima alle spalle ma accomunati da una spiccata identità.

 

2.VICTORIA BECKHAM

Il lockdown, per VICTORIA BECKHAM, ha stimolato dei quesiti sull’ identità del suo marchio rielaborata alla luce della pandemia. Un desiderio di libertà, di riscoperta dell’ istinto è emerso prepotentemente, riflettendosi in una collezione emblematica sotto vari punti di vista: “ritornare all’ essenza” si è rivelato un must sia riguardo al numero dei look, soltanto 21, che all’evoluzione della sartorialità, dei cromatismi saturi e dello stile iper contemporaneo caratteristici del brand. Il risultato? Creazioni che inneggiano a un mood disinvolto e nonchalant, alla “libertà”, appunto, di essere se stesse. Le silhouette sono minimal, ma fluide. Predominano flares singolarissimi, talmente svasati e lunghi da formare una sorta di “strascico” (che la designer paragona a delle “pozzanghere”), alternati a long dress drappeggiati o morbidamente plissettati e a giacche strutturate proposte anche in versione animalier. Portabilità, praticità e comodità sono le parole d’ordine. L’ ispirazione è fortemente radicata nella realtà di tutti i giorni, forse uno dei motivi per cui il focus sui pantaloni è preponderante. Il modello vincente è sempre svasato in fondo, persino se gli orli si accorciano, a volte movimentato da spacchi e altre -come nel caso di un paio di jeans – da altissimi risvolti.

 

3.VICTORIA BECKHAM

 

1.MATTY BOVAN

L’ artigianalità e le suggestioni storiche rappresentano i cardini di questa collezione. MATTY BOVAN va a ritroso nel tempo e si lascia ispirare da Elisabetta I Tudor, dall’ Inghilterra antica, dall’ home decor deliziosamente fané che popola certe case di York, la sua città natale (dove ha trascorso il lockdown). Per donare ulteriore pathos alla presentazione delle sue creazioni, Bovan le mostra indosso a manichini che ha collocato proprio a York, in una cappella ottocentesca. I look, tutti all’ insegna del “do it yourself”, nascono anche dalla filosofia che il designer ha adottato per trascorrere la quarantena e ribadiscono il valore del fare, rifuggendo dalla massificazione e dalle metropoli dove il fashion system ha fissato le sue basi: Matty Bovan inneggia al passato per forgiare il futuro, per dimostrare alle nuove generazioni che esiste un modo alternativo di creare moda, intriso di pura passione. Non è un caso che la sua collezione sia stata battezzata “Future. Olde. England.”, e che sartorialmente sia intrisa di sperimentazione. Colpisce subito un patchwork di stili e materiali; si susseguono pull a maglia scuciti e deformati, pattern celtici che rievocano mattonelle medievali, capi simbolo dell’era shakesperiana come il farsetto,   look scultorei e/o ricchi di sovrapposizioni. Il tessuto viene drappeggiato, movimentato con balze e ruches, lavorato a punto smock e accostato a stampe Liberty Tana Lawn, dando vita a oufit coloratissimi dove ricorrono i riferimenti alle bandiere e agli stemmi araldici. Tra i gioielli che adornano gli abiti, sono presenti anche esemplari appartenenti alla mamma di Bovan.

 

2.MATTY BOVAN

3. MATTY BOVAN

 

1.BURBERRY

Per BURBERRY il lockdown si sintetizza graficamente in due simboli, la sirena e lo squalo. Queste due creature del mondo marino, la prima mitologica e la seconda reale, diventano rispettivamente emblemi di un passato idilliaco, dei sogni associati ad esso e della durezza della quarantena, con la sua solitudine e le sue paure. Riccardo Tisci ha pervaso buona parte dei look di quell’ iconografia, soprattutto attraverso le stampe: non a caso, sono le nuance del blu e dell’ azzurro i colori predominanti. Persino sul classico trench Burberry, in un’ audace versione sleeveless, campeggiano grafismi che ricordano un enorme pesce. Nonostante la minaccia dello squalo incomba, a prevalere è la sirena: la sua coda si moltiplica nella fantasia di una blusa, un pull bluette si interrompe sul seno delineando un orlo che rimanda al suo corpetto a cuore, preziose reti da pesca argentate si fanno bustini, bracciali e via dicendo. Un trench in vernice lucida si spalma di blu oltremare, ma la sorpresa forse più iconica ci attende alla fine del défilé (le modelle hanno sfilato in un bosco esaltando il nuovo rapporto tra uomo e natura): una serie di abiti fascianti, scintillanti d’argento e adornati di mantelle asimmetriche incorporate, sono un omaggio ad Ariel che lascia senza fiato. E lo squalo? Lo ritroviamo nelle ampie giacche in gomma e nei cuissardes “da combattimento” che proteggono dalle insidie del mare, ma anche nelle stampe, come quelle che sfoggia un bomber con maniche e inserti in rete nera.

