La strega: storia di una figura arcaica e della sua evoluzione

 

“Sì, faccio parte di una strana famiglia. Dormiamo di giorno e voliamo di notte, come aquiloni neri portati dal vento.”
(Ray Bradbury, da “La strega di aprile”)

 

“Strega”, dal latino “striga” e dal greco “stryx”, ovvero uccello notturno. Nel corso dei secoli, il termine assunse l’accezione odierna: la strega era colei che utilizzava la magia e ricorreva ai propri poteri soprannaturali per danneggiare gli esseri animati, inanimati o un’ intera comunità. Si riteneva che fosse in stretti rapporti con il demonio,  e che solesse venerarlo durante raduni detti “sabba”. La figura della strega, ricorrente nel folclore popolare occidentale, ha origini secolari. Tracce che testimoniano la sua esistenza risalgono addirittura al periodo antecedente al Cristianesimo: nell’ antico Egitto, in Assiria e in Babilonia, a quell’ epoca, sono presenti pratiche e riti magici sviscerati in libri come il Codice di Hammurabi. Nella mitologia greca e in quella romana proliferano le incantatrici, che amano succhiare il sangue degli infanti e portare gli uomini alla perdizione; vengono raffigurate per metà donne e per metà animali, basti pensare alle lamiae greche originate dal mito della dea-uccello (probabilmente Lilith, divinità della Mesopotamia che nell’ ebraismo assume le sembianze di una civetta). La Bibbia parla della strega di Endor, che oggi definiremmo una medium, la Grecia antica “colloca” le sue streghe nella regione della Tessaglia. In Italia, nelle isole Eolie, la leggenda vuole che esistano donne capaci di volare nottetempo. Nel Medioevo, un periodo in cui la cultura popolare è intrisa di elementi magici e di superstizione, la strega entra a far parte dei fabliaux (racconti in versi nati in Francia), delle novelle e persino delle prediche dei sacerdoti. Tra il 1000 e il 1100, con lo sviluppo della demonologia, le “strigae” vengono accostate per la prima volta alla figura del demonio. La tipologia della “lamia”(“strega” nel latino medievale) viene ben definita, e nel 1233 Papa Gregorio IX descrive la stregoneria nella sua bolla Vox in Rama. Non molti anni dopo, precisamente nel 1250, l’ inquisitore domenicano Stefano di Borbone racconta in modo dettagliato la pratica del sabba. E’ il 1275 quando a Tolosa viene appiccato il primo rogo; sono passati diciassette anni dal primo processo per stregoneria.

 

 

Nell’ epoca compresa tra il Tardo Medioevo e il primo Rinascimento, quando la Chiesa Cattolica si scaglia contro gli eretici, inizia un’ autentica campagna persecutoria nei confronti delle streghe. Sono accusate di essere delle eretiche, di adorare il demonio e di nuocere gravemente alla società. La strega costituisce un pericolo per la comunità e va eliminata con una violenza esemplare. Dal 1450 al 1750 si diffonde il fenomeno della “caccia alle streghe”: le presunte streghe vengono catturate, torturate allo scopo di estorcere loro una confessione, mandate sotto processo e condannate al rogo. La situazione peggiora con l’uscita del “Malleus Maleficarum” nel 1486. Questo trattato, redatto dal domenicano d’Alsazia Heinrich Kramer e dal teologo svizzero Jacob Sprenger, è una sorta di opus magnum della stregoneria. La strega, i suoi strumenti e i suoi malefici vengono descritti con dovizia di particolari, passando poi a una rassegna sui più efficaci metodi di cattura e ad argomenti come il processo e la condanna. L’ oscurantismo dilaga, l’ ossessione per le streghe cresce in maniera esponenziale. In un secolo, dal 1450 fino al 1550, più di centomila donne trovano la morte sul rogo. La tipica descrizione di una strega la vede far parte di una setta, a capo della quale c’è la cosidetta “strea mastra”: costei trasmette il suo sapere alle adepte, che prima di aderire alla congrega si sottopongono a un rituale di iniziazione. Non è raro che sia Satana in persona ad iniziarle ufficialmente, di solito al noce di Benevento: lì, le streghe si riuniscono per sei mesi tre volte alla settimana. Attorno all’ albero di noce ha luogo il sabba, un susseguirsi di riti orgiastici, balli sfrenati, pratiche magiche e blasfeme organizzato alla presenza del diavolo. Per raggiungere Benevento, non c’è problema: ogni strega può volare grazie a uno speciale unguento.

 

 

Nell’ ‘800, l’archetipo della strega malefica inizia a vacillare. La “striga”, in diverse opere letterarie, si dà semplicemente a pratiche di matrice pagana: riti remotissimi (e diffusisi prevalentemente nelle campagne) finalizzati alla guarigione tramite le erbe, all’ incremento della fertilità, al contatto con gli spiriti dei defunti. Tutti intenti benefici, insomma, o perlomeno associati a buone intenzioni. Nei primi anni del XX secolo, l’ antropologa britannica Margaret Murray porta avanti una tesi che identifica la stregoneria con un’antica tradizione misterica ed equipara la strega alla figura dello sciamano. Le vecchie convinzioni vengono completamente scardinate, la natura assume un ruolo di spicco nei rituali, nasce il Neopaganesimo e, negli anni ’50 del ‘900, la Wicca (detta anche “antica religione”) fa la sua comparsa. La strega non ha nulla che fare con il diavolo, non viene più rappresentata come una megera: crede nel divino immanente, inneggia ai cicli naturali, non fa distinzione tra magia e religione. La notte di Halloween, tuttavia, è l’iconografia convenzionale della strega a trionfare; quella di una donna “brutta e cattiva”, che cavalca la scopa e viene accompagnata dal tradizionale “famiglio”, l’animale diabolico che le fa da consigliere (può essere il classico gatto nero, ma anche un rospo, un gufo o una civetta). Grazie al cielo, come tutti ben sappiamo, si tratta di un’ immagine rivisitata con estro e con una buona dose di ironia.

 

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice – Halloween sotto la Piramide e i racconti di un’estate mozzafiato

Maurice nei panni del clown che lui stesso ha ideato

In un pomeriggio di questo assolato Ottobre, raggiungo il Principe telefonicamente in quel di Maiorca. Si gode il mare cristallino dell’ isola, ma non sta con le mani in mano: all’ indomani di questa intervista debutterà con un progetto a cui tiene moltissimo, il disco-show “Gloss’n’Glitter” che lo vedrà esibirsi insieme a Francesca Faggella. Maurice mi risponde dalla spiaggia; è euforico, appagato da un’ estate in cui ha alternato il relax a performance inedite e di assoluto prestigio. Adesso si appresta a trascorrere una notte di Halloween da mozzare il fiato. Il 31 Ottobre, infatti, sarà uno dei protagonisti (gli altri rispondono ai nomi di Cirillo, Saccoman e Ricci Jr.) del Memorabilia in programma al mitico Cocoricò di Riccione. In attesa di quel che si preannuncia un Memorabilia memorabile (il gioco di parole è intenzionale), ci racconta le tappe salienti della sua straordinaria stagione calda. Senza spoilerare, vi anticipo che partiremo dalla spiaggia di Rimini per poi raggiungere Venezia, dove Maurice ci ospiterà  in un “vanitosissimo” club color fucsia, e approderemo infine a Legnago, in provincia di Verona, per immergerci nelle magiche atmosfere circensi. Naturalmente, non finisce qui. Maurice è imprevedibile, irresistibile e soprattutto inesauribile: insieme a lui viaggeremo in molti altri luoghi ancora. Che siano ad alto tasso di splendore, e risultino ulteriormente suggestivi grazie al suo eloquio…beh, ça va sans dire! Ma rimarremo anche in Italia, dove il Principe dirà la sua sui giovani, sui valori e, dulcis in fundo, sul governo capitanato da Giorgia Meloni

 

 

Tra questo nostro appuntamento e l’ultimo, praticamente c’è di mezzo un’estate…La tua come è stata, come la definiresti in una manciata di aggettivi?

Una manciata non basterebbe, ce ne vorrebbe un grande cesto pieno! In buona sostanza la definirei soddisfacente, appagante sotto tutti i punti di vista, non ultimo quello dell’espressione professionale e artistica. Ho cercato anche di stare il più possibile in mezzo alla natura: amo impegnarmi in ambito lavorativo così come immergermi negli ambienti naturali più svariati, sono sfaccettature che fanno entrambe parte della mia essenza. In me c’è il lato glamour e mondano ma anche quello, diciamo così, un po’ “selvaggio”.

Dopo le chiusure e le restrizioni degli ultimi due anni, sembriamo aver recuperato una buona percentuale di normalità. Nei mesi scorsi sei riuscito a trovare il perfetto equilibrio tra la vacanza, il relax, e progetti di lavoro forse più sporadici, ma decisamente prestigiosi…

E’ proprio così. Anche se a volte gli impegni di lavoro mi portano in luoghi un po’ più impegnativi dal punto di vista sociale, e la mia ricerca si svolge in località più solitarie e meno frequentate. Non mi è capitato ancora, purtroppo, di fare uno spettacolo in una location improbabile tipo, che so, una spiaggia, un bosco, oppure di esibirmi durante un concerto all’alba…Mi piacerebbe molto, ma finora non ne ho avuto l’occasione. Solo in quel caso riuscirei a far combaciare i due aspetti di me stesso. Gli eventi di massa mi gratificano, però desidererei mettermi in gioco in qualcosa di più intimo. Vorrei esprimere la mia personalità in tutte le sue sfaccettature, e adorerei farlo in scenari liberi da qualsiasi vincolo. Anche quello tecnologico…

 

Uno scorcio di Maiorca, buen retiro del Principe

Cominciamo dal relax: dove ti sei spostato, e con che spirito hai vissuto le torride giornate vacanziere?

