Speciale “Sulle Tracce del Principe Maurice”: gli Auguri di Natale del Principe e qualche riflessione sul suo “giubileo di diamante”

 

E’ uno degli appuntamenti natalizi più attesi: gli auguri che il Principe Maurice porge ai lettori di VALIUM sono ormai un’istituzione. E il Principe è arrivato puntuale anche quest’anno, sulla scia di un’atmosfera festaiola che lo circonda già dal 15 Novembre scorso. In quella data, infatti, Maurice ha compiuto 60 anni e ha celebrato il suo “giubileo di diamante” con un doppio, spettacolare evento: il primo si è tenuto al leggendario Plastic di Milano, il secondo all’ Odissea Fun City di Spresiano Veneto, dove praticamente è di casa. E’ quasi superfluo dire che la nostra conversazione, stavolta, non poteva che iniziare con un focus sul suo compleanno…

Come ci si sente quando l’età avanza e, come te, si rimane giovani dentro e fuori?

Beh, la dicotomia si esaspera sempre di più ma ancora ci sto dentro! (ride, ndr) Certo, sono fortunato a conservarmi in buona forma e frequentando i giovani, che trovo splendidi, curiosi e stimolanti, vivo di una freschezza empatica straordinaria. Sono sempre più convinto che la vecchiaia sia in realtà più legata alla rinuncia a vivere intensamente e quindi a uno stato psicologico più che fisico. Anche se, obiettivamente, qualche fragilità comincia ad affacciarsi…

 

L’albero Natale di Piazza San Marco, a Venezia

Quali sono i tre principali insegnamenti che hai appreso nei tuoi primi 60 anni di vita?

Ho potuto verificare che i miei valori fondamentali di Libertà, Dignità e Amore sono sempre stati presenti e continueranno ad esserlo fino alla fine dei miei giorni, ma potrei aggiungere un altro principio conquistato col tempo: la consapevolezza di essere una persona, un artista che sta lasciando un segno. Senza presunzione ma anche senza falsa modestia.

Quando credi che inizierai a sentirti vecchio?

Temo di avere la sindrome di Peter Pan…(ride, ndr)

Come trascorrerai il giorno di Natale?

La Vigilia la passerò con Flavia a Milano e per il pranzo di Natale mi riunirò con mia sorella Lorella e famiglia…Ma la sera del 25 sarò con la mia grande famiglia del Memorabilia. Dove? Al Matrioska, una discoteca di Deruta!

 

A Natale tutti al Matrioska di Deruta (PG), per passare una serata indimenticabile con il Principe Maurice e il mitico staff del Memorabilia!

In un mondo flagellato dai conflitti armati, dai femminicidi e dalla povertà crescente, quali sono gli auguri di Natale che porgi alla Generation Z?

Siate tenaci, siate giusti, siate sensibili e onesti intellettualmente. Siate capaci di fare la rivoluzione dell’Amore! Che sia un Natale di Pace tra le persone, tra i popoli, tra l’uomo e Madre Natura

 

Natale in ViaSpiga15: Maurice insieme a Sabrina Iencinella Percassi

Natale a Milano: una festa con alcuni amici in ViaSpiga15…

…in giro per la città…

…e da Dolce & Gabbana

Un altro scatto del Natale di Venezia, città adottiva del Principe

 

Photo courtesy of Maurizio Agosti

 

Il Focus

 

Il nero è sempre il nero, non c’è niente da fare. E dopo essersi associato alle suggestioni gotiche e “stregonesche” di Halloween, torna ad affascinare in versioni più minimal, ma rigorosamente sartoriali. Un esempio? Questo look di Luis Carvalho, il brand fondato 10 anni orsono dallo stilista omonimo. Carvalho, laureato in Fashion & Textile Design alla Scuola di Arti Applicate del Portogallo, è un giovane designer già premiatissimo nonostante i pochi anni di carriera alle spalle. Per la sua collezione Autunno Inverno 2023/24, “Touch”, si è ispirato all’ opera di Caroline Walls: guardando al corpo femminile, l’artista delinea grafismi fluidi e “in movimento” puntando su colori quali il nero, il grigio, il beige e le loro gradazioni.  Fortemente influenzata dal lavoro della pittrice australiana, “Touch” coniuga i suoi stilemi con i codici estetici del brand. La collezione, un’ode al genderless, inneggia a forme minimali ma morbide, prediligendo i volumi oversize. Il taglio impeccabile, talvolta asimmetrico, orientato alle sovrapposizioni, esalta tessuti e broccati di alta qualità; la palette cromatica privilegia il nero, il grigio, il bianco e i toni del beige con incursioni nel verde in Tartan style.

 

 

Il look che vi propongo, dal gusto vagamente anni ’60, viene arricchito da lunghi guanti decorati, gambaletti alla caviglia e una fascia per capelli: il tutto, declinato in total black. L’abito, dallo scollo a barchetta, ha maniche a tre quarti che cadono morbidamente sulle spalle; i volumi sono ampi, ma ristretti nel fondo; il tessuto spesso favorisce l’identificazione dell’ outfit con un capospalla. La fascia è l’accessorio per capelli più gettonato del momento: è stata avvistata persino alle sfilate dell’ Haute Couture (vedi alla voce Maison Schiaparelli). I guanti, con i loro decori, creano uno stiloso connubio tra lo chic e l’avantgarde. E i gambaletti? Cortissimi e indossati insieme ai sandali fanno tendenza, ma dato il freddo portato dal ciclone Cioran in questi giorni penso che sia lecito sostituirli con dei collant.

 

Le Frasi

 

“A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino.” 

(Pablo Picasso)

 

 

Foto: Pablo Picasso con la sorella Lola nel 1889

 

“Linee di confine”: Gasoldo esce con un singolo bomba contro la violenza sulle donne

 

“Un altro pestone non va via da sotto l’occhio/e le ferite dentro non le mascheri col trucco./La pioggia è di veleno sotto questo cielo muto/nessuno ha visto niente ed oggi è un altro giorno di lutto./Si raccontano favole nella realtà distorta/quel figlio di puttana non lo sa che giaci morta./Quattro colpi in canna dietro quella maledetta porta…” Inizia così il nuovo singolo di Gasoldo, “Linee di confine”, ed ascoltando questi versi, vi giuro, sono riuscita a trattenere a stento le lacrime. Il tema su cui è incentrato il brano è chiaro: la violenza nei confronti delle donne, un argomento di recente sviscerato anche in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne celebrata il 25 Novembre scorso. Le statistiche, in effetti, sono allarmanti. Nel nostro paese, una ricerca dell’ ISTAT ha evidenziato che il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito una violenza fisica o sessuale, e che ben il 62,7% degli stupri viene compiuto dal compagno di vita della vittima. In base a un report della Polizia Criminale, i  273 omicidi commessi tra il 1 Gennaio e il 20 Novembre 2022 includono 109 femminicidi. In ambito familiare o di coppia, nello stesso periodo, hanno trovato la morte 88 donne e 52 di esse sono state uccise dal proprio partner o da un uomo con cui avevano avuto una relazione. Le percentuali, purtroppo, sono in continua crescita: è un’ escalation di violenza che mette i brividi, a cui spesso si aggiunge l’abuso emotivo.

 

 

Gasoldo, che un anno fa ho incontrato in concomitanza dell’ uscita di “Io e te per sempre”, un singolo inneggiante all’amore in tutte le sue sfaccettature, esplora ora il lato oscuro della vita di coppia. E lo fa con la maestria che lo contraddistingue nel catturare le emozioni per tradurle in musica, nel creare atmosfere grondanti di pathos tramite un sapiente intreccio di note e versi in rima. A poco tempo di distanza dalla Giornata Internazionale per l’ eliminazione della violenza contro le donne, giorno in cui “Linee di confine” ha visto la luce, incontro il “poeta del rap” per approfondire le caratteristiche del suo nuovo brano e del video che lo accompagna.

Perchè la scelta del titolo “Linee di confine”?

Il titolo nasce a canzone finita ed è quello che rispecchiava di più tutto il testo nella sua essenza. Nella mia testa la linea di confine è quella che ci separa da qualcosa di “conosciuto”, ma ancora ignoto. Invece le linee di confine sono quelle che separano il rispetto, la gentilezza e i gesti d’amore dai soprusi, da un folle abuso, dall’arroganza, dalla cattiveria che sfocia rabbiosa e infligge dolore. Ci sono linee di confine che non si devono sorpassare perché si può finire in una terra di nessuno dove non esistono né leggi né regole, ma solo odio, tristezza e dolore.  Nel testo si capisce molto facilmente: “la realtà ti spara contro linee di confine” (che qualcuno in questo momento non può sorpassare)…”tutto quello che ho bisogno è toglierti quella corona di spine” (tutto quello che desidero ora è toglierti il dolore che stai provando ed alleviarlo). Però sai, io posso descrivere il mio intento ma è anche bello lasciare spazio ad un’ interpretazione personale. Perché è possibile che ognuno possa “sentire” il testo della canzone in maniera diversa ed è giusto che sia così.

Come nasce l’ispirazione al tema della violenza sulle donne?

C’era bisogno di farlo. C’è bisogno di parlare dell’argomento. Il brano è nel nostro grembo creativo da qualche tempo ed è sicuramente un mix di sensazioni, rabbia ed emozioni. È stato scritto velocemente e direttamente sulla magnifica base del mio socio producer Andrea Bonato (Bitinjuice). Il testo è venuto fuori quasi “naturalmente”, mentre scrivevo le rime sgorgavano con facilità straordinaria. È un testo molto musicale nonostante sia fortemente impegnato socialmente, perché in Italia (e non parliamo del resto del mondo, che è pure peggio) questo tema viene assolutamente snobbato. Si sta affrontando ma senza alcuna convinzione, quasi che non esistesse o sia esistito solo durante il lockdown. Ci si dimentica in fretta. Ma tutti sappiamo benissimo che non è così. Sappiamo benissimo, per esempio, che in Spagna delle violenze fra le mura domestiche se ne parla già da molto tempo ed è una vera piaga sociale. Sappiamo benissimo che la violenza in tutte le sue forme è vomitevole, aberrante, vigliacca. Figuriamoci la violenza sulle donne, le adolescenti o le bambine. Bisogna avere il coraggio di intervenire se si sentono delle grida disperate di aiuto. C’è bisogno di fare una telefonata e non di alzare il volume della TV per non sentirle. La TV e i suoi burattini che fanno finta di parlare del tema. Mi ha fatto molto piacere il commento in privato di Abby, che ti riporto perché rende molto bene l’idea del problema: “La canzone racchiude l’essenza e parla di più di tutti quelli che vanno in TV a dire stop alla violenza, grazie”. Cioè se ne parla qualche giorno prima, il giorno stesso, poi l’argomento si dimentica fino all’anno successivo, fino alla prossima vittima. Nella canzone ci sono molti messaggi, uno di questi è quello di non perdere la speranza. Non bisogna certo perdersi d’animo, e provare ogni giorno a realizzare i propri sogni finché ci siamo e finché c’è la forza per farlo. “Sognerò” fino all’ultimo respiro. Finché ci sarò sognerò e nessuno può né deve privarmi di questa libertà. Proviamoci nonostante le insidie, nonostante le difficoltà.

 

Gasoldo, al secolo Leopoldo Ulivieri

Dedichi questo brano a una donna in particolare, oltre che naturalmente a tutte le vittime di violenza e femminicidio? Esiste, tra i tanti, un caso che ti ha colpito in modo particolare?

Lo dedico a tutte le anime delle donne, delle adolescenti e delle bambine che hanno subito ingiustizie e violenze, a tutte quelle che hanno subito abusi e a tutte le loro famiglie, che devono convivere con questo dolore perpetuo. Io sono ancora sconvolto dal caso di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, figurati! Sparite nel nulla negli anni Ottanta…Troppi fatti di cronaca nera, è la violenza in generale che mi fa ribrezzo ed è quella che andrebbe sradicata dall’essere umano senza se e senza ma. Purtroppo la realtà è ben diversa e lo vediamo ogni giorno. La quotidianità è pregna d’odio, insulta, deride, ridicolizza, bullizza. Si cerca di non fare distinzione di sesso, ma alla fine credo che la maggioranza che subisce appartenga nettamente al sesso femminile. La mia dedica va a tutte queste anime.

Chi ha firmato la regia del video di “Linee di confine”?

La regia è curata da me in collaborazione con Charmante folie, che ha creato anche il bellissimo costume e la corona della Madonna che si vedono nel video. E’ stata sempre Charmante folie ad ideare la magnifica e significativa cover della traccia, di ispirazione vagamente lachapelliana. La Madonna che vediamo in copertina è stata realizzata da un artista spagnolo, Francisco Romero Zafra.

 

Il “Wall of Dolls” di Jo Squillo

Potresti dirci qualcosa sul “Wall of Dolls” immortalato nella clip?

Il muro delle bambole si trova a Milano, in via De Amicis. Wall of Dolls – il Muro delle Bambole è stato ideato da Jo Squillo quando nel 2013 ebbe l’idea di creare un’installazione da condividere con vari artisti e stilisti, ed è diventato nel tempo un simbolo contro il femminicidio e la violenza sulle donne. Grande idea! Oltre al muro delle bambole nel video si vede il ponte in Ortica, sempre a Milano, con il progetto Scarpette Rosse: scarpette rosse e targhe commemorative dedicate alle vittime di violenze durante il lockdown, un’ iniziativa curata dall’associazione Or.Me.