 

2.BURBERRY

3.BURBERRY

 

1.MOLLY GODDARD

Regina degli abiti in tulle più spettacolari, MOLLY GODDARD ripropone il suo trademark non senza innovazioni. Che sono parecchie: innanzitutto, il tulle contraddistingue solo una parte degli outfit e viene declinato in inedite versioni. Un’ altra novità riguarda il suo abbinamento, per contrasto, con dei geometrici pattern a scacchi o a righe. In tutti i casi, e per tutti i look o quasi, la palette cromatica è a dir poco sgargiante: il rosso, il verde mela, l’arancio, il rosa, sono utilizzati in dosi massicce e accostati fra loro. Risaltano fittissime ruches in tulle disseminate sulle gonne in grandi “bouquet” verticali, oppure in alte bande che circondano un velo di chiffon trasparente. Sono sempre le ruches in tulle a plasmare dei vaporosi top o, unite in gruppi sovrapposti, a dar vita a rutilanti tutù in stile impero. Chi ama l’iconico abito “da bambola” griffato Goddard, poi, lo troverà tinto di un giallo pallido che vira al crema, una delle poche eccezioni nel novero dei colori strong della collezione. Ruches e volant abbondano anche tra i decori degli oufit in tessuto: si moltiplicano sugli abiti, sulle gonne e sulle jumpsuit. La collaborazione tra Goddard e Ugg ha dato eccellenti frutti; sabot con platform vertiginoso e mules in fake fur sono il complemento ideale delle mise fiabesche e surreali create dalla designer londinese.

 

2.MOLLY GODDARD

3.MOLLY GODDARD

 

 

 

New York Fashion Week: flash dalle sfilate delle collezioni PE 2021

1.TOM FORD

Sono molti, negli Stati Uniti, i brand che hanno rinunciato a proporre una collezione Primavera Estate 2021. La pandemia di Covid infuria, e anche se nella Grande Mela i contagi, al momento, sono più contenuti, alla New York Fashion Week svariate label hanno preferito divulgare le loro creazioni in versione digital  attraverso la piattaforma Runway360 del CFDA (Council of Fashion Designers of America). In tantissimi hanno optato per la modalità “lookbook”, evitando il défilé in passerella via video: tra questi, TOM FORD. Il Presidente del CFDA, che come tutti ha ideato la propria collezione in quarantena, guarda al passato e, al tempo stesso, a un futuro sgargiante e audace, intriso di positività nonostante il duro periodo attuale. Ford si ispira agli anni ’70 di Antonio Lòpez, al glamour delle sue illustrazioni, inneggia ad una donna sfrontatamente sensuale ma sempre sorridente e super grintosa. I look evidenziano stampe sgargianti: floreali, tigrate, zebrate, spesso fuse in un mix & match sorprendente e mai sopra le righe. I minishort troneggiano, abbinati alla giacca e al foulard, le camicie sono sbottonatissime, i pantaloni, lucidi e morbidi, ostentano una cintura con il logo del brand. Il monocolor ricorre in tonalità eleganti quali il viola, il fucsia, l’azzurro polvere, ma fa la sua comparsa anche il tie-dyed. Lo ritroviamo soprattutto sui caftani ampi e spettacolari, con lunghe frange, che rappresentano i pezzi forti – e sicuramente i più iconici – della collezione.