In città, i 40 gradi all’ ombra erano veramente fastidiosi. Ma in location più gradevoli e meno impregnate dallo smog ho sopportato l’afa molto bene. Quello ho notato ovunque, a ogni modo, è che quel caldo insostenibile ha fatto proliferare un’incredibile quantità di insetti! Io che non venivo mai punto da zanzare e pappataci (un vantaggio dell’avere il poco appetibile sangue blu! ahahah!), sono stato invece perseguitato da loro. Per quanto  riguarda  i  momenti  di  relax,  di  solito  li  passo  in  Brianza  da  mia  sorella: l’ambiente è quieto, l’aria pulita e la casa è bellissima. Per il resto, ho spalmato le vacanze in luoghi molto interessanti: città d’arte, isole varie (dalle Canarie a quelle greche), in giro per il Mediterraneo e l’Adriatico. Il mio Grand Tour si è temporaneamente interrotto, perché richiede  tempo  e  concentrazione.  Ho  lavorato molto e le cose belle voglio gustarle appieno, non con il pensiero che il giorno dopo avrò uno  spettacolo!  Proseguirò  il  Tour  questo  inverno,  ho  già  in  mente  delle  tappe importanti. Le frontiere si sono riaperte e mi piacerebbe, per esempio, partire dalla Turchia per poi arrivare in India passando per l’Azerbaigian, è un desiderio forte… Prevedo di ritornare a Parigi, a Londra, perché comunque l’Europa ha un suo passato da esplorare, ma attualmente privilegerei l’Oriente: se Grand Tour significa andare alla ricerca di valori, storia e cultura, anche gli orientali hanno molto da insegnarci. Una delle mie prossime mete sarà  New York. Vorrei sondare cosa ha ispirato nell’ underground artistico lo strano periodo che stiamo vivendo. Se pensi che l’arte moderna ha più di 100 anni, diventerebbe una ricerca dei fermenti che hanno dato origine all’ arte contemporanea e alle avanguardie. Perciò sarebbe molto interessante anche sotto questo punto di vista. Quel che è certo, è che ho tanta voglia di girare! Dopo tutte le chiusure e le restrizioni anti-Covid voglio girare, girare e ancora girare…Il mio Grand Tour diventerà un “worldwide tour”!

 

 

Cosa ci racconti, invece, relativamente al lavoro e agli eventi più salienti a cui hai preso parte?

Tra gli eventi più interessanti e gratificanti c’è stato senz’altro il Memorabilia al Rimini Beach Arena. C’erano parecchi dubbi su come organizzare il format: il timore era che l’animazione si perdesse un po’ nell’ enormità di quel palco, perché era un palco da festival. Io ho accettato la sfida e non mi sono limitato a presentare, mi sono esibito nelle mie performances. Ho messo insieme una gran quantità di costumi, ho invitato artisti e acrobati…Il risultato è stato uno spettacolo dal forte impatto teatrale, ma soprattutto dalla carica emozionale travolgente. Con le 10.000 persone che hanno partecipato si è subito instaurato un contatto bellissimo, sublime, commovente. Alla fine dell’evento, quando ero già struccato e indossavo gli abiti della quotidianità, ho voluto ringraziare il pubblico non nei panni del Principe Maurice, bensì in quelli di Maurizio Agosti, per  l’energia  che  avevo ricevuto.  Aver  riunito  10.000 persone  è  stato incredibile, non è scontato che uno spazio si riempia…Anche i giovanissimi, che magari non mi hanno mai sentito nominare, sono accorsi in massa. Il fatto che siano affascinati da me mi entusiasma, perché mi considero un portatore di valori oltre che di immagine. Vedere che ascoltano le mie esortazioni a credere in qualcosa che va al di là del futile, del passeggero, e ti accompagna per tutta la vita, dà speranza…I giovani capiscono la sincerità del mio messaggio e la apprezzano, si commuovono. Io non li incito a essere belli, ricchi e famosi senza far niente. Parlo loro di passione, libertà, dignità e amore…Non è facile, eppure funziona e sono molto gratificato da tutto questo.

 

Qualche scatto dell’affollatissimo Memorabilia al Rimini Beach Arena

La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ti ha visto come sempre protagonista. Quest’anno ti sei esibito quotidianamente negli spazi color fucsia del VF Club (il disco club di Vanity Fair) all’ Hotel Bauer. Immagino che ne avrai di cose da raccontarci, su quell’ esperienza!

Ho ricevuto una chiamata da Sergio Tavelli, un straordinario dj milanese residente al Plastic, che è stato incaricato di creare la colonna sonora del Vanity Club.   Il club fa parte di un preciso progetto di Vanity Fair: essere presenti non solo su carta, non solo sul web, ma anche fisicamente con un concept di clubbling puro, dove c’è musica, ci si diverte e si incontra gente in tutta libertà. Sergio Tavelli mi ha chiesto se ero interessato a occuparmi dell’intrattenimento e ho risposto subito di sì. Con Simone Marchetti, il direttore di Vanity Fair, c’è stata un’intesa immediata. Tra l’altro, ho scoperto che era un mio fan da tempo! La cosa è reciproca, dato che trovo il nuovo Vanity Fair molto accattivante. Marchetti mi ha lasciato carta bianca riguardo l’organizzazione dell’entertainment,  però  bisognava  declinare  il  tutto  anche  secondo  il  gusto  dello sponsor delle prime tre serate, ossia Valentino; ma quando ho parlato di Ba-Rock, vale a dire rock con un tocco veneziano settecentesco, ho ricevuto un consenso unanime! Ho avuto piena libertà anche dal punto di vista dei costumi: Flavia Cavalcanti e l’Atelier La Bauta di Venezia hanno interpretato sublimemente l’immagine che intendevo dare di me. E’ stata un’esperienza straordinaria! Ho visto entrare nel V Bar del Bauer, uno degli hotel più sontuosi di Venezia, gente stupenda di ogni genere ed età, gente che ha colto alla perfezione lo spirito del Club così come era stato concepito da Simone Marchetti. L’ esperimento ha ottenuto un successo enorme grazie anche all’ organizzazione stratosferica del Gruppo Condè Nast e all’ efficienza dell’Hotel Bauer, che ha offerto un servizio super top sia riguardo al beverage che all’accoglienza. Durante la Mostra del Cinema ci sono state altre feste prestigiose, a Venezia, ma il Lido era piuttosto morto: vive ormai solo della proiezione dei film, non esiste più quel lato mondano che a me piaceva molto. Io sono riuscito a organizzare alcune cene deliziose alla Terrazza della Biennale avvalendomi della maestria di Tino Vettorello, lo chef ufficiale della kermesse. Ho avuto ospiti importanti come Fakhriya Khalafova, un’intellettuale ed attivista imparentata con il presidente dell’Azerbaigian che è anche stata ricevuta in Comune. Ma la cosa più bella della Mostra del Cinema 2022, secondo me, è stata la serie di feste del Vanity Club.

 

Maurice con un ospite all’ inaugurazione del VF Club di Vanity Fair

Il Ba-Rock del Principe al Vanity Club (tutti i look che ha sfoggiato sono firmati Atelier la Bauta e Flavia Cavalcanti Costumes Milano)

Foto di gruppo davanti alla chiesa di San Moisè: qui il mattatore del Vanity Club è con (da sinistra a destra) Valentina Corio, Organizzazione Eventi del Gruppo Condé Nast, la sua collaboratrice Serena Marchetti e il dj e direttore artistico milanese Sergio Tavelli. Sullo sfondo c’è il performer Luca Zanni

Parlaci dei Vip che hai incrociato al VF Club: impressioni, resoconti, aneddoti e quant’altro…Trovo che sia stato davvero molto divertente intrattenere le star del cinema in un’iniziativa patrocinata (per i primi tre giorni) anche dalla Maison Valentino.

Ogni  star  che  ha  sfilato  sul  red  carpet  è  passata  anche  al  Vanity  Club,  sarebbe impossibile fare un elenco!   Sono stati tutti molto carini e simpatici, abbiamo bevuto champagne a fiumi, ma la celebrity che mi ha fatto più piacere rincontrare dopo tanti anni è stata Amanda Lear. Abbiamo ricordato i tempi in cui veniva a trovarci al Cocoricò, in seguito ci siamo ritrovati a Parigi varie volte. Non la vedevo da diversi anni e l’ho trovata in splendida forma, più brillante e ironica che mai! Ci siamo divertiti un sacco. Ecco, con Amanda mi sono intrattenuto un po’ di più. Poi c’era un folto gruppo di attrici e attori giovanissimi che, grazie alla mia presenza, riusciva a immergersi in quella dimensione di club internazionale che normalmente a Venezia non esiste. L’ esperimento di Vanity Fair ha funzionato e questi ragazzi, cosmopoliti e abituati alla nightlife di Parigi e di New York, sono diventati la mia corte meravigliosa – peraltro, una corte bellissima da vedere. Uno degli ospiti più simpatici e interattivi è stato senz’altro Simone Marchetti, il direttore di Vanity Fair. Non è mai mancato, ha ballato con noi, ci presentavamo amici a vicenda…Tutto il gotha della Condè Nast ha gradito tantissimo il progetto del VF Club, che avrà sicuramente un seguito. Non solo a Venezia, ma in giro per il mondo.

