

Lorenzo e Anna Marconi, senigalliesi, fratello e sorella ma anche duo creativo, artefici di creazioni artistiche all’ insegna di un’ estetica che è un mix prezioso di steampunk e suggestioni d’antan. Affetti da una fantasiosa visionarietà, nel Carnevale di Venezia hanno individuato la location ideale per l’ espressione di un talento inventivo DOC: un appuntamento che è valso alla loro I bagnanti di Senigallia il premio per la Maschera più bella 2016 della rassegna lagunare. Il riconoscimento si aggiunge ad una lunga serie di successi poi sfociati nella creazione del laboratorio Orientexpress e nel lancio de L’ estetica dell’ effimero, kermesse annuale organizzata alla Rotonda a Mare: due realtà che, nella città “della spiaggia di velluto”, portano l’ inconfondibile trademark dei fratelli Marconi. Oggi, vere e proprie celebrities Made in Marche, Anna e Lorenzo sono richiestissimi da autorità locali, stampa e TV. Ho scambiato quattro chiacchiere con Lorenzo per saperne di più sul loro boom.
I bagnanti di Senigallia è uno straordinario omaggio agli esordi balneari della “spiaggia di velluto”. Come è stata concepita?
Abbiamo costituito un gruppo di quattro persone realizzando quattro costumi- tipo dei bagnanti di inizio ‘900. A noi piace esprimerci attingendo al rétro: ci affascinano la Belle Epoque, il Déco, gli anni ‘20 e ‘30. La nostra scelta è quindi caduta sul periodo in cui Senigallia era una meta vacanziera d’élite frequentata dall’ aristocrazia europea. Non ci interessavano i tessuti classici, abbiamo optato per materiali poverissimi e dato vita a questi materiali con la pittura. Ecco il perché della juta, utilizzata per costumi molto semplici ma con dettagli tipo i colli, i bottoni, le cinture, le cravatte, i nastri, i polsini e le calze dipinti a mano con la tecnica del trompe-l’oeil. Da un punto di vista artistico ci siamo espressi a 360°: gli accessori, in cartapesta, mescolano pagine di vecchi libri ai manifesti delle stagioni balneari senigalliesi. L’ effetto d’insieme è anticato, come se i nostri personaggi uscissero da foto d’ epoca. I particolari sono curatissimi: le scarpe sono state ricoperte con la sabbia e le conchiglie della “spiaggia di velluto”.



Tu ed Anna siete dei veterani del Carnevale in laguna. Quando e in che modo è nata questa fascinazione?
Ci è stata trasmessa da nostra mamma, sarta e grande appassionata del Carnevale. Da bambini ci piaceva giocare con i costumi, disegnare le maschere della Commedia dell’ Arte…Nella fantasia, il nostro Carnevale era sempre e solo veneziano. In laguna, dal ’97, siamo tornati ogni anno ininterrottamente. Abbiamo ricevuto tanti riconoscimenti, grandi emozioni: come quando, nel 2009, sono stato premiato dalla costumista da Oscar Gabriella Pescucci. Anna è stata la Maschera più bella del 2013 mentre io, l’ anno scorso, mi sono aggiudicato un premio estemporaneo al più bel costume di Fantasia per Monsieur Sofà e Mademoiselle Coco, un omaggio a Coco Chanel.
Le vostre maschere si sviluppano attorno a veri e propri concept. A quali motivi ispirativi attingete con maggior frequenza?
Di base c’è l’ ispirazione d’antan e soprattutto le storie che raccontiamo attraverso gli abiti. Per esempio, Viaggio sull’ Orient Express tracciava sull’ abito i momenti di vita di una viaggiatrice del mitico treno, che consideriamo una delle meraviglie degli anni ‘20 e ‘30. In quel caso torna il Déco, come nella dedica a Coco Chanel o in un costume-tributo al circo con la gonna che riprende le fattezze del tendone, la giacca da domatore e l’ uomo forzuto che solleva la ballerina dipinto sul davanti.
A Venezia vi siete presentati “a volto scoperto”, ma ostentando un make up mirabolante a dir poco: sperimentalismo o ragionata premeditazione?
Nel 2003 ci siamo tolti le maschere iniziando a lavorare direttamente sul volto per renderlo, a sua volta, un’ opera d’arte. È stata Anna a ideare il make up de I bagnanti di Senigallia; poi, ognuno di noi si è truccato tenendo conto delle sue linee guida. Una nostra caratteristica sono le ciglia finte, fondamentali per ricreare il tipico “volto di bambola”.



L’ edizione 2015 dell’ Estetica dell’ Effimero ha visto Anna nei panni dell’ iconica Marchesa Casati. Che valenza riveste, oggi, lo stile eccentrico in una società fortemente tesa all’ omologazione?
Sconfiggere l’ omologazione è per noi una crociata: quando creiamo, portiamo avanti uno stile che è solo ed esclusivamente nostro. La Marchesa Casati, con il suo istrionismo e la sua diversità, in questo senso ci rappresenta. Le nostre icone, non a caso, sono artisti che hanno intrapreso un percorso del tutto individuale: per quanto mi riguarda adoro Tamara de Lempicka e, nell’ ambito cinematografico, Tim Burton. Un aneddoto? Nel 2008 ho realizzato un abito, Casa di bambola, senza ispirarmi a nulla in particolare. Ma a Venezia, era opinione comune che fossi il Willy Wonka de La fabbrica di cioccolato di Burton: a quanto pare, il nostro è un immaginario affine! Un altro riferimento è senz’altro Fellini con i suoi personaggi un po’ improbabili, poetici…E il tema ricorrente del circo.
Photo courtesy Anna e Lorenzo Marconi