Anno Nuovo

 

La vita è breve. Rompi le regole, perdona velocemente, bacia lentamente, ama profondamente, ridi incontrollabilmente e non rimpiangere mai ciò che ti ha fatto sorridere. “
(Mark Twain)

 

“Anno nuovo, vita nuova”, recita un proverbio. Ecco perchè nella photostory che vi propongo oggi è il bianco a fare da leitmotiv: bianco come la neve di Gennaio, certo, ma anche come una pagina ancora da scrivere, un foglio tutto da riempire. Perchè (nonostante tutto)  dobbiamo essere noi, e soltanto noi, a elaborare la trama dei 365 giorni che abbiamo davanti. Impegnamoci affinchè esprima noi stessi, i nostri desideri e le nostre potenzialità. Concentriamoci sui nostri obiettivi evitando le ridondanze, la prolissità, il superfluo. Aggiungiamo dosi massicce di determinazione, entusiasmo, energia, disciplina…sono le basi essenziali per dare forma ai nostri sogni, per imprimerli su quelle pagine immacolate.

 

 

 

Danza

 

” La danza è, tra le nostre funzioni, quella che si può più logicamente qualificare come divina. La danza è come la messa di tutti i popoli primitivi e può essere un omaggio istintivo…all’ordine dell’universo. “
(Elie Faure)

La danza: il volteggio, il volo, l’armonia. La leggerezza che si coniuga con la forza, la grazia che si accompagna al sacrificio e alla disciplina. La passione, la vocazione, un sogno che si libra sulle ali della musica. La danza è “un omaggio istintivo all’ ordine dell’ universo”, dice Elie Faure. E proprio la danza, oggi, è il soggetto di un post che esalta il connubio di soavità e potenza insite nei virtuosismi sulle punte. Per inneggiare all’ anelito mistico, ai valori, agli equilibri che il mondo sembra a poco a poco aver smarrito. 

 

 

Foto: Cottonbro via Pexels

Quando finisce la scuola

 

” Nel vuoto. Il pericolo di quando finisce la scuola. Grande, grande pericolo. Un burrone. Dopo la maturità, nel momento in cui cessa di colpo l’impegno quotidiano, la sveglia obbligatoria alle sette eccetera, tutti i giorni, tutto l’anno…una cosa che va avanti da quando eri piccolo e all’ improvviso si interrompe. Crolla una struttura, il regime scolastico, un regime di vita. La cui ripetitività quotidiana serve, in un ragazzo, a collegare le varie parti di sé e tenerle insieme, e lo stesso malumore causato dalle attività svolte controvoglia funge da collante, inquadra, dà forma alla persona. La frustrazione o il risentimento contro gli insegnanti, la disciplina contro le cui sbarre sbattere la testa e sfregare la schiena, aiutano appunto ad avere consapevolezza della propria testa, della propria schiena. I vari pezzi di cui è composto un ragazzo cercano il limite entro cui essere contenuti, e sono grati alla barriera, di cui tuttavia non cessano di lamentarsi ogni minuto, che impedisce loro di collassare e andare dispersi, come le pagine di un manoscritto che volano via a un colpo di vento. Il dovere ineluttabile della scuola vince persino chi lo odia, anzi viene rinforzato da quell’ odio. Un’ ininterrotta catena di inezie tiranniche tiene sveglio chi le subisce. “

 

Edoardo Albinati, da “La scuola cattolica”

Bianco

Secondo focus sul colore del mese, il bianco. Che oltre ad essere la tonalità della neve e dell’ inverno in generale, simbolizza un nuovo inizio:  è come un foglio immacolato su cui scrivere un capitolo inedito della nostra vita. Luce, purezza, disciplina, pace, chiarezza, levità; il bene contrapposto al male, la positività contrapposta alla negatività, la luminosità del giorno contrapposta alla notte buia…Il bianco rappresenta tutto questo e molto altro ancora. Non a caso, è sempre stato associato a creature leggendarie o ai confini della fantasia. L’ unicorno, ad esempio, ma non solo. Anche Pegaso, il celebre cavallo alato della mitologia greca, è completamente candido. Nel balletto “Il lago dei cigni”, basato su un’ antica fiaba tedesca, le personalità del cigno bianco (Odette) e del cigno nero (Odile) vengono messe a confronto: Odette è la fanciulla aggraziata e virtuosa, vittima di un incantesimo del mago Rothbart; Odile la furba figlia di costui, ambiziosa e ingannatrice. Ne “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie” compare il Bianconiglio, in inglese White Rabbit, che vive in una casetta nei paraggi di Wonderland. Parlando sempre di fiabe, per descrivere Biancaneve i fratelli Grimm adoperano la frase “bianca come la neve”; un candore che rimanda al suo pallore, ma soprattutto alla sua purezza. E il bianco delle collezioni Autunno Inverno 2021/22? Potremmo definirlo un mix delle caratteristiche citate finora. E’ fiabesco e concreto, fantasioso ed essenziale, teatrale e minimal al tempo stesso. Trionfa perchè abbaglia con la sua raffinatezza e con il suo potente splendore.