 

Con Luca Zanni

Sul red carpet della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nella foto sotto insieme alla moglie Flavia Cavalcanti

Con Alberto Barbera, il direttore della Mostra del Cinema di Venezia

Il red carpet di Flavia Cavalcanti

Passando a giorni più recenti, dal 21 al 25 Settembre sei tornato ad animare il Salieri Circus Award. Immagino che questa seconda edizione abbia ottenuto un successo altrettanto esplosivo della precedente…

Ti dirò che ha avuto ancora più successo della precedente! La prima edizione era già diventata d’amblé un must internazionale nell’ ambito dei festival internazionali di arte circense. Quest’ anno, inoltre, abbiamo avuto un’orchestra di musica classica (l’anno scorso non era stato possibile a causa delle restrizioni anti-Covid), 36 elementi diretti dal maestro Diego Bosso, e poter godere della musica ritmo-sinfonica in sottofondo ha donato un tocco magico alle strabilianti esibizioni degli artisti. La giuria, prestigiosissima e tutta al femminile, si è trovata “costretta” a conferire due ori pari merito, due argenti pari merito e quattro bronzi pari merito grazie all’incredibile bravura dei performer circensi. Avrebbero tutti meritato il podio. Questa edizione ha potuto avvalersi anche della presenza di Silke Pan, un’ex trapezista che dopo un incidente occorsole durante le prove di uno spettacolo è diventata paraplegica: nonostante tutto, è riuscita a creare uno straordinario numero di equilibrismo dando un importante segnale di rinascita. Io che normalmente mi dedicavo alle mie performance, ho deciso di lasciar perdere. Quello che stava facendo lei era talmente toccante e significativo che affiancarlo a qualsiasi altra esibizione sarebbe risultato superfluo.

 

Foto di gruppo con gli artisti del Salieri Circus Award

Il Principe con David Larible, uno dei clown più celebri al mondo

 

Tenendo d’occhio i tuoi social, noto che stai volando a Maiorca con una certa regolarità. Buen retiro a parte, i tuoi viaggi hanno per caso qualcosa a che fare con il progetto Gloss’n’ Glitter insieme a Francesca Faggella?

Proprio così. Il 6 Ottobre, infatti, ci siamo esibiti in un evento Gloss’ n’ Glitter che diventerà un appuntamento fisso settimanale: si è tenuto al MOMOS, un club nuovo, coccolo ed esclusivo nella Cala Major di Maiorca. Ma ti dò una fantastica anteprima: presto Gloss’ n’ Glitter arriverà in Italia e debutterà il 19 novembre in uno dei più prestigiosi club della penisola: il leggendario TENAX di Firenze. Per quanto riguarda Maiorca, cominceremo in controtendenza: invece di proporre lo spettacolo in estate, quando è pieno di gente, lo porteremo avanti in inverno per gli aficionados dell’isola come me e per chi ama Maiorca al punto tale da raggiungerla anche al di fuori dei mesi caldi.

 

Maurice interpreta Andy Warhol in “Gloss’n’Glitter”, lo show che porta avanti insieme a Francesca Faggella

Maiorca by night

Cambiamo per un attimo argomento e passiamo all’ attualità. Il 25 Settembre ha sancito un netto cambio della guardia nella coalizione che guida il nostro Paese. Era un risultato che ti aspettavi? E cosa pensi al riguardo?

Era un risultato secondo me abbastanza scontato. Spero soltanto che chi ha l’enorme responsabilità di traghettare la nazione in un periodo duro come questo possa farlo nel migliore dei modi, ma nel rispetto di tutti. Mi auguro che Giorgia Meloni capisca che va a governare una nazione che l’ha votata, ma che è anche composta da tante altre persone che hanno i loro diritti e i loro doveri. Sarebbe bello che la prima donna premier, stravotata e quindi con tutto il diritto di governare, sentisse il dovere di farlo per tutti rispettando le conquiste sociali di chi la pensa diversamente da lei.

I drammi del caro bollette e la crisi economica che l’Italia sta attraversando, a tuo parere, riusciranno a mantenere intatta la voglia di evasione e di divertimento?

Intanto di crisi ne abbiamo avute anche di più gravi, ma è proprio nei momenti di crisi che c’è la voglia di evadere. E la filosofia del carpe diem, ormai insediatasi nella mia mente come nella mente di molti, ci dice “godiamoci l’attimo, divertiamoci, del doman non v’è certezza”. Anche la Repubblica di Weimar nacque in un momento drammatico. Poi è sfociata nel Nazismo e pensarci fa un po’ paura, ma ha dato vita al movimento del cabaret berlinese che ha fatto scuola sia a livello di entertainment che di denuncia sociopolitica virata sulla satira e sull’ ironia. Per cui no, non credo che in questo periodo la gente girerà senza un soldo in tasca. Non sono così pessimista! Il divertimento rimarrà sempre una via di fuga.

 

La facciata del Teatro Salieri di Legnago, dove ogni anno si tiene il Salieri Circus Award…

…e il Principe sul palco del Teatro

Con quale mood stai affrontando il giro di boa stagionale?

Non è facile fare progetti in questo momento storico, io però adoro l’autunno: lo trovo sontuoso con tutti i suoi ori, con tutti i suoi rossi. Mi piace, mi appartiene, è molto nelle mie corde. E’ il mio concerto preferito ne “Le quattro stagioni” di Vivaldi, quindi lo aspetto a braccia aperte anche se oggi mi sto godendo il sole sulla spiaggia di Maiorca. Qui è estate! Professionalmente sto sviluppando alcune idee, ma dopo la pandemia tutto è diventato last minute. Uno dei miei progetti, come ti dicevo, è girare, viaggiare molto, sia per volontà personale che per motivi di lavoro.

 

 

Potresti anticiparci qualche evento tra quelli a cui ti appresti a partecipare? Anche solo stuzzicando la nostra immaginazione, se non ti va di svelarne i particolari per filo e per segno…

C’è nell’aria di poter realizzare un dinner show molto prestigioso e molto bello in Italia per poi portarlo anche a Parigi. Andrò a Parigi la prima metà di Novembre: è una città che mi ha dato tantissimo nel periodo in cui ero legato a Grace Jones. Con Grace abbiamo abitato per un periodo sull’ Ile Saint-Louis (una bellissima isola in mezzo alla Senna), per cui anche solo l’idea di tornare nella Ville Lumière mi galvanizza. Prima però voglio sperimentare qui il nuovo spettacolo, perché questo é il mio “terreno”. Soltanto dopo lo proporrò alla grande in Francia (e altrove.)… Il dinner show è una dimensione che continuo a sviluppare con la famiglia Venerandi, proprietaria tra l’altro de l’Odissea di Treviso. E’ lì che realizzo e attualizzo le mie performance. A proposito dei Venerandi, verrà festeggiato a breve il 50esimo di attività di Renzo, il patriarca della famiglia. Il mio  progetto  più  importante  è  senz’altro  quello  di  realizzare  un  dinner  show  di prestigio,  indipendente,  che  possa  avvalersi  anche  di  alcuni  degli  artisti  che  ho incontrato  al  Salieri  Circus Award,  e  possibilmente  della  collaborazione  del  regista Antonio Giarola (il direttore artistico del festival). Vorrei cercare di chiudere il cerchio, poi, con il progetto teatrale incentrato sul rapporto con il mio fratello gemello. Ci tengo molto, ma oltre ai contenuti sarà importante il modo in cui mio fratello verrà materializzato. Ho optato per un ologramma tridimensionale: non vorrei che il mio gemello risultasse troppo etereo e fantasmatico, deve apparire come una persona in carne e ossa. Nel frattempo, i testi e la colonna sonora stanno delineandosi. Non appena l’aspetto tecnologico si sarà risolto, penso di poter mandare in scena la pièce. Forse la primavera prossima, magari in un importante festival teatrale. Ho tante ambizioni su questo progetto, perché è un lavoro che mi rappresenterà al 100 per cento.

 

Ancora un’ immagine del Salieri Circus Award

Concludo l’intervista chiedendoti di raccontarci cosa farai a Halloween, una festa che sia io che te sentiamo molto.

