Countdown to San Valentino: in praise of Rudy

 

Rodolfo Valentino: cosa lo lega allo speciale VALIUM Countdown to San Valentino?, vi chiederete. Ed io vi risponderò prontamente: innanzitutto, il mitico  Rudy a San Valentino è assimilato dal nome, se vogliamo essere più precise dal cognome – ma attenzione, dal cognome ‘d’arte’: il Valentino incontrastato Re del cinema muto era, in realtà, registrato all’anagrafe come Rodolfo Alfonso Raffaello Pierre Filibert di Valentina D’Antonguella, un nome importante nato dalla convinzione paterna di essere imparentato con un ramo di nobili papalini.  Last but not least, Rodolfo Valentino, prima star a cui gli americani dedicarono l’appellativo di ‘latin lover’, con l’amore ebbe a che fare, e di che tinta! Di una bellezza strepitosa intrisa di fascino, carisma e venata di un’ intrigante ambiguità, Rudy faceva cadere letteralmente le donne ai suoi piedi. Distinto ma sensuale, gentleman che catturava con uno sguardo e con il savoir faire, viene considerato uno dei più leggendari tombeur des femmes della nostra storia. Un Re’ dell’ amore il cui fascino straordinario, in tempi in cui le donne non conoscevano neppure il significato della ‘tartaruga’, catturava irrimediabilmente provocando stragi di cuori, passioni folli e totalizzanti. Parlare di Rudy, a San Valentino, è come parlare di un Cupido che, con i capelli impomatati di brillantina, gli occhi scuri e profondi, le movenze da dandy e un’ allure dégagée e raffinata scoccava frecce su frecce colpendo al cuore migliaia di donne di ogni età e condizione sociale. Nato nel 1895 a Castellaneta, in provincia di Taranto, si diplomò in Agraria a Genova e, tornato a Taranto, cominciò a viaggiare: Parigi, poi New York dove avrebbe voluto realizzare il suo grande sogno di diventare ballerino. Partì nel 1913 imbarcandosi su un mercantile e nella Grande Mela, dopo una serie di mestieri di fortuna, riuscì a farsi ingaggiare come ‘taxi-dancer’ al Night Club Maxim dove intrecciò relazioni sia sentimentali che professionali con importanti ballerine, consolidando la sua carriera. Ma fu grazie all’ incontro con Norman Kerry che si persuase a trasferirsi ad Hollywood:il successò arrivò nel 1921, con I quattro cavalieri dell’Apocalisse, che seguì a numerose comparsate e ruoli di secondo piano. Il suo magnetismo bucava lo schermo: migliaia di donne si infatuarono immediatamente di lui appellandolo esclusivamente ‘Valentino‘: abiti, stivali, accessori, hairstyle, persino lo sguardo, tutto ormai era ‘alla Valentino‘ e veniva idolatrato dalle sue fan in delirio. Forse il primo sex symbol della storia del cinema, di certo ‘divo’ di prima grandezza, imterpretò altri importanti film dell’ era del muto quali Lo sceicco (1921), Sangue e Arena (1922), Aquila nera ( 1925), Il figlio dello Sceicco (1926). Il personaggio dell’ eroe che sa essere gentiluomo e latin lover al tempo stesso, attirando la protagonista nella malia del suo fascino, sembrava che gli fosse letteralmente cucito addosso. Fu la sceneggiatrice June Mathis ad intrevederne, per prima, le potenzialità, imponendolo come interprete de I quattro cavalieri dell’Apocalisse: Valentino, pressochè sconosciuto dal pubblico, calamitò su di sè tutta l’attenzione rendendo il film uno dei maggiori successi al box office. Da qual momento in poi, i suoi ruoli da protagonista lo identificarono crescentemente con personaggi di grande magnetismo: Armand in Camille (una rivisitazione de La signora delle camelie), lo Sceicco dell’ omonimo film, il torero Gallardo di Sangue e Arena, tutti possedevano lati e sfaccettature della sua ammaliante personalità. Nel 1925, Rudy decise di riportare sul grande schermo lo Sceicco, il personaggio che lo aveva forse maggiormente fissato nell’ immaginario collettivo, e girò Il figlio dello sceicco.  Ma un nefasto destino era già in agguato: il 23 agosto del 1926, Valentino morì al Polyclinic Hospital di New York in seguito a un attacco di peritonite. Solo pochi giorni dopo, la proiezione de Il figlio dello Sceicco nelle sale fu accolta da isterismi colletivi senza precedenti: gli stessi che accompagnarono persino il corteo funebre del latin lover italiano e la sua morte stessa, che registrò il culmine del fanatismo femminile in una sequela di più di trenta suicidi solamente a New York. La passionalità del bel Rudy, d’altronde, suscitava una risposta altrettanto passionale presso le sue fan, catturate senza appello dal suo fascino intenso. La leggenda di Valentino continuò persino dopo la sua sepoltura: per anni ed anni si è narrato di una misteriosa dama in nero, dal volto velato, che ad ogni anniversario della morte del divo era solita portare fiori sulla sua tomba. Il mito di Rudy, straordinariamente, non sorse da alcuna strategia pubblicitaria o dalla creazione ‘a tavolino’ di un personaggio: Valentino si proponeva così com’era, in tutto il suo enigmatico e potente fascino, nella sua classe unita ad una indubbia, ma distinta, mascolinità. In pochi sanno della sua grande cultura, dei libri in esemplare unico conservati nella sua libreria accanto ai volumi in molteplici lingue, delle poesie che scriveva e della sua amicizia con i nomi di rilievo della letteratura dell’ epoca – uno su tutti, Gabriele D’Annunzio. Un ennesimo, basilare tassello del suo grande carisma che la cultura amplificava e completava, rendendolo definitivamente uno degli uomini – e non solo degli attori – più interessanti e seduttivi, a tutto tondo, dell’ era del muto.

Buon lunedì.

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