 

2.TOM FORD

3.TOM FORD

1.CAROLINA HERRERA

Wes Gordon, pur rimanendo fedele allo scenografico heritage di CAROLINA HERRERA, impregna questa collezione di freschezza in dosi massicce. Lo chic è al primo posto come sempre, ma privo di indizi “ladylike”: piuttosto, acquista una allure vagamente anni ’60 e si ispira alla Mia Farrow di “Rosemary’s Baby”. Accanto agli splendidi abiti da sera con maniche a sbuffo risalta una serie di minidress dalla linea ad A, essenziali o impreziositi da volants e grandi fiocchi, ma anche stretti in vita e, come nel caso di un abitino in tulle color baby pink, adornati da un vistoso “ventaglio” asimmetrico (sempre in tulle) che dalla spalla scende sul fianco. I pantaloni sono ampi, dritti e a vita alta, le silhouette alternano linee fascianti e minimali ad altre più fluttuanti e svasate nel fondo. Una camicia bianca con maniche a sbuffo abbinata a una miniskirt nera costituisce l’ apice del “dégagé”; agli antipodi, l’ abito a sirena in total black, ornato da una sfilza di fiocchi frontali, che ostenta un’ eleganza da diva. Ogni outfit viene indossato con scarpe rasoterra, siano esse  francesine o Mary Jane, il che contribuisce a donare brio all’ insieme. La palette cromatica abbandona il color block delle scorse stagioni optando per il bianco, il nero, un pallidissimo rosa e un beige altrettanto tenue, mentre le stampe si declinano in minipois e fantasie floreali.

 

2.CAROLINA HERRERA

3.CAROLINA HERRERA

1.KA WA KEY

Il brand del duo formato dai designer Ka Wa Key Chow e Jarno Leppanen ha proposto la sua collezione, “There’ s no place like home”, tramite un corto diretto da Fabrizio Eramo. L’ ispirazione prende vita dai luoghi, o meglio dalle tre città, che per KA WA KEY incarnano il concetto di “casa” – Hong Kong, Londra e la Finlandia – ed elabora l’idea iniziale alla luce dell’ attuale emergenza pandemica. I look si concentrano sulla nozione di comfort utilizzando tessuti morbidi, prevalentemente tinti in degradé di colore, e sovrapponendo i capi di frequente. La gonna svolazzante, anche in versione a salopette, fa da leitmotiv; la affiancano pantaloni comodi in lana a coste o pratici bermuda, mentre tra i top predominano i pull a dolcevita. Nonostante il tema della collezione sia incentrato sulla casa, il video di Fabrizio Eramo presenta le creazioni in un’ ambientazione outdoor: i modelli si muovono in mezzo alla natura, su un prato con una fitta vegetazione a far da sfondo e sotto un cielo striato di nuvole rosa. Il tutto rimanda ai valori eco-sostenibili del brand e crea un voluto contrasto tra l’idea di casa come spazio chiuso e la sua accezione più ampia di “territorio”, località, paesaggio dell’ anima. Non c’è traccia di restrizioni, nello stile di Ka Wa Key: “comodità” fa sempre rima con “libertà”.

 

2.KA WA KEY

3.KA WA KEY

1.ZIMMERMANN

Per Nicky Zimmermann “casa” vuol dire “Australia”, e la sua collezione “Wild Botanica” si ispira proprio alla magnificenza della flora e della fauna del Nuovissimo Continente. Il romanticismo, la femminilità che contraddistinguono le creazioni di ZIMMERMANN si arricchiscono quindi di un nuovo elemento, che tramuta la bellezza naturale in motivo decorativo tramite applicazioni e stampe: un tripudio di petali in 3D adorna colli e polsini, oppure invade gli abiti con un effetto visivo che rende i fiori simili a migliaia di ali di farfalla. Le stampe riproducono tutte le specie floreali, accostandole in una sorta di patchwork acquarellato che esalta la presenza di coloratissimi pappagalli esotici. Le nuance, di conseguenza, si moltiplicano pur rimanendo sempre molto “discrete”, eleganti, appena più vivide delle tonalità pastello. L’ abito lungo, ondeggiante e dotato di maniche a sbuffo (ormai un capo trademark della designer australiana) spadroneggia anche in versione mini, ma si alterna a molti altri modelli: con balze palloncino, scampanato e stretto in vita, dalla linea affusolata e in total crochet. Proliferano poi i look composti da crop top e gonna fluttuante, mentre tra i pantaloni risaltano i flares stampati a fiori e pappagalli proprio come la jumpsuit abbinata a una paglietta in stile anni ’20.