Il 31 Ottobre sarò al Cocoricò. A Halloween unirò le mie due grandi passioni: la festa in sé  e  il  fatto  di  poterla  festeggiare  alla  Piramide  con  una  magica  versione  del Memorabilia. Sarà un Memorabilia in salsa halloweeniana! Vi dò qualche anticipazione. Indosseremo outfit di Flavia Cavalcanti in total white, ma macchiati di sangue. Non dimentichiamo che il bianco in Oriente è il colore del lutto. Il sangue? Ne sputiamo tanto, quindi perché non rappresentarlo in questa notte di sofferenze e spiriti? Il mio look avrà un’impronta che fonde il Kabuki con il Buto e con i paramenti sacri della tradizione cattolica. Un funerale surreale…  La  vera  chicca  sarà  che  per  la  prima  volta  canterò  dal  vivo  la  famosa “Passacalli della Vita”, capolavoro rinascimentale dei Stefano Landi, nel remix techno realizzato con i Datura.

 

Al Vanity Club con uno dei costumi Ba-Rock creati da Flavia Cavalcanti

 

Photos courtesy of Maurizio Agosti

 

Il luogo: Edimburgo, per celebrare Halloween in ogni sua sfaccettatura

 

” I fantasmi.
Prendono forma al chiaro di luna,
si materializzano nei sogni.
Ombre. Sagome
di ciò che non è più.”
(Ellen Hopkins)

 

Se la magia spettrale di Halloween vi cattura, un viaggio a Edimburgo è un’ esperienza che non dovete perdervi per niente al mondo: sulla città aleggia un’atmosfera sinistra, a tratti lugubre, alimentata da antiche leggende e da un cupo alone di mistero. La capitale della Scozia, non a caso, viene considerata una delle location più infestate del pianeta. Le origini di Edimburgo affondano nella notte dei tempi, il primo insediamento umano stabilitosi in quell’area risale al 8500 a.C. ed è stato identificato come una tribù celtica. Noi, però, ci occuperemo della lunga tradizione che associa la popolosa città scozzese ai fantasmi e alle presenze oscure: un argomento pregnante in vista dei festeggiamenti di Samhain.

 

 

Edimburgo, e soprattutto la sua Old Town medievale, ha ispirato romanzi del calibro di “Harry Potter” e “Dottor Jekyll e Mister Hyde”. I vicoli angusti pavimentati con ciottoli, le case costruite in pietra, le quattro vie che compongono il Royal Mile (il cui viale principale collega il Castello di Edimburgo con l’ Holyrood Palace, la residenza reale dove visse anche Maria Stuarda) sono datati all’ era della Riforma Protestante. Chiese e monumenti in stile gotico proliferano, accentuando il clima d’altri tempi che si respira in questa zona della città. I colori che predominano sono il grigio, l’antracite e il marrone, gli antichi lampioni diffondono un alone di luce perennemente sfumato nella nebbia. Dal Royal Mile si dirama il reticolo di viuzze dette “closes”, intervallate dalle piazze in cui si tenevano i mercati cittadini. E’ proprio nella Old Town, dove hanno sede anche la Chiesa di Sant’Egidio, la Casa del Parlamento, il National Museum of Scotland, la Scottish National Library e l’Università di Edimburgo, che nacquero molte delle storie di fantasmi legate alla capitale scozzese.

 

 

Una di queste è la leggenda di Annie, ambientata nel labirinto di vicoli della città sotterranea collocata a 25 metri di profondità dal Royal Mile. Il Mary King’s Close è il più tristemente noto di quelle viuzze: qui la gente viveva in condizioni terribili, estremamente malsane. Tantevvero che nel 1600, in seguito all’ epidemia di peste che nei cunicoli raggiunse il picco dei contagi, innumerevoli malati vennero murati vivi nelle proprie case. Da allora, nel Mary King’s Close cominciarono a risuonare misteriosi rumori e strani lamenti alternati a svariate apparizioni. I bassifondi sottostanti al Royal Mile, oggi rimasti pressochè identici a quell’ epoca, possono essere visitati grazie a specifici tour guidati. Molti turisti esplorano il Mary King’s Close attratti dalla leggenda del fantasma di Annie, una bambina che nel 1645 fu abbandonata nel vicolo dalla sua famiglia poichè aveva contratto la peste. La bambina morì e tuttora è possibile udirla piangere: si dispera per aver perso l’amata bambola con cui condivideva le giornate. L’ hanno vista vagare tra i vicoli, tormentata come un’ anima in pena. Per alleviare il suo dolore, i visitatori del Mary King’s Close sono soliti lasciare bambole o giocattoli nel punto in cui Annie è apparsa per la prima volta.

 

 

Anche il Castello di Edimburgo vanta un suo fantasma: in questo antico maniero, risalente al 1130 d.C., si sono verificati molteplici episodi paranormali. Il più famoso è l’apparizione del cosiddetto “Lone Piper”. Secondo la leggenda, molti secoli orsono fu rinvenuta una rete di cunicoli sottostanti al Castello. Tutti pensavano che portassero a Holyrood Palace, la residenza dei sovrani scozzesi, ma non ve n’era la certezza. Così, un giovane suonatore di cornamusa fu fatto scendere nel labirinto sotterraneo: il suono dello strumento avrebbe funto da “traccia” a coloro che seguivano il suo tragitto in superficie. All’ inizio andò tutto bene, poi la cornamusa cessò improvvisamente di suonare. Il punto in cui irruppe il silenzio coincideva con Tron Kirk, una chiesa situata lungo il Royal Mile. Nei cunicoli si calarono uomini a frotte, alla ricerca del suonatore; non fu mai ritrovato, era come svanito nel nulla. I sotterranei vennero sigillati, ma nell’area sottostante al Castello di Edimburgo e al Royal Mile si può udir suonare ancora oggi la funerea melodia di una cornamusa.

 

 

Chi è in cerca di brividi, a Edimburgo non può trascurare i cimiteri: sono aperti anche di notte e celebri per essere “abitati” da tenebrosi ectoplasmi. Le lapidi rimandano a secoli lontani, sono spesso ricoperte dal muschio e i nomi incisi sulla pietra risultano illeggibili. Le foglie morte dell’ Autunno, sospinte da folate di vento, si posano sulle tombe copiosamente. Il silenzio impera, tra i sepolcri circondati dal verde. Il cimitero più infestato è senz’altro quello di Greyfriars Kirkyard. Nella sua area sud-occidentale sorgeva una prigione dove, nel 1679, vennero massacrati e uccisi oltre 1200 Covenanters (i presbiteriani scozzesi che nel 1638 firmarono il patto del National Covenant per ribellarsi all’ episcopato anglicano). L’avvocato che emise le sentenze contro i Covenanters era Sir Mackenzie, detto anche “Mackenzie il sanguinario” per la crudeltà con cui fece torturare i prigionieri. La tomba di Mackenzie, nota con il nome di The Black Mausoleum, è uno dei monumenti più sinistri di Greyfriars Kirkyard: dal 1990 ad oggi, nei suoi paraggi sono occorsi centinaia di eventi paranormali. Apparizioni, fantasmatiche aggressioni, lesioni e ferite misteriose, inquietanti rumori si susseguono in un contesto macabro dove la violenza sembra aleggiare nell’ aria. Il reverendo Colin Grant, che nel 2000 eseguì un esorcismo a Greyfriars Kirkyard, dichiarò che il cimitero era invaso da potentissime forze del male. Si trattò forse di una coincidenza, ma pare che pochi giorni dopo l’uomo perse la vita in circostanze oscure. Per alleggerire l’atmosfera, è interessante sapere che a Greyfriars si trova anche la tomba di Thomas Riddle (aka Lord Voldemort), il famoso antagonista della saga di “Harry Potter”.

 

 

L’ Edinburgh North Bridge è un’ altra location imperdibile per gli amanti del dark. Questo ponte, costruito originariamente nel 1763 per collegare la Old Town con la New Town (dal 1995, entrambe Patrimonio dell’ Umanità UNESCO), è stato sostituito dal North Bridge inaugurato nel 1897, sotto il quale scorrono le linee ferroviarie principali di Edimburgo. Anticamente, il North Bridge si affacciava sul Nor Loch, una palude dove venivano lanciate le presunte “streghe” per verificare in che rapporti fossero con il diavolo: non è un caso che il ponte sia stato soprannominato “Ponte del Diavolo”.  Quando venne ricostruito nel XIX secolo, tuttavia, il North Bridge si guadagnò anche il nomignolo di “Ponte dei Morti”. Il giorno dell’ inaugurazione, tutti i presenti erano così spaventati dall’ eventualità di imbattersi nei fantasmi delle streghe che nessuno osava attraversarlo. Fu così deciso che la prima persona a transitare sul ponte sarebbe stata la più anziana di Edimburgo; ma la donna centenaria a cui spettò “l’onore” perse la vita proprio alla vigilia dell’ evento. Il fatto, per non alimentare dicerie su una maledizione, fu taciuto al pubblico. Il corpo senza vita dell’ anziana venne quindi posto in una carrozza che attraversò il ponte. L’ inganno, però, fu scoperto. Da quel momento, North Bridge diventò anche il “Ponte dei Morti”. Si dice che a tutt’oggi in molti si rifiutino di percorrerlo a piedi…

 

 

Se volete visitare Edimburgo ad Halloween, ma non vi interessano i fantasmi nè le leggende, concludo con una ciliegina sulla torta che voglio dedicare a voi: il Samhuinn Fire Festival. Quest’ anno si terrà il 31 Ottobre, dalle 19 alle 22, a Holyrood Park (i biglietti, una donazione di circa 5 sterline, possono essere acquistati comodamente on line), e verrà organizzato come sempre dalla Beltane Fire Society. Il Festival onora le origine celtiche di Halloween tramite una serie di festeggiamenti all’ insegna della tradizione: la transizione dall’ Estate all’ Inverno viene celebrata con spettacolari performance di danza, musica e teatro ricalcate su quelle tipiche degli antichi Celti. Rimarrete senza fiato di fronte alle scenografiche fiaccolate, agli straordinari numeri di giocoleria con il fuoco,  ai tamburi che con il loro ritmo accompagnano i balli, i suggestivi rituali e le travolgenti esibizioni. Si respira un’aria che riporta indietro di secoli, intrisa di gioia e di partecipazione. Cliccate qui se volete saperne di più sul Festival, e non mancate l’occasione di festeggiare Halloween in ogni sua sfaccettatura!