 

Ermanno Scervino

JW Anderson

Fendi

Philosophy di Lorenzo Serafini

Simone Rocha

Ferragamo

Genny

Givenchy

Valentino

Bottega Veneta

 

Solo chi respira la polvere del teatro può vivere il palcoscenico

 

” Fate come Fracci: lei sa benissimo quel che vuole. I commenti inutili le entrano da un orecchio e le escono dall’altro, e arriva sempre all’obiettivo che ha in mente» disse la direttrice Esmée Bulnes al termine dei corsi di Scuola di ballo del Teatro alla Scala. La fissai: ero una ragazza negli anni vulnerabili della giovinezza che per la prima volta si sentiva indicata come un esempio da seguire. Come in ogni scuola, alcuni studenti di tanto in tanto canzonavano i compagni. Camminavo con la schiena dritta lungo il ballatoio che portava alla Sala Trieste e mi chiedevano: «Secchiona, ti sei mangiata il manico della scopa?». Ma se dai peso alle battute, alle allusioni o alle offese, se quando lavori non difendi la tua fragilità da chi preferisce approfittarne piuttosto che stimarla, sei sconfitto. Tutti possono ferirti, e allora devi presentarti nei loro confronti con la consapevolezza di te e della tua forza. Se ti comporti come un perdente, perdi per davvero. Io sorridevo alle battute dei miei compagni e scherzavo con loro. Ero invece sensibile a ciò che rivelava attenzione verso il mio impegno. Quando mi dissero che dovevo trovare del tempo per fortificare i piedi, cominciai ad arrivare in classe per prima e ad andarmene per ultima. Le mie caviglie sono sempre state sottili e avevo poco collo del piede. Per svilupparlo mi stendevo a terra, flettevo tarso e metatarso sotto il calorifero e con grande sforzo sollevavo il busto cinquanta volte di seguito. (…) Il lavoro di una ballerina è una conquista quotidiana, giorno dopo giorno, al fianco di un maestro. Mai ho pensato di non avere più bisogno di studiare. Disciplina, costanza e umiltà. Solo chi respira la polvere del teatro può vivere il palcoscenico. (…) Ci vuole forza tecnica, vigore, e l’interpretazione è un’arte che deve essere assimilata e resa solida. Ciascun ruolo ha stili diversi, prevede abilità diverse; quando entri in scena devi superare ogni ansia, non apparire rigida e tirare fuori l’espressività. Per farlo io ho bisogno di trovare tranquillità. Non spreco energia e mi raccolgo. Allontano ogni distrazione così da potermi poi abbandonare alla spinta della musica. È allora che torno a essere la ragazza descritta dalle parole di Esmée Bulnes. Mai dimenticherò quella frase. “

Carla Fracci, da “Passo dopo passo. La mia storia”

 

 

 

 

 

Glitter People

 

” La danza è una carriera misteriosa, che rappresenta un mondo imprevedibile ed imprendibile. Le qualità necessarie sono tante. Non basta soltanto il talento, è necessario affiancare alla grande vocazione, la tenacia, la determinazione, la disciplina, la costanza. “

Carla Fracci

 

 

 

 

 

Photo via Carlo Raso from Flickr, Public Domain Mark 1.0

 

“Le sorelle Chanel”: un libro per celebrare il 50esimo della morte di Mademoiselle

 

Il 10 Gennaio del 1971, a Parigi, moriva Coco Chanel. Il cinquantesimo della sua morte rappresenta un’ ulteriore occasione per celebrare una stilista che è già un’ indimenticata icona: senza dubbio, la più nota ed osannata couturière del panorama mondiale. Rivoluzionò il concetto di moda e di stile, impose una nuova femminilità, i capi che creò sono immortali. E, last but not least, fu uno dei primi esempi di “self-made woman”, tanto per usare un termine che con la sua vita calza a pennello: alle spalle non aveva una famiglia abbiente, ne’ dei prestigiosi studi nel settore. Eppure, il suo background fu altrettanto formativo delle migliori scuole. In questi giorni ce lo racconta un libro, “Le sorelle Chanel”, firmato dalla scrittrice statunitense Judithe Little e pubblicato dalla casa editrice Tre60. L’ ennesima biografia di Gabrielle Bonheur Chanel, vi state chiedendo? Niente affatto, o meglio: una biografia, certo, ma approfondita da un punto di vista sicuramente inedito.

