Il close-up della settimana

 

La notizia ormai è ufficiale: il marchio Walter Albini, capostipite del prêt-à-porter italiano, sta per essere rilanciato in grande stile. La proprietà intellettuale e buona parte degli archivi del brand sono stati acquistati da Bidayat, la società d’investimento con base a Lugano fondata da Rachid Mohamed Rachid. Rachid, CEO del fondo del Qatar Mayhoola che ha già acquisito le maison Valentino e Balmain, è entusiasta dell’ operazione. Attualmente sta intrecciando collaborazioni con un gran numero di media, musei, curatori, gruppi editoriali  e professionisti del settore del lusso allo scopo di divulgare l’eredità di Walter Albini e riaffermare la potente iconicità delle sue creazioni. Prima che li acquistasse Bidayat, gli archivi di Albini (che abbracciano un periodo compreso tra il 1965 e il 1983) erano di proprietà di Barbara Curti: sua madre, Marisa Curti, è stata un’appassionata collezionista di tutto ciò che riguardava lo stilista sin da quando apparve sulle scene. Abiti con le leggendarie stampe signature del brand, gioielli, accessori, un’incredibile quantità di foto e di disegni costituiscono il materiale della raccolta, di cui Barbara Curti seguiterà a occuparsi nel ruolo di curatrice. Il primo step del progetto di rilancio è incentrato proprio su un accurato studio dell’ heritage, che fornirà degli elementi decisivi per il futuro del marchio. La sfida è a dir poco emozionante: stiamo parlando di una griffe che il suo fondatore (Walter Albini, appunto) rese unica e irripetibile; non è un caso che lo stesso Rachid Mohamed Rachid l’abbia definita “un gioiello nascosto della moda italiana”. Ripercorrere in molta sintesi il percorso di Walter Albini, a questo punto, mi sembra d’obbligo. Nato a Busto Arsizio nel 1941, comincia a fare schizzi delle sfilate di alta moda appena diciassettenne, mentre studia ancora all’ Istituto d’Arte. Invia i suoi disegni alle riviste, si suddivide tra Roma e Parigi dove svolge la sua attività; nella Ville Lumière conosce Coco Chanel e ne rimane estasiato. Esordisce come fashion designer con Krizia di Mariuccia Mandelli, lavorando a fianco di un giovanissimo Karl Lagerfeld. Da Krizia rimane tre anni, a cui seguono collaborazioni con svariate case di moda. Si afferma a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 sbalordendo per il suo spirito innovativo: nel 1970 lancia il total look e l’ “unimax”, outfit per uomo e donna accomunati dal taglio e dalla tonalità; nello stesso anno svela la collezione Anagrafe, che a otto spose vestite di lunghi abiti rosa contrappone otto vedove in minidress nero. Anna Piaggi conia il termine “stilista” appositamente per Albini, ma l’estroso visionario di Busto Arsizio, grazie alle sue intuizioni, si guadagna anche il titolo di “pioniere del prêt-à-porter italiano”: sfila a Milano anzichè a Firenze (la capitale storica della moda), propone uno stile perfetto per la vita quotidiana e distante dall’atmosfera ovattata degli atelier. Presenta la prima collezione firmata Walter Albini a Londra, nel 1973. E’ una collezione co-ed che lancia in parallelo a molte altre novità. Una su tutte? La proposta di due linee parallele, la prima destinata a un pubblico ristretto e la seconda alla grande diffusione. In Italia apre uno showroom a Milano e va a vivere a Venezia, dove organizza un’indimenticabile sfilata al Caffè Florian. Diventa un “personaggio”, il testimonial delle sue creazioni, arreda le case che possiede en pendant con le sue collezioni. Nel 1975, a Roma, debutta nell’ alta moda con una linea fortemente influenzata da Coco Chanel e dagli anni ’30, che insieme ai ’40 rappresentano il periodo storico a cui fa riferimento. Altri cardini del suo stile sono le suggestioni ethno (pregilige l’Asia, l’Africa, il Messico), l’ispirazione Fortuny, l’unisex, il total look, la grande attenzione per i dettagli e gli accessori. Albini viene considerato l’equivalente italiano di Halston e di Yves Saint-Laurent, ma sfortunatamente non vive a lungo: muore nel 1983, a soli 42 anni. In Italia, all’ epoca, esplode il prêt-à-porter, un settore che lui stesso ha promulgato: il ricordo del suo marchio, tuttavia, sbiadisce con l’inarrestabile avanzata del Made in Italy.

