Un grande brand o, come si diceva allora, Maison de Mode, che ha sfortunatamente chiuso i battenti a fine anni ’80: Jean Patou ha scritto un’ importante pagina della storia della moda a partire dal 1919, quando riaprì il suo atelier dopo le gravose vicissitudini della Guerra. In seguito alla morte prematura di Patou, avvenuta nel 1936, la Maison ha visto avvicendarsi una serie di designer che, anni dopo, avrebbero dettato legge di stile a livello internazionale. Qualche nome? Mark Bohan, Karl Lagerfeld, Jean-Paul Gaultier e Christian Lacroix. Jean-Paul Gaultier, in particolare, debuttò in azienda nel momento in cui era Michael Goma a ricoprire il ruolo di stilista in carica: risale esattamente a quel periodo, è datato 1970 e firmato Goma, questo scenografico cappotto color blu notte che profonde classe sulla scia stilistica degli Swinging Sixties. Abbinato ai più pregnanti capi dell’ epoca – un miniabito, un’ ampia sciarpa-foulard annodata al collo, un paio di go-go boots rigorosamente bianchi – il cappotto ‘cala’ le sue lunghezze spropositate con elegante noncuranza, coprendo le gambe nude con disinvoltura ed accompagnandosi ad uno degli accessori che sarà poi ripreso, e glorificato must have, appena due anni dopo da Bernardo Bertolucci in ‘Ultimo tango a Parigi‘: un cappello modello ‘Fedora’ in una nuance ‘carta da zucchero’ perfettamente ton sur ton con il cappotto. Glamour nella sua quintessenza eppure lineare, semplice, senza fronzoli. Non appaiono ulteriori accessori oltre a quelli citati, non esistono borse nè bijoux: il cappotto parla da sè, esprimendo un’ eleganza che non necessita di ‘voci corali’. E si rivela un capo assolutamente accattivante. Oggi, nonostante il boom dei minicappotti e dei cappottini 3/4 che imperversa fortemente ormai da qualche anno, il cappotto lungo sta conoscendo un momento di grande ritorno: sono molti i designer che l’ hanno riproposto in passerella, includendolo nelle collezioni dell’ attuale Autunno/Inverno. Riportando solo alcuni esempi, si va dallo stile Old America in tricot color sabbia firmato Michael Kors al sontuoso velluto damascato di Giorgio Armani, passando per la versione ‘Zarina russa’ di Ulyana Sergeenko e giungendo agli ormai storici, nella loro classicità, cappotti Max Mara. Denominatore comune di ogni modello, la maxilunghezza. Christian Dior osa ancora di più e presenta un cappotto dalla sublime tonalità cobalto che sfiora addirittura il suolo, avanzando sicuro nella giungla metropolitana grazie a un paio di incredibili cuissards in tinta che regalano un’ andatura provocante e flessuosa. Quanto basta per declassare definitivamente il preconcetto che, lo stile contemporaneo, decreti il minicappotto unico – e sfizioso – vincitore.
Buon venerdì.