Icone anni ’80: Diana Est

 

” I capelli immobili con disegni statici, ed un trucco energico da guardare subito. Val la pena vivere solo dalle undici, posso solo ridere nell’oscurità”…

Un ritmo ipnotico, ossessivo, elettronico: la new wave italiana di metà anni ’80 aveva interpreti di tutto rispetto che operavano in un circuito concatenante musica, fashion trends underground e la grafica techno-computerizzata dei primi PC in un mix inscindibile di musica e immagine. In quegli anni, una vera ‘nuova ondata’ musical-visiva invase l’Europa, complice la diffusione massiccia dei video-clip. E una trasmissione TV come Mister Fantasy, guidata da un Carlo Massarini perennemente di bianco vestito, sulle note di Glad dei Traffic apriva ogni notte il sipario a tutte le avanguardie italiane e non.

Diana Est era uno di questi personaggi che rappresentavano la new wave a tutto tondo, a 360°: un modo di esprimersi, di apparire, di vivere. Simbolo della ragazza anni ’80 per eccellenza, si contrapponeva alla ‘sciura’ dai capelli cotonati e in giacca dalle spalline imbottite con la naturalezza di uno stile ‘grafico’, essenziale e preziosamente minimal. Capelli alla garçonne con ciuffo asimmetrico che copriva un occhio (diventarono il taglio più copiato da centinaia di giovani donne), trucco quel tanto che basta, si presentava in scena cantando un inno alle atmosfere notturne dal titolo che richiamava  il nome della discoteca più alla moda di Firenze (il Tenax) vestita di un semplice peplo in raso nei toni del rosa, calzando stivaletti rasoterra e indossando un paio di guanti scesi al polso. Forse è già mattino e non lo so…, cantava, e le sue parole sono fissate tuttora indelebilmente su una parete del Cocoricò di Riccione, un mondo latino inventerò, e il suo look classico combaciava alla perfezione con un verso di Seneca compreso nel testo: Sed morbo senectus morbus est carmen vitae immoderatae hic est Tenax, il suo cavallo di battaglia, diventò un tormentone in tutte le discoteche e riascoltandolo oggi, risulta attualissimo. Tanto che Enrico Ruggeri, autore del testo, ha deciso di rilanciarlo in una nuova versione che lo vede interprete principale insieme ai Serpenti. E Diana? Dopo la pubblicazione di altri due dischi (come si chiamavano allora), Le Louvre e Diamanti -concomitante con un suo cambio di look che la vedeva in abiti dal taglio stile jap e sfoggiando un caschetto sfilato con le ciocche buttate attorno al viso – ha abbandonato il mondo dello spettacolo a titolo definitivo. Come una dea della mitologia greca è stata adorata, ha creato proseliti e la sua scomparsa dalle scene è servita solo a renderla immortale. Tenax è ancora uno dei ritmi più ‘battuti’ in  discoteca e chiunque abbia più di trent’anni non può fare a meno di identificare quel brano con lei, splendido ‘diamante’ degli anni ’80 che ha brillato di luce propria, ma non per una sola stagione.

 

 

Buon martedì.

Opera d’arte

 

“O si è un’ opera d’ arte o la si indossa.”

Oscar Wilde

da  Frasi e filosofie ad uso dei giovani, 1894

 

Buon inizio settimana.

Cioccolata calda

 

