Sempre caro mi fu quest’ ermo colle…

 

Ed è lui che ci manca, in queste giornate di primavera inoltrata ancora instabili e uggiose in cui il sole fa capolino solamente a sprazzi: la sua illimitata massa acquosa, i suoi infiniti orizzonti, il suo azzurro sconfinato. Incastrati negli ingranaggi di una routine incessante, assorbiti dal lavoro, inghiottiti dalla città e dai suoi ritmi martellanti, lo sognamo ad occhi aperti:  immobile e sempre presente, raggiungibile dopo una neanche tanto breve fuga, il mare è lì. Imperturbabile e sereno, accorda i suoi colori a quelli del cielo e si declina in argento, in ogni sfumatura di turchese, in grigio piombo. La sua meraviglia rimane intatta: nella quiete, come in burrasca, non cessa di far volare l’ immaginazione su ali di gabbiano, di trasportare lontano lo sguardo, di ipnotizzarci con il ritmo regolare o impetuoso delle onde. Ma il meglio di sè lo offre quando, all’ inizio della bella stagione, si presenta a noi luccicando sotto i raggi del sole. L’ occhio spazia in cerca di nuovi confini, perdendosi nel mare aperto che diventa un tutt’uno con il cielo. Dall’ alto di un colle disseminato di ginestre, al di là di una baia che anticipa il calar del sole, con i piedi nudi che scottano su ciotoli arrotondati e piatti, nell’ aria impregnata di salsedine si diffondono suggestioni, atmosfere dal sapore eterno e senza tempo che ci rendono un tutt’ uno con lo splendido paesaggio:  “E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così, tra questa immensità, s’ annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce, in questo mare. “ Lo aveva cantato, nei suoi versi,  un mio illustre conterraneo quasi due secoli orsono…Il mare: “L’ infinito.”

Buon giovedì.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *