San Valentino 2021: cuore e dolcezza

 

L’amore è vaporosa nebbiolina formata dai sospiri; se si dissolve, è fuoco che sfavilla scintillando negli occhi degli amanti; s’è ostacolato, è un mare alimentato dalle lacrime degli stessi amanti. Che altro è esso? Una follia segreta, fiele che strangola e dolcezza che sana.

William Shakespeare, da “Romeo e Giulietta”

 

Il “Winter Wonderland” celebrato da VALIUM include molte altre ricorrenze oltre a quelle, scintillanti, di fine anno. Una su tutte? San Valentino, la Festa degli Innamorati. Una festa che, nonostante sia stata sottoposta a una progressiva mercificazione, rimane un’ attesissima parentesi romantica dedicata all’ amore e al rapporto di coppia. Ai tempi del Covid, questa parentesi acquista un significato del tutto speciale: sottolinea l’ importanza dei legami. Perchè l’ amore è forza, linfa vitale, potenza rigenerante.  E’ gioia e dolore al tempo stesso.  Riprendendo le parole di Shakespeare, è “una follia segreta, fiele che strangola e dolcezza che sana”. Ma noi, a pochi giorni da San Valentino, preferiamo accantonare il fiele e privilegiare la dolcezza. E’ per questo che nella gallery che segue, ricca di spunti per una Festa degli Innamorati all’ insegna dello stile, ho incluso anche un tripudio di intriganti delizie. A fare da fil rouge è il cuore: un simbolo nè lezioso, nè tantomeno scontato. Casomai, la rappresentazione grafica più d’impatto e accattivante dell’ amore, un valore che risplende nei tempi prosperi…ma ancor più nei tempi bui.

 

Aniye By

A. Bocca, Two for Love San Valentino edition

Kiko, Ray of Love Collection

Sonia Rykiel

Red Valentino

 

Max Mara, Pasticcino bag

Liu Jo

James Avery Artisan Jewelry

 

Molly Goddard

Una Valentine’s Day Card del 1909

 

Dior, Rouge Dior in limited edition per San Valentino

Roger Vivier

Emporio Armani

 

Gucci

Comme des Garçons, Rouge Eau de Parfum

Marc Jacobs, The Love Dress

 

L’ Oréal, collezione Je T’Aime

Gladys Tamez Millinery, Love Hat

 

Marni, Soft Trunk Bag

Pat McGrath Labs, Crimson Couture Lip Kit

 

Mesauda Milano, Red Valentine Collection

Chie Mihara

 

Guerlain

Furla

 

 

 

“Le sorelle Chanel”: un libro per celebrare il 50esimo della morte di Mademoiselle

 

Il 10 Gennaio del 1971, a Parigi, moriva Coco Chanel. Il cinquantesimo della sua morte rappresenta un’ ulteriore occasione per celebrare una stilista che è già un’ indimenticata icona: senza dubbio, la più nota ed osannata couturière del panorama mondiale. Rivoluzionò il concetto di moda e di stile, impose una nuova femminilità, i capi che creò sono immortali. E, last but not least, fu uno dei primi esempi di “self-made woman”, tanto per usare un termine che con la sua vita calza a pennello: alle spalle non aveva una famiglia abbiente, ne’ dei prestigiosi studi nel settore. Eppure, il suo background fu altrettanto formativo delle migliori scuole. In questi giorni ce lo racconta un libro, “Le sorelle Chanel”, firmato dalla scrittrice statunitense Judithe Little e pubblicato dalla casa editrice Tre60. L’ ennesima biografia di Gabrielle Bonheur Chanel, vi state chiedendo? Niente affatto, o meglio: una biografia, certo, ma approfondita da un punto di vista sicuramente inedito.

 

La copertina del libro di Judithe Little

Judithe Little sceglie Antoinette (detta Ninette), la minore delle tre sorelle ChanelJulia-Berthe era la maggiore, Gabrielle la mezzana – per dar voce ad un racconto sincero e spassionato sul loro percorso esistenziale. Figlie di Henri-Albert Chanel, un venditore ambulante, e di Jeanne DeVolle, dopo la morte della madre le tre sorelle vengono affidate alle cure delle suore dell’ orfanatrofio di  Aubazine. Alphonse e Lucien, i due figli maschi di Henri-Albert e Jeanne, trovano invece rifugio presso una famiglia di agricoltori che aiutano nelle incombenze quotidiane. Per anni Julia-Berthe, Gabrielle e Antoinette vivono nella speranza che il padre le porti via dall’ orfanatrofio e le tenga con sè, finchè capiscono che ciò (nonostante le promesse iniziali) non avverrà mai. Continuano quindi a respirare le austere atmosfere del convento di Aubazine, dove le suore le abituano a una severa disciplina e sono obbligate ad indossare una spartana divisa. Non tutto, però, in quei luoghi è rigidità e rigore. Tanto per cominciare, le sorelle Chanel imparano a padroneggiare l’arte del cucito. Il monastero stesso, poi, si tramuta (soprattutto per Gabrielle) in una profonda fonte di ispirazione. Narra Antoinette all’ inizio del libro: ” Certi dettagli di Aubazine sarebbero rimasti con noi per sempre. Il bisogno d’ordine. L’ amore per la semplicità e il profumo di pulito. Uno spiccato senso del pudore. L’ attenzione per la cura artigianale, le cuciture impeccabili. La serenità del contrasto tra bianco e nero. Le stoffe ruvide, sgualcite, dei contadini e degli orfani. “…I rosari che cingono la vita delle suore, i mosaici intrisi di una simbologia mistica fatta di stelle e mezzelune, le vetrate istoriate, gli stessi spazi ampi, sgombri e desolanti del convento rappresentano dettagli che fomentano l’ immaginazione. Se di giorno è la disciplina ad imperare, di sera le sorelle – complici i libri e i magazine femminili – si abbandonano al sogno di un’ altra vita, dove l’eleganza, il lusso e il fascino sono i protagonisti principali. Ogni minima suggestione assorbita ad Aubazine entrerà a far parte dell’ archivio ispiratore della futura Maison Chanel, della sua iconografia, sia per quanto riguarda gli abiti che i bijoux. Quando a diciotto anni Gabrielle e Ninette lasciano il monastero, sono più determinate che mai: a Moulins lavorano e si perfezionano nel cucito, ma frequentano assiduamente anche i Café-Chantant (dove Gabrielle si esibisce come cantante per un periodo), a Vichy le si può incontrare nelle sontuose sale da concerto, ma è a Parigi che inizia la loro grande avventura. Coco Gabrielle viene così ribattezzata grazie al titolo di una delle sue canzoni, “Qui a vu Coco?” – inizia a creare cappelli nella Ville Lumière, e poco dopo (finanziata dal suo grande amore Boy Capel) apre la storica boutique di Rue Cambon 31. Ai cappelli, che riscuotono un successo incredibile perchè sono semplici pagliette ornate da fiori o piume, segue la creazione dei suoi capi di vestiario, innovativamente pratici e essenziali, e poco tempo dopo l’ apertura di boutique Chanel in esclusive località balneari quali Deauville e Biarritz. Ninette affianca la sorella costantemente, ma la Prima Guerra Mondiale segna un punto di