Alta Moda PE 2020: flash dalle sfilate di Parigi (parte 2)

STEPHANE ROLLAND. 1

Il cerchio assurto a leitmotiv. Funge da decoro, si apre ad oblò, delinea alti colli, tratteggia le forme ed i volumi di abiti sontuosi, al tempo stesso vaporosi ed essenziali in virtù delle geometrie che li contraddistinguono. Cinque colori di base (bianco, nero, blu elettrico, beige e fucsia) ricorrono, decisi, per sottolineare le sensuali asimmetrie dei long dress, evidenziare linee a uovo e potenziare l’impatto cromatico di gonne ampissime e corredate di strascico. In alcuni look, le nuance si uniscono in un bicolor netto valorizzando grafismi e tagli stilizzati. E se gli abiti abbracciano silhouette svariate (a tunica, affusolata, ovale, svasata, over nelle gonne fiabesche e arricchite di ruche), è sempre la purezza a prevalere: bandito ogni orpello e barocchismo.

 

STEPHANE ROLLAND. 2

STEPHANE ROLLAND. 3

 

GIORGIO ARMANI PRIVE‘. 1

Uno chic squisito e dai tratti esotici, prevalentemente orientali, che è una vera e propria ode all’ Ikat. La collezione si apre con innumerevoli “ensemble” di pantalone e giacca, moltiplicando i modelli di quest’ultima ma rimanendo fedele alla linea a sigaretta, o comunque stretta in fondo, dei pantaloni. Poi, inizia una parata di abiti da sera che sono meraviglia pura: spicca un tripudio di blue elettrico, alternato al verde smeraldo e al verde giada, i corpetti lasciano le spalle nude (quando non sono rivestite di tulle), le gonne si fanno sempre più impalpabili declinandosi in forme ad anfora, svasate oppure lunghe e dritte. Le frange abbondanti, le cromie e i decorativismi rievocano l’eleganza del pavone, un’ opulenza regale e sofisticata ma mai ridondante.

 

GIORGIO ARMANI PRIVE’. 2

GIORGIO ARMANI PRIVE’. 3

 

GIVENCHY. 1

Clare Waight Keller elegge il giardino a motivo ispiratore. E lo tramuta  in una metafora dell’esistenza osservata “a ritroso”, con tutti i ricordi, le amicizie, le esperienze susseguitesi stagione dopo stagione: un patrimonio ricco di insegnamenti di vita. I giardini di Monk’s House (la residenza di Virginia Woolf), del Castello di Sissinghurst e di Le Clos Fiorentina, la villa di Hubert de Givenchy sulla Costa Azzurra, sono i principali riferimenti della designer. Non è un caso che i look della sua collezione siano preziosi come i fiori di un giardino all’ inglese, adornati di ruche che gareggiano in bellezza con i petali e di decori scultorei simili a enormi corolle. Drapeggi, volant, plissé e increspature rappresentano i cardini di una sartorialità sublime che cromaticamente raggiunge le più alte vette in un dégradé inneggiante ai colori di una viola del pensiero.

 

GIVENCHY. 2

GIVENCHY. 3

 

MAISON MARGIELA ARTISANAL. 1

John Galliano ribadisce la sua vena iconoclasta e fa sfilare capi classico-borghesi attualizzati all’era cyber. La riflessione da cui parte è incentrata sulla sostenibilità della moda e sul riciclo: in un’epoca in cui è emersa l’importanza del riutilizzo, il designer si propone di applicare il concetto anche agli abiti. Destruttura totalmente, quindi, i basic dell’ abbigliamento classico, per poi riassemblarli in un tripudio di materiali di recupero. L’operazione di Galliano non riguarda però solo il riuso, ma anche la trasformazione dei prodotti: li taglia, li ricuce, li tinge di colori vibranti (turchese, lime, violetto, azzurro cielo), crea perforazioni seriali che diventano dei veri e propri pattern. Lunghi abiti affusolati e tempestati di fori ricorrono nella collezione almeno quanto i cappotti oversize, cuciti assieme tramite impunture volutamente maldestre. Per instaurare un rapporto tra l’artigianalità dell’ Haute Couture e un “fatto a mano” eco-sostenibile.

 

MAISON MARGIELA. 2

MAISON MARGIELA. 3