 

 

 

 

Il popolo dell’ autunno: guardatevi da loro

 

” Per alcuni, l’autunno viene presto, e permane per tutta la vita, quando ottobre segue settembre, e novembre tocca ottobre, e poi, invece di dicembre e del natale, non c’è la stella di Betlemme, non c’è letizia, ma ritorna settembre e il vecchio ottobre, e così via, per tutti gli anni, senza inverno, senza primavera, senza estate vivificatrice. Per questi esseri, l’autunno è la stagione normale, l’unica stagione, e non c’è per loro altra scelta. Da dove vengono? Dalla polvere. Dove vanno? Verso la tomba. È sangue che scorre nelle loro vene? No: è il vento della notte. Che cosa pulsa nella loro testa? Il verme. Che cosa parla attraverso le loro bocche? Il rospo. Che cosa guarda attraverso i loro occhi? Il serpente. Che cosa ode attraverso le loro orecchie? L’abisso tra le stelle. Scatenano il temporale umano per le anime, divorano la carne della ragione, riempiono le tombe di peccatori. Si agitano freneticamente. Corrono come scarafaggi, strisciano, tessono, filtrano, si agitano, fanno oscurare tutte le lune, e rannuvolano le acque chiare. La ragnatela li ode, trema.. si spezza. Questo è il popolo dell’autunno. Guardatevi da loro.“

Ray Bradbury, da “Il popolo dell’ autunno”

 

 

Buon Halloween, felice Samhain

 

Che odore ha, secondo voi, la notte di Halloween? Come immaginate il suo imprinting olfattivo? Io la penso impregnata di un vago sentore di fumo: sì, proprio il fumo di un camino acceso. Che d’altronde, per me, è il tipico odore dell’ Autunno sin dai tempi dell’ infanzia. Mi è rimasto dentro quando ero piuttosto piccola, avrò avuto tre o quattro anni. Era l’ odore che aleggiava in certi borghi di montagna, dove mia madre, insegnante nella scuola elementare locale, tornava anche di pomeriggio se era molto impegnata. Naturalmente mi portava con sè, e ho ancora dei ricordi nitidi di quelle case in cui a volte ci invitavano per uno spuntino: il camino era il fulcro dell’ abitazione, più familiare e intimo rispetto al termosifone. Persino la cena veniva cotta puntualmente sul fuoco. Il mio Halloween ideale è in armonia con la natura, di conseguenza lo associo a un focolare e all’ aroma che sprigiona. Esistono diversi metodi per impedire che l’odore di cenere predomini, alcuni di questi semplicissimi da attuare: bruciare un po’ di cannella (la spezia dell’ Autunno per antonomasia), degli aghi di pino o del rosmarino tra le fiamme, ad esempio, può rivelarsi un’ ottima idea. Un’ altra opzione è l’utilizzo dell’ incenso aromatizzato. I fumi che diffonde, oltre a profumare la casa, accentueranno l’ alone di magia che circonda la notte del 31 Ottobre. Forse non sapevate che esistono piante tradizionalmente associate a Samhain: l’ alloro, pianta sacra ad Apollo, possiede la straordinaria virtù di donare capacità divinatorie e di tenere a distanza la malasorte, i malanni e le energie negative; la noce moscata ha proprietà purificatrici, potenzia la memoria e le abilità mentali calamitando, al tempo stesso, la buona sorte. La salvia è un toccasana per il benessere del corpo. Anticamente, veniva considerata il rimedio per qualsiasi patologia e si pensava addirittura che facesse tornare in vita i trapassati. Tra i punti di forza di questa miracolosa pianta, infatti, spiccava la presunta facoltà di rendere immortali. La mulleina, nome comune del Verbascum Thapsus, è un potente schermo contro la negatività, le forze demoniache e le fatture realizzate tramite la magia nera. I suoi gambi, avvolti in un amalgama di grassi o nella cera, un tempo plasmavano torce denominate “il foglio dei coni della strega”. L’ assenzio romano, invece, ha la funzione di accrescere le capacità psichiche. Gli aromi dell’ alloro, della salvia e della noce moscata sono quelli su cui puntare per la notte di Halloween.

 

 

Per esaltare l’atmosfera avvolgente originata dagli incensi e dal caminetto acceso, non resta che un ultimo dettaglio: una cena a lume di candela. Senza dimenticare che le candele dovrebbero essere rigorosamente tinte di color arancio, una delle tonalità emblematiche di Samhain.

Buon Halloween a tutti!

 

 

 

Halloween night: 5 usanze dell’ era vittoriana

 

Considerato il singolare rapporto con la morte che vigeva durante l’ epoca vittoriana (1837-1901), viene spontaneo chiedersi come si festeggiasse Halloween. Va ricordato, innanzitutto, che il tasso di mortalità elevato a causa delle malattie – e delle epidemie – allora incurabili, determinava una “familiarità” con il trapasso sfociata in usanze e rituali piuttosto macabri. Pensate solo alle fotografie post-mortem, in cui i defunti venivano immortalati insieme ai loro familiari a mò di ricordo, come se fossero ancora in vita. Oppure al lunghissimo periodo di lutto che le donne dovevano osservare, quattro anni in tutto suddivisi tra due di “lutto stretto” e due di “mezzo lutto”. Nei primi due anni vestire di nero era tassativo, nei successivi due era consentito passare al grigio, al malva o al lilla. Vi sembrerà curioso sapere che sorsero addirittura dei negozi specializzati nell’ abbigliamento da lutto (uno di questi era il Jay Mourning Store) : lì si vendevano abiti, ma anche gioielli e accessori da indossare dopo il decesso di una persona cara. I funerali vittoriani erano talmente solenni che per prendervi parte era necessario l’ invito, di solito graficamente elaboratissimo. Proprio in quegli anni, peraltro, esplose il boom dello spiritismo. Il dolore della perdita veniva mitigato dalla ricerca di un presunto contatto con il defunto, ma la morte e la malattia si esorcizzavano, in genere, elevandole quasi a culto. Il tipo di donna in voga aveva il corpo emaciato, lo sguardo spento e sofferente, la carnagione pallidissima. In letteratura spopolavano le elegie, i componimenti che esprimevano la profonda sofferenza causata dalla morte di un congiunto, di un amico o di un amante. Un esempio? “In memoriam A.H.H.” di Alfred Tennyson era il libro più letto. La Regina Vittoria stessa, quando suo marito (il Principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha) morì, osservò il lutto per tutta la vita. Paradossalmente, i riferimenti alla morte venivano in gran parte rimossi all’ arrivo del 31 Ottobre. Per gli anglosassoni, all’ epoca, Halloween rappresentava uno speciale appuntamento mondano e come tale veniva celebrato: si davano feste, ci si travestiva, si raccontavano storie di streghe e di fantasmi (questo sì!) per intrattenersi, e ci si dedicava a svariati giochi. Sentori divinatori e magici, comunque, aleggiavano puntualmente nell’ atmosfera. Esaminando cinque usanze legate alla “notte delle streghe”, scopriremo il perchè. Leggete qui di seguito e ammirate la gallery, una serie di Halloween cards risalenti proprio all’ era vittoriana.

 

 

Le mele.

Moltissimi giochi e usanze vedevano le mele protagoniste. Innanzitutto, erano (e sono) considerate un frutto magico, simbolo della triade Amore, Conoscenza e Morte. Se tagliate una mela in orizzontale, noterete che raffigura un pentacolo al suo interno: vale a dire uno dei simboli esoterici più universalmente noti. La mela era il frutto della conoscenza e degli incantesimi, il legno del melo veniva utilizzato per accendere i fuochi sacri. Nell’ era vittoriana si pensava addirittura che ad Halloween le mele (ma anche le zucche e diversi tipi di ortaggi) potessero animarsi. La notte del 31 Ottobre, non a caso, spadroneggiavano come strumenti di divinazione o in diversi giochi di abilità. Le ragazze in “età da marito”, ad esempio, si esibivano in prove di sbucciatura: quanto più lunga era la buccia di mela tagliata, tanto più fortunato sarebbe stato il nuovo anno della giovane. Se la buccia veniva gettata in un catino pieno d’acqua, inoltre, si diceva che prendesse la forma dell’ iniziale del futuro sposo. Un altro gioco contemplava che qualcuno tagliasse una mela in nove fette e che mangiasse le prime otto di fronte allo specchio, in una stanza rischiarata unicamente dalle candele. La nona fetta doveva essere lanciata dietro la spalla sinistra per offrirla in dono agli spiriti: costoro avrebbero dimostrato la loro gratitudine facendo apparire l’ anima gemella nello specchio. Divinazione a parte, un gioco come il “bobbing” era famosissimo. Consisteva nell’ immergere diverse mele in una tinozza riempita d’acqua; i giocatori erano tenuti ad estrarle aiutandosi solo con i denti. Un gioco simile, ma decisamente più goloso, prevedeva invece che i partecipanti riuscissero a mangiare – senza toccarle – delle mele caramellate che pendevano da una corda.