 

2.ZIMMERMANN

3. ZIMMERMANN

 

 

 

 

Juan De Dios: uno swimwear made in Colombia

Tucan

Abbiamo conosciuto il brand Juan De Dios giorni fa, in un articolo che VALIUM ha dedicato al beachwear. E siccome ci ha intrigato, è cosa buona e giusta approfondire. Juan De Dios è stato fondato in Colombia e attinge ispirativamente alla cultura, ai paesaggi, alla magia e alla mitologia del suo paese. Crea uno swimwear sostenibile, femminile ma senza orpelli, sofisticato e originale: la natura del tropico permea ogni creazione, la civiltà pre-colombiana affiora di frequente e i colori stessi rievocano la rigogliosa vegetazione del Pacifico. I costumi da bagno di Juan De Dios hanno una caratteristica. Sono “easy” e sensuali, ma indossandoli sembra di sfoggiare un abito da sera. Che siano bikini o costumi interi, conquistano senza ricorrere a scollature panoramiche e sgambature vertiginose. Semmai, il loro punto di forza sta nel “vestire” il corpo: non a caso, tutti i capi sono stati concepiti sia per la vita di spiaggia che per le occasioni più speciali. Li impreziosiscono grandi volant monospalla, applicazioni floreali, drappeggi effetto fiocco, stampe zebrate e impunture dal sapore etnico. Gli slip sono a vita alta e i reggiseni piccoli top sostenuti da elaborati, splendidi intrecci decorativi. Da non sottovalutare, poi, il fascino della palette cromatica che include il nero, l’arancio, il beige, l’avorio, il verde selva, il rosso, il giallo sole…Tutte nuance ispirate alla lussureggiante natura equatoriale. Riflettori puntati, dunque, su una selezione di capi appartenenti alla collezione Primavera/Estate 2020 di questo superlativo swimwear brand made in Colombia.

 

Arawak

Quetzal

Iris

Victoria

Khogui

Jeanne Bare

Malaga

Barranquero

Albatross

Leticia dress

Custeau dress

Agua Alta dress

 

 

 

 

Frida.Kiza, il brand di Fabiola Manirakiza: l’Italia nel cuore, il mondo come meta

Fabiola al party “The New Beginning” di VOGUE Italia nel 2017

Fabiola Manirakiza è una stilista originaria del Burundi, ma fabrianese d’adozione. Vive nelle Marche dal 1990. Quando abbandona l’ Africa insieme alla famiglia, è giovanissima. Il trasferimento a Fabriano, la “città della carta”, le permette di scoprire un patrimonio culturale e artistico da cui rimane affascinata. La storia millenaria di quel luogo, ricca di splendide testimonianze, la conquista immediatamente. Innamorata del bello, Fabiola può assecondare il proprio senso estetico: dedicarsi alla moda è per lei una scelta istintiva, del tutto naturale. Vola all’estero per frequentare alcuni corsi nel settore, poi torna in Italia e mette le sue competenze al servizio di svariate aziende. Intanto, il successo delle creazioni che realizza per se stessa e per le amiche è tale da indurla a fondare un proprio brand. E’ il 2016 e a quel brand dà il nome di Frida.Kiza, un mix tra un omaggio a Frida Kahlo e l’ abbreviazione del suo cognome. Da allora, la strada è tutta in discesa per la talentuosa designer di origine africana: Fabiola intensifica le ospitate in TV (dove appare già da tempo), partecipa alle più importanti manifestazioni fieristiche sia in Italia che oltreconfine e, dulcis in fundo, inizia a presentare le sue collezioni durante la Milano Fashion Week. A Fabriano mantiene la sede legale di Frida.Kiza, ma lo showroom è situato a Milano, e i capi del brand sono venduti nelle più prestigiose boutique italiane e internazionali. Le celebs adorano lo stile di Fabiola Manirakiza, un inno al Made in Italy in quanto a sartorialità, ispirazione e ricercatezza dei tessuti. Basti pensare che l’attrice e conduttrice Emanuela Tittocchia, direttrice artistica dell’ “Opening Sanremo 2020”, ha indossato un abito Frida.Kiza in occasione dell’ evento che ha inaugurato la 70esima edizione del Festival. L’ amore per il Belpaese si esprime a tutto tondo nelle creazioni della designer, diventando parte integrante della sua cifra stilistica: l’arte italiana, in particolare, è uno dei maggiori motivi ispirativi di Fabiola, come i colori degli antichi dipinti e le opere architettoniche che appartengono al nostro patrimonio storico. La collezione Primavera/Estate 2020 di Frida.Kiza declina questi elementi in un tripudio di stampe, cromie vivaci e fantasie floreali. I look sono chic ma freschi, disinvolti, alternano linee contemporanee a silhouette vagamente anni ’50. Risaltano abiti con la gonna svasata, pantaloni cropped, mantelle nella stessa fantasia dell’ outfit, shorts in full color…Il punto vita viene sottolineato costantemente, il più delle volte da un’alta cintura rossa. “Summer Mood” – così si chiama la collezione – racconta di un sogno che fonde suggestioni artistiche, naturali e floreali in un vortice inebriante: a fare da leitmotiv è Venezia, che le stampe riproducono nei suoi squarci più romantici (come il ponte di Rialto), affiancata alle visioni di una natura rigogliosa ed a fiori dai colori travolgenti in cui predominano il turchese e il fucsia. I tessuti (jersey, denim, viscosa) sono versatili e pratici, perfetti per l’ estate ma anche per esaltare questo surreale viaggio nella città lagunare. Ancora una volta, Frida.Kiza combina l’ eccellenza del Made in Italy con tecniche e tendenze up to date; è un connubio che seduce, rappresenta il suo marchio di fabbrica. Quella proposta dal brand è una moda rivolta sia alle “taglie da passerella” che alle più comode, valorizzate da una collezione pensata apposta per le curvy. Intrigata dalle creazioni di Fabiola Manirakiza, ho voluto fare quattro chiacchiere con lei per saperne di più sulla sua griffe. Viviamo nella stessa città, e nonostante Fabiola sia sempre in giro per il mondo, mi ha concesso un po’ del suo tempo prezioso per rispondere ad alcune domande. Il risultato è l’ intervista che segue: non mi resta che augurarvi una buona lettura.