 

La cover di “Linee di confine”, che Charmante Folie ha realizzato avvalendosi dell’immagine di un’opera dell’artista spagnolo Francisco Romero Zafra

Cosa rappresenta la Madonna dal manto celeste che vediamo nelle ultime sequenze?

La Madonna della cover è una Madonna Addolorata, nel video invece il manto celeste rappresenta la spiritualità, la libertà, il cielo e l’aldilà, nonché l’annientamento del male ed il passaggio verso quella vita serena che non di è certo stata questa terrena. Simbologia. Misticismo. Paura dell’ignoto. Il passaggio dalle tribolazioni dell’esistenza verso il celeste cielo in cui tutte le anime sofferenti si spera possano finalmente trovare pace.

 

La Madonna dal manto celeste della clip

Il video si conclude mostrando un particolare gesto della mano: qual è il suo significato?

Il video inizia con il segnale di aiuto e finisce con lo stesso segno che tutti dovrebbero conoscere. È un messaggio semplice, che può salvare la vita e quindi magari evitare tutta la tribola del video e di questa canzone. È un segnale facile da ricordare, che ha salvato già molte donne dalla violenza domestica durante il lockdown. Grazie a questo gesto, in America una sedicenne è scampata a un rapimento. Si tratta di un SOS assolutamente utile ed è nostro dovere divulgarlo.

 

La richiesta gestuale di aiuto

“Linee di confine” su Spotify

 

 

La villa sull’ Appia Antica

 

“Entra nella nostra vita Franco, di cui all’ epoca non so nulla, solo che è un pittore. Ha la mascella squadrata, è affettuoso con me e tumultuoso con la mamma, percepisco l’ effervescenza del loro amore, si respira nell’aria. Li vedo abbracciarsi, inseguirsi, bramarsi, in continuo movimento, sembrano cavi elettrici senza guaina. Sono pazzamente innamorati e il mondo è ai loro piedi, tanto che a un certo punto ci trasferiamo sull’ Appia Antica, in una villa di Carlo Ponti, il famoso produttore cinematografico nonchè marito di Sophia Loren. Una casa enorme, dove decidono di costruire una piscina, abusiva naturalmente, infatti dalla terra rinvengono piatti di oro zecchino, resti archeologici, che si “grattano” gli operai. La sala da pranzo è una catacomba, lo studio di Franco un giardino di inverno, ci sono i suoi quadri poggiati sopra le poltrone, barattoli, pennelli, un odore fortissimo di acquaragia che mi piace da pazzi, come il disordine di quella stanza piena di taglierini, forbici, scotch, colla e macchie di colore ovunque (…). Un camino di pietra gigantesco scalda il salone: le stanze si riempiono spesso di amici di ogni genere, le feste sono improvvise, rocambolesche, divertentissime. Lo champagne scorre a fiumi, la mamma è un giro di giostra. Selvatica, a piede libero, non indossa mai le mutande. Un giorno decide di disfarsi di tutti i bagagli della sua amica Pia, una modella brasiliana che spesso è ospite da noi, che entra ed esce da casa con gran disinvoltura. La mamma è scocciata con lei, perchè non va più via, quella che doveva essere una delle sue visite si è trasformata in una vacanza in pianta stabile, per questo decide di buttare tutte le sue valigie e tutti i suoi vestiti nel bosco antistante la grande villa. Mi coinvolge nell’ avventura, lo vivo come un gioco assurdo e provocatorio, liberarsi assieme degli abiti dell’ amica. Insieme alla mamma li lancio tra i rovi: magliette, jeans, cinte e sandali. Lancio tutto quello che mi viene alle mani. Mi diverto con lei. E soffro quando non c’è. “

 

Lucrezia Lante della Rovere, da “Apnea. La mia storia”

 

 

Foto: Luca di Ciaccio via Flickr, CC BY-NC-SA 2.0

 

Raffaello Bellavista e l'”intervista della svolta”: storia di un sogno diventato realtà

 

Nel ricco calendario di eventi dedicati ai 1600 anni di Venezia, una performance del pianista, baritono e compositore Raffaello Bellavista non poteva mancare. Innanzitutto per l’ amore viscerale che l’ artista nutre nei confronti della Serenissima, e poi perchè il suo genere musicale, che spazia dalle sonorità classiche al crossover, si incastra a meraviglia con le atmosfere veneziane e con le loro innumerevoli sfumature. Incontro Raffaello in un momento clou della sua carriera; l’ ultima intervista che ha rilasciato a VALIUM risale al Maggio scorso (rileggila qui), ma sembrano passati anni per il fitto susseguirsi di concerti, progetti e riconoscimenti che, da allora, hanno costellato il suo percorso artistico. Di novità da raccontarci ne ha a bizzeffe, a cominciare dalla decisione di iniziare ad esibirsi come solista dopo le esperienze in duo: un ruolo che gli calza a pennello, il blocco di partenza per un successo in continua ascesa. Tra i prestigiosi traguardi raggiunti dal Maestro Bellavista spiccano la candidatura al Premio Eccellenza Italiana Washington D.C. 2022, l’apertura del Premio Guidarello per il Giornalismo d’Autore, l’ elezione a Value Ambassador del World Protection Forum (un forum permanente a tutela della vita umana e degli ecosistemi). Acclamato e richiestissimo, Raffaello è in procinto di abbracciare una carriera internazionale che lo porterà in vari angoli del mondo. Per un ragazzo partito da Brisighella con un sogno e la fortissima volontà di realizzarlo, non si può certo dire che sia una meta da poco! Ancor più perchè ogni tappa del suo iter trionfale è frutto del merito: il talento, la passione, la disciplina, l’eclettismo del Maestro Bellavista si abbinano a una dialettica innata, a una straordinaria presenza scenica e, last but not least, a un savoir faire squisito. La sua padronanza del repertorio classico non l’ha mai indotto a rivolgersi esclusivamente a un pubblico d’élite. Raffaello punta ad introdurre una sferzata d’aria nuova nella musica da camera: combina differenti generi, sul palco instaura un dialogo (verbale ed emozionale a un tempo) con il parterre. In attesa di volare a Parigi per il prossimo appuntamento – fissato al 10 Marzo – del World Protection Forum, l’artista è concentratissimo sull’imminente performance veneziana.

 

La composizione scritta dal Maestro Bellavista in onore del 1600simo anniversario di Venezia, che ha già avuto modo di presentare nel corso di altri concerti

Si tratterà di un evento esclusivo, un concerto per il 1600simo anniversario della Serenissima negli spazi dello splendido Salone di Ca’ Sagredo, sul Canal Grande. La data? Il 26 Febbraio. Organizzata dall’ Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia  e patrocinata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero degli Affari Esteri e dal Comune di Venezia, l’ esibizione sarà incentrata su un mix di musica classica e composizioni note al grande pubblico all’ insegna della contaminazione. Per l’ occasione, il Maestro Bellavista verrà affiancato dal marimbista Gianmaria Tombari. Ma non vi anticipo di più. E’ il momento di lasciar spazio all’ intervista, un’ intervista che Raffaello ha definito “l’ intervista della svolta”: mai parole furono più vere!

L’ ultima intervista in cui sei apparso su VALIUM risale al docu-concerto “Viaggio musicale verso i luoghi di Dante”, che hai realizzato in coppia con Serena Gentilini. Da allora, la tua carriera è in continua ascesa e stai tagliando traguardi sempre più importanti…Una domanda a bruciapelo: fin dove ti proponi di arrivare?

Una bella domanda che ha una risposta che è divenuta nel corso di questi anni un mantra per me. Andare sempre più in alto senza fermarsi mai in un continuo processo di labor limae su se stessi e di ferrea disciplina associata però ad una visione “spensierata” della propria arte, che sennò rischia di divenire troppo ingessata. La voglia di innovarsi e di mettersi in continua discussione è fondamentale per progredire nella propria disciplina. Parallelamente a quest’aspetto vi è anche la voglia di andare su palcoscenici sempre più importanti e al cospetto di platee sempre più grandi, uscendo dall’etichetta totalizzante della musica colta, per creare un proprio spettacolo ideale che congiunga più generi musicali in un’ottica di musica universale che possa parlare a tutti.

 

Raffaello al Premio Guidarello di Ravenna con (da sinistra) Giuseppe Rossi, il Presidente di Confindustria Romagna Roberto Bozzi e Genseric Cantournet

Come hai maturato la decisione di intraprendere un percorso da solista?

Fin da quando iniziai lo studio della musica il mio sogno era quello di essere un solista. Poi nel mio percorso artistico ci sono state alcune parentesi e collaborazioni con altri artisti. Oggi invece ho scelto di rendere il percorso solistico quello principale e preponderante al quale poi saranno affiancate alcune collaborazioni con artisti celebri e talenti emergenti. L’emozione del solismo è difficile da descrivere, ma una similitudine che mi piace sempre citare, visto che amo la montagna, è quella della progressione su una parete rocciosa verticale in solitaria: occorre trovare all’interno di se stessi la forza spirituale e materiale per progredire, per l’ascesi. Allo stesso modo devi affrontare l’abisso di un teatro pieno di pubblico che vuole emozionarsi e vivere un’esperienza unica. Sembra quasi un percorso iniziatico e lo vedo come una grande palestra per il corpo e la mente.

Il Festival “Suoni e Parole” di Brisighella, di cui sei Direttore Artistico, ha raggiunto livelli di eccellenza straordinari: nomi del calibro di Alessandro Cecchi Paone, Enrico Zucca, Ivano Marescotti, Franco Costantini ed Eraldo Baldini hanno apportato ulteriore prestigio all’evento. Cosa ci racconti della terza edizione della rassegna “tra le pietre di luna”? Come vedremo tra poco, si è arricchita sia riguardo ai suoi ospiti che alle sue location…

Il Festival, partito dalla voglia di stimolare il panorama artistico nel mio territorio ricco di paesaggi bucolici, ma a volte troppo ingessato (ti ricordo che vivo all’interno del Parco della Vena del Gesso Romagnola), nel corso degli anni si è fortemente evoluto coinvolgendo importanti sponsor e sempre più persone. Dopo i rallentamenti causati dalla prima ondata della pandemia, nel 2021 abbiamo voluto fare le cose in grande per dare un messaggio molto forte: La cultura non si deve fermare. E così abbiamo portato il Festival nell’anfiteatro di Brisighella e nel Parco del Convento dell’Osservanza, animando spazi ameni e molto grandi, in modo che il pubblico sempre più numeroso, nel rispetto di tutte le normative di sicurezza, potesse vivere un’esperienza di alto valore estetico a tutti i livelli: paesaggistico, musicale, sensoriale… Visto il successo della manifestazione, a fine estate 2021, abbiamo “esportato” un’ edizione del Festival nel magnifico e dinamico territorio di Rimini in un auditorium di grande prestigio: l’ Arena Francesca da Rimini e l’Anfiteatro di Rimini Terme. E’ stata un’esperienza molto interessante, perché Rimini è una location di richiamo internazionale: la “capitale” cosmopolita della Romagna. Tutti gli eventi sono stati sold out con spettatori provenienti da varie parti del mondo. Una sfida che ci ha molto stimolato, in quanto portare l’alta cultura in una dimensione così vasta e riscuotere un grande successo non è cosa semplice. Questo risultato ci ha resi consapevoli della grande voglia che c’è nel pubblico di tornare a sognare con la cultura. In entrambi i Festival gli ospiti sono stati di primo piano con Diego Fusaro, Alessandro Cecchi Paone, Giordano Sangiorgi, Federico Moccia, Eraldo Baldini, Enrico Zucca, Ivano Marescotti… Per l’anno 2022 stiamo lavorando a qualcosa che possa davvero lasciare il segno e stiamo coinvolgendo anche altre realtà dell’Emilia-Romagna.

 

Il Maestro Bellavista e il filosofo Diego Fusaro. Ringrazio entrambi per la gentilezza e la simpatia dimostrate nel girare questo video! Sono onorata, inoltre, di ricevere i saluti di Fusaro che contraccambio vivamente.

Lo scorso Agosto hai preso parte alle celebrazioni per il 700simo della morte di Dante con un concerto ravennate, peraltro inserito nella programmazione del Festival, tenutosi nella Basilica di San Francesco. In quell’ occasione, dopo esserti esibito in opere quali la “Dante Sonata” di Liszt, hai presentato brani da te scritti in omaggio all’ autore della “Divina Commedia”. Sei intenzionato a incrementare la tua attività compositiva?

In occasione dei 700 anni della morte di Dante ho avuto modo di essere protagonista di eventi di grande spessore come il concerto nella suggestiva Basilica di San Francesco a Ravenna, dove peraltro si svolsero i funerali proprio del Sommo Poeta, o l’apertura della Cinquantesima edizione del Premio Guidarello condotto da Bruno Vespa nel magnifico Teatro Alighieri di Ravenna. Proprio in questi contesti è maturata la voglia di presentare, oltre al repertorio classico, anche delle mie composizioni. Una scelta ponderata e maturata dopo un lungo percorso che mi ha portato a definire un mio stile personale nel comporre. A partire da questi concerti ho avviato il mio filone compositivo che affianco al pianoforte ed al canto lirico. In futuro poi intendo presentare anche diversi brani arrangiati nel mio stile che possono essere definiti come canzoni leggere colte, ricollegandomi così ad una tradizione italiana non troppo lontana che a mio avviso deve essere assolutamente ripresa. Pensiamo per esempio alla cosiddetta canzone napoletana colta oppure ad alcuni grandi esponenti della scuola genovese come Umberto Bindi, che ci ha lasciato delle canzoni che sono un perfetto anello di congiunzione tra la musica leggera e quella colta. Ecco, il mio obiettivo è presentare composizioni classiche, ma in uno stile fruibile che possa essere colto da tutti ed essere universale, accostate a composizioni “leggere” contenenti anche diversi stilemi e caratteristiche della musica seria.

 

Raffaello Bellavista insieme a Federico Moccia nel Convento dell’ Osservanza a Brisighella

Il Festival, inoltre, a Rimini ha incluso tre tappe d’eccezione. Dopo l’inaugurazione con Filippo Giacomoni, insieme al quale hai riproposto il duo “pianoforte e marimba”, la kermesse ti ha visto protagonista accanto al filosofo Diego Fusaro per un nuovo tributo a Dante, e al giornalista (nonché melomane) Pietro Caruso, tuo autorevole interlocutore in un dialogo sulla musica d’autore. Che bilancio fai di questa edizione costiera di “Suoni e Parole”?

Come anticipato precedentemente il bilancio sicuramente è stato positivo e soprattutto ci permette di dare al Festival una dimensione più internazionale, forti anche della città di Rimini che, grazie alla nuove infrastrutture, può davvero scommettere molto sulla cultura. Nelle tre serate abbiamo avuto moltissime presenze ed abbiamo presentato tre diversi spettacoli. Il primo è stato caratterizzato dal duo pianoforte e marimba in uno scenografico concerto all’alba nel magnifico anfiteatro delle Terme di Rimini a pochi metri dal mare: una musica altamente evocativa ha sottolineato il passaggio dalle tenebre all’aurora ed ha salutato un’alba di sole e good vibrations. Il secondo è stato un dialogo tra musica e parole tra me e Diego Fusaro. Un simposio totalmente incentrato su Dante Alighieri. Anche in questo caso è stato incredibile vedere come molte persone siano accorse da varie parti d’Italia, grazie a una massiccia campagna di comunicazione dell’evento, coniugando un fine settimana tra cultura e mare con importanti ricadute sull’economia cittadina. La terza ed ultima serata mi ha visto dialogare tra musica e parole con il Patron del MEI (manifestazione musicale tra le più importanti in Italia), in un incontro che è partito da alcune arie d’opera fino alla canzone d’autore colta e a brani di David Bowie e dei Depeche Mode arrangiati dal sottoscritto.

A conclusione del Festival sei approdato a Milano dove, insieme al Maestro Enrico Zucca, il 16 Settembre hai inaugurato con un vernissage musicale il 64simo Congresso Nazionale della Federpol. In chiusura del simposio hai intonato “Heroes” di David Bowie; ispirata da questa performance, ti chiedo: chi sono i tuoi eroi? Hai dei modelli di riferimento, dei mentori di cui ti piacerebbe ricalcare le orme?

L’evento per il convegno nazionale della Federpol a Milano è stato davvero qualcosa di sublime. E’ stata una grande occasione per presentarsi di fronte ad un pubblico internazionale, composto anche da diverse autorità dello Stato Italiano. E proprio per coronare il finale di questo evento ho scelto Heroes di David Bowie. A mio avviso la figura dell’eroe è da sempre un riferimento per gli uomini, perché ci presenta davanti agli occhi le potenzialità della nostra natura e in un mondo sempre più complesso e pieno di difficoltà tutti hanno bisogno di un Virgilio al proprio fianco. Anch’io mi identifico in questa realtà, in quanto per emergere è richiesto uno sforzo davvero titanico, paragonabile a quello di un eroe. Su chi sono i miei eroi preferiti e a chi mi ispiro, devo dire che nel corso degli anni ho cambiato la risposta. Se infatti fino al periodo pre pandemia avevo in testa grandi artisti come Pavarotti, che ha saputo coniugare l’ alta cultura con un pubblico immenso ed eterogeneo, oppure pianisti come Lang Lang che spaziano dalle sale da concerto più importanti del mondo agli stadi assieme alle pop star…oggi mi ritrovo ad analizzare le composizioni, non solo musicali, dei grandi artisti che hanno saputo contaminare l’arte: da Salvador Dalì a Miles Davis, da Friedrich Goulda a Banksy. Pochi giorni fa ho visto che hai condiviso sui social una frase che spesso mi piace citare: “I sogni cominciano di notte e si completano di giorno” di Svevo. Ecco, penso che questa frase possa davvero sintetizzare il mio pensiero.

 

Raffaello in concerto presso la Società Umanitaria di Milano

 

“Parlami d’amore Mariù”: un classico della canzone napoletana colta che Raffaello ha interpretato al Congresso Federpol accompagnato dal celebre pianista delle star della lirica Enrico Zucca

Uno scatto della performance al Congresso Federpol. Raffaello è con Enrico Zucca

Il 15 Ottobre per te è stata una data cruciale, la data della svolta: hai avuto l’onore di esibirti nel corso di un prestigioso evento, il “Premio Eccellenza Italiana” 2021, dove sei stato anche candidato, grazie al tuo talento artistico, al Premio Eccellenza Italiana Washington D.C. 2022. La tua carriera diventerà internazionale. Quali emozioni hai provato nel ricevere un simile riconoscimento?

E’ stata un’ emozione immensa. Per un duplice motivo: Il primo è la possibilità di toccare con mano il raggiungimento di obiettivi perseguiti da anni, ai quali ho dedicato gli sforzi di una vita intera. Il secondo motivo è stata la possibilità di esibirmi nella Santa Sede , un luogo prestigioso nel tempo e nello spazio. La coesistenza di grandi sacrifici affiancati però da questi lampi di luce, danno slancio e motivazione per proseguire un percorso davvero titanico…in un sottile equilibrio fatto di sacrifici, ma anche di gioie e soddisfazioni.

 

Premio Eccellenza Italiana 2021: il Maestro Bellavista in Vaticano insieme al giornalista Massimo Lucidi

La location è sempre il Vaticano. Con Raffaello e il Prof. Lucidi c’è Padre Franco Ciccimarra

Raffaello mentre si esibisce in “Mattinata”, un altro esempio di canzone napoletana colta. L’ ha interpretata durante il concerto tenuto in Vaticano alla presenza del direttore di RAI 1 Stefano Coletta oltre che delle principali figure istituzionali italiane e della Santa Sede

E’ pressoché impossibile citare tutti gli appuntamenti che ti hanno visto protagonista durante l’Autunno. Proverò ad elencare (non in ordine cronologico) alcuni tra i più salienti: il ritorno alla Tenuta Mara di San Clemente con un concerto introdotto dal noto giornalista Massimo Lucidi (ideatore del “Premio Eccellenza Italiana” e direttore editoriale di “The Map Report”), l’esibizione alla Camera dei Deputati in occasione dell’ Innovation Day e quella alla Casa del Cinema di Villa Borghese, sempre a Roma, durante la presentazione di un corto interpretato da attori quali Roul Bova, Gianmarco Tognazzi e Vittoria Belvedere. A proposito di cinema, ti piacerebbe diversificare la tua carriera nella settima arte? 

Sicuramente un aspetto molto interessante per quanto riguarda i concerti del 2021 è stato quello di essere protagonista di recital in forma canonica in teatro, ma anche di eventi trasversali con grandi personaggi del cinema come per esempio la presentazione del cortometraggio con Arisa, Raoul Bova… nella magnifica Casa del Cinema a Villa Borghese a Roma o l’evento con il giornalista Massimo Lucidi nella prestigiosa Sala della Musica della Tenuta Biodinamica Mara . Tornando alla tua domanda mi sono state fatte alcune proposte a riguardo e le sto valutando attentamente, perché mi piace molto essere eclettico e sono convinto che ciò che conta per l’artista è comunicare con forza e con qualsiasi forma un messaggio personale. Poi ovviamente la musica sarà sempre la colonna portante della mia esistenza, ma di certo non mi precludo esperienze che possono arricchirmi.

 

“Heroes” di David Bowie in un’ inedita versione per pianoforte. Raffaello l’ ha eseguita alla Casa del Cinema di Villa Borghese in occasione della presentazione di un corto con alcuni tra i più importanti attori italiani

Sui social hai scritto: “Mai smettere di credere nei propri sogni.”. E uno dei tuoi più grandi sogni, aprire musicalmente il Premio Guidarello per il Giornalismo d’autore, si è realizzato il 13 Novembre scorso al Teatro Alighieri di Ravenna. A presentare la serata  è stato un professionista di alta caratura come Bruno Vespa. Potresti dirci qualcosa di più su questo evento e sui sogni che diventano realtà? Qual è, a tal scopo, la ricetta vincente?

L’apertura della Cinquantesima Edizione del Premio Guidarello è stato qualcosa che davvero ha lasciato il segno. Si tratta infatti di un premio giornalistico di grande prestigio organizzato da Confindustria  Romagna che vede ogni anno i principali esponenti della cultura e del mondo giornalistico arrivare da tutta Italia al Teatro Alighieri di Ravenna sede della manifestazione. Quest’anno il Premio coincideva con i 700 anni della morte di Dante, che è sepolto a Ravenna, ed è stato deciso di omaggiarlo con la mia esibizione della Dante Sonata di Liszt: una delle composizioni più impegnative per pianoforte. L’emozione è stata davvero grande e mi ha richiesto un impegno e uno studio davvero intenso per preparare al meglio questa composizione; come ho detto precedentemente, certe pareti ci mettono alla prova, ma nello stesso tempo ci forgiano. L’esibizione è stata molto apprezzata. Quando sono rientrato dietro le quinte mi sono trattenuto a parlare con Bruno Vespa, che da grande cultore della musica ha elogiato l’originalità della mia esecuzione e le mie doti artistiche. Questa esperienza, sommata a tutte le altre, mi fa credere più che mai che l’importante è non smettere di credere nei propri sogni. Sembra una frase banale, ma non è assolutamente così. La ricetta è credere in maniera totale e con abnegazione in quello che si fa e nella propria arte.

 

Raffaello esegue la “Dante Sonata” di Liszt in apertura del Premio Guidarello condotto da Bruno Vespa. Nella foto sopra, un’ altra immagine dell’ evento

Un’ altra importante tappa del tuo percorso si è svolta il 26 Novembre a Sanremo, in occasione dell’Annual Summit del World Protection Forum. Al Forum, un catalizzatore di iniziative a tutela dell’uomo e degli ecosistemi, sei stato eletto Value Ambassador: la tua performance musicale è stata seguita da un breve discorso sul valore della musica e sull’ Italia in quanto patria dell’arte dei suoni. Ti va di farci un sunto di questa relazione?

L’elezione a Value Ambassador del World Protection Forum è stato un altro importante tassello per la mia carriera. A fine Febbraio, infatti, all’interno della stessa giornata ho tenuto un discorso ed un breve concerto nel magnifico Teatro Ariston di Sanremo e un secondo intervento musicale nel rooftop del Casinò di Sanremo. Il discorso era incentrato sull’importanza della cultura come valore cardine di uno stato come il nostro, quanto sia necessaria una sua valorizzazione e come andrebbero preservati certi valori oggi troppo spesso dimenticati. Basti pensare che l’Italia ha dato i natali al pianoforte con Bartolomeo Cristofori nel 1698, all’opera lirica verso la fine del ‘500 ed anche alla notazione musicale con Guido d’Arezzo, vissuto tra il X ed XI secolo.

 

L’ intervento del Maestro Bellavista al prestigioso World Protection Forum che si tiene annualmente nel Teatro Ariston di Sanremo

Il World Protection Forum si è tenuto al Teatro Ariston di Sanremo, la location del famosissimo Festival. A quando una tua apparizione in quel frangente?

Il palco del Teatro Ariston è qualcosa di unico ed ha un’acustica davvero incredibile. Si sente nell’aria che in quel luogo è passata la storia della canzone italiana. Il 2021 è stato un anno di svolta rispetto al passato e sono pronto a concludere un accordo con due importanti manager nel settore musicale. Non è assolutamente esclusa una partecipazione al Festival, perché come detto anche in precedenza vorrei portare la musica colta nella canzone italiana come era stato fatto in passato.

 

 

Al Circolo Ravennate e dei Forestieri, invece, il 3 Dicembre hai ritrovato Diego Fusaro durante un evento dedicato a Dante e al suo pensiero…

Diego Fusaro è un caro amico ed un grande filosofo con il quale abbiamo dato vita a dei magnifici simposi tra parole e musica. Ha moltissimo seguito anche tra i giovani ed assieme abbiamo creato delle serate di alta cultura legate alla figura del Sommo Poeta. All’ evento di Rimini hanno partecipato diverse centinaia di persone nel massimo rispetto delle norme sanitarie grazie anche ad un magnifico e capiente auditorium all’aperto. Mentre a Ravenna, nello splendido Circolo Ravennate e dei Forestieri, l’ evento era solamente su invito e sembrava di rivivere l’atmosfera dei salotti culturali del ‘700.

 

Raffaello con Diego Fusaro e Giuseppe Rossi, Presidente del Circolo Ravennate e dei Forestieri

Un’ ultima domanda per concludere la nostra conversazione: come definiresti il successo e quale valore aggiunto pensi che apporterà al sogno che hai concretizzato?

