Il luogo: Lanzarote, la “isla diferente” dell’arcipelago delle Canarie

 

Il piacere profondo, ineffabile, che è camminare in questi campi deserti e spazzati dal vento, risalire un pendio difficile e guardare dall’alto il paesaggio nero, scorticato, togliersi la camicia per sentire direttamente sulla pelle l’agitarsi furioso dell’aria, e poi capire che non si può fare nient’altro, l’erba secca, rasente al suolo, freme, le nuvole sfiorano per un attimo le cime dei monti e si allontanano verso il mare, e lo spirito entra in una specie di trance, cresce, si dilata, manca poco che scoppi di felicità. Che altro resta, allora, se non piangere?

(José Saramago)

 

L’estate è in dirittura d’arrivo, ma se già vi manca potete raggiungerla in sole cinque ore di volo. La troverete a Lanzarote, l’isola più a nord-est dell’arcipelago delle Canarie (le altre sono Tenerife, Fuerteventura, Gran Canaria, La Palma, La Gomera, El Hierro e Lobos): situata nell’Oceano Atlantico, dista 125 chilometri dall’ Africa e 1000 chilometri dalla Spagna (della quale fa parte in qualità di Comunità Autonoma). La superficie di 806 km2 la rende la quarta, per dimensioni, di tutto l’arcipelago, mentre a livello di popolosità si colloca al terzo posto dopo Tenerife e Gran Canaria. Eppure, Lanzarote ha ben poco in comune con le altre Isole Canarie. Il suo paesaggio avveniristico è spesso stato definito “lunare”: dire “Lanzarote” equivale a dire vulcani, immense distese di lava, spiagge sconfinate di sabbia nera che si alternano a quelle, bianche o color oro, di stampo tropicale. E poi fitti palmeti, rocce futuribili, montagne imponenti affiancate a pianure di terriccio rossastro, le tradizionali case bianche che si stagliano contro l’azzurro del cielo…Tutto intorno, l’oceano diffonde la sua massa acquosa declinata in moltepici sfumature di blu. I segni particolari dell’isola? Una natura spettacolare, un silenzio sospeso e, non ultimo, un clima gradevole 365 giorni all’anno. Il periodo migliore per visitarla è l’autunno, quando il caldo lascia spazio a temperature miti e il vento invernale è ancora lontano.

 

 

Decretata “riserva della biosfera UNESCO”, Lanzarote vanta oltre cento vulcani distribuiti su una superficie di 800 km2: il risultato è uno scenario dai connotati unici, che combina i suoi tratti lunari con un mare trasparente, i cactus e le palme da cocco. A valorizzare al massimo il paesaggio dell’isola è stato l’architetto e artista César Manrique, nativo di Arrecife, che ha creato opere artistiche ad ampio spettro dove la pittura, l’architettura, la scultura, i murales e le installazioni si integrano armoniosamente con il territorio. Su Manrique e la sua opera bisognerebbe scrivere un articolo apposito. La Fondazione a lui intitolata si trova a cinque chilometri da Arrecife, la capitale di Lanzarote, in località Taro de Tahiche.  Nell’ itinerario che ho intenzione di percorrere, il nome del visionario architetto lanzarotegno ricorrerà spesso, e a pieno merito: il grande amore che nutriva nei confronti dell’isola ha generato l’indissolubile connubio tra turismo, natura e arte che la contraddistingue.

 

 

Una curiosità: sapevate che Lanzarote, nonostante la natura vulcanica del suo suolo, abbonda di vigneti dai quali si ricavano famosissimi vini DOC? La varietà è denominata “Malvasia Vulcanica”. Preparatevi a degustarli, se intendete volare nella “isla diferente”: questo è il soprannome che l’isola si è guadagnata grazie ai suoi paesaggi onirici e incontaminati. Plinio Il Vecchio, tra il 77 e il 78 d.C. , nel suo trattato enciclopedico “Naturalis Historia” identificò le Canarie con il mito delle Isole Fortunate, un luogo idilliaco collocato nell’ Oceano Atlantico. Lanzarote viene definita “Purpura Insula”, “isola viola”, poichè l’economia dell’arcipelago si basava sulla produzione di porpora, garum (una salsa di pesce molto amata dai Romani) e sale, mentre a tutte le altre isole Plinio dà un nome: Tenerife è “Ninguaria”, Fuerteventura “Junonia”, Gran Canaria “Canaria”, La Palma “Junonia Major”, La Gomera “Capraria” e El Hierro “Pluvialia”. Il tratto distintivo paesaggistico di Lanzarote è senz’altro costituito dal suo vulcano, il Timanfaya, una delle cosiddette “Montagne del Fuoco” sparse sull’isola. Era il 1 Settembre del 1730 quando la “isla diferente” venne devastata da un tripudio di eruzioni vulcaniche che stravolsero completamente la sua fisionomia. Oggi il Timanfaya è l’unico vulcano rimasto attivo, ma non si verificano eruzioni da molto tempo. Il vulcano dà anche il nome a un grande Parco Nazionale situato nel sud-est di Lanzarote che comprende i comuni di Tinajo e Yaiza: la statua “El Diablo” di César Manrique è diventata il suo emblema.

 

 

Il Parco Nazionale di Timanfaya è dominato da rocce surreali, coni vulcanici e millenarie distese di lava: uno scenario avveniristico e incontaminato avvolto nel silenzio. Ma è un silenzio eloquente: come se la natura stessa tacesse di fronte a tanta meraviglia. Il Parco, che nel 1993 è entrato a far parte della riserva della biosfera UNESCO, vanta una palette cromatica che spazia dall’ocra al nero, dal marrone al ruggine. E’ possibile visitarlo a piedi addentrandosi lungo due percorsi appositi, oppure in autobus, usufruendo di un tour guidato. Tenete presente che l’accesso viene accuratamente monitorato per preservare l’unicità della flora e della fauna dell’area protetta. Se volete provare l’ebbrezza di una visita “diferente” come l’isola, optate per la groppa di un cammello: a poca distanza dall’ ingresso del Parco potete trovare l’ Echadero de Camellos, che vi offrirà l’opportunità di fare un giro in cammello nella zona delle “Montagne del Fuoco”.

 

 

Ma il suolo vulcanico non è di certo un’esclusiva del Parco: lo troverete in ogni angolo di Lanzarote, persino a livello sotterraneo. Un esempio? La Cueva de los Verdes, un luogo d’incanto nelle viscere della terra. La grotta, circondata da un’aura di leggenda, si è formata in seguito alle eruzioni del vulcano della Corona. A partire dal cratere del vulcano, si snoda per 6 km fino all’oceano e si dirama in oltre 16 cunicoli. Esiste anche un tratto sottomarino, il Tunnel dell’Atlantide, lungo circa 1 km e mezzo. Molti secoli orsono, la Cueva rappresentava un rifugio dai continui assalti dei pirati magrebini: i lanzarotegni, per proteggersi, erano soliti nascondersi nei suoi anfratti. La particolarità della grotta sono i colori, un’alternanza mozzafiato di ocra, verde, nero, grigio e rosso che emerge dall’oscurità delineando sbalorditive formazioni rocciose. Inoltrarsi nelle profondità della Cueva de los Verdes è come avventurarsi in un viaggio onirico nel sottosuolo.

 

 

Arte e natura si fondono nel Jameos del Agua, un capolavoro dell’architetto César Manrique. Manrique ha dato vita a una location naturale in cui risaltano un tunnel vulcanico e un laghetto originato da infiltrazioni di acqua marina. La struttura è unica in quanto a bellezza, una sorta di auditorium incastrato in un prezioso scrigno di formazioni geologiche. La grotta, che risale a 3000 anni fa, è stata generata da un flusso di lava. Accanto ad essa, incastonati tra le rocce, emergono un dancefloor e un bar, mentre il laghetto è circondato da un giardino tropicale. Il laghetto, tra l’altro, ospita nelle sue acque un piccolo crostaceo chiamato “jameito”: completamente bianco e privo della vista, questo animale non è rintracciabile in nessun’ altra parte del mondo.

 

 

Un’altra meraviglia sorta ad opera di César Manrique, l’ultima prima che nel 1992 decedesse in un incidente stradale, è il Jardin de Cactus: si tratta di un’immensa piantagione di cactus che comprende 13 famiglie di piante succulente reperite nei cinque continenti del globo. In totale, conta 4500 cactus appartenenti a 450 specie diverse. Il Jardin, calato in una natura selvaggia, è intriso di una suggestività potente: combina il verde intenso dei cactus con il nero della lava vulcanica e il blu del cielo dando vita ad una splendida armonia cromatica.

 

 

Per omaggiare César Manrique è tassativo visitare anche il Castillo de San José ad Arrecife, la Casa-Museo del Campesino nel cuore dell’isola e la sede della Fondazione intitolata all’artista, ubicata a Tahiche nel bel mezzo di un’antica colata lavica. Ad Harìa potrete invece visitare la Casa-Museo César Manrique, l’abitazione dove l’architetto nato ad Arrecife risiedette fino agli ultimi giorni di vita: è una dimora rustica immersa in un rigoglioso palmeto.

 

Un’opera di César Manrique

Un altro luogo emblematico dell’ intervento dell’artista sull’ isola è il Mirador del Rio, una struttura architettonica particolarissima. Si insinua nella roccia a 474 metri di altezza, sulla vetta del Promontorio di Famara, risultando a malapena percettibile; ma al suo interno è sorprendente. Potremmo definirla un belvedere che offre una vista straordinaria sull’ Isola Graciosa. Affacciato sul mare, vanta due vetrate panoramiche che lasciano senza fiato: Manrique le ideò per riprodurre gli occhi del Mirador.

 

 

Arrecife, la capitale di Lanzarote, è un importante centro commerciale e turistico. Conta circa 60.000 abitanti e il suo nome deriva dal termine “arrecifes”, in spagnolo “scogliere”: come quelle a picco sul mare nelle prossimità della città. Ad Arrecife potete fare shopping, acquistando una miriade di prodotti artigianali locali, ma anche ammirare le specificità paesaggistiche del luogo. Le barriere coralline, ad esempio, o le isolette che, in epoche remotissime, vennero plasmate dai flussi di lava. Non mancate di visitare le numerose fortezze che i lanzarotegni edificarono per difendersi dagli assalti dei pirati. La più antica è il Castillo de San Gabriel, situato su un isolotto chiamato Islote e raggiungibile tramite il Puente de las Bolas, uno scenografico ponte levatoio. Il Castillo de San José, invece, risale al XVIII secolo e dal 1975 ospita il MIAC (Museo Internazionale d’Arte Contemporanea) su iniziativa di César Manrique. Una delle maggiori attrazioni turistiche di Arrecife è poi il Charco de San Ginés, una laguna naturale nel cuore della città. Il Charco è circondato dalle case dei pescatori, e sulle sue sponde è possibile acquistare pesce fresco ogni giorno della settimana.

 

 

A Lanzarote anche i villaggi e i piccoli centri sono ricchi di fascino. Il fatto che siano sorti in un territorio tanto particolare li rende ancora più straordinari. All’ interno del Parco Nazionale di Timanfaya, ad esempio, è situato El Golfo, un borgo fronte mare dove ci si può deliziare il palato con squisiti piatti a base di pesce. A Yaiza si insediarono, secoli orsono, i primi abitanti delle Canarie. E’ una cittadina costruita nel tipico stile dell’ isola e collocata proprio nei paraggi delle eruzioni vulcaniche settecentesche del Timanfaya. Teguise è celebre per lo splendore del suo centro storico, un labirinto di vie acciottolate, e per il mercato della domenica che è un’autentica calamita per i turisti e gli autoctoni. Harìa, ribattezzata la “Valle delle Mille Palme”, vanta un tripudio di palmeti che si alternano alle tradizionali casette bianche lanzarotegne.