Quanti ricordi, davanti a una tazza di cioccolata calda! La cioccolata calda era la ‘merenda’ della tappa:di quando cioè, anzichè essere a scuola, noi bighellone ci organizzavamo una giornata offdutynella più assoluta (o quasi) clandestinità. Ma era anche la bevanda post-sciopero, quando manifestare si concludeva con una bella tazza di cacao in crema fumante…Il baretto alla fine del corso, quello all’angolo, era il prescelto: tanti tavolinetti ‘imboscati’, una latitanza favorita e protetta dalle luci soffuse del locale, quasi buio persino a mezzogiorno…E poi, quelle giornate di neve: fantastico, rifugiarsi al baretto quando la neve abbondante diventava una geniale scusa per saltare le lezioni! La nostra cioccolata calda, allora, accompagnava le nostre ciacole mentre era splendido vedere, attraverso le vetrine, scendere una miriade di fiocchi di neve…Gli argomenti? La scuola, le proteste, i pettegolezzi sui prof ma soprattutto gli amorazzi, ovvio. Disquisizioni su’ amore e sesso di adolescenti talune ‘imberbi’, talune più ‘scafate’, ma quasi tutte confuse da comportamenti e modi di fare, soprattutto dalla (mal) esternazione dei sentimenti di coetanei indecifrabili e brufolosi…E poi c’erano i divi: tutte a pendere dalle labbra dei New Romantic ‘sbroccando’ per Simon Le Bon, John Taylor, Adam Ant sostituiti poi da Axel Rose, Bon Jovi e una scia interminabile di rockers, divi del cinema (vedi alla voce Mickey Rourke), calciatori i cui nomi sono finiti in un calderone confuso nel tempo. Ovviamente, la moda era un altro degli argomenti al top: le bibbie erano 100 COSE, LEI, divorate facendo l’orecchietta alla pagina da contrassegnare: pantaloni alla caviglia in pied-de-poule, miniabiti in lana, scaldamuscoli come se piovesse, giacchine in panno di lana corte in vita indossate con temperature sottozero erano le nostre armi di battaglia, e lo scambio di vestiti lo ‘sport più praticato’. Giornate spensierate e senza problemi, quelle della scuola, vissute in un ‘allegra caciaroneria inconsapevole…Flashback che immortalano colori fluo, capelli alla garçonne obbligatori, sorrisi a tutti denti. E andando più indietro nel tempo? Sorrido ancora ripensando alla famigerata ora di lettere delle medie, quando essere chiamate a leggere un brano dell’antologia suscitava brividi e mani sudate a freddo: gli improvvisi scoppi di ‘ridolite acuta’,  incontrollabili e senza motivo, erano il terrore della lettrice. Che quasi sempre doveva interromere a metà il brano assegnato affetta da un’ insopprimibile risarella, incubo irrisolto finanche per gli insegnanti. Torneremmo volentieri ai tempi della scuola, giusto per desponsabilizzarci un po’: ma sarebbe solo un viaggio a ritroso nel tempo con biglietto di ritorno…che avrebbe i minuti contati e gli spazi onirici, quasi surreali… tipici di un sogno dal sapore déjà-vu.

 

Punk’s not dead

 

Chi l’ha detto che il punk è morto? In un panorama street fashion che lascia sempre più spazio a molteplici, differenti tendenze, i leit motiv dell’ originalità e della personalizzazione acquistano, al contrario, ogni giorno maggior valore aggiunto. Si inserisce esattamente in questo trend il lavoro di Claire Barrow, giovanissima designer made in the UK diplomata in Fashion Design al Cleveland College of Art di Middlesbrough e, correntemente, iscritta all’ University of Westminster di Londra in un percorso di approfondimento della stessa materia. Claire, fascinosa modella delle sue creazioni che riflettono una passione no-limits per le street subcultures declinate come veicolo per esprimere nel modo più versatilmente possibile la propria identità, nel 2010 ha iniziato a creare elaborazioni pittoriche personalizzate su un capo cult del punk, il classico chiodo di pelle nera: dall’ ironico al dark, i suoi motivi lasciano ampio spazio alla creatività e al gusto individuale, dando forma a immagini anche su richiesta per effettuare una personalissima operazione customed del giacchino di cuoio. Cieli adorni di nuvole, galassie interstellari, giochi di colori in apparente contrasto sfumati tra loro, figure che sembrano uscite da un quadro di Mirò, graffiti: tutto questo e molto altro ancora, rientra nell’ iconografia stilistica di Claire. I suoi capi ‘dipinti a mano’ hanno da subito riscosso un incredibile successo tra i giovani inglesi e tra gli ‘addetti ai lavori’; la consacrazione da parte della stampa, naturalmente, non ha tardato ad arrivare: articoli e servizi fotografici elogiativi delle creazioni new punk dell’ estrosa designer sono già apparsi in periodici dal calibro di VOGUE UK, I-D, ELLE e Dust – tanto per citarne solo alcuni. Attualmente, importante punto di riferimento per tutti gli interessati è la sezione Buy on line del suo sito personale, che alla vendita dei leather jacket affianca quella di borse e t-shirt graficamente rielaborate. Con una fan d’ eccezione come Rhianna, d’altronde, che le commissionò due ‘chiodo’ personalizzati da indossare durante il Loud tour più capi vari di abbigliamento ad arricchire il suo guardaroba, l’ attenzione nei confronti di Claire Barrow non poteva che salire alle stelle: si preannuncia come un grande evento, dunque, la sua prima collezione completa la cui uscita è prevista per il prossimo maggio. Keep tuned!