Il successo è nella mia concezione la capacità di plasmare un sogno in realtà. E questo non avviene mai per caso, ma è il risultato ogni volta di una sorta di viaggio iniziatico che deve essere portato a termine a qualsiasi costo. Infatti, in un processo eterno dove non ci si può mai sentire arrivati e in un continuo processo di labor limae conosciamo sempre di più noi stessi e progrediamo nel nostro sviluppo sia su un piano spirituale che materiale. Un elemento fondamentale deve essere quello dello slancio titanico che ci permette di superare le difficoltà con spirito di avventura e con successo, e di poterci affermare come piccoli e grandi eroi su questa terra.

 

Il Maestro Bellavista esegue “Heroes” nella Sala Verdi di Milano, uno dei templi internazionali della musica classica

 

Photos courtesy of Raffaello Bellavista

 

Florence Aseult-Undomiel, una fata che risplende nella magica notte veneziana

Foto di Olivia Wolf

L’ antica ricorrenza celtica di Samhain, oggi conosciuta come Halloween, contemplava che le porte del Annwn (il Regno degli Spiriti) e quelle del Sidhe (il Mondo di Mezzo, ovvero il Regno delle Fate) si aprissero per sancire un legame tra il visibile e l’invisibile. Anche le fate, dunque, rivestono un ruolo importante nelle tradizioni di questa festa. Appartenenti al Piccolo Popolo, amano la notte perchè è portatrice di mistero e di saggezza: le si può scorgere nei boschi, mentre danzano al chiar di luna in un tripudio di bagliori scintillanti. Sono figure affascinanti e magiche, votate al bene. Ecco perchè, proseguendo il nostro cammino verso Halloween, ho pensato che vi sarebbe piaciuto conoscerne una: Florence Aseult-Undomiel ,della fata, ha sia l’aspetto che la grazia dei modi. Potrebbe benissimo essere una creatura del Regno del Sidhe, basta osservare le sue foto per rendersene conto. Danzatrice, performer, creatrice di costumi, organizzatrice di feste e raffinata miniaturista, Florence – non a caso – ha interpretato spesso il personaggio della fata negli eventi a cui ha preso parte. Un esempio su tutti? Le prestigiose soirée allestite da brand del calibro di Dior e Omega: per il primo, nella cornice di un incantato giardino parigino, ha vestito i panni di una Principessa-fata dotata di corna di cervo, per il secondo ha sbalordito gli ospiti ostentando un abito oro con quattro metri di strascico e una chioma che superava il metro e mezzo di lunghezza. Originaria di Chamonix-Mont-Blanc, Florence si suddivide tra la Francia e Venezia, dove ad ogni Carnevale organizza l’ acclamata festa “La Nuit des Rois”. Quest’ anno, però, ha aggiunto un’ importante riconoscimento al novero delle sue esperienze: dopo aver vinto un concorso apposito, ha dipinto le porte dell’ organo della Basilica di Notre Dame de L’Epine utilizzando le più squisite tecniche di miniatura medievale. Nell’ intervista qui di seguito, Florence ci parla della sua opera, del sogno che la anima da sempre e della sua eclettica carriera artistica. Non c’è bisogno di dire, naturalmente, che lo fa con tutto il garbo e il magnetismo che si convengono a una vera fata.

Florence, tu ti dedichi a varie forme di arte: danzi, crei costumi, realizzi miniature, organizzi eventi…Qual è la tua formazione e quando hai pensato di diversificare le tue competenze?

Per dieci anni ho studiato danza classica e per i successivi dieci canto lirico al Conservatorio di Musica; dopo il Conservatorio mi sono iscritta alla scuola per miniaturisti di Angers, nella Valle della Loira. Nel frattempo, a 20 anni, ho cominciato a partecipare al Carnevale di Venezia e a creare abiti. Mi piace insegnare e dipingere (attualmente organizzo laboratori sull’ arte della miniatura), ma soprattutto amo ballare, esibirmi, indossare dei meravigliosi costumi. La prima volta che sono venuta a Venezia avevo 14 anni. Durante questo viaggio mi sono innamorata della città e mi sono ripromessa di tornare per organizzare eventi, danzare, fare performances e dare feste a tema come succedeva secoli orsono. A 24 anni ho organizzato “La Nuit des Rois”, la mia prima festa. Come costumista ho una formazione da autodidatta, ho imparato a cucire da sola anche se alcuni amici, sarti professionisti, mi hanno dato degli utilissimi consigli. Per ispirarmi prendo spunti dalle antiche stampe o dai libri della storia del costume. Analizzo la fattura degli abiti ma poi, realizzandoli, li personalizzo immancabilmente. Non voglio creare costumi storici, bensì adattarli al mio personaggio: l’ho chiamato Aseult, un nome di origini medievali, e l’ho calato in un mondo di fiabe e di leggende.

 

 

Vivi tra la Francia e l’Italia, precisamente a Venezia. In quale occasione è scoccato il tuo colpo di fulmine con la Serenissima?

Avevo 14 anni ed ero in gita con la mia scuola. Sono nata a Chamonix, sul Monte Bianco, che da Venezia dista solo 4- 5 ore. La nostra era una gita di tre giorni e l’ultima sera, mentre facevamo un tour sul vaporetto, sono rimasta colpita da tutti quei palazzi illuminati dalla luce delle candele, con gli affreschi sui soffitti…Essendo appassionata da sempre di danza e canto, ho fatto una promessa a me stessa e a quella città straordinaria: “Tornerò qui per ballare per te, per omaggiare la tua arte e per continuare a far vivere la tua storia”. Dieci anni dopo ha debuttato la mia prima festa veneziana, “La Nuit des Rois”, che nel 2021 celebrerà il suo ottavo compleanno.

Ami la Venezia settecentesca, la Venezia sfarzosa di Giacomo Casanova, e riproponi quello spirito proprio ne “La Nuit des Rois”, la festa in costume che allestisci ogni anno durante il Carnevale. Vogliamo assolutamente saperne di più…

Scelgo un tema diverso ogni anno. Abbiamo celebrato Casanova, il Rinascimento con Lorenzo de’ Medici e Botticelli, Amadeus, persino Les Incroyables et les Merveilleuses, una moda sorta in Francia ai tempi del governo del Direttorio: stremata dalla Rivoluzione, la gente aveva voglia di lusso, di libertà e di stravaganza. C’era il desiderio di riprendere a vivere dopo la cupezza del Terrore! “La Nuit des Rois” si tiene a Palazzetto Pisani. E’ una festa unica nel suo genere. La classica cena non è prevista, quando gli ospiti arrivano li aspetta un aperitivo e una cena a buffet. In sottofondo, la musica classica si alterna a un sound più moderno per poter ballare. Non essere vincolati alla cena permette ai partecipanti di muoversi, di chiacchierare e di danzare senza freni. E’ la gente a fare l’evento, ognuno è un personaggio e può fare ciò che vuole. Alcuni miei amici, ad esempio, arrivano con uno strumento musicale e cominciano a suonare, altri cantano, altri ancora fanno teatro… L’ ambiente si anima così! Come nel ‘700, durante la festa si è completamente liberi di immergersi nella sua atmosfera e di diventarne i protagonisti: si può vagabondare in ogni angolo del palazzo e interpretare un ruolo a proprio piacimento. “La Nuit des Rois” riscuote sempre un enorme successo. E’ un’esperienza spettacolare, tutta da vivere.

 

Foto di Renzo Carraro

Se avessi vissuto a quell’ epoca, chi avresti voluto essere e perchè?

Non vorrei essere nessun altro se non me stessa, che sia nel Medioevo, nel ‘700 o nel Rinascimento…Amo essere la persona che sono, e non qualcun’ altra: ognuno di noi è diverso, ha la sua storia e la sua creatività. Se mi calassi nell’ epoca di Casanova, ad esempio, vorrei portarci la mia inventiva, il mio cuore, la mia anima e tutto quello che sono in grado di donare.

 

Un’ immagine dell’ evento Dior al Museo Rodin di Parigi

Anche gli abiti che crei guardano al passato: si ispirano al Medioevo, al Rinascimento…e sembrano appena usciti da una fiaba, un dettaglio rilevante. Come nasce la tua passione per tutto ciò che è d’antan?

Nasce con la danza classica, perché i suoi costumi mi affascinano sin da bambina. Quando realizzo le mie miniature medievali adoro dipingere con l’oro, curare i minimi particolari; mi piace creare i miei abiti con la stessa precisione e farli diventare preziosi, ornarli con perline ed ogni tipo di decorazione. La danza mi ha molto ispirato, ma devo dire che l’arte della miniatura ha accentuato il mio gusto del dettaglio. Tanto per farti un esempio, l’altro giorno ho incollato a mano, uno per uno, 300-400 brillantini sul mio corsetto: un lavoro che ha richiesto una grande pazienza. Adesso sto cucendo un costume nero di seta, una seta leggerissima e molto difficile da modellare, e ho cominciato a decorarlo con miriadi di perline nere del ‘900. Ti manderò delle foto non appena l’avrò terminato!

 

Dallo shooting “Underwater”,  scattato da Natalia Kovachevski

Raccontandoti, scrivi di sentirti “più vicina alle stelle che alla roccia e alle pianure” e che i sogni sono da sempre la tua guida. Parlaci del tuo universo, del tuo immaginario ispirativo.

Mi ispiro molto alle fiabe, alle leggende…Come ti dicevo, sono nata a Chamonix e ho vissuto per 20 anni in montagna, immersa nella natura. Quando andavo a camminare nel bosco, soprattutto in inverno, la mia fantasia correva a briglia sciolta. La danza classica, per me, è stata fondamentale anche a livello di immaginario: balletti come “Giselle”, “La Sylphide”, “Il lago dei cigni”, sono intrisi dello spirito romantico e fiabesco che contraddistingue la Baviera con i suoi castelli. Mi sono nutrita di fiabe, ma anche di storia. A differenza della storia, però, dove le guerre e la violenza predominano, le fiabe ti trasportano in un mondo di sogno, di libertà e di bellezza.

 

Foto di Renzo Carraro

Florence nei panni di una fata dorata durante la soirée Omega a Berlino

Eccelli nella pratica della miniatura. Come è entrata a far parte del tuo percorso artistico?

Quando ero al Conservatorio, ho seguito un corso di musica barocca e ho trovato delle miniature nel salone dove mi esercitavo. Ne sono rimasta affascinata! Alla fine del corso, una volta tornata in Francia, ho scoperto che l’unica scuola di tecniche della miniatura d’Europa – l’ ISEEM – si trova ad Angers, a due ore da Parigi. Così ho deciso che anziché proseguire gli studi di canto mi sarei iscritta a quella scuola. Ho studiato miniatura per due anni, diplomandomi con lode. A quel punto, mi sono detta che la mia vita professionale doveva prendere il via. Volevo creare i miei costumi, organizzare le mie feste, farmi conoscere. E devo dire che ci sono riuscita: da otto anni “La Nuit des Rois” è famosa internazionalmente, i miei ospiti provengono da tutte le parti del mondo.  Riguardo all’arte della miniatura, invece, ho vinto un concorso del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO e ho preso parte al restauro di un organo a L’Epine. Ho dipinto sulle sue due porte la scena dell’ Annunciazione, con Maria e l’Angelo Gabriele. Un progetto molto importante, tantevvero che moltissime TV sono venute a trovarmi per parlare dell’ opera che ho realizzato.

 

 

Due ulteriori scatti tratti dallo shooting “Underwater” di Natalia Kovachevski

Recentemente, infatti, hai dipinto le porte dell’organo della Basilica di Notre Dame de L’Epine, in Francia: un capolavoro che hai realizzato con raffinatissime tecniche di miniatura medievale. Potresti parlarcene?

L’organo risale al Rinascimento  e hanno scoperto che era abbinato a due porte, per cui è stato bandito un concorso per trovare qualcuno che le dipingesse. Sono stata scelta e ho realizzato l’Annunciazione nel mio stile più tipico: mi sono avvalsa delle tecniche medievali che utilizzo per le mie miniature, dunque dell’oro, della foglia d’oro, dei pigmenti che creo con l’uovo, il miele e la radica…Il lavoro ultimato è stato presentato il 20 settembre scorso. Tieni presente che l’organo della Basilica di Notre Dame de L’Epine è uno dei dieci organi più maestosi d’Europa. La ditta che l’ha restaurato ha eseguito un’operazione particolarissima, è riuscita a ricreare una sonorità di tipo Rinascimentale che non esiste su altri organi. Io mi sono occupata delle porte: al loro interno ho dipinto su tela, all’ esterno su legno. L’ organo è stato completamente restaurato perché non era più suonabile: è datato nientemeno che 1542.

 

Florence nella Basilica di Notre Dame de L’Epine. Alla sua sinistra e alla sua destra, le porte dell’ organo che ha dipinto con la tecnica della miniatura

L’arte è il filo conduttore della tua carriera. Ma se come miniaturista lavori in solitudine, nelle vesti di performer ti esibisci davanti a un pubblico e assorbi le sue vibrazioni. Qual è la modalità espressiva che preferisci, la dimensione che ti è più consona?