 

 

Lo specchio.

All’ epoca, era lo strumento divinatorio per eccellenza. Si pensava, inoltre, che tramite gli specchi si accedesse all’ aldilà e che la notte di Halloween, a mezzanotte, gli Spiriti lasciassero intravedere negli specchi il loro riflesso. Decisamente foriera di sciagure era la visione di un teschio: annunciava che si sarebbe morti entro l’ anno.

La candela.

Per divinare il futuro, la notte del 31 Ottobre le giovani donne si servivano anche delle candele. Lasciavano cadere delle gocce di cera sciolta aspettando che si raffreddassero. Quando ciò avveniva, la cera prendeva la forma del nome dell’ uomo che le avrebbe sposate.

 

 

I tre piattini.

Davanti al caminetto venivano posati tre piccoli piatti, uno vuoto, uno pieno d’acqua e uno pieno di farina. Il giocatore, bendato, doveva immergere il dito in uno di essi. Sarebbero stati gli spiriti a guidare la sua mano. Se il dito finiva nel piattino vuoto, per lui sarebbe stata un’ annata difficile e segnata dalla povertà. Se capitava nel piattino pieno d’acqua o in quello pieno di farina preannunciava, rispettivamente, un matrimonio nei dodici mesi successivi e un anno all’ insegna della prosperità e dell’ agiatezza.

Il pudding.

L’ Halloween Pudding rappresentava una tradizione culinaria consolidata. Preparandolo, la padrona di casa doveva inserire cinque oggetti al suo interno prima della cottura: un ditale, una chiave, un bottone, una moneta e un anello. Il dolce veniva consumato alle nove di sera in punto seguendo un preciso rituale. Il più anziano (o la più anziana) della famiglia tagliava le fette in assoluto silenzio, un silenzio osservato da tutti i commensali. Alle parole pronunciate dopo quella pausa si attribuiva una valenza premonitrice, poichè ognuna conteneva gli elementi che avrebbero contraddistinto il nuovo anno. Ma anche i cinque oggetti avevano un carattere di preveggenza: la moneta simbolizzava un’ imminente ricchezza, l’ anello un matrimonio a breve, il bottone l’ incontro con l’ anima gemella, la chiave un viaggio in vista e il ditale, ahimé, un futuro da single nei prossimi dodici mesi.

 

Ottobre e il popolo dell’ Autunno

 

” In primo luogo era ottobre, un mese eccezionale per i ragazzi. Non che tutti i mesi non siano eccezionali. Ma ce ne sono di buoni e di cattivi; come dicono i pirati. Prendete settembre, un mese cattivo: cominciano le scuole. Considerate agosto, un mese buono: le scuole non sono ancora incominciate. Luglio, ecco, luglio è veramente splendido: niente scuola. Giugno, senza dubbio, giugno è il migliore di tutti, perchè le porte delle scuole si spalancano e settembre è lontano un miliardo di anni. Ma adesso guardate ottobre. Le scuole sono cominciate da un mese, e voi ve la prendete più calma, tirate avanti. Avete il tempo di pensare all’ immondizia che scaricherete sul portico del vecchio Prickett, o al costume da scimmia che indosserete alla festa dell’ YMCA l’ ultima sera del mese. E se è già il 20 ottobre e tutto odora di fumo e il cielo è color arancio e grigio cenere al crepuscolo, sembra che Halloween non verrà mai, in una pioggia di manici di scopa e in un fiottare sommesso di lenzuola agli angoli delle strade. Ma in un anno strano, buio, lungo e assurdo, Halloween venne in anticipo. Un anno Halloween venne il 24 ottobre, tre ore dopo mezzanotte. A quell’ epoca, James Nightshade, che abitava al 97 di Oak Street, aveva tredici anni, undici mesi e ventitrè giorni. Il ragazzo che abitava alla porta accanto, William Halloway, aveva tredici anni, undici mesi e ventiquattro giorni. Entrambi stavano per raggiungere i quattordici anni: già i quattordici anni tremavano nelle loro mani. E poi vi fu quella settimana d’ottobre in cui divennero adulti di colpo e non furono mai più giovani…”

 

Ray Bradbury, da “Il popolo dell’ autunno”

 

 

 

 

La colazione di oggi: la zucca, supremo emblema di Halloween

 

 

Halloween è dietro l’ angolo: manca solo una manciata di giorni alla notte più stregata dell’ anno. E qual è il suo supremo emblema, se non la zucca? Un frutto tipicamente autunnale che si presta a un’ infinita varietà di ricette. Nei paesi anglosassoni, in particolare, viene utilizzata per preparare dolci deliziosi: torte, crostate, ciambelle, biscotti, e classiche leccornie Made in USA come i brownie, i pancake, i muffin e la pumpkin pie (tradizionale torta del Thanksgiving Day). Proporla per la colazione di oggi, quindi, mi sembra un’ idea ottima. Anche perchè la zucca, tra pochi giorni, spopolerà persino come elemento decorativo. Il 31 Ottobre la ritroveremo davanti ai portoni, sui balconi e nei giardini; sarà intagliata per riprodurre un volto terrificante ed emanerà una fioca luce dall’ interno, assumendo le sembianze di una Jack-o’-Lantern altamente simbolica. Ma il suo legame con Halloween (o Samhain, se preferite la denominazione celtica) intendo approfondirlo più avanti. Intanto, accendiamo i riflettori sulle proprietà e sui benefici della zucca. Vi assicuro che non sono pochi! Innanzitutto c’è da dire che il colore di questo frutto, un arancio vivace, è una delle nuance identificative dell’ Autunno. All’ appeal cromatico si combinano, poi, delle virtù notevoli: povera di calorie, la zucca è ricca invece di fibre e di antiossidanti, un vero toccasana per l’ apparato cardiovascolare e contro le malattie degenerative.

 

 

Abbondando di acqua, la zucca è un alimento digeribilissimo e dalle spiccate proprietà diuretiche; tra i suoi componenti risaltano la vitamina A, un potente antiossidante (oltre che antinfiammatorio) prodotto dal carotene che contiene in gran quantità, le vitamine B1 e C, ma anche minerali come il potassio, il sodio, il fosforo e il calcio. I flavonodi racchiusi nella zucca contribuiscono a mantenere giovani le cellule, mentre la cucurbitina, un aminoacido di cui i suoi semi sono ricchi, si rivela ideale per il benessere dell’ apparato urinario e in qualità di antiparassitario. Nei semi del frutto sono presenti, inoltre, acidi grassi essenziali quali Omega-3 e Omega-6, che giocano un ruolo fondamentale per l’ organismo. Vi cito solo alcune delle loro virtù: possiedono virtù antinfiammatorie, ripristinano i valori ottimali del metabolismo, della colesterolemia e della pressione sanguigna, contrastano le patologie vascolari e la degenerazione del sistema nervoso. Ulteriori proprietà degli acidi grassi essenziali includono effetti benefici sulla vista e sull’ umore, il che li rende perfetti nella lotta contro la depressione.

 

 

Icona dell’ Autunno, dunque, ma non solo: la zucca è un’ autentica miniera di benessere. Alla voce “curiosità, menzionare Halloween è tassativo. La tradizione di intagliare i più disparati tipi di verdura pare che risalisse, a tal proposito, all’800 irlandese. Questa usanza mirava a esorcizzare le forze sovrannaturali, mantenendole lontane dal mondo dei vivi. E’ in quel contesto che entrò in scena la leggenda di Jack-O’-Lantern, a cui la zucca di Halloween si ispira direttamente. Si narra che il fabbro irlandese Jack, astuto e gran bevitore, la notte del 31 Ottobre incontrò il Diavolo mentre era diretto al pub che soleva frequentare. Satana manifestò la sua intenzione di rubargli l’ anima, ma Jack ci pensò su e gli chiese un favore: trasformarsi in una moneta da sei pence per permettegli di pagare la sua ultima bevuta. Il Diavolo acconsentì, pentendosene subito dopo. Jack, infatti, si infilò la moneta in tasca, e la vicinanza a una croce d’argento impedì al demonio di tornare alle sue sembianze originarie. Così, i due scesero a patti: Jack lo avrebbe lasciato andare se gli avesse donato dieci anni di vita e in quel decennio non fosse più ricomparso. Il Diavolo, suo malgrado, fu costretto ad accettare. Dieci anni dopo, però, il 31 Ottobre tornò a pretendere l’ anima di Jack. Il fabbro si finse d’accordo, ma chiese al Diavolo di poter cogliere per lui una mela: sarebbe stato il suo ultimo pasto prima di morire. Il Principe delle Tenebre si arrampicò su un melo, e poco dopo si accorse che il fabbro aveva inciso una croce sul tronco per impedirgli di scendere. Tra i due scoppiò un litigio poi sfociato in discussione, e infine in un nuovo patto. Satana si disse disposto a salvare Jack dalla dannazione eterna a condizione che non si facesse vedere mai più. Quando il fabbro morì, fu condannato all’ Inferno per la vita dissoluta e furfantesca che aveva condotto. Il Diavolo, però, si rifiutò di farlo entrare. Tuttavia, gli donò un tizzone ardente affinchè illuminasse il suo vagare tra le anime perdute del limbo. L’ uomo riflettè a lungo su dove sistemare il tizzone, decidendo infine di riporlo in una rapa intagliata. Ne ricavò una lanterna che ispirò il suo celebre soprannome: Jack-O’-Lantern (“la lanterna di Jack”). Da allora, ogni notte del 31 Ottobre si può scorgere nel buio la fiammella di Jack, il cui spirito è destinato a errare per l’ eternità.