Fabiola, tu provieni dal Burundi. Come sei approdata in Italia?

Amo l’Italia da sempre: ho lavorato al Consolato Italiano e frequentato ambienti della diplomazia italiana. Trasferirmi in questo paese, per me, è stato un passo naturale.

Quando hai scoperto la tua passione per la moda, e in che modo l’hai coltivata?

La moda è sempre stata il mio sogno…Creavo abiti per me stessa già da bambina. Con il tempo, ho semplicemente assecondato una passione innata.

 

Frida.Kiza PE 2020

Raccontaci le tappe più salienti del tuo percorso nel fashion system.

Nel mio percorso formativo figurano, tra l’altro, studi di moda a Londra. Dopodichè, ho iniziato ad essere presente in varie trasmissioni televisive per poi approdare al Festival di Sanremo 2020, dove ho vestito Emanuela Tittocchia in occasione della serata inaugurale: Emanuela ha scelto il mio abito tra i tanti che le erano stati proposti.

 

Emanuela Tittocchia indossa un sontuoso abito firmato Frida.Kiza all’ “Opening Sanremo 2020”

Come è nata l’idea di fondare un tuo proprio brand?

Frequentando e conoscendo molti stilisti, ho voluto anch’io dare un volto alle mie creazioni.

Frida.Kiza è sorto a Fabriano, nelle Marche, a oltre 300 km da una capitale della moda come Milano. Perché questa scelta?

A Fabriano si trova la sede legale del brand. Lo showroom di Frida.Kiza, però, e’ a Milano.

 

Frida.Kiza PE 2020

A quale donna si rivolge il tuo brand, hai una musa ispiratrice?

Quando creo penso a una donna che ama la vita, piena di gioia di vivere. La mia musa? Senza dubbio, Coco Chanel.

Nelle tue recenti collezioni fai un ampio uso delle stampe e di una palette cromatica vibrante. Sono leitmotiv che derivano da riferimenti specifici?

Direi che esprimono perfettamente la personalità di Frida.Kiza.

 

Fabiola al lavoro

Chi sono i designer che ami e che ti ispirano maggiormente?

Coco Chanel, Armani e Dolce & Gabbana su tutti.

A proposito di ispirazione, hai mai attinto a motivi o a suggestioni africane? E più in generale, esistono degli elementi ispirativi che ricorrono nelle tue creazioni?

Non mi sono mai ispirata all’ Africa nelle mie creazioni, ma non è detto che non possa essere un’ idea per le prossime collezioni. Utilizzando, come sempre, dei colori cromatici.

 

Un outfit della collezione PE 2019 di Frida.Kiza

Personalmente, ti senti più italiana o più africana?

Italiana al cento per cento, ma sento di appartenere al mondo.

Quale futuro attende la moda, nell’era del Coronavirus?

Un cambiamento epocale, sia nel creare che  realizzare e proporre.