In certi momenti mi piace stare in solitudine, rinchiudermi in me stessa per creare, mentre in altri sono molto felice di uscire, di avere un pubblico, di vedere gente e di muovermi. Quindi, amo sia star sola che condividere la mia arte con il pubblico…Direi che mi sento a mio agio in entrambe le dimensioni. In questo periodo, per esempio, a causa del Covid gli eventi scarseggiano e me ne sto sola con la mia solitudine. Vedo alcuni amici, certo, ma non è la stessa cosa. E’ come se in me ci fosse una bomba pronta a esplodere, spero solo che noi artisti potremo ricominciare presto ad esibirci. Intanto, mi faccio venire delle idee: ho già pensato alle decorazioni per “La Nuit des Rois” del prossimo Carnevale, a come allestire le stanze…Ma mi chiedo se potrò far uscire tutte queste idee dalla mia mente o se dovrò tenerle chiuse lì dentro. E’ una bella frustrazione! Il prossimo tema della festa sarà “Romeo e Giulietta” e l’evento si terrà a San Valentino, il 14 febbraio, a Palazzetto Pisani.

 

L’ abito oro dell’ evento Omega in tutta la sua magnificenza

Un’ altra immagine della soirée Dior al Museo Rodin di Parigi

Quali anticipazioni puoi darci sui tuoi progetti futuri?

Non posso ancora anticipare nulla. Sto organizzando i miei prossimi eventi, tengo le dita incrociate augurandomi che si possano realizzare e che il Carnevale di Venezia non venga annullato. Sono anche impegnata in un nuovo progetto sulle miniature. Nel frattempo tengo dei laboratori di miniatura, insegno in corsi individuali e di gruppo sia in Francia che in Italia. Il prossimo avrebbe dovuto tenersi in Francia, a L’ Epine, dal 17 al 20 Novembre. Ma poi Macron ha annunciato il lockdown…Vorrei tornare in Italia. Tutto, ora, dipenderà giocoforza dalla situazione che si verrà a creare.

Per avere news e aggiornamenti sui laboratori di miniatura di Florence, seguite la sua pagina Facebook Florence-Aseult-Création d’Enluminure

 

La porta sinistra dell’ organo di Notre Dame de L’ Epine, raffigurante l’ Angelo dell’ Annunciazione.

Qui sopra e nelle immagini che seguono, alcuni dettagli del dipinto

 

 

 

 

 

 

 

La porta a destra dell’ organo, che rappresenta la Madonna dell’ Annunciazione

Un dettaglio dell’ opera

Il lato esterno delle porte dell’ organo

 

 

Photo courtesy of Florence Aseult-Undomiel

 

 

Raffaello Bellavista: un 2020 di importanti svolte

 

Per Raffaello Bellavista, ospite fisso di VALIUM, la quarantena non è certo coincisa con uno stop. Mai come in questo periodo la sua vita è stata ricca di novità, progetti, svolte decisive, sia sul versante privato che professionale: lasciatosi alle spalle il Duo Bellavista-Soglia, Raffaello sta consolidando la propria carriera da solista e, al tempo stesso, ha intrecciato ben due nuove collaborazioni. Nonostante il sodalizio con Michele Soglia si sia concluso, porterà avanti il progetto pianoforte-marimba con un nuovo partner musicale, il giovane marimbista Matteo Marabini, ma il vero e proprio scoop riguarda il suo rapporto con Serena Gentilini. Che da rapporto sentimentale, sancito da una convivenza avviata proprio in occasione della quarantena, è diventato un rapporto artistico con tutti i crismi. E se – come disse Antoine de Saint-Exupéry –  “Amore non è guardarci l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”, Raffaello e Serena guardano entrambi verso un unico orizzonte: la passione per la musica. Alternandola, da personalità poliedriche quali sono, ad interessi altrettanto creativi che ruotano attorno alla moda (soprattutto per quanto riguarda Serena) e all’arte. Sono molteplici e sorprendenti le news che Raffaello Bellavista ha in serbo per voi, non ultima quella del suo debutto da solista; si rende quindi necessario un perno, un punto di riferimento ben preciso per iniziare questa conversazione. Al momento di sceglierlo, non ho avuto dubbi. Da dove partire se non da “Eros e Thanatos”, lo straordinario evento veneziano che ha visto affiancare Raffaello, Serena e Matteo Marabini al fantasmagorico Principe Maurice? Ma prima di dare il via alle domande, vi lascio con una ghiotta anticipazione: per farci sapere qualcosa di più sulla sua carriera in bilico tra moda e musica, anche Serena Gentilini sarà presto ospite di VALIUM. Non posso che concludere invitandovi a “rimanere sintonizzati”!

Vorrei iniziare parlando del prestigioso evento a cui hai preso parte al Carnevale di Venezia, “Eros e Thanatos”, diretto e interpretato dal Principe Maurice. Come è andata forgiandosi l’idea di questa collaborazione?

Premetto che l’evento “Eros e Thanatos” ha significato davvero molto per la mia crescita professionale ed é indubbiamente stata una delle esperienze più interessanti e complete. L’idea era nell’aria, avevo già avuto diverse collaborazioni con Maurice nei festival che organizzo in Romagna e c’era sempre stata la massima intesa e voglia di unire più forme d’arte in un’ esperienza sinestetica. Partendo da questi saldi presupposti, il destino ha fatto il resto. Infatti, proprio durante il periodo del celebre Carnevale Veneziano avevo in repertorio il concerto “Magellano” per pianoforte e marimba legato al tema del viaggio, “Lascia ch’io pianga” per pianoforte e voce ed una rielaborazione in chiave crossover di “Enjoy the Silence” dei Depeche Mode per pianoforte e voce. Proprio queste composizioni si legavano in maniera diretta e simbolica con i monologhi e le interpretazioni del poliedrico Principe Maurice. Dopo alcuni incontri si é capito subito che era nata una perfetta intesa e comunione d’intenti. E proprio da questo é sorto uno spettacolo che sicuramente farà molto parlare di sé.

 

 

Due scatti tratti da “Eros e Thanatos”. L’ evento ha avuto come cornice lo splendido Palazzo Labia, sede di RAI Veneto.

Inizialmente avrebbe dovuto affiancarti Michele Soglia, poi c’è stato un cambio di programma e sono subentrati il marimbista Matteo Marabini e la cantante Serena Gentilini. Su quali elementi ha fatto perno la sintonia immediata che è sorta tra di voi?

L’evento veneziano ha avuto un’importante carica simbolica per me. Infatti ha sancito due nuove collaborazioni: da un lato ha dato il via al mio sodalizio artistico con il marimbista Matteo Marabini, giovanissimo talento che é divenuto l’artista con il quale porto avanti il progetto pianoforte e marimba. E’ stato incredibile come si sono sviluppate le cose, avevamo solo dieci giorni per preparare un programma davvero complesso e variegato che andava dal trascendentale concerto “Magellano” a brani conosciuti al grande pubblico di Sakamoto, Piazzolla…che avevo arrangiato proprio per l’occasione per pianoforte e marimba. Questa situazione di estrema difficoltà ha fatto sì che durante le poche prove intercorse sia nata una grandissima complicità e una determinazione che mai avevo visto prima. Ed il successo riscosso é stato un ottimo battesimo di questa collaborazione artistica. L’altra grande soddisfazione é stato inaugurare il mio rapporto artistico con la mia fidanzata: la cantante Serena Gentilini. Una giovanissima promessa del canto che il Principe Maurice ha deciso di inserire in maniera geniale nello spettacolo con una duplice connotazione artistica. Infatti, nella prima parte dello spettacolo il dialogo avveniva tra monologhi e citazioni di grandi figure femminili del passato in alternanza a brani ad essi correlati per pianoforte e marimba.Parallelamente Serena era seduta su questo trono al centro del palco, con un velo che le copriva il volto ponendola in una dimensione di sospensione metafisica, tanto che molti pensavano, all’inizio, che si trattasse di una statua. Nella parte finale invece, in un momento di grande phatos, con un gesto pregno di carica evocativa il Principe Maurice ha sollevato quel velo nello stupore generale, facendo risorgere una ninfa che ha concluso lo spettacolo cantando la celebre e difficile aria di Haendel “Lascia ch’io pianga”.

 

Raffaello Bellavista e Matteo Marabini. Sullo sfondo, la “donna velata” Serena Gentilini

Serena Gentilini insieme al Principe Maurice durante la performance

In “Eros e Thatanos” il Principe ha totalmente improvvisato il suo monologo, mentre l’accompagnamento musicale aveva una scaletta predefinita. E’ stato facile “scandire” la vostra colonna sonora sui ritmi recitativi imprevedibili di Maurice?

E’ stato molto semplice per quanto fino al momento dello spettacolo c’era molta emozione. Infatti “Eros e Thanatos” aveva una scaletta di massima divisa per brani e significato di quest’ultimi, sui quali il Principe si inseriva. Proprio la maestria di Maurice ha saputo tradurre in beneficio il fatto di non aver provato in maniera forzata ogni parte dello spettacolo, determinandone la naturalezza e la freschezza. Quando finivamo i brani danzava, e con le sue movenze e la sua dialettica sembrava quasi proseguire le melodie terminate da poco traducendole in parola. Il Principe Maurice é una figura geniale, sono in pochi a saper condurre con efficacia uno spettacolo così equilibrato. Molto spesso ci sono concerti con qualche intervento letterario, oppure spettacoli teatrali con qualche intervento musicale. Ma qui é tutto diverso, é una cosa a sé stante dove suoni, profumi, parole, sensazioni si uniscono dando vita al primo spettacolo multisinestetico al mondo.

 

Serena Gentilini

Come si sono incrociati il tuo percorso e quello di Matteo Marabini?

Oggi il Conservatorio é proprio come un’ Università, quindi abbiamo una laurea triennale, un biennio ed eventualmente un dottorato. Il mio biennio di Pianoforte l’ho conseguito presso il Conservatorio di Cesena, proprio dove ora sta per diplomarsi Matteo Marabini. Avevamo sentito parlare l’uno dell’altro ed avevo visto il suo nome molte volte, inserito in varie rassegne concertistiche. E così, attraverso il suo professore, ho avuto un primo incontro dove abbiamo eseguito una prima parte del concerto “Magellano” con grande trasporto e senza alcuna indecisione. Infatti una decina di giorni prima del concerto c’è stato il cambio di programma del mio ex collega, e Matteo Marabini é subentrato con sicurezza e grande preparazione. Tutto ciò é stato davvero incredibile. La musica mi ha dato degli insegnamenti importanti, ha fortificato la mia caparbietà. In un momento di drammatici cambiamenti, il fatto di resistere nella tempesta ha fatto nascere un grande collaborazione.

La presenza di Serena Gentilini è stata una sorpresa del tutto inaspettata. Raccontaci la genesi della sua partecipazione e il motivo della scelta del brano “Lascia ch’io pianga”, tratto dal “Rinaldo” di Händel.

Come anticipato prima, la partecipazione di Serena Gentilini si deve ad una acuta scelta del Principe Maurice, che ha deciso di valorizzare le sue qualità sia di cantante che di modella inserendola nella prima parte al centro del palco con un magnifico costume veneziano coperta da un velo, e nella seconda parte di resuscitarla per farle cantare questa magnifica aria di Haendel. Scelta ancor più geniale, se si pensa al brano selezionato. Infatti in uno spettacolo dove convivono pulsioni di morte e amore nulla si sarebbe potuto associare meglio a quest’aria che é un emblema sia della sofferenza che della morte, ma anche della rinascita e della potenza dell’amore. Ed è proprio qui che mi viene da fare una riflessione molto profonda. Pochissimi giorni dopo questa prima rappresentazione é scoppiato il dramma del Coronavirus, che ha sprofondato il paese e il mondo intero in una dimensione oscura e di grande oppressione. Nei mesi bui della quarantena sono tornato più volte con la mente a questa esperienza veneziana, ed ora che il cielo sembra rischiararsi sento schiudersi in me la potenza dell’amore. Faccio proprio ai lettori di VALIUM questa confidenza perché é forse la prima volta che mi sento di vivere in un’opera d’arte.

 

Serena Gentilini e Raffaello Bellavista

Serena, Raffaello e il Principe, intervistato da RAI Veneto

Il successo di “Eros e Thanatos” è stato incredibile: Palazzo Labia era gremito e l’evento è stato addirittura ripreso da RAI Veneto. Pensate di replicare la performance o comunque di tornare ad esibirvi, come duo (tu e Serena Gentilini) o come trio, insieme al Principe Maurizio Agosti?

Sicuramente lo spettacolo “Eros e Thanatos” ha significato qualcosa di grande per tutti noi. Perché sia la situazione che si era creata prima del concerto che il successo riscosso ci hanno fatto capire molte cose. Inoltre, tutto ciò ha rafforzato il mio sodalizio artistico con il Principe Maurice. La scelta é quella di portare nei principali teatri italiani e stranieri questo spettacolo, integrando ulteriori aspetti e continuando il lavoro di ricerca costante. Ovviamente sto proseguendo i miei progetti sia in solo che in duo, ma sicuramente lo spettacolo “Eros e Thanatos” é inscindibilmente legato alla figura di Maurice che funge da maestro delle cerimonie per questo rituale musicale e letterario. Penso che il mondo culturale e non solo abbia bisogno di questo spettacolo, per dare nuova linfa ad un sistema che già da diversi anni non sta funzionando più come dovrebbe. Non voglio aprire polemiche, ma sicuramente questo progetto artistico lascerà un segno anche per la capacità di integrare l’arte su più livelli, con argomenti a noi vicini ed attuali. Coniugando un linguaggio fruibile con aspetti simbolici.

