Il close-up della settimana

 

Mentre “Franca: Chaos and Creation”, il docufilm dedicato all’ indimenticata Franca Sozzani, si accinge ad approdare nelle sale cinematografiche di tutta Italia, Vogue inizia il suo nuovo corso e lo celebra il 22 Settembre, con un evento organizzato in occasione della settimana della moda milanese. La location scelta è l’ ex Scalo Farini, il titolo del party “Vogue Italia: The New Beginning” e la direzione artistica di Riccardo Tisci, un nome che è una garanzia: sarà l’ ex designer di Givenchy – dove ha militato per ben 12 anni – ad interpretare il leitmotiv del numero di Vogue Italia di Settembre, l’ “italianità” . “Vogue Italia ha da sempre una vocazione internazionale, ma oggi vuole rivendicare con forza le sue radici italiane e il grande cambiamento che il Paese, e il suo sistema moda, stanno attraversando”, ha dichiarato il direttore del magazine Emanuele Farneti. E Riccardo Tisci, nel 2010 incluso nella lista “The Most 100 Influential People” stilata da Time, non poteva essere il creativo più adatto ad offrire un proprio contributo speciale. Sarà l’ Italia con la sua eleganza, con il suo genio e con il suo savoir faire la protagonista di questo appuntamento irrinunciabile. Tisci ha deciso di omaggiarla rievocando una delle epoche più prestigiose della nostra storia: “La parola che meglio descrive  l’ Italia per me è Renaissance, Rinascimento“, spiega, aggiungendo che non a caso ha eletto La Divina Commedia a fil rouge della serata. Il party, che conterà su una “live soundtrack” appositamente realizzata dai Dj e producers Jamie Jones e Seth Troxler, prevede la partecipazione di un alto numero di esponenti del fashion system internazionale ed è stato concepito come una travolgente festa. “The New Beginning” sancisce anche il progetto di collaborazioni che Vogue Italia ha inaugurato  insieme ai top names della creatività e del fashion design, dando loro modo di esprimersi al di fuori degli ambiti abituali. Basti pensare al numero di Agosto, al quale Hedi Slimane ha contribuito con la creazione di un portfolio fotografico che oltrepassa le 40 pagine.

(Nella foto, Riccardo Tisci con Naomi Campbell)

 

Photo by Renan Katayama (11 – Ricardo Tisci e Naomi Campbell) [CC BY-SA 2.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons

Tendenze AI 2017/18: floral d’Autunno

MSGM

“Floreale? Per la Primavera? Avanguardia pura”, diceva Miranda Priestley/Meryl Streep ne “Il diavolo veste Prada”. Ma se può sembrare scontato per la Primavera, il pattern floral per l’Autunno non lo è di sicuro: lo dimostra il tripudio di fiori che sboccia sui look della nuova stagione. E se Alessandro Michele dà il titolo di “Il giardino dell’ alchimista” a una fioritissima collezione Gucci, sono all’ insegna del “flower power” stampe, applicazioni e ricami che spuntano a grappoli oppure all over. Per stemperare i primi freddi in un delizioso effluvio di petali.

Gucci

Antonio Marras

Delpozo

Simone Rocha

Coach 1941

Alberta Ferretti

I’m Isola Marras

Dolce & Gabbana

Prada

Leitmotiv

Christopher Kane

Il fascino surreale dell’ antitesi: la advertising campaign AI 2017/18 di Gia Couture

 

” Non è davanti al film o a causa del film che si sogna; inconsapevolmente, si sogna prima ancora di diventare spettatori.”

Roland Barthes, da “Uscendo dal cinema”

 

Un cinema, una donna, un pulcino: tre elementi della quotidianità che, mixati tra loro, danno vita ad un connubio a dir poco insolito. E’ proprio questo mix il soggetto degli scatti intensi, vibranti e d’ effetto della prima ad campaign di Gia Couture, il brand di calzature fondato a Firenze da Barbara Borghini. Che succede in quel cinema completamente vuoto, con le poltrone che cambiano colore esaltando le cromie di ogni singolo fotogramma? Ce lo racconta l’ ormai collaudato tandem creativo formato da Diego Diaz Marin e Valentina Guidi Ottobri, che rispettivamente firmano le foto e il concept della campagna. Il focus è sulla collezione Gia Couture AI 2017/18, il mood surreale nel più puro stile Diaz Marin: disinvoltamente accomodata in poltrona la donna usa le gambe, inguainate in stilosi collant firmati Emilio Cavallini, come un’ arma seduttiva mentre il pulcino la affianca placido, inconsapevole testimone delle sue scorribande oniriche. Immortalata in posizioni di volta in volta acrobatiche, conturbanti o pudiche, la protagonista sembra pervasa da un’ energia travolgente. Il piccolo bipede si aggira intanto tra le poltrone, becca popcorn in un vasetto, esplora le scarpe che la sua padrona – una delle tipiche nevrotiche di Diaz Marin, su questo non ci piove – lascia incustodite. E’ un duo singolare il loro, dove all’ audacia della donna si contrappone la purezza virgiliana del pulcino. L’ intero nucleo della photostory è incentrato su quest’ antitesi. La figura femminile che ne emerge è intraprendente, sfrontata, adora essere al centro dell’ attenzione…Con o senza audience. Potrei concludere con una frase di Jean Cocteau: ” Tutti a Parigi vorrebbero essere attori e nessuno spettatore”. Togliete “Parigi” ed otterrete una realtà più o meno universale.