 

 

Oggi, Bidayat ci offre la splendida opportunità di riscoprirlo. “La vera sfida sarà trovare una squadra direttiva del giusto calibro per concretizzare la nostra visione e ambizione”, dichiara Rachid Mohamed Rachid. E gira voce, non a caso, che alla direzione creativa del “nuovo” Walter Albini potrebbe essere nominato nientepopodimeno che Alessandro Michele.

 

Immagine di copertina: Walter Albini

Foto di Alessandro Michele by Walterlan Papetti, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

 

L’ accessorio che ci piace

 

L’azzurro e le sue gradazioni rappresentano invariabilmente tonalità perfette per l’estate, costantemente al top: forse perchè tendiamo spontaneamente a preferire tutto quanto abbia a che fare con il colore del cielo terso e del mare. Non sfugge alla regola neppure la deliziosa Dun Dun bag in celeste firmata Paula Cademartori, la borsa dalle dimensioni mini ispirata all’ iconica figura di Anna Piaggi ed ai decorativismi dell’ Art Nouveau. In morbida pelle, ha un manico dello stesso materiale lavorato a intreccio e una grande fibbia argentata che accresce la preziosità dei caratteri ornamentali, come il bordo orlato di piccoli triangoli e le figure geometriche che, in una simmetria ideale, adornano la pattina. Sofisticata e maneggevole, questa handle bag comferma l’estro stilistico e ormai inconfondibile della designer italo-brasiliana in giochi cromatici che alternano il celeste ad un azzurro più deciso, al bianco e al viola. La ricercatezza della lavorazione rigorosamente Made in Italy la rende un iperraffinato complemento estivo, esaltato da un mood sbarazzino che rappresenta un atout ad hoc per la stagione calda. Della Dun Dun bag adoriamo l’ originalità dello stile, il design dal retrogusto sfizioso, la giocosità che esprimono i suoi motivi decorativi. E la inseriamo, con lode, al top tra gli accessori estivi perchè possiede l’ incantevole potere di deliziare lo sguardo con una nuance che è pura porzione di cielo d’ estate.

L’ accessorio che ci piace

 

Per l’ Autunno/Inverno 2014/15 Paula Cademartori presenta una collezione che, rifacendosi ai codici estetici dell’ Art Nouveau,  esplora forme e cromie in un’ ampia varietà stilistica  coniugata con la consueta ricercatezza ed i  più alti standard qualitativi. In un’ alteranza di tonalità vibranti e colori pastello spalmati su materiali pregiati,  la designer italo-brasiliana crea una serie di borse ispirate all’ universo creativo e visionario di Anna Piaggi, traducendo in estrose creazioni la sua concezione della moda come artistico connubio di suggestioni oniriche e realtà.  Coloratissima e impreziosita da motivi decorativi vagamente Liberty la Dun Dun bag concentra, nelle sue minute dimensioni (13,5 x 17 cm),  tutto il mood che rivive in questa collezione: è una borsa a manico, in nappa giallo senape, con la patta in suede burgundy adornata di applicazioni multicolor in pelle di lucertola e una grande fibbia argentata lavorata a mano. Dettagli in pelle di lucertola sono parzialmente inclusi anche nel manico, che può all’ occorrenza essere sostituito da una tracolla staccabile. Capiente, la Dun Dun bag si avvale di una tasca anteriore e di due scomparti interni ai quali si aggiungono due ulteriori taschini, uno dei quali con zip. Versatile, la borsa può essere portata a mano, in spalla o a tracolla, a seconda dei propri gusti e dell’ occasione. Alla versione principale in giallo si affianca un incantevole modello in rosa, con la patta completamente giostrata nelle nuance del fucsia, del rosa e del viola.

 

 

La Dun Dun bag ci piace perchè è un piccolo gioiello del Made in Italy, un capolavoro di stile artistico ed un omaggio alla fantasia e alle doti geniali di Anna Piaggi, la musa che l’ha ispirata: figura iconica e irripetibile che rimarrà indelebilmente impressa nell’ immaginario collettivo.