 

 

Felice weekend.

L’ abito bianco

 

Durante le sfilate Haute Couture parigine appena concluse, gli abiti eterei e superfemminili -definiti all’unanimità, dalla stampa, “romantici” – di Elie Saab hanno suscitato ammirazione e consensi: colori delicati in palette pastello, applicazioni di lamè e megalunghezze li hanno inseriti a pieno titolo nel filone di un’eleganza chic e sognante che bandisce tonalità chiassose e modelli appariscenti a favore di uno stile evanescente da ninfa, o da fata, dei boschi.  L’esaltazione di questi due diktat, femminilità e romanticismo, non poteva che portare alla massima espressione di entrambi: in passerella, l’ uscita dell’ abito da sposa è risultata l’applauditissima sintesi dei leit motiv ricorrenti del designer libanese. In tessuto rigido il corpetto, ampia e ricca la gonna, la massima sofisticatezza dell’abito si concretizza nell’applicazione di raffinati arabeschi di strass e perline su tutta la sua superficie. Il bianco, classico colore della purezza, viene spezzato da impercettibili tocchi di rosa pastello che riprendono le sfumature del velo, lunghissimo e decorato nell’identica modalità dell’abito, creando delicati giochi luminosi.

Un abito da sposa come ognuna di noi – sin da piccola – lo immaginava, adatto alla principessa di una fiaba. L’abito da sposa per eccellenza, quello che piacerebbe alle nostre mamme: lungo, scenografico e con un ampio velo. Quell’ abito, da bambine, era il simbolo della nostra vita di donne adulte: “plagiate” dai racconti delle fiabe e dalle considerazioni didascaliche di mamme, nonne e zie sulla donna ideale, vedevamo concretizzarsi questo percorso proprio nell’abito bianco: una base di partenza e di arrivo, tappa imprescindibile di vita (pena l’essere tacciata unanimamente da una sottospecie di paria sociale), e soprattutto massimo riconoscimento della nostra femminilità: un uomo ci sceglieva per la vita, dandoci valore come donne, madri, mogli, e l’abito incarnava in assoluto questo privilegio. E poi, naturalmente, c’era l’aspetto romantico: quale mamma non sognava la sua bambina, un giorno, vestita di un candido abito bianco e di un velo di tulle? Gli occhi, in quei momenti, si inumidivano di commozione e un sorriso ispirato incurvava le loro labbra. Ebbene sì, mamme, forse vi abbiamo deluso…rincorrendo chimere di carriera, sbarcando il lunario con lavori improbabili o meno, sbattendoci qua e là allo scopo di realizzare un sogno che coincideva solo con noi stesse, e non con un principe azzurro. E adesso, dopo tanto daffare e rincorsa all’ indipendenza, ci chiediamo se quell’abito, noi, lo indosseremo mai…e se forse eravate voi ad avere ragione, a preferire il percorso vintage di una vita tranquilla. Ma lo sarebbbe poi stata, tranquilla? “O tempora, o mores”…

Buon venerdì.