La direzione artistica di Valentina Guidi Ottobri punta i riflettori sul gioco di contrasti e sorprendenti accostamenti: le Gia Bow’s Ballerina sottolineano il loro mood bon ton nell’ atmosfera intrigante del cinema vuoto, mentre i Gia Boom Boots, dei cuissardes sensuali e provocanti, risaltano con impatto ancor maggiore accanto al candore del pulcino. E’ sempre la mascotte della campagna ad apparire negli scatti che ritraggono  le iconiche Gia Sleep, ma affiancandosi a un altro emblema. I popcorn, infatti, incarnano alla perfezione lo spirito pop del brand che Barbara Borghini ha lanciato nel 2016 con l’ intento di coniugare la contemporaneità fashion alla più squisita tradizione artigianale dell’ handmade fiorentino.

Glitter People

 

” Sono un po’ più vecchia, ho girato il mondo, ho passato un sacco di tempo a New York e a Parigi e in molti posti stimolanti, e mi sento ancora un’ aliena.”

FKA Twigs

 

 

Photo by By Dmitriy Semyonushkin (Own work) [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html) or CC BY 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/4.0)], via Wikimedia Commons

Da artista di strada a cantastorie contemporaneo: quattro chiacchiere con Jack Paps

 

Lo incontri e pensi che, di certo, non passa inosservato: sembra direttamente uscito da una affiche della Belle Epoque. Sul fatto che sia un artista non ci sono dubbi, ce lo racconta un look  a metà tra l’ eccentrico e il bohémien. L’hanno definito “un moderno menestrello”, e l’aria del cantastorie gli si addice: la barba folta, i baffi d’antan, i capelli raccolti in due lunghe trecce sono un po’ il “trademark” di Jack Paps, così come la tuba e gli anelli gipsy. In realtà, il suo talento si è sempre rivelato estremamente eclettico. Curioso della vita, intuitivo, Jack diventa un musicista da autodidatta e inizia ad esibirsi con la sua fisarmonica come artista di strada. Qualche anno dopo lo ritroviamo sul palco di uno degli eventi clou dell’ estate, il Summer Jamboree, dove ha introdotto l’ attesissimo Burlesque Show: pigiando sui tasti dell’ inseparabile fisarmonica, Paps ha conquistato immediatamente l’ audience della kermesse senigalliese. Un vero e proprio trionfo, il suo, personaggio che si distanzia dalle atmosfere anni ’40 e ’50 del Festival a favore di un’ ispirazione squisitamente “fin de siècle”. L’ ho voluto incontrare per saperne di più su di lui e sulla sua arte: c’è da scommettere che di Jack Paps sentiremo parlare molto, nei mesi a venire. Io, nel frattempo,  ho scoperto che ama svelarsi con parsimonia e che è un vero maestro nel potenziare l’ attenzione grazie a un misterioso “non detto”.

Come racconteresti il tuo background esistenziale e formativo?

Non mi sono mai iscritto a un Conservatorio e non ho mai studiato musica privatamente, durante l’adolescenza non ho fatto parte della band più quotata della scuola e non sognavo di diventare un musicista professionista. Per giunta, ora che lo sono, non credo che vorrò esserlo ancora a lungo. Da bambino ho trovato una piccola pianola tra la cianfrusaglie del garage e da quel primo approccio con la musica questa è rimasta, seppur in maniera riservata, un frammento sostanziale della mia vita per 20 anni. Suonare e cantare restano di fatto le voci attraverso cui posso esprimere la parte immateriale, l’origine e il centro del mio pensiero, della volontà e della coscienza a me stesso e a nessun altro.

 

(Photo by Giuseppe Reggiani)

 

Come nasci artisticamente?