 

Il Principe Maurice in “Eros e Thanatos”

Un flashback: il 7 Dicembre scorso, ti sei esibito da solista nel concerto “Tra apollineo e dionisiaco” (con musiche di Chopin e di Liszt) al Goethe-Zentrum di Bologna. Quell’ evento, oltre a ribadire il tuo talento musicale, ha sancito un importante punto di svolta nella tua carriera. Potresti dirci qualcosa di più?

Sì, esattamente, la fine del 2019 e l’inizio del 2020 hanno rappresentato un grande periodo di svolta, probabilmente quello di maggiore portata nei miei 28 anni. E’ stato infatti il mio primo recital nel prestigioso Istituto di Cultura Tedesca di Bologna, sede di numerosi concorsi musicali e stagioni concertistiche nel quale ho scelto di valorizzare le mie due dimensioni artistiche: quella del pianista e del cantante lirico. Nella prima parte ho eseguito celebri e difficili brani per pianoforte solista come la “Dante Sonata” di Liszt, la “Prima ballata” di Chopin e le “Variazioni KV 265” di Mozart. Nella seconda parte, invece, accompagnato dalla docente e pianista Nicoletta Riccibitti ho interpretato celebri arie d’opera tratte dalle “Nozze di Figaro”, ”Don Giovanni”, “Carmen”. E’ stata una scelta coraggiosa, perché mi ha dato finalmente la possibilità di imporre il mio punto di vista dopo anni di studio ed attività concertistica. In un ambiente musicale in cui si predilige di perseguire una sola strada volevo dire la mia e proprio a partire da questo concerto. Forte anche del sostegno di vari esponenti della cultura italiana, porterò in tour questo mio progetto artistico che sarà focalizzato attorno alla figura di Dante Alighieri, del quale nel 2021 ricorre il VII centenario della morte.

Il Carnevale di Venezia era ancora in corso quando è esplosa l’emergenza Coronavirus. Il periodo della quarantena è iniziato poco dopo e segnerà, penso, una tappa indelebile nell’esistenza di ognuno. Come hai vissuto quell’ esperienza?

Come accennato in precedenza, é stato un periodo denso di significato per me. Infatti poco prima dello scoppio del Coronavirus avevo concluso diversi accordi per i miei debutti sia da solista, sia in duo con Serena Gentilini, in diversi teatri italiani ed esteri. Tutto ciò é stato spazzato via e il danno personale si é sommato alle immagini drammatiche che ognuno di noi ha visto sui mass media, unitamente al fatto che molti dicevano che le attività culturali sarebbero state sospese addirittura per anni e che l’artista si sarebbe estinto. Dopo un primo periodo di grande meditazione interiore ho capito che le cose dovevano andare avanti, e grazie anche al grandissimo e prezioso aiuto della mia fidanzata ho scelto di incidere un disco intitolato “Trinus” (che significa viaggio in latino), dove ho inserito brani per pianoforte solista ed arie d’opera tutte legate al tema del viaggio ed alla figura di Dante Alighieri, che viaggerà dagli Inferi all’ascesa in Paradiso. Un disco che è il risultato di un concerto live tenuto in una notte oscura durante il periodo di quarantena. Parallelamente a questo primo disco ho registrato assieme a Serena Gentilini un video per la Regione Emilia-Romagna che é stato trasmesso su Lepida TV, dove ho reinterpretato assieme a lei celebri brani conosciuti al grande pubblico come “Billie Jean”, “Heroes”, “Enjoy the Silence” e “Arrivederci” in chiave colta. Abbiamo anche registrato diversi brani per progetti di raccolta fondi nella lotta al Coronavirus che hanno fatto sì che decine di migliaia di euro potessero andare in beneficenza in svariate iniziative, molte delle quali organizzate dal MEI. Infine, grazie alla mentalità illuminata e poliedrica della mia compagna, ho deciso di allargare i miei orizzonti artistici ponendo la mia attenzione sull’arte figurativa: realizzando, cioè, una scultura in ceramica con precisi riferimenti simbolici legati al complesso momento che sta vivendo la nostra umanità ma anche alla grande energia creativa che dà la vita.

 

Le sculture in ceramica, un’ ennesima sfaccettatura dell’ eclettismo di Raffaello Bellavista e Serena Gentilini

Se per molti la quarantena ha rappresentato un “periodo di fermo”, per te è coincisa con l’ apice della fertilità creativa: il video e il disco live che omaggiano Dante Alighieri (del quale nel 2021 ricorreranno i 700 anni dalla morte) sono nati allora. Cosa ci racconti, al riguardo?

Il periodo della quarantena é stato molto complesso. In un primo momento è prevalso uno sconforto sia su un piano globale, perché le immagini alle quali eravamo sottoposti erano drammatiche, sia su un piano soggettivo, perché la mia attività concertistica era stata totalmente bloccata per via delle disposizioni relative alla chiusura dei teatri. Dopo questo  periodo di demoralizzazione, la voglia di rinascere ha fatto sì che la mia attenzione si ponesse sul sommo poeta fiorentino Dante Alighieri, sepolto a Ravenna e del quale nel 2021 ricorre il VII centenario della morte. E’ stato quindi un omaggio simbolico, dove nei brani registrati nell’Auditorium Pagliaccine all’interno di casa mia, immerso nella natura, ha preso vita questo viaggio musicale tra brani della grande tradizione pianistica ed arie d’opera che si snodano attraverso un percorso che parte dagli Inferi e giunge all’ascesa in Paradiso. Senza scendere troppo in particolari complessi il primo brano é la trascendentale “Dante Sonata” di Liszt, che rappresenta l’ingresso nell’inferno dantesco, si passa poi per l’aria tratta dal “Don Giovanni” “Deh vieni alla finestra”. C’è un momento di Purgatorio con la “Prima ballata” di Chopin scritta in un periodo di chiaroscuri sentimenti ed avverse difficoltà, il passaggio poi dal Purgatorio al Paradiso é sancito dalla “Sonata al chiaro di Luna” di Beethoven, dove nel primo tempo c’è un riferimento al “Don Giovanni” di Mozart che si tramuta nell’ultimo tempo in una ascesa. La vetta del Paradiso é rappresentata dalle variazioni su “Ah, vous dirai je maman” di Mozart in DO maggiore che simbolizzano l’apollineo tradotto in musica. Quasi una sorta di rituale musicale per auspicare l’arrivo di una nuova era lontana dai dolori del periodo della quarantena. L’artista, secondo il mio pensiero, deve essere questo: un mago dei suoni che attraverso lo specchio della coscienza si rapporta con l’esterno analizzando ciò che sta accadendo e proponendo un via di ascesa e di estasi per l’essere umano, ormai gettato in una prigione senza mura e senza odore.

Sempre durante il lockdown, aderendo all’ iniziativa #laculturanonsiferma dell’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, tu e Serena Gentilini avete girato un video dove vi esibite insieme in alcune cover rivisitate in versione crossover. Introducendole, hai annunciato la creazione di un vostro duo: che tipo di sonorità lo caratterizzano e come avete intenzione di battezzarlo?

Il progetto era già nell’aria da alcuni mesi, in quanto a mio avviso manca un artista che porti sonorità e stilemi classici nella musica conosciuta al grande pubblico e che in qualche modo svolga un’azione di nobilitazione dei brani pop. Proprio da questa mia idea é scoccata la scintilla quando ho sentito la cantante Serena Gentilini. Infatti da una parte ci sono le mie conoscenze in ambito classico e crossover, e dall’altro c’è l’esperienza di questo giovanissimo talento in ambito jazz, pop che come detto in precedenza ha avuto modo di esibirsi già su palchi prestigiosi a New York oltre che in Italia. E’ una geometria che si completa e che risulta estremamente vincente. Infatti, il video che abbiamo realizzato per la Regione Emilia-Romagna e che é stato trasmesso su Lepida TV é in poco tempo divenuto il video più visto su tutta la piattaforma con oltre 11. 000 visualizzazioni. Questo ovviamente é solo l’inizio, stanno bollendo in pentola numerosi progetti che avranno molta risonanza.

 

Serena e Raffaello circondati dal verde della loro Romagna

Una domanda che scava un po’ nel personale. Come vivi il fatto di condividere una carriera nella musica con la donna che ami? E’ più probabile che, con il tempo, possa incrementarsi la complicità oppure sorgere una sottile (ed eventuale, ovvio) vena competitiva? Penso a film come “A Star is Born” con Lady Gaga…

In realtà il mio rapporto con Serena si é ulteriormente rafforzato grazie ad una reciproca stima e ad un sodalizio artistico che non conosce rottura. Personalmente siamo dell’ idea che non c’è nulla di più bello del condividere con la persona che si ama la passione ed il lavoro, senza prevaricare in alcun modo le scelte che ognuno vuole intraprendere. Certamente non é un ambiente semplice, a volte i ritmi di lavoro possono essere molto duri, però la voglia di comunicare sia in solo che con lei il mio messaggio artistico mi dà la forza di non arrendermi mai. Inoltre, Serena ha una grandissima disciplina e una conoscenza delle lingue straniere che le permettono di essere molto reattiva nell’affrontare ogni tipo di difficoltà.

 

Un’ altra immagine di Serena mentre si esibisce a Palazzo Labia

A proposito di competitività, in una tua intervista sul blog on line “Brisighella by Night” hai dichiarato che hai trovato certi aspetti dell’ambiente musicale molto ostici da affrontare. A che ti riferivi esattamente, e qual è l’antidoto per non lasciarsi sopraffare?

L’intervista a “Brisighella by Night” é stata una piacevole sorpresa, in quanto era un’iniziativa che partiva da giovani del territorio volta a far conoscere i talenti di maggiore spicco con base a Brisighella. Infatti, a differenze delle interviste che solitamente rilascio per varie testate giornalistiche, c’è stata la voglia di portare il colloquio su un piano più profondo tramite un dialogo che si é snodato per oltre un’ora e che ha visto centinaia di spettatori, anche di giovane età, interessarsi ad argomenti legati all’ambito classico. Tornando alla domanda in questione, l’ambito musicale e quello classico in particolare hanno sviluppato nel corso dei decenni delle dinamiche sociali a mio avviso molto brutte e dannose. Infatti, a differenza dei valori alti che l’artista é tenuto a trasmettere quando si fregia di tale titolo, nel comportamento sociale spesso ci sono grandi scorrettezze da parte dei colleghi e la voglia di indottrinare creando dei manichini da parte dei docenti. Io dopo aver terminato il mio percorso con il massimo dei voti ho scelto nell’ultimo periodo di fortificare la mia visione e di non scendere più a nessun tipo di compromesso per cercare di compiacere qualche docente o collega. Bisogna rendersi conto che la vita é una sola, e che se si sceglie di seguire una vocazione artistica affrontando mille difficoltà bisogna e si deve andare fino in fondo. Perché il rischio é quello di fare una musica che non é veramente propria e rendersi conto di aver magari per anni vissuto una vita che non é la propria. Quindi, in conclusione, il mio antidoto che posso dire anche essere la mia arma più letale é la caparbietà totale e la fiducia totale, anche a costo di sembrare arroganti in quello che si fa.

In quarantena, oltre che a dedicarvi alla musica, tu e Serena avete dato il via alla creazione di bellissime opere in ceramica. Pensate che l’arte possa diventare una vostra ulteriore modalità di espressione?

Serena Gentilini ha davvero molte abilità artistiche, infatti oltre al canto nel quale eccelle ha coltivato nel tempo il talento per la pittura, l’abilità nel creare vestiti d’alta moda e la capacità di realizzare opere in ceramica. Diciamo che rappresenta la figura di donna per me ideale e di artista a tutto tondo. L’idea della ceramica era quella di imprimere in materia sensazioni, tensioni e idee a quattro mani cercando equilibrio, ideali e rilassatezza. Così sono nate diverse opere, l’ultima delle quali di grande impatto emotivo. In questo caso ci siamo dedicati alla realizzazione di un’opera astratta legata al simbolo della spirale che abbiamo applicato su tre strutture, ognuna delle quali con una diversa connotazione simbolica. Il concetto di spirale é legato al concetto di vita e morte, di creazione e distruzione ed al concetto di rigenerazione. A completamento del tutto, abbiamo inserito due figure geometriche per collocare questo passaggio surreale in una dimensione metafisica.

 

 

 

 

Alcune opere in ceramica firmate Bellavista-Gentilini

Per concludere, Raffaello, vorrei chiederti cosa puoi anticiparci rispetto ai tuoi progetti più imminenti.