 

 

E veniamo alle spiagge, uno degli elementi paesaggistici più apprezzati da chi vola a Lanzarote. Puerto del Carmen, sulla costa orientale dell’ isola, è il principale centro turistico e vanta spiagge di ogni tipo, da quelle di sabbia dorata alle baie (come Playa Chica) pervase da sabbia scura di origine vulcanica. Altre spiagge da non perdere? Playa Famara, nel nord-ovest dell’ isola,  che si snoda per 5 km. Attorniata da imponenti scogliere rosate, è ricca di una sabbia finissima color oro. Qui potrete praticare ogni genere di sport acquatico, dato che Famara è abitualmente sferzata dal vento: surf, windsurf e kitesurf sono l’ideale. El Golfo, nel sud di Lanzarote, è stata originata dalle terribili eruzioni vulcaniche del XVIII secolo. E’ una spiaggia di sabbia nera: il mare si insinua negli antichi crateri. Proprio dietro El Golfo, spicca un grande lago verde (reso tale dalle alghe) dove è assolutamente vietato bagnarsi e persino sfiorarne l’acqua. Il Charco de los Clicos, questo il suo nome, è sorto dallo sprofondamento su se stesso di un millenario vulcano. L’acqua marina riversatasi nel suo cratere ha generato il lago, un must-see per i turisti. Charca de la Novia, sulla costa nord, è molto particolare. La sabbia bianca costeggia il mare azzurrissimo per un chilometro, ma le rocce di lava presenti sul posto fanno sì che, con l’alta marea, si creino specchi d’acqua vulcanici del colore della pece e dall’aspetto avveniristico. Situata nel sud di Lanzarote, Playa Papagayo viene considerata una delle più belle dell’isola. Non è molto distante da un’altra celebre spiaggia, Playa Blanca: questo segmento di costa include infatti una serie di calette separate da superbe scogliere entrate a far parte del Parco Naturale Los Ajaches. La sabbia è bianca, il mare turchese. Le scogliere riparano la spiaggia dal vento e le dimensioni ridotte la rendono immune dal turismo di massa; non è un caso che sia molto frequentata dai nudisti. Da Playa Papagayo, data la poca distanza, partono numerose escursioni per il Parco Nazionale di Timanfaya e la catena montuosa di Los Ajaches.

 

 

Foto via Pexels, Piqsels, Unsplash. Foto del Diablo di Timanfaya di César Manrique: Enric, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, da Wikimedia Commons

 

Salviamo il Pianeta Blu e le sue meraviglie

 

Gli abissi: un mondo a parte nel profondo dell’ oceano, miriadi di creature acquatiche che nuotano nel blu più intenso che si possa immaginare. Esplorare i fondali marini è calarsi in uno scenario a metà tra fiaba e fantascienza. Le quattro enormi masse acquee sparse per il globo costituiscono il 71% della superficie terrestre, basti pensare che il loro volume (mari inclusi) ammonta a 1,34 miliardi di km3. Le specie che le popolano sono eterogenee: annoverano varietà talmente numerose e sorprendenti che classificarle tutte è pressochè impossibile. I pesci, i crostacei, le tartarughe, i coralli, i cetacei, i molluschi, si suddividono in infinite tipologie. Se ne vedeste alcune pensereste di trovarvi nel ventre della balena che inghiottì Mastro Geppetto, per quanto sono surreali nell’ aspetto. Eh già, la fauna degli abissi è pura meraviglia…Una meraviglia messa a repentaglio dall’ inquinamento da microplastiche, dalle trivellazioni, dai cambiamenti climatici, da una pesca selvaggia e indiscriminata. L’ ecosistema marino va salvaguardato tassativamente. Gli oceani hanno la capacità di assorbire il carbonio e di ridurre quindi la percentuale di CO2 nell’atmosfera, ma non solo; svolgono un ruolo fondamentale, altamente benefico per la Terra. Gli studi hanno evidenziato che dovremmo tutelare almeno un terzo del Pianeta Blu entro il 2030, se non vogliamo destinare all’ estinzione le straordinarie creature che lo abitano. Contribuiamo tutti al benessere delle nostre acque (anche quando sono acque internazionali), proteggiamole finchè siamo ancora in tempo: vi linko qui il sito di Greenpeace, a cui potete far riferimento per intervenire in loro difesa. Intanto, godetevi gli scatti sulla vita negli abissi che ho postato qui di seguito. Se arriverete fino in fondo, noterete che ho sublimato la spettacolarità di questa gallery concludendola con una figura mitologica molto in tema. “Fiaba”, dicevamo prima. E per gli oceani, allora, che fiaba sia…ma rigorosamente a lieto fine.