Défilès parigini e fashion icons contemporanee

 

Parigi, 23, 24, 25 gennaio 2012: il calendario sfilate dell’ haute couture avvicenda défilè su défilè in un ritmo frenetico, ma ben cadenzato. Sfilano i nomi più internazionalmente rilevanti dell’alta moda in una tre-giorni che non manca di attirare non solo la stampa, i VIP, i buyers mondiali, ma anche un folto gruppo di fashionistas e fashion addict che, prima e dopo ogni sfilata, cattura l’occhio e l’interesse di fotografi, curiosi e appassionati del settore. In molti casi – quasi sempre, anzi – l ‘ingresso e l’uscita da una sfilata importante costituiscono un fashion show di non minor impatto. Il look, gli outfit adottati dal ‘popolo della moda’ vengono ricercati, notati, immortalati con grande interesse analizzandone spunti e tendenze. Non c’è neppure bisogno di dire che, per competere in fatto di attenzione con le uscite di acconciatissime e superscenografiche modelle, la cura del proprio look dev’essere meticolosa, più che mai d’impatto, imbattibile in quanto a originalità; nella foto, una storica aficionada ai défilè de Paris: una contemporanea icona di stile che ha fatto conoscere il suo nome legandolo inizialmente ad una bellezza di prim’ordine, alla cura delle sempre impeccabili e originalmente personali mises indossate, a uno stile unico e difficilmente imitabile. Ulyana Sergeenko, creativa, fashionista, modella, fotografa e novità di spicco tra le designer internazionali, esibisce il suo fascino russo come un gioiello ben levigato: statuaria, grandi occhi azzurri, zigomi alti e pelle candida, un volto incorniciato da lunghi capelli castani, non poteva non esser notata nel suo look di bambola russa ora superchic, ora folk, ora vintage e spesso un mix di tutti e tre gli elementi. Dettagli moda ripresi dalla più antica e tipica tradizione russa sono accostati a capi ed accessori di gran classe, spesso dal sapore di altri tempi, esaltando un’eleganza di stampo rétro che richiama la quintessenza della classe. Ulyana ama la femminilità -raramente l’hanno vista in pantaloni- , i tacchi alti, cura in modo attento gli accessori -baschetti, pochette, cinte, scarpe e guanti sono al top delle sue preferenze – e ripone una cura speciale nella scelta delle gonne che hanno il leit motiv della lunghezza oltre il ginocchio, della ricca consistenza e dei tessuti speciali – pizzo, raso, macramè, cotone e panno in lana i più ricorrenti. Mitici i suoi ankle boots dalla buffa conformazione: come dei sacchetti, issati su tacchi a spillo o su vertiginose zeppe, in cui il piede si infila comodo. Quasi una versione contemporanea, rivista e corretta, degli zoccoletti olandesi. Ulyana, con il suo stile, ha abbagliato intere schiere di fan e di addetti ai lavori del fashion world, che ad ogni défilè parigino ne vanno alla ricerca e fanno a gara per fotografarla. Ha lanciato la sua seconda collezione tra i plausi generali e chiunque già sapeva chi fosse, pur essendo agli  inizi ufficiali di una promettente e seguitissima carriera di designer. Per ora, i suoi abiti sono in vendita solo a Mosca e on line, ma migliaia di fan di tutto il mondo affollano la sua bacheca Facebook richiedendo indirizzi di boutique in cui acquistare le sue collezioni. Non c’è dubbio: la classe non è acqua e, soprattutto, lo stile parla da sè, rendendosi protagonista assoluto di ogni superambito outfit di una splendida, ma pensante, bambola russa.

Buon giovedì.

Cenerentola del 2012

 