 

 

Gli irlandesi, la notte del 31 Ottobre, erano soliti rievocare la leggenda di Jack attraverso un tripudio di rape intagliate e illuminate dall’ interno. Ma dopo il 1845, quando si diressero in America in massa a causa di una carestia, dovettero sostituire le rape con le zucche, più diffuse e facilmente reperibili. Se vi state chiedendo quale volto riproduca la zucca di Halloween, la risposta è molto semplice: quello di Jack il fabbro. In un mix tra lo sgangherato e l’orrorifico che coniuga l’ ebbrezza alcolica con l’ oscurità in cui vaga la sua anima.

 

 

 

Halloween Night

 

Il nostro viaggio verso Halloween giunge al termine. Sul bosco calerà l’ oscurità e in lontananza scorgeremo i falò celebrativi, un richiamo al Fuoco Sacro che a Samhain, l’ antico Capodanno Celtico, i Druidi spegnevano per poi riaccenderlo simboleggiando l’arrivo della stagione buia e l’ anelito del ritorno della luce, dell’ inizio di una nuova vita: un rituale emblematico del ciclo di morte e rinascita, riferito sia ai ritmi naturali che a quelli che scandiscono l’esistenza umana. Stanotte avanzeremo sotto un cielo pieno di stelle, e un turbinio di foglie morte accompagnerà ogni folata di vento. Ma l’aria sarà mite, quasi un assaggio della tradizionale Estate di San Martino. Quando le fiamme del falò danzeranno davanti ai nostri occhi, avremo tutto il tempo per meditare e per connetterci con il vero spirito di Samhain. Riallineandoci, ad esempio, con i ritmi stagionali, con la ciclicità della natura e donando un’ accezione positiva alla metà oscura dell’ anno: così come la terra in questo periodo riposa, preparandosi alla rigenerazione, possiamo prenderci una pausa per esplorare le profondità del nostro io e assecondare i suoi bisogni, le sue aspirazioni più autentiche. Samhain sancisce il tempo del rinnovamento. E’ il momento di far piazza pulita dei pensieri, delle abitudini, dei modi di vivere che ci impediscono di evolvere e rendono la nostra esistenza stagnante, priva di obiettivi. Il “buio” può rappresentare un’ occasione per meditare su tutto ciò e per persuaderci ad abbracciare il nuovo lasciandoci alle spalle il vecchio. La “notte delle streghe”, in fondo, non è poi così nera…e non solo perchè quest’anno sarà illuminata dal chiarore ipnotico della Luna Blu. Felice Halloween a tutti!

 

 

 

 

 

Florence Aseult-Undomiel, una fata che risplende nella magica notte veneziana

Foto di Olivia Wolf

L’ antica ricorrenza celtica di Samhain, oggi conosciuta come Halloween, contemplava che le porte del Annwn (il Regno degli Spiriti) e quelle del Sidhe (il Mondo di Mezzo, ovvero il Regno delle Fate) si aprissero per sancire un legame tra il visibile e l’invisibile. Anche le fate, dunque, rivestono un ruolo importante nelle tradizioni di questa festa. Appartenenti al Piccolo Popolo, amano la notte perchè è portatrice di mistero e di saggezza: le si può scorgere nei boschi, mentre danzano al chiar di luna in un tripudio di bagliori scintillanti. Sono figure affascinanti e magiche, votate al bene. Ecco perchè, proseguendo il nostro cammino verso Halloween, ho pensato che vi sarebbe piaciuto conoscerne una: Florence Aseult-Undomiel ,della fata, ha sia l’aspetto che la grazia dei modi. Potrebbe benissimo essere una creatura del Regno del Sidhe, basta osservare le sue foto per rendersene conto. Danzatrice, performer, creatrice di costumi, organizzatrice di feste e raffinata miniaturista, Florence – non a caso – ha interpretato spesso il personaggio della fata negli eventi a cui ha preso parte. Un esempio su tutti? Le prestigiose soirée allestite da brand del calibro di Dior e Omega: per il primo, nella cornice di un incantato giardino parigino, ha vestito i panni di una Principessa-fata dotata di corna di cervo, per il secondo ha sbalordito gli ospiti ostentando un abito oro con quattro metri di strascico e una chioma che superava il metro e mezzo di lunghezza. Originaria di Chamonix-Mont-Blanc, Florence si suddivide tra la Francia e Venezia, dove ad ogni Carnevale organizza l’ acclamata festa “La Nuit des Rois”. Quest’ anno, però, ha aggiunto un’ importante riconoscimento al novero delle sue esperienze: dopo aver vinto un concorso apposito, ha dipinto le porte dell’ organo della Basilica di Notre Dame de L’Epine utilizzando le più squisite tecniche di miniatura medievale. Nell’ intervista qui di seguito, Florence ci parla della sua opera, del sogno che la anima da sempre e della sua eclettica carriera artistica. Non c’è bisogno di dire, naturalmente, che lo fa con tutto il garbo e il magnetismo che si convengono a una vera fata.

Florence, tu ti dedichi a varie forme di arte: danzi, crei costumi, realizzi miniature, organizzi eventi…Qual è la tua formazione e quando hai pensato di diversificare le tue competenze?

Per dieci anni ho studiato danza classica e per i successivi dieci canto lirico al Conservatorio di Musica; dopo il Conservatorio mi sono iscritta alla scuola per miniaturisti di Angers, nella Valle della Loira. Nel frattempo, a 20 anni, ho cominciato a partecipare al Carnevale di Venezia e a creare abiti. Mi piace insegnare e dipingere (attualmente organizzo laboratori sull’ arte della miniatura), ma soprattutto amo ballare, esibirmi, indossare dei meravigliosi costumi. La prima volta che sono venuta a Venezia avevo 14 anni. Durante questo viaggio mi sono innamorata della città e mi sono ripromessa di tornare per organizzare eventi, danzare, fare performances e dare feste a tema come succedeva secoli orsono. A 24 anni ho organizzato “La Nuit des Rois”, la mia prima festa. Come costumista ho una formazione da autodidatta, ho imparato a cucire da sola anche se alcuni amici, sarti professionisti, mi hanno dato degli utilissimi consigli. Per ispirarmi prendo spunti dalle antiche stampe o dai libri della storia del costume. Analizzo la fattura degli abiti ma poi, realizzandoli, li personalizzo immancabilmente. Non voglio creare costumi storici, bensì adattarli al mio personaggio: l’ho chiamato Aseult, un nome di origini medievali, e l’ho calato in un mondo di fiabe e di leggende.

 

 

Vivi tra la Francia e l’Italia, precisamente a Venezia. In quale occasione è scoccato il tuo colpo di fulmine con la Serenissima?

Avevo 14 anni ed ero in gita con la mia scuola. Sono nata a Chamonix, sul Monte Bianco, che da Venezia dista solo 4- 5 ore. La nostra era una gita di tre giorni e l’ultima sera, mentre facevamo un tour sul vaporetto, sono rimasta colpita da tutti quei palazzi illuminati dalla luce delle candele, con gli affreschi sui soffitti…Essendo appassionata da sempre di danza e canto, ho fatto una promessa a me stessa e a quella città straordinaria: “Tornerò qui per ballare per te, per omaggiare la tua arte e per continuare a far vivere la tua storia”. Dieci anni dopo ha debuttato la mia prima festa veneziana, “La Nuit des Rois”, che nel 2021 celebrerà il suo ottavo compleanno.

Ami la Venezia settecentesca, la Venezia sfarzosa di Giacomo Casanova, e riproponi quello spirito proprio ne “La Nuit des Rois”, la festa in costume che allestisci ogni anno durante il Carnevale. Vogliamo assolutamente saperne di più…

Scelgo un tema diverso ogni anno. Abbiamo celebrato Casanova, il Rinascimento con Lorenzo de’ Medici e Botticelli, Amadeus, persino Les Incroyables et les Merveilleuses, una moda sorta in Francia ai tempi del governo del Direttorio: stremata dalla Rivoluzione, la gente aveva voglia di lusso, di libertà e di stravaganza. C’era il desiderio di riprendere a vivere dopo la cupezza del Terrore! “La Nuit des Rois” si tiene a Palazzetto Pisani. E’ una festa unica nel suo genere. La classica cena non è prevista, quando gli ospiti arrivano li aspetta un aperitivo e una cena a buffet. In sottofondo, la musica classica si alterna a un sound più moderno per poter ballare. Non essere vincolati alla cena permette ai partecipanti di muoversi, di chiacchierare e di danzare senza freni. E’ la gente a fare l’evento, ognuno è un personaggio e può fare ciò che vuole. Alcuni miei amici, ad esempio, arrivano con uno strumento musicale e cominciano a suonare, altri cantano, altri ancora fanno teatro… L’ ambiente si anima così! Come nel ‘700, durante la festa si è completamente liberi di immergersi nella sua atmosfera e di diventarne i protagonisti: si può vagabondare in ogni angolo del palazzo e interpretare un ruolo a proprio piacimento. “La Nuit des Rois” riscuote sempre un enorme successo. E’ un’esperienza spettacolare, tutta da vivere.