Vengo da una famiglia poco abbiente e per non pesare e dare una mano ho cominciato a lavorare a 15 anni. Ho fatto i lavori più disparati, dal cameriere alla guardia giurata, dal facchino al corriere e intanto nel corso degli anni, nonostante l’impegno e la serietà, le situazioni lavorative che incontravo non mi permettevano di poter costruire qualcosa di stabile. All’età di 24 anni ho deciso di rivoluzionare la mia vita e in un periodo storico in cui il lavoro precario era all’ordine del giorno ho optato per il più precario di tutti, l’artista. Così ho cominciato tra le calli e i campielli di Venezia come artista di strada, con una fisarmonica sgangherata che sapevo suonare a malapena. Da cosa nasce cosa ed è cominciata una vera e propria vita errante partecipando a festival di arte di strada italiani e stranieri, collaborazioni musicali, e successivamente spettacoli teatrali. La professione si è consolidata poi con la partecipazione e le esibizioni nelle feste private e negli appuntamenti mondani più attesi dell’anno. Cinque anni fa prendevo in mano la fisarmonica senza sapere da dove partire e a oggi ho collezionato un racconto di condivisione tra palchi, salotti e strade affollate.

Per descriverti hai usato la definizione di “artista di strada”. Su cosa sono incentrate, esattamente, le tue performance?

Anche se il mio lavoro mi porta a esibirmi in ambienti altolocati e benestanti, non ho ancora smesso per sopravvivere di lavorare in strada. Ho cominciato come artista di strada e mi esibisco nella fattispecie ancora oggi come cantastorie intrattenendo i passanti con canzoni e filastrocche. Nel corso degli anni però il mio spettacolo si è trasformato molto e da esecuzione musicale si è evoluto in una piccola boîte a surprises dalla quale escono le note della fisarmonica, brani anni ’30 e gag dove per esempio i bicchieri vengono frantumati con la sola forza della voce ed io mi esibisco con improbabile delicatezza in coreografie di danza classica corredato di tutù.

 

(Photo by Giuseppe Reggiani)

 

Guardarti è come immergersi in atmosfere bohemien e molto “fin de siècle”: cosa ti lega a quell’ epoca?

L’immaginario, la moda della Parigi di fine ottocento, i suoi personaggi e le idee rivoluzionarie sono stati l’ispirazione che hanno alimentato la mia ricerca e le mie esibizioni a sviluppare l’aspetto che ha oggi il mio spettacolo. Sono intrinsecamente legato a quell’epoca per certi aspetti che si associano alla mia vita da quando ho cominciato a fare questo mestiere. Mi sono divertito nell’immaginarmi simile agli artisti bohémien durante i concerti abusivi nelle strade o nei bassifondi di città suggestive come Venezia, oppure quando per imparare le sonorità e i ritmi delle musiche balcaniche ho cominciato a frequentare e a suonare assieme ai gitani di Milano.

Alla fisarmonica classica hai aggiunto sonorità contemporanee, più prettamente elettroniche: perché?

Sono cresciuto negli anni ’90 ascoltando Gabry Ponte e gli Eiffel 65 e oggi, volente o nolente, nonostante io abbia approfondito un altro genere musicale, amo ancora la techno più grossolana e cafona. Ecco perché ogni tanto tendo a cimentarmi in esperimenti di questo genere.

 

(Photo by Giuseppe Reggiani)

 

Quest’ anno hai esordito al Summer Jamboree introducendo il “Burlesque Show” al Teatro La Fenice. Com’è andata?

E’ stata una scommessa per gli organizzatori, sapevo che avrei dovuto aprire lo spettacolo che avrebbe coinvolto artisti e musicisti internazionali. Ho avuto un solo brano per riuscire a scaldare il pubblico di 800 persone che hanno riempito il teatro e, considerando l’entusiasmo e gli applausi al termine dell’esibizione, direi che ho adempiuto egregiamente al mio dovere.

Cosa ti ha colpito di più del Festival?

Per me il SummerJamboree è stato uno sconvolgimento culturale irresistibile che mi ha riportato negli anni ’40 e ’50 in cui la musica univa le classi sociali, e che durante questi 12 giorni, allo stesso modo, ha reso tutti indiscriminatamente partecipi a un evento traboccante di gioia e allegria.

(Photo by Davide Bona)

Pensi che se raggiungessi una notorietà massiccia il tuo modo di approcciarti all’ arte ne risentirebbe?

Per il mio tipo di personalità, per come sono fatto io, potrebbe davvero essere una cosa deleteria e probabilmente non mi farebbe bene.

Veniamo al gossip. Che puoi dirmi del tuo love affair con Eve La Plume?

Sono innamorato. Direi che è tutto!

Hai qualcosa che bolle in pentola, dopo l’esperienza senigalliese?

Pensavo di mollare tutto e diventare insegnante di Yoga.

