L’ 8 gennaio, per l’ esattezza ieri, David Bowie ha compiuto 66 anni: una data doppiamente speciale per tutti gli estimatori ed i fan del ‘Duca Bianco’. Creativamente inarrestabile, Bowie ha infatti approfittato del suo genetliaco non solo per ricevere, ma anche per fare regali. Ed il più grande che potesse fare attualmente ai suoi ‘seguaci’, il più unanimemente atteso, non poteva che essere l’ annuncio dell’ uscita di un nuovo album: il suo ritorno dopo ben sedici anni di silenzio. The next day, trentesimo lavoro discografico dell’ artista britannico che, in cinque decenni, più di ogni altro ci ha accompagnato musicalmente e visivamente nelle sue metamorfosi, verrà distribuito l’ 11 marzo. Prodotto con la collaborazione del fido Tony Visconti, l’ album sarà disponibile in due versioni: standard, contenente 14 brani inediti, e de luxe, che ne includerà invece 17 – già disponibili, entrambe, per pre-ordini su iTunes. E proprio da iTunes è già scaricabile il primo singolo dell’ album, Where are we now?, il cui video, diretto da Tony Oursier, è un richiamo a lontane suggestioni che, al ritmo di un’ intensa ballad, rievocano un periodo di grande fermento ed emotivamente molto intenso per Bowie: i prolifici anni da cui è scaturita la cosiddetta ‘trilogia berlinese’ – in cui spicca, preziosa, la splendida Heroes. Solo qualche anno prima, il Duca Bianco ci aveva reso partecipi spettatori di una delle sue metamorfosi più pregnanti, quella che lo incluse a pieno titolo nel filone del glam rock: artista a tutto tondo che abbinava, ad una straordinaria presenza scenica, uno stile musicale e dei testi dai contenuti introspettivi di alta rilevanza. Era il 1972 e Bowie, calzando stivali di vernice dal platform vertiginoso, i capelli rosso fuoco, in attillate tute di lurex o avveniristiche mises in technicolor, dava vita al personaggio di Ziggy Stardust, lanciandone l’ epopea nel leggendario album The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars e nel single Starman. Sul palco si fondevano musica e arte, ambiguità e rappresentazione, verità e alter ego: pesantemente truccato, Bowie/Ziggy si esibiva in performance che si avvalevano di frequenti scene di mimo. Un particolare non trascurabile, dal momento che Lindsay Kemp in persona – della cui compagnia, Bowie aveva fatto parte – era stato designato curatore assoluto di tutti i suoi concerti. A Ziggy Stardust va il merito di aver rivoluzionato per sempre i dettami classici del concerto rock e di aver proposto, al di là dei lustrini che caratterizzavano la sua immagine, un glam rock dai connotati più oscuri e denso di inquietanti dubbi: tramutando fantascienza, fantasia e tormento interiore nelle coordinate base che ne avrebbero maggiormente intensificato lo spessore.
Buon mercoledì.