 

Fabiola insieme alla mitica Suzy Menkes, International Fashion Editor di VOGUE

Pensi che varierà qualcosa nel tuo modo di creare, di ispirarti, di presentare le tue collezioni?

Il brand rimarrà sempre Frida. Kiza con le sue creazioni e ispirazioni, ma guarderà costantemente ai continui cambiamenti che ci coinvolgeranno.

Quali sono i progetti più immediati che ti vedono coinvolta?

Sicuramente, la preparazione della nuova collezione Primavera/Estate 2021.

 

 

 

Altri look tratti dalla collezione PE 2020 di Frida.Kiza

Un ritratto fotografico di Fabiola Manirakiza

La designer con Carla Sozzani, un’ icona indiscussa (nonchè sorella dell’ indimenticabile Franca)

Stampe e ancora stampe: uno dei leitmotiv delle collezioni griffate Frida.Kiza (nella foto, un look della PE 2019)

Fabiola in uno scatto insieme alla nota giornalista di moda Giusi Ferrè

 

 

 

Tendenze PE 2020 – Fiori e look fioriti

MARC JACOBS

I fiori, protagonisti assoluti della bella stagione: il loro fascino non li rende mai scontati. Nell’era del Coronavirus, poi, diventano i magnifici emblemi della natura e della necessità della sua tutela, una tematica sempre più pressante. Le collezioni Primavera/Estate 2020 pullulano di stampe, applicazioni, ricami e decori a tema floreale, tutti inneggianti a un connubio di romanticismo e suggestioni idilliache. Vengono citati gli anni ’70 (Marc Jacobs), con lunghi abiti che avrebbe potuto indossare Marisa Berenson, l’era elisabettiana (Comme des Garçons), la pittura dei Fauves (Marni), evidenziando un’ ispirazione senza tempo e mai priva di innovativi spunti: perchè se una rondine non fa Primavera, un look fiorito decisamente sì.

 

PAUL & JOE

GIAMBATTISTA VALLI

FENDI

MARNI

MSGM

CAROLINA HERRERA

COMME DES GARçONS

VALENTINO

PHILOSOPHY DI LORENZO SERAFINI

DOLCE & GABBANA

LUISA BECCARIA

 

 

Milano Fashion Week: 10 +1 flash dalle sfilate PE 2020

GUCCI – La moda contro ogni forma di imposizione, anche quella del vestire: fedele ai propri principi, Alessandro Michele ribadisce il suo concetto di stile come consacrazione della diversità e dell’ autodeterminazione. Va in scena quindi una collezione lontana da qualsiasi stilema avvistato nei suoi quasi cinque anni alla direzione creativa di Gucci, e tuttavia permeata  – al pari della Gucci Cruise 2020 – dall’ ispirazione Seventies: ma in questo caso si tratta dei Seventies reinterpretati dalla stessa Maison, precisamente quelli dell’ “era Tom Ford”. Michele li rivisita attraverso un processo di Guccification che mixa sensualità, linee nette e un seducente color block. L’ accessorio clou? Un alto choker in vernice nera dal vago sapore fetish.

Il nostro iter dedicato alle Fashion Week delle collezioni Primavera Estate 2020, oggi ci porta a Milano. Nella capitale meneghina la parola d’ordine sembra essere “portabilità”: senza rinunciare agli sperimentalismi, le creazioni privilegiano look indossabilissimi nella vita quotidiana. Tornano alla grande le spalline anni ’80, con i loro maxivolumi, le linee si fanno più essenziali coniugandosi con una lavorazione ricercata e con un’ eccentricità attentamente calibrata. Dal punto di vista cromatico, ritroviamo il binomio rosa-arancio al top di stagione (vedi London Fashion Week) e una “golosa” palette pastello, ma, soprattutto, si registra l’avanzata del menta, del giada e di un’ azzurro tendente al giada già candidati a nuance chiave del 2020. Predominano, poi, le stampe: fantasie jungle, tropicali e floral si alternano al batik ed a psichedelie all’ insegna del colore. Gli accessori sono più che mai “scolpiti” ed adottano, di volta in volta, dimensioni maxi o mini. Sul versante calzature predominano i tacchi massicci, svasati sul fondo, oppure rasoterra, e la punta si affila. Le borse sono sempre più di design (la Whitney Bag di Max Mara porta addirittura la firma di Renzo Piano), ed i modelli in miniatura svettano al top, mentre tra i cappelli si segnala il boom dei cappellini con visiera, che hanno tutta l’ intenzione di soppiantare falde larghe e cloche. La Fashion Week milanese ci ha sbalordito con degli incredibili colpi di scena: Jennifer Lopez ha concluso la sfilata di Versace sfilando nell’iconico Jungle Dress che rese celebre nel 2000, mentre Moschino ha mandato in passerella una collezione, cubista e spettacolare, completamente dedicata a Picasso. In attesa di partire insieme per Parigi, godetevi quindi la selezione di look + un accessorio che VALIUM vi propone!

 

PRADA – E’ un inno allo stile individuale, alla personalità – più che agli abiti di per sé – quello che che manda in scena Miuccia Prada. Le silhouette sono all’ insegna del “less is more” eppure ricercatissime, profuse di accenti anni ’50. Prevalgono giacche e cappotti trequarti con grandi bottoni, longuette sia sotto forma di gonna che di abiti, forme che vanno a restringersi nel fondo. La palette “discreta”, composta perlopiù dal bianco, dal nero ravvivati dall’ arancio e da gradazioni di marrone e verde bosco, è impreziosita da motivi ornamentali vagamente Déco che riproducono felci dorate.

 

ALBERTA FERRETTI – L’estate di Alberta Ferretti è coloratissima e pervasa da un mood “boho”: l’ispirazione anni ’70 è potente, esalta uno chic informale ma soprattutto un glamour che rivisita, in puro stlle Ferretti, uno dei decenni più fertili e creativamente innovativi. Pantaloni che scoprono l’ ombelico, top sfrangiati, caftani in maxilunghezze e in versione minidress abbondano, sfoggiando di volta in volta stampe esotiche o all’ insegna del batik e del dégradé. I look in nero e bluette che chiudono la sfilata fanno pendant con il fondale, una video installazione raffigurante una cascata ideata dall’artista Fabrizio Plessi.

 

FENDI – Molto beige, molto ocra, molto marrone per una collezione in cui Silvia Venturini Fendi inneggia al fascino insito nella quotidianità. Lunghezze mini, oppure lunghe e fluttanti, contraddistinguono look portabilissimi, ma non certo privi di stile: capispalla scamosciati, coat-vestaglia in stampa check, gonne e t-shirt in crochet a rete si alternano ad abiti see-through con lunghe maniche a sbuffo, inserti trasparenti su giacche abbottonatissime e vistose stampe floreali. Risaltano dettagli come i calzini indossati con i sandali e con le décolleté, mentre, dal punto di vista sartoriale, lo straordinario savoir faire della Maison si riconferma tale.

 

VIVETTA – Ispirazione vacanze in Grecia per Vivetta Ponti; o meglio, sull’ isola greca di Skorpios, dove Aristotele Onassis approdava con gli sciccosissimi ospiti del suo yacht. Pensando al guardaroba di quell’ equipaggio femminile, la designer si sbizzarrisce nella creazione di capi ladylike ma in versione “fiabesca”, com’è nel suo stile: maniche a sbuffo, drappeggi, orli di piume, cuori e grandi fiocchi ornamentali sono i leitmotiv di look in cui il satin lucente si alterna a un tulle pervaso di pizzi e di applicazioni floreali. “Femminilità” potrebbe essere la parola d’ordine dell’ intera collezione.

 

MOSCHINO – Jeremy Scott omaggia Picasso e dà vita ad una collezione a dir poco incredibile. I look, spettacolari, citano le muse dell’ artista e i suoi soggetti ricorrenti, inscenando una parata “cubista” difficile da dimenticare: con un mood Spanish a far da filo conduttore, i ritratti del Maestro si traducono in abiti eccentrici dove trionfano i grafismi, le asimmetrie ed un trompe-l’oeil davvero mozzafiato. Enormi maniche a sbuffo sono una costante, sia in versione “classica” che  in stile trompe-l’oeil, la figura del torero troneggia (coronata da un copricapo-maschera, firmato Stephen Jones,  che riproduce un toro cubista) e durante la sfilata si possono scorgere sia il celebre Arlecchino di Picasso che la “Donna con mandolino”, uno strumento che Scott plasma prodigiosamente sugli abiti.