Stordita, e piacevolmente confusa. La musica, le danze, la sincronia di corpi che si muovevano armonicamente, creando aggraziate figure e gestuali arabeschi. Una nuvola di tulle rosa a sostituire abiti consunti, pietre magnificamente preziose che pendono dai lobi, corpetto di broccato…e il tacco della scarpina in raso che stringi tra le mani, ancora incredula. Ora, quel tacco è il tuo unico appiglio con la realtà: lo tasti, lo rigiri, lo riafferri saggiandone la consistenza, la concretezza. Immersa nella tua nuvola di sogno rosa, ti senti presa in un mondo onirico dai confini sfumati nella tua fantasia. Hai sognato o era pura realtà quando lui ti ha preso la mano invitandoti a ballare? Sentivi addosso i suoi occhi magnetici, incerta se perderti in quell’azzurro o abbassare lo sguardo. Sentivi cingerti la vita con un tocco delicato…che ti metteva addosso i brividi come un abbraccio. Il suo profumo, il suo sorriso: coup de foudre immediato nei confronti del ragazzo blasonato, il più ambito della festa. Non avresti mai creduto di essere così audace fino a quando quella folle idea ti è balenata per la mente: il tuo numero di cellulare scritto in punta di rossetto nella scarpina di Manolo Blahnik che hai finto di perdere, allo scocco della mezzanotte,  mentre correvi verso l’ imponente ascensore a specchi. L’avrà notata? L’ avrà raccolta lui? Avrà colto il tuo messaggio? Ancora in trance, non ti resta che aspettare…Immersa corpo e anima, con il cuore che batte a mille, nel tuo prezioso sogno di tulle rosa.

Buon mercoledì.

Glitter People


 

 

“La fiducia è come uno specchio, se si rompe lo puoi aggiustare – ma vedrai sempre la spaccatura in quel fottuto riflesso”

Lady GaGa

 

Buon martedì.

Louis Vuitton: primavera in toni bon bon

 

Dopo un inverno a tinte dark, immerso in un enigmatico universo sadomaso denso di mistero e sottolineato da citazioni iconografiche come la Charlotte Rampling de Il portiere di notte,  Marc Jacobs per Louis Vuitton volta pagina conducendoci verso una stagione primaverile agli antipodi assoluti dalle atmosfere della precedente collezione: la campagna pubblicitaria, firmata Steven Meisel, ne è un ‘assaggio’ eloquente. Mood a metà tra il romantico e il naif, pose complici, le modelle sembrano nel mezzo di un appassionante chiacchiericcio; gli outfit ne rispecchiano gli atteggiamenti ‘polite’ e confidenziali esaltando modelli iperfemminili, bon ton con ironia, in cui spiccano deliziosi colori sorbetto. La collezione primavera/estate 2012 del colosso francese del lusso dà vita a un glamour etereo e delicato, che nelle tonalità bon bon trova l’espressione ideale di un nuovo modo di essere donna. Parole d’ordine luminosità, garbo, stile: estremamente luminosa e scenografica anche la location della sfilata dove, in una cornice completamente immacolata, le modelle si avvicendano in passerella  scendendo da un’ antica giostra a cavalli: suggestioni d’infanzia, richiami onirici, un denso profumo di nostalgia verso tempi che furono danno forma a creazioni che delineano i connotati di una donna la cui sofisticatezza ha ‘tracce’ di Audrey Hepburn e della principessina del Lago dei cigni al tempo stesso. Una tiara posta sul capo di ogni modella ne suggella il mood predominante: lo chic e la ricercatezza sono evidenti nella scelta del pizzo sangallo, dei tessuti leggeri, degli intarsi e delle applicazioni che riprendono il motivo di grossi petali…Abitini e tailleur vengono arricchiti di merletti, decorazioni in plexiglas, scenografiche piume e si declinano in colori che esaltano soprattutto il bianco, i toni pastello e bon bon, le sfumature dégradè: il rosa, il celeste, il giallo pallido predominano su tutti, risaltando creazioni vagamente rétro in cui i pantaloni sono banditi a favore di uno stile candy di ispirazione fine anni ’50, quando le pencil skirt lasciarono spazio ad abitini dalla gonna svasata o a trapezio. A rimarcare i diktat della collezione il dettaglio delle piume, che donano un nuovo volume alle gonne e conferiscono il tocco in più che definisce una marcata femminilità: non è un caso se, per sottolineare questo trend, Jacobs ha voluto un’ incantevole Kate Moss in versione ‘cigno bianco’ a chiudere la sfilata.


Buon lunedì.

Falsi ricordi

 

 

“La differenza tra i falsi ricordi e quelli veri è la stessa che per i gioielli: sono sempre quelli falsi che sembrano i più reali, i più brillanti. “

Salvador Dalì

 

Buona domenica.