 

Foto di Renzo Carraro

Se avessi vissuto a quell’ epoca, chi avresti voluto essere e perchè?

Non vorrei essere nessun altro se non me stessa, che sia nel Medioevo, nel ‘700 o nel Rinascimento…Amo essere la persona che sono, e non qualcun’ altra: ognuno di noi è diverso, ha la sua storia e la sua creatività. Se mi calassi nell’ epoca di Casanova, ad esempio, vorrei portarci la mia inventiva, il mio cuore, la mia anima e tutto quello che sono in grado di donare.

 

Un’ immagine dell’ evento Dior al Museo Rodin di Parigi

Anche gli abiti che crei guardano al passato: si ispirano al Medioevo, al Rinascimento…e sembrano appena usciti da una fiaba, un dettaglio rilevante. Come nasce la tua passione per tutto ciò che è d’antan?

Nasce con la danza classica, perché i suoi costumi mi affascinano sin da bambina. Quando realizzo le mie miniature medievali adoro dipingere con l’oro, curare i minimi particolari; mi piace creare i miei abiti con la stessa precisione e farli diventare preziosi, ornarli con perline ed ogni tipo di decorazione. La danza mi ha molto ispirato, ma devo dire che l’arte della miniatura ha accentuato il mio gusto del dettaglio. Tanto per farti un esempio, l’altro giorno ho incollato a mano, uno per uno, 300-400 brillantini sul mio corsetto: un lavoro che ha richiesto una grande pazienza. Adesso sto cucendo un costume nero di seta, una seta leggerissima e molto difficile da modellare, e ho cominciato a decorarlo con miriadi di perline nere del ‘900. Ti manderò delle foto non appena l’avrò terminato!

 

Dallo shooting “Underwater”,  scattato da Natalia Kovachevski

Raccontandoti, scrivi di sentirti “più vicina alle stelle che alla roccia e alle pianure” e che i sogni sono da sempre la tua guida. Parlaci del tuo universo, del tuo immaginario ispirativo.

Mi ispiro molto alle fiabe, alle leggende…Come ti dicevo, sono nata a Chamonix e ho vissuto per 20 anni in montagna, immersa nella natura. Quando andavo a camminare nel bosco, soprattutto in inverno, la mia fantasia correva a briglia sciolta. La danza classica, per me, è stata fondamentale anche a livello di immaginario: balletti come “Giselle”, “La Sylphide”, “Il lago dei cigni”, sono intrisi dello spirito romantico e fiabesco che contraddistingue la Baviera con i suoi castelli. Mi sono nutrita di fiabe, ma anche di storia. A differenza della storia, però, dove le guerre e la violenza predominano, le fiabe ti trasportano in un mondo di sogno, di libertà e di bellezza.

 

Foto di Renzo Carraro

Florence nei panni di una fata dorata durante la soirée Omega a Berlino

Eccelli nella pratica della miniatura. Come è entrata a far parte del tuo percorso artistico?

Quando ero al Conservatorio, ho seguito un corso di musica barocca e ho trovato delle miniature nel salone dove mi esercitavo. Ne sono rimasta affascinata! Alla fine del corso, una volta tornata in Francia, ho scoperto che l’unica scuola di tecniche della miniatura d’Europa – l’ ISEEM – si trova ad Angers, a due ore da Parigi. Così ho deciso che anziché proseguire gli studi di canto mi sarei iscritta a quella scuola. Ho studiato miniatura per due anni, diplomandomi con lode. A quel punto, mi sono detta che la mia vita professionale doveva prendere il via. Volevo creare i miei costumi, organizzare le mie feste, farmi conoscere. E devo dire che ci sono riuscita: da otto anni “La Nuit des Rois” è famosa internazionalmente, i miei ospiti provengono da tutte le parti del mondo.  Riguardo all’arte della miniatura, invece, ho vinto un concorso del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO e ho preso parte al restauro di un organo a L’Epine. Ho dipinto sulle sue due porte la scena dell’ Annunciazione, con Maria e l’Angelo Gabriele. Un progetto molto importante, tantevvero che moltissime TV sono venute a trovarmi per parlare dell’ opera che ho realizzato.

 

 

Due ulteriori scatti tratti dallo shooting “Underwater” di Natalia Kovachevski

Recentemente, infatti, hai dipinto le porte dell’organo della Basilica di Notre Dame de L’Epine, in Francia: un capolavoro che hai realizzato con raffinatissime tecniche di miniatura medievale. Potresti parlarcene?

L’organo risale al Rinascimento  e hanno scoperto che era abbinato a due porte, per cui è stato bandito un concorso per trovare qualcuno che le dipingesse. Sono stata scelta e ho realizzato l’Annunciazione nel mio stile più tipico: mi sono avvalsa delle tecniche medievali che utilizzo per le mie miniature, dunque dell’oro, della foglia d’oro, dei pigmenti che creo con l’uovo, il miele e la radica…Il lavoro ultimato è stato presentato il 20 settembre scorso. Tieni presente che l’organo della Basilica di Notre Dame de L’Epine è uno dei dieci organi più maestosi d’Europa. La ditta che l’ha restaurato ha eseguito un’operazione particolarissima, è riuscita a ricreare una sonorità di tipo Rinascimentale che non esiste su altri organi. Io mi sono occupata delle porte: al loro interno ho dipinto su tela, all’ esterno su legno. L’ organo è stato completamente restaurato perché non era più suonabile: è datato nientemeno che 1542.

 

Florence nella Basilica di Notre Dame de L’Epine. Alla sua sinistra e alla sua destra, le porte dell’ organo che ha dipinto con la tecnica della miniatura

L’arte è il filo conduttore della tua carriera. Ma se come miniaturista lavori in solitudine, nelle vesti di performer ti esibisci davanti a un pubblico e assorbi le sue vibrazioni. Qual è la modalità espressiva che preferisci, la dimensione che ti è più consona?

In certi momenti mi piace stare in solitudine, rinchiudermi in me stessa per creare, mentre in altri sono molto felice di uscire, di avere un pubblico, di vedere gente e di muovermi. Quindi, amo sia star sola che condividere la mia arte con il pubblico…Direi che mi sento a mio agio in entrambe le dimensioni. In questo periodo, per esempio, a causa del Covid gli eventi scarseggiano e me ne sto sola con la mia solitudine. Vedo alcuni amici, certo, ma non è la stessa cosa. E’ come se in me ci fosse una bomba pronta a esplodere, spero solo che noi artisti potremo ricominciare presto ad esibirci. Intanto, mi faccio venire delle idee: ho già pensato alle decorazioni per “La Nuit des Rois” del prossimo Carnevale, a come allestire le stanze…Ma mi chiedo se potrò far uscire tutte queste idee dalla mia mente o se dovrò tenerle chiuse lì dentro. E’ una bella frustrazione! Il prossimo tema della festa sarà “Romeo e Giulietta” e l’evento si terrà a San Valentino, il 14 febbraio, a Palazzetto Pisani.

 

L’ abito oro dell’ evento Omega in tutta la sua magnificenza

Un’ altra immagine della soirée Dior al Museo Rodin di Parigi

Quali anticipazioni puoi darci sui tuoi progetti futuri?

Non posso ancora anticipare nulla. Sto organizzando i miei prossimi eventi, tengo le dita incrociate augurandomi che si possano realizzare e che il Carnevale di Venezia non venga annullato. Sono anche impegnata in un nuovo progetto sulle miniature. Nel frattempo tengo dei laboratori di miniatura, insegno in corsi individuali e di gruppo sia in Francia che in Italia. Il prossimo avrebbe dovuto tenersi in Francia, a L’ Epine, dal 17 al 20 Novembre. Ma poi Macron ha annunciato il lockdown…Vorrei tornare in Italia. Tutto, ora, dipenderà giocoforza dalla situazione che si verrà a creare.

Per avere news e aggiornamenti sui laboratori di miniatura di Florence, seguite la sua pagina Facebook Florence-Aseult-Création d’Enluminure

 

La porta sinistra dell’ organo di Notre Dame de L’ Epine, raffigurante l’ Angelo dell’ Annunciazione.

Qui sopra e nelle immagini che seguono, alcuni dettagli del dipinto

 

 

 

 

 

 

 

La porta a destra dell’ organo, che rappresenta la Madonna dell’ Annunciazione

Un dettaglio dell’ opera

Il lato esterno delle porte dell’ organo

 

 

Photo courtesy of Florence Aseult-Undomiel