 

La copertina del libro di Judithe Little

Judithe Little sceglie Antoinette (detta Ninette), la minore delle tre sorelle ChanelJulia-Berthe era la maggiore, Gabrielle la mezzana – per dar voce ad un racconto sincero e spassionato sul loro percorso esistenziale. Figlie di Henri-Albert Chanel, un venditore ambulante, e di Jeanne DeVolle, dopo la morte della madre le tre sorelle vengono affidate alle cure delle suore dell’ orfanatrofio di  Aubazine. Alphonse e Lucien, i due figli maschi di Henri-Albert e Jeanne, trovano invece rifugio presso una famiglia di agricoltori che aiutano nelle incombenze quotidiane. Per anni Julia-Berthe, Gabrielle e Antoinette vivono nella speranza che il padre le porti via dall’ orfanatrofio e le tenga con sè, finchè capiscono che ciò (nonostante le promesse iniziali) non avverrà mai. Continuano quindi a respirare le austere atmosfere del convento di Aubazine, dove le suore le abituano a una severa disciplina e sono obbligate ad indossare una spartana divisa. Non tutto, però, in quei luoghi è rigidità e rigore. Tanto per cominciare, le sorelle Chanel imparano a padroneggiare l’arte del cucito. Il monastero stesso, poi, si tramuta (soprattutto per Gabrielle) in una profonda fonte di ispirazione. Narra Antoinette all’ inizio del libro: ” Certi dettagli di Aubazine sarebbero rimasti con noi per sempre. Il bisogno d’ordine. L’ amore per la semplicità e il profumo di pulito. Uno spiccato senso del pudore. L’ attenzione per la cura artigianale, le cuciture impeccabili. La serenità del contrasto tra bianco e nero. Le stoffe ruvide, sgualcite, dei contadini e degli orfani. “…I rosari che cingono la vita delle suore, i mosaici intrisi di una simbologia mistica fatta di stelle e mezzelune, le vetrate istoriate, gli stessi spazi ampi, sgombri e desolanti del convento rappresentano dettagli che fomentano l’ immaginazione. Se di giorno è la disciplina ad imperare, di sera le sorelle – complici i libri e i magazine femminili – si abbandonano al sogno di un’ altra vita, dove l’eleganza, il lusso e il fascino sono i protagonisti principali. Ogni minima suggestione assorbita ad Aubazine entrerà a far parte dell’ archivio ispiratore della futura Maison Chanel, della sua iconografia, sia per quanto riguarda gli abiti che i bijoux. Quando a diciotto anni Gabrielle e Ninette lasciano il monastero, sono più determinate che mai: a Moulins lavorano e si perfezionano nel cucito, ma frequentano assiduamente anche i Café-Chantant (dove Gabrielle si esibisce come cantante per un periodo), a Vichy le si può incontrare nelle sontuose sale da concerto, ma è a Parigi che inizia la loro grande avventura. Coco Gabrielle viene così ribattezzata grazie al titolo di una delle sue canzoni, “Qui a vu Coco?” – inizia a creare cappelli nella Ville Lumière, e poco dopo (finanziata dal suo grande amore Boy Capel) apre la storica boutique di Rue Cambon 31. Ai cappelli, che riscuotono un successo incredibile perchè sono semplici pagliette ornate da fiori o piume, segue la creazione dei suoi capi di vestiario, innovativamente pratici e essenziali, e poco tempo dopo l’ apertura di boutique Chanel in esclusive località balneari quali Deauville e Biarritz. Ninette affianca la sorella costantemente, ma la Prima Guerra Mondiale segna un punto di svolta decisivo. Per Coco e Antoinette è una nuova lotta, ma stavolta mette in gioco la sopravvivenza, la realizzazione di sè e un’ inevitabile separazione. Il resto è storia: la Maison Chanel rimane un colosso della Couture, mentre per quanto concerne il rapporto tra le due sorelle vi rimando al libro senza fare spoiler. “Le sorelle Chanel” si accinge ad uscire in ben dieci paesi. E’ risaputo che Coco Chanel non amasse parlare della sua vita nè della sua famiglia, e che nel tempo si “costruì” un passato imbastito perlopiù sulla fantasia. Puntare su Antoinette come narratrice ha permesso a Judithe Little di rimuovere il velo della finzione per conoscere la verità così com’era, nuda e cruda. Ma le parole della minore delle sorelle Chanel non rivelano solo una realtà abilmente camuffata, bensì il grande dolore che sottostà a questa rielaborazione: il dolore dell’ abbandono, una ferita per sempre sanguinante nell’ esistenza di Coco/Gabrielle.

 

 

Foto di Coco Chanel via chariserin from Flickr, CC BY 2.0

 

Glitter People

 

” La danza insegna il rispetto degli altri, la concentrazione, la consapevolezza del corpo. Un attore con la mentalità di un ballerino ha grandi vantaggi. Se è tutto estro e zero disciplina, magari tende a perdersi. Non ha un coreografo che prima lo costringe a fare la sbarra. “

Sara Serraiocco

 

 

Da un’ intervista a “Marie Claire” Italia di Daniela Lucci, 12 Settembre 2013

Photo by Poi Power of Ideas (Opera propria) [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], attraverso Wikimedia Commons