 

(Photo by Davide Bona)

Rétro is cool: 15 rivisitazioni DOC dalle collezioni Pre-Fall 2017

ANTONIO MARRAS – il montgomery ha una linea svasata in stile 50s e il foulard cita Audrey Hepburn, ma è realizzato in tessuto high tech.

Le collezioni Pre-Fall e le contaminazioni rétro: un connubio evidente. Capispalla svasati, pantaloni palazzo, flares, abiti a trapezio e dal sapore hippie-chic si alternano in un universo ispirativo inesauribile. Il trionfo di uno stile “che fu”? Tutt’altro. Le rivisitazioni di capi e silhouette d’antan abbondano di spunti più che mai contemporanei. O, per meglio dire, decisamente avantgarde. Sono vere e proprie riletture in chiave rivoluzionaria di basic del guardaroba, versioni aggiornate al Nuovo Millennio di capisaldi epocali poi assurti a evergreen in virtù del loro valore emblematico. Il risultato è un design profondamente ricercato e al tempo stesso inedito, che dà vita a nuove forme e sperimenta materiali. Nessun déjà vu bensì un’ ipermoderna sofisticatezza, che alla rielaborazione dei modelli di riferimento affianca un’ accurato studio sul colore. E’ così che nella tipica palette autunnale di verdi intensi, senape e burgundy fanno capolino nuance vibranti come il fucsia, l’ arancio, il giallo, il rosso e, ancora, il rosa, declinato dalle gradazioni shocking fino al cosiddetto Millennial Pink: affinchè una vivida scia d’estate possa insinuarsi anche nel più monotono grigiore autunnale.

 

ROKSANDA – I flares si dilatano e sfoggiano una scampanatura extra, ma al tempo stesso gli orli si accorciano abbondantemente.

FAUSTO PUGLISI – Il bomber si tinge di rosa shocking adornato di bordature rosse: un abbinamento cromatico al top di stagione.

FENDI – La gonna plissè accentua il suo mood rétro declinandosi in un etereo cipria e accompagnandosi a un trequarti svasato con collo bicolor in pelliccia.

CELINE – La zip anni ’70 si affianca a decori geometrici in pelle e dona un tono biker a una morbida blusa. Ad accompagnarla, una long skirt a pieghe che traduce un twist d’altri tempi in contemporanea ricercatezza.

J. CREW – Retaggio della moda francese ottocentesca, le ruches mantengono la pole position e ribadiscono la loro funzione ornamentale disseminandosi nei punti meno ovvi dell’ oufit.

ELLERY – L’ abito hippie – chic, in velluto color cobalto, ostenta maniche a campana e un gioco di lacci sul décolleté. La silhouette svasata è un leitmotiv delle collezioni Pre-Fall.

TANYA TAYLOR – Sempre più ampi, arrivano a sfiorare terra: i nuovi pantaloni palazzo potenziano il coté glamour accanto a top dai volumi altrettanto maxi e in una seduttiva versione monospalla.

GUCCI – Le balze regnano sovrane, come nel caso di questo long dress Gucci che le moltiplica all over sull’ abito e le borda di oro. Alla texture impalpabile del tessuto si coniuga un Millennial Pink rientrato ormai a tutto diritto nella palette Autunnale.

VALENTINO – Pier Paolo Piccioli reinterpreta il sailor style declinandolo in un tailleur pantalone dall’ allure ultrachic e in ton sur ton con gli accessori.

SPORTMAX – L’ abito a trapezio, un cult dei 60s, si fa sporty e ad un netto tricolor di bianco, nero e grigio affianca un intreccio di lacci sulle maniche che rafforza la sua originalità.

PHILOSOPHY DI LORENZO SERAFINI – Minilunghezze e tartan a rievocare l’ effervescente era della Swinging London: la donna di Philosophy potrebbe essere una musa del rock, che inguaina le gambe nei ricamatissimi collant in full color e mitiga l’audacia sfoggiando romantici colli in pizzo.

AQUILANO RIMONDI – Pantaloni a vita alta e un pattern check a effetto pied-de-poule per il tailleur pantalone che ricorda l’ eleganza di Katharine Hepburn e Marlene Dietrich.

DELPOZO – L’ abito in stile anni ’50 accentua le geometrie nella linea e nei motivi grafici che lo adornano, esaltando colori vividi come il turchese, l’ arancio e il rosa shocking su uno sfondo in total black. A far pendant con le sue cromie  i calzini nell’ identica nuance di pink.

GIVENCHY – E che pelliccia sia, ma in full color! Ancora una volta ritroviamo il Millennial Pink, declinato in un modello vagamente anni ’30 rivisitato in versione essenziale. Risaltano la gonna a ruches e l’ accostamento trendy del rosa con il rosso.