 

MARNI – Una collezione all’ insegna della sostenibilità, un’ ode ai materiali riciclati,  un tema eco che ricorre persino nell’ ispirazione: tutti elementi che hanno spronato Francesco Risso ad immaginare una “jungle fever” tangibile, suggestioni e brividi suscitati da look che rimandano costantemente alla natura. Completi drappeggiati, abiti a palloncino, full skirt e giacche-kimono sono contraddistinti da asimmetrie costanti, cromie verde foglia e “pitture” floreali multicolor che non di rado si tramutano in autentiche fantasie psichedeliche. Predominano le maxilunghezze ed i giacconi esibiscono ampie maniche squadrate.

 

MARCO DE VINCENZO – Una sfilata a cielo aperto, sotto il sole della Darsena: la prima in assoluto, a Milano, allestita in questa location. E’ qui che prende vita l’arcobaleno di Marco De Vincenzo, che presenta una serie di look monocromatici arricchiti da eccezionali lavorazioni. I colori per cui opta – a partire dal nero e dal check iniziali – sono il celeste, l’azzurro, il turchese, il giada, il grigio perla, il bianco, il panna, il giallo, il rosa, il rosso e il fucsia, declinati in abiti dalle trame in 3D ed adornati con frange o bordature di tulle increspato. Ed è sempre il tulle a forgiare l’ accessorio più iconico della collezione: un foulard annodato sotto il mento e in rigoroso pendant cromatico con gli outfit.

 

VERSACE – Abbandonando i vibranti colori della collezione AI 2019/20, Donatella Versace torna al nero e ad un’estetica fortemente anni ’90. Ma la pulizia delle linee non intacca certo la seduttività delle mise, contraddistinte da minilunghezze o da una silhouette affusolata: nel primo caso, i sandali alla schiava con tacco a stiletto accentuano l’ allure sofisticata. Al nero si alternano le nuance al neon di alcuni look, ma soprattutto una stampa jungle nei toni del verde e del rosa. La stessa stampa riprodotta sul Jungle Dress, l’iconico abito della Maison, sfoggiato in chiusura del défilé da una statuaria Jennifer Lopez: fu proprio lei a renderlo celebre nel 2000, indossandolo ai Grammy Awards. Per l’occasione, JLo ne ha indossata una versione “aggiornata” ancora più sensuale, sleeveless e con un vertiginoso spacco frontale, che ha mandato in visibilio in pubblico. Non è un caso che fu proprio il Jungle Dress ad ispirare la creazione di Google immagini, dove la ricerca dell’ abito divenne la più popolare di sempre.

 

GIORGIO ARMANI – In “Terra”, questo il nome della collezione, si avvicendano i capi signature del più recente Giorgio Armani: pantaloni ampl e fluttuanti, giacche nehru, lunghi abiti impalpabili, gliet che impreziosiscono gli outfit. L’ ispirazione privilegia l’ ambiente naturale, affiancando le stampe floral-vegetali a pattern paillettati che delineano farfalle, applicazioni di rose in tessuto, sciccosi boa di frange e ruches che rievocano gli agglomerati cristallini. E se i colori greige, blu e marrone rimandano ad un’idea emblematica di “terra”, il rosa, il lilla ed un celeste delicatissimo – spesso accesi di bagliori – ne sottolineano le risorse più eteree. Accessori come collane a cascata e grandi orecchini lavorati a cerchio sembrano esaltare, invece, accenti marcatamente tribali.

 

MAX MARA – Un agente segreto che non rinuncia alla propria seduttività: è questa la donna della Primavera Estate 2020 di Max Mara, che ispirandosi alla serie TV “Killing Eve” tinge di tenui nuance pastello capi ed accessori di stampo militare. Il monocolor predomina, bermuda e camicie multitasche si abbinano rigorosamente alla cravatta, le giacche hanno spalline squadrate come le t-shirt; linee sobrie si affiancano, per contrasto, a pantaloni da paracadutista cosparsi di ruches. Ma sono i dettagli a definire la personalità della musa ispiratrice di Ian Griffiths: in passerella, le modelle sfoggiano un paio di treccine ed indossano i gambaletti con le gonne ed i bermuda. Una menzione speciale va al képi, tipico cappello della Gendarmerie francese. Declinandosi nelle identiche tonalità di celeste, lilla e giallo pastello, viene abbinato persino con i long dress sinuosi e fruscianti che chiudono la sfilata, a dimostrazione di come un copricapo iper-spartano possa tramutarsi in un simbolo di femminilità: non vi sembra un motivo sufficiente per sceglierlo come accessorio della Milano Fashion Week?