Ho deciso di riprendere la mia attività concertistica ad agosto e per farlo ho scelto uno dei luoghi più suggestivi ed esclusivi della Romagna. La Tenuta Mara, costruita e concepita dall’imprenditore Giordano Emendatori e seguita dalla figlia Elena: una tenuta di vino biodinamica sui colli del riminese dove la vite viene fatta crescere cullata dal suono della musica classica. Infatti, la tenuta é completamente amplificata con un impianto di diffusione di ultima generazione. Il rapporto con la musica continua anche durante il riposo in botte del vino. All’interno di questa tenuta tutto é in armonia e ci sono opere d’arte sia all’aperto che all’interno della cantina. Un aspetto incredibile é riservato all’auditorium realizzato sulla sommità di quest’ultima e che ha un’acustica davvero incredibile. Qui a fine agosto terrò un mio concerto unico nel suo genere, in quanto presenterò i miei tre progetti al pubblico in un concerto diviso nel seguente modo: nella prima parte suonerò la “Dante sonata” di Liszt per pianoforte solo presentando il mio progetto solista, poi sarà il momento del “concerto Magellano” di Sejourneè che farò assieme al marimbista Matteo Marabini,  infine ci sarà la magnifica voce di Serena con la quale presenterò 5 brani celebri rielaborati in chiave colta. Il tutto, durante una serata esclusiva con una degustazione di vini finale. A fine settembre sarò tra gli ospiti di un evento molto esclusivo a Merano, del quale in futuro renderò noti i dettagli ed al quale parteciperanno diverse personalità dello spettacolo. In autunno porterò a Ravenna il mio progetto su Dante ed a dicembre debutterò in uno dei templi della musica a Milano. Prossimamente debutterò anche a Bolzano e non é escluso un ritorno in un grande evento a Venezia. Ovviamente, tutti i progetti citati in questo nostro dialogo saranno sviluppati a lungo termine attraverso concerti in luoghi prestigiosi e rientreranno in una produzione discografica.

 

 

 

 

 

 

Diversi scorci della Tenuta Mara, splendido Relais panoramico sui colli nei dintorni di Rimini

Raffaello e Serena, la coppia d’oro emergente della musica italiana

 

 

Photo courtesy of Raffaello Bellavista

 

 

Il ritorno di Jack Paps, carismatico cantastorie

(Photo by Luca Zizioli)

Questo weekend inizia con un bell’ incontro. Ricordate Jack Paps, già ospite di VALIUM nel 2017? Bene, è tornato a trovarci. E siccome detesto perdere di vista gli amici, lo accolgo molto volentieri. Negli ultimi tre anni, per lui, si sono succeduti eventi che l’hanno coinvolto sia sul piano privato che professionale, ma ha sempre mantenuto il proprio imprinting: quello di artista eclettico e felicemente underground. Prima del lockdown, Jack si suddivideva tra sporadiche puntate in Veneto e Milano, dove si è trasferito in pianta stabile. La musica ha continuato ad appassionarlo sotto forma di sperimentazioni e collaborazioni con amici di lunga data, sebbene i suoi interessi siano innumerevoli.  Ne parliamo in una chiacchierata dove – carriera nelle sette note a parte – toccheremo temi come le discipline orientali, i ricordi associati all’ arte di strada, le aspirazioni, Venezia ai tempi della pandemia, l’ ispirazione e molto, molto altro ancora. Una chicca in anteprima? Per ammazzare il tempo durante la quarantena, Jack ha aperto un profilo Instagram dove posta le sue “canzoni della domenica” ogni settimana: un appuntamento imperdibile in cui rivisita, nel giocoso e onirico stile Paps, brani noti e meno noti del passato. Se volete saperne di più su questo immaginifico cantastorie contemporaneo, godetevi il botta e risposta qui di seguito. Ah, vi avverto: parecchi dettagli sono rimasti invariati, rispetto al nostro primo incontro. L’ alone di mistero che circonda l’artista è sempre lo stesso, così come il look bohémien e pittorescamente “fin de siècle”. Ma soprattutto permane il carisma di una personalità ipnotica, del tutto sui generis, che cattura all’ istante. Sarà solo una mia impressione, però non riesco a immaginare Jack Paps mentre lotta con le unghie e con i denti per catapultarsi nel mainstream musicale…

Una domanda semiseria. Jack, riannodiamo il filo: nel 2017, quando ti ho chiesto che progetti avevi dopo la tua esperienza al Summer Jamboree di Senigallia, mi hai risposto che pensavi di mollare tutto per insegnare yoga. Com’è andata, invece?

E’ stato così in parte, con l’eccezione che non ho abbandonato il lavoro di artista, ma non dubito che in futuro potrei farlo. In parallelo alla mia vita di musicista c’è un’ossessione e uno studio continuo per le pratiche e le discipline che arrivano dall’ Oriente, soprattutto per ciò che riguarda l’ascetismo.

 

 

Il tuo percorso professionale è intriso di un mistero che lo carica di fascino: potremmo tornare sull’argomento per ricapitolare? Come ti racconteresti a chi non ha letto la tua prima intervista per VALIUM?

Questa professione è capitata per caso in verità, in un susseguirsi di situazioni concatenate. Sono un solitario con una pervasiva malinconia e durante la mia infanzia e la mia adolescenza ho saziato questa mia emozione predominante con le note di una piccola pianola trovata tra le cianfrusaglie. Passavo molto tempo, in uno stato di raccoglimento, a cullarmi col volto disteso sulla tastiera mentre suonavo. Fatto sta che gli anni passavano e ho imparato a suonare. La musica è rimasta di fatto una voce intima nella mia vita, finché a 24 anni circa, disilluso dalle aspettative di una vita ordinaria e con l’incoscienza e l’audacia che contraddistinguono quella età, mi sono gettato tra le calli e i campielli Veneziani con una piccola fisarmonica blu, suonando e cantando a squarciagola. Da cantastorie squattrinato per le strade a performer professionista per eventi di prestigio, nel giro di pochi anni mi sono perfezionato e ho fatto della musica il mio mestiere. Agli inizi ero persuaso che la musica e le mie espressioni artistiche fossero il fine e che la mia passione, le mie aspirazioni fossero il carburante per raggiungere questo traguardo. Oggi invece, a distanza di qualche anno, penso che la musica sia stato il mezzo, e che il fine fossero le relazioni e le connessioni che potevo creare attraverso di essa.

In questi anni hai alternato le esibizioni nelle location più esclusive alle performance in strada. Qual è il trucco per trovarsi a proprio agio in entrambi gli ambienti?

Cerco disperatamente il trucco. Ho chiesto anche al mio amico mago che lavora ogni tanto con me, molto abile nei trucchi, ma anche lui non ha saputo dare una risposta. Vivo una perenne dicotomia, anche quella interiore tra me e Jack Paps.

 

(Photo by Elisa Cuneo)

A proposito di arte di strada, quali ricordi hai dei tuoi esordi nelle calli di Venezia? E cosa pensi della Laguna in quarantena, della sua trasformazione sbalorditiva?

Venezia è stata il teatro della mia crescita. L’ho vista vestirsi a festa durante il Carnevale, l’ho accompagnata con la mia musica e l’ho vista ballare, l’ho vista piangere lacrime amare durante le inondazioni che l’hanno ferita, l’ho vista assediata di turisti che l’animavano e la tormentavano e l’ho vista oscillare davanti ai miei occhi alla fine dei Bacaro tour con gli amici (il Bacaro tour è una forma tutta veneziana che prevede il giro delle locande bevendo almeno un bicchiere in ognuna di esse). Poi è arrivato il COVID-19 e pochi giorni prima che cominciasse la quarantena l’ho vista per la prima volta deserta, affascinante e silenziosa, riprendere il respiro. L’ho salutata commosso e sono ritornato a Milano.

 

(Photo by Serena Rose Zerri)

Dopo il trasferimento a Milano, hai deciso di tornare in Veneto di tanto in tanto per riannodare le collaborazioni che avevi già avviato con svariati musicisti: penso a Damien McFly o a Gabriele Fassina, in arte FACS. In che modo si intersecano i vostri talenti?

Dopo sei anni di vita a Milano, ho voluto ritrovare gli amici che avevo perso di vista, specialmente nel Veneto. Mi sono messo in testa che fosse una cosa importante e alla quale dare priorità. Questa scelta è stata importante sia a livello umano che lavorativo. E così per prima cosa sono andato a trovare un vecchio amico e la sua band della quale facevo parte prima di diventare solista, Damien McFly. Un cantautore a cui voglio bene e che stimo profondamente come professionista, un ragazzo che da una città di provincia è riuscito con la sua musica e i suoi testi a farsi sentire internazionalmente, e in un certo senso il primo con cui ho potuto imparare il mestiere. Trovare una formazione musicale con cui si è in sintonia non è una cosa scontata, e dopo anni ho avuto l’occasione di poter suonare di nuovo con loro. Tra le altre buone occasioni ho potuto risuonare e confrontarmi con un altra persona speciale nel mio cuore, un musicista che personalmente reputo il più talentuoso tra tutti quelli incontrati fino a oggi, Gabriele Fassina in arte FACS. Con lui ho condiviso tante avventure e musicalmente c’è un intesa molto forte. Quando suoniamo insieme non c’è bisogno di parole o gesti, a volte penso che non ci sia neanche bisogno di comunicare, tanto siamo sulla stessa lunghezza d’onda.

Pensi che qualcuno di questi connubi possa sfociare in una collaborazione duratura?

Penso che le collaborazioni non verranno a mancare con entrambi, ma l’aspetto dell’amicizia per me è molto più importante. Le collaborazioni verranno da sé.

 

Jack e Damien McFly (photo by Massimiliano Berto)

FACS e Jack

Ultimamente hai aperto un profilo Instagram che, ogni settimana, propone una splendida chicca: la “canzone della domenica”, ovvero brani del passato che rivisiti con il tuo magico estro. Come nascono questi piccoli gioielli?

Sono appassionato di musica “tamarra” anni ’90, e trovo che i tormentoni dance di quegli anni abbiano un grande potenziale: si possono trasformare in versioni anche distanti e diverse tra loro, per esempio in versioni orchestrali o motivetti, come nel mio caso, da cantastorie. E’ uno spensierato passatempo in questi giorni di reclusione.

 

La Damien McFly Band (photo by Massimiliano Berto)

Parlando invece in generale, cosa fa scoccare la scintilla tra te e l’ispirazione?

La musica in sè è per me fonte di ispirazione. Spesso ho la necessità di comporre o di trasformare partendo da una musica che ho sentito e che mi ha colpito.

L’ era del Coronavirus sta rivoluzionando gli stili di vita. Che ci racconti della tua quarantena?

Come già si è capito dalle mie risposte, io non soffro nell’isolamento perché spesso la solitudine placa le mie paure. Sono quindi forse uno dei pochi ad aver ritrovato un armonico equilibrio con me stesso. Il fatto che la città si sia fermata ci ha regalato un insolito silenzio nel quale le nostre riflessioni hanno fatto eco.

 

(Photo by Elisa Cuneo)

Per un artista che, come te, privilegia la dimensione live, il Covid-19 rappresenta un fattore penalizzante. In quale direzione potrebbe evolvere l’esibizione musicale?

Penso semplicemente che si debba aspettare. Esistono dei mestieri che vivono del contatto diretto col pubblico, si possono utilizzare delle piattaforme Internet ma personalmente lo trovo un rattoppo in attesa di tempi migliori.

 

(Photo by Elisa Cuneo)

 

 

 

Eve delle meraviglie

 

Eve La Plume è un’ amica di VALIUM ormai da un lustro, quando debuttò come conduttrice al Summer Jamboree del 2015. Ho avuto modo di ospitarla nel mio blog in svariate occasioni e desideravo fortissimamente rincontrarla. Il destino ha voluto che la contattassi in uno dei periodi più drammatici della storia dell’ umanità, l’era del Coronavirus; questo tema, quindi, è diventato il nostro argomento di conversazione principale, inglobando anche racconti sulla quotidianità di Eve e sulla sua attività di Burlesque performer. La quarantena a cui siamo confinati va avanti da oltre un mese, è una condizione che spegnerebbe l’entusiasmo di chiunque. Fedele alla sua personalità propositiva, invece, Eve La Plume ha mantenuto la grazia, il sorriso e la raffinata ironia che la contraddistinguono. Con lei la conversazione raggiunge le più alte vette di profondità senza mai perdere la leggerezza: potrei dire che si snoda volteggiando con la soavità di una piuma, parafrasando il nome d’arte che ha scelto. In questa intervista, posso assicurarvelo, Eve ci è vicina con il cuore. Lo dimostra anche il fatto che ha voluto farci un magnifico regalo: il “making of” dell’iconico abito che indossa durante uno dei suoi act più applauditi, la performance sul cavallo a dondolo. L’ artista del Burlesque (cosa sono se non arte, gli eterei e sofisticati spettacoli in cui si esibisce?) ha pensato di crearne una nuova versione per sostituire l’originale, e in una serie di scatti ci illustra l’intero processo di creazione. Eh già, perchè Eve La Plume inventa e cuce personalmente tutti i suoi costumi di scena, ha una fantasia inesauribile. Non è un caso che i capi che sfoggia siano veri e propri gioielli rétro, preziose chicche che ci trasportano nelle atmosfere della Belle Epoque e in un mondo dove la meraviglia regna sovrana. Le foto numerate inserite qui di seguito delineano il percorso che potete compiere per addentrarvi in quell’ universo: ognuna cattura una tappa del “work in progress” di Eve fino ad arrivare all’ abito finito. A voi commentare il risultato!

Ci rincontriamo dopo tre anni e stavolta, purtroppo, in piena pandemia di Coronavirus. Come stai trascorrendo la quarantena?

Me la cavo molto bene: a casa ho un piccolo laboratorio dove realizzo i miei costumi, e sta andando a pieno regime! Quindi, in quel senso, io continuo a lavorare. Non posso fare spettacoli ma proseguo nella preparazione, metto a posto le mie cose e così via…Per me questo è un periodo anche lavorativo, nonostante tutto. Poi c’è da dire che ho una casa carina, esposta al sole.  Apro le finestre e viene inondata dalla luce! Mi considero fortunata, qui sono nel mio habitat, altrimenti la quarantena sarebbe stata decisamente più dura. E poi, sono impegnata in un’impresa titanica: da anni sto cercando di creare un nuovo costume per la mia performance con il cavallo a dondolo, ma ho sempre posticipato perché l’abito che ho cucito tempo fa era davvero speciale, e rifare qualcosa di altrettanto speciale è molto difficile. Allora rimandavo e rimandavo…Ma adesso quel costume sta soffrendo, mi guarda con occhi imploranti perché vuole andare in pensione! Alla fine ho deciso di accontentarlo, così dovrò sostituirlo. Non ne voglio cucire uno identico, però: manterrò solo il genere e i colori. Il mio obiettivo è quello di riuscire a battere il precedente, che era venuto una meraviglia. In questi giorni sono in piena opera di ricostruzione, speriamo che vada tutto bene.

 

L’ ABITO ORIGINALE dell’ act con il cavallo a dondolo

Prima che scoppiasse l’emergenza, amavi passare molto tempo in casa?

Guarda, dal momento che per lavoro sono spesso fuori, per me la vacanza è stata sempre stare in casa. Forse anche perchè mi sento un po’ sovraesposta. Già solo quando esco mi si nota per come vesto, per tutto un insieme di cose… sono sotto i riflettori di continuo. Dipende senza dubbio anche dal lavoro che faccio, che mi mette costantemente al centro dell’attenzione. Quindi, per me stare in casa è il relax totale. Adesso che siamo in quarantena, per esempio, mi mancano cose come le chiacchiere quotidiane con le vecchiette del quartiere: io esco e mi fermano, mi raccontano della loro giovinezza, di come erano, perché esteticamente rimando molto alla loro epoca. Ecco, questo tipo di contatto semplice, carino e delicato a me sta mancando parecchio. Comunque, in genere, rimanere in casa mi fa sentire a mio agio.

Tu sei un’artista del Burlesque: ti esibisci su un palco, davanti a un pubblico che ipnotizzi con performance di una raffinatezza rara. Cosa ti manca di più, di quelle serate?

Mi mancano proprio le serate. Oltre che stare sul palco, il clou di tutto il mio lavoro, a me manca molto il contatto con i miei assistenti. E poi caricare il furgone, il viaggio, la fatica anche. Il fatto di condividere dei momenti istruttivi e stancanti, perché la mia attività è fatta di traslochi: montare le scenografie, smontarle, fare le prove è impegnativo, ha tempi lunghi. Mi manca proprio l’avventura. Quel tipo di esperienza che, comunque, rivivrò in futuro. Però c’è da dire che io mi esibisco in prevalenza nel fine settimana, non vado al lavoro tutti i giorni. In questo caso, forse, le persone sentono maggiormente la mancanza della loro quotidianità. Per quanto mi riguarda, ripeto, l’avventura del viaggio e lo stare insieme ai miei assistenti sono le cose per cui provo più nostalgia in questo periodo.

 

 

Quando il lockdown terminerà, quanto ci avrà cambiato questa drammatica esperienza?

Sai che ci sto pensando molto? Perché trovo che ultimamente predominasse un po’ l’elogio della stupidità, il continuo estraniarsi per essere presenti solo sui social network…I miei, per ora, sono solo interrogativi, ma anche speranze. Potrebbe essere che scopriamo quali sono i nostri veri amici, che cominciamo a essere più professionali e seri, ad applaudire di meno all’ idiozia. Sarebbe un grande insegnamento, in questo senso: essere più seri, ma nel senso positivo del termine. Io, per esempio, a volte mi sono sentita la “rompiscatole di turno” per il semplice fatto di essere molto professionale, perché la tendenza era dire “Ma sì, ma dai, ma chi se ne importa…”. Spero che un simile modo di fare cambierà. Abbiamo visto delle persone parlare con cognizione di causa per la prima volta, abbiamo visto figure istituzionali dire cose serie, che avrebbero cambiato il corso delle nostre vite: secondo me è un ritorno alla consapevolezza, al fatto stesso di essere più comprensibili ed anche più precisi nell’ esprimersi. Probabilmente tutto questo apporterà un importante miglioramento alla società. O magari ci dimenticheremo tutto, diremo “Per fortuna è finita” e saremo ancora più stupidi…Non so. Le mie riflessioni non troveranno risposta finchè non vedremo che succederà. D’altronde, né la nostra generazione né quelle immediatamente precedenti hanno mai vissuto drammi del genere. E’ una situazione completamente nuova.

 

1. Il “MAKING OF” della creazione del nuovo abito. Seguite il percorso delle foto numerate per ammirare il risultato finale…

Sei un’ospite ricorrente nei programmi di Piero Chiambretti, peraltro appena guarito dal Coronavirus. Hai avuto modo di sentirlo, di recente?

Questa, per me, è la storia più triste del momento. Io sarei dovuta essere l’ospite della puntata in cui a “La Repubblica delle Donne” hanno fermato tutto, ma già dalla domenica prima vedevo che c’era aria di chiusura generale. Stavo preparando una performance ispirata a uno dei miei spettacoli, che per i tempi televisivi sono molto lunghi. Quindi lavoravo a una nuova coreografia, a un sottofondo musicale abbreviato, mi impegnavo nelle prove e così via… Quella domenica, intuendo che avrebbero potuto sospendere la trasmissione, ho fatto qualche telefonata e alla fine ho scoperto che Piero non stava bene, per cui hanno deciso di stoppare tutto e la puntata che dovevo fare è saltata. Ho pensato che fosse giusto, data la situazione. Di lì a poco, Piero è stato ricoverato in ospedale insieme alla madre perché accusavano dei sintomi sempre più gravi. Sono risultati entrambi positivi al Coronavirus, sua mamma tra l’altro era anziana…e qualche giorno dopo è morta. Piero, è risaputo, era legatissimo alla madre. Mi sono immedesimata in quella circostanza: immaginavo Chiambretti sotto respiratore, la madre morta a cui non poteva neanche dire addio…E’ stata una cosa che mi ha turbato moltissimo. Ecco, l’aspetto più terribile di questa malattia è il fatto che le persone che muoiono non possono neppure essere salutate in modo degno. E pensare a una persona a me cara come Piero, che stimo molto, in quell’ orrendo frangente, mi ha fatto soffrire davvero. Adesso è uscito dall’ ospedale, si sta riprendendo, ha il tampone negativo, per cui gli è andata bene. Però ha perso la madre…

 

2.

Quando ti rivedremo in TV? Se “andrà tutto bene” come ci auguriamo, qual è l’appuntamento futuro con Eve La Plume che non potremmo mai mancare?

Ti racconto qualcosa di buffo. Ho in programma degli show previsti a Novembre del 2020 e a Febbraio e Marzo del 2021. Siccome ho firmato i contratti a Gennaio, all’ epoca mi sembrava una cosa un po’ strana. Mi dicevo: ho un lavoro importantissimo per l’anno prossimo, ma quest’ anno che succederà? In realtà, poi è andata benissimo. Tutte le date previste finora sono saltate, però non avevo impegni rilevanti come quello che ho sottoscritto per il 2021. Si tratta di un tour della Germania in cui girerò i teatri insieme a un gruppo che fa musica swing e rockabilly. Con noi ci saranno altri artisti –  non di Burlesque – e faremo uno spettacolo itinerante che durerà due mesi. Sono molto felice, non vedo l’ora di iniziare! L’ impegno del prossimo Novembre non so se ci sarà, essendo al momento tutto bloccato. Ma se andasse in porto, posso anticiparti che si tratta di una mostra interattiva all’ interno di un contesto molto importante del mondo dell’arte. Di più non posso dire perché, se saltasse, perlomeno non ho dato troppe informazioni! In realtà credo che io ripartirò nella fase 35, perché facendo spettacoli che prevedono assembramenti probabilmente sarò l’ultima a ricominciare a lavorare. Magari, se tornassi in TV, i tempi potrebbero accorciarsi un po’. Quella puntata di “La Repubblica delle Donne” è ancora in ballo, non so se la rifaremo. Sarebbe un peccato, perché era tutto pronto. Però la situazione è ancora così incerta che fare previsioni è molto difficile.

Teatri e locali sono chiusi, a tutt’oggi è impossibile prevedere i tempi della loro riapertura. Hai qualche progetto alternativo per mantenerti in contatto con i tuoi fan, con il tuo pubblico?

Per la prima volta nella mia vita sto curando i social, nello specifico Instagram (clicca qui per seguire il profilo di Eve), dove aggiorno i miei fan quasi quotidianamente. Devo dire che è più nelle mie corde rispetto a Facebook: privilegiando le immagini esalta l’aspetto estetico e a me piace proprio per questo. Io sono molto indietro rispetto all’uso dei social, ma in questo momento trovo carino rimanere in contatto con il mio pubblico. Più che altro inserisco le immagini dei costumi che sto realizzando durante la quarantena, vestiti che indosso e poi fotografo nel cortile, però sto anche mettendo on line il mio archivio fotografico e parecchi contenuti inediti. Non è un modo per avere un guadagno, per lavorare davvero. Sebbene io abbia un numero ancora abbastanza ristretto di follower, trovo che Instagram sia uno strumento che dia la possibilità di seguirmi a chiunque lo desideri.

 

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Immagino che non ti vedremmo mai in vestaglia e pantofole neppure se dovessi apparire in una live tra le pareti di casa…Giusto?

Guarda, è una cosa che fa ridere i più. Perchè ogni mattina, anche se non devo far niente, io mi sveglio, mi faccio la doccia, mi trucco di tutto punto, mi faccio i capelli come una diva degli anni ’40, mi vesto come per una copertina di Vogue e poi rimango in casa! In questo momento, mentre parliamo al telefono, sono vestita, truccata e pettinata come se fossimo in videochiamata (ride, ndr). A proposito, un amico un giorno mi ha fatto una videochiamata a sorpresa. Nei primi giorni di lockdown si divertiva a chiamare tutti per sorprendere chi in pigiama, chi in maglietta, chi con le scarpe rotte e via dicendo, ma quando ha chiamato me sembrava che fossi uscita da un ricevimento di gala. Ero perfetta, non è riuscito a prendermi in fallo! E’ proprio una mia caratteristica, una routine da cui non derogo per niente al mondo. Io la mattina mi sveglio, mi trucco, mi prendo cura di me stessa e soltanto dopo comincio la giornata.

 

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Che futuro prevedi per il mondo degli eventi, nel post-Coronavirus? Le restrizioni per arginare il contagio potrebbero dar vita a dei format inediti di spettacolo?

Vedo che in molti si stanno organizzando on line, pubblicano video su YouTube eccetera, però io penso che il contatto umano dia un’emozione diversa. Ci sono delle cose, secondo me, che vale la pena di aspettare per poi viverle tradizionalmente. Diciamo che tutto quello che si sta facendo a livello virtuale è di grande aiuto. Esistono iniziative molto belle, molto interessanti, che possono essere efficaci in questo momento di chiusura. Però spero che dopo si ricominci a condurre una vita reale, con un contatto umano che dà un piacere ben diverso da quello di un video. Io mi auguro che tutto possa riprendere così come era prima. Probabilmente, come ti dicevo, nel mio settore si ripartirà tardissimo, ma spero che il contatto umano continui ad essere il perno e il punto di forza del mondo degli eventi.

Quale messaggio rivolgi ai lettori di VALIUM in questo momento così difficile?

Vorrei fare una riflessione. E’ vero, questa è una situazione tragica, stiamo piangendo tantissime vittime. Ma c’è una cosa che mi ha stupito, anche se sarò banale: il fatto che sia stato messo da parte l’aspetto economico per salvare la salute di un popolo. Per me è qualcosa di meraviglioso. Se tempo fa mi avessero chiesto “Cosa farà l’Italia, salverà prima l’economia o gli esseri umani?”, io il dubbio che avrebbe salvato l’economia lo avrei avuto. Quindi per me è stato un gran sollievo constatare che, sebbene il denaro sia al primo posto nella nostra società, per una volta viene messo un po’ da parte. Con tutte le problematiche che ciò comporta. Non sto dicendo che siano tutte rose e fiori, anzi: le conseguenze economiche del Coronavirus sono drammatiche. Però si è pensato alla salute, si è pensato alla vita delle persone. Sentiamo dire “Prima la vita” anche nei discorsi. Secondo me è molto importante. Per cui quello che voglio dirvi è di riacquistare la fiducia. Nelle persone, nel governo, nella nazione…E quando tutto finirà, andiamo avanti con un po’ di fiducia in più. Certo, in un contesto così terribile gli errori sono stati fatti, ma stavamo vivendo una situazione caotica che non si era mai presentata prima. Non è andato tutto liscio, in modo perfetto, però le scelte che sono state fatte sono state forti, giuste e a favore della vita, e questo è un dato positivo. Aver dato la precedenza alla vita è un’ottima cosa, secondo me. E’ un bell’ incoraggiamento. Prima regnava il culto del denaro, io vedo fare cose tremende in nome dei soldi…Quotidianamente e senza troppi rimorsi. Questa volta non è andata così, questa volta l’economia è crollata ma sono state salvate le nostre vite: lo trovo altamente positivo.

 

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GRAN FINALE.  Ecco il costume rivisitato in versione 2020: spettacolare a dir poco!

 

 

Le foto di Eve La Plume sono di Marielise Goulene: https://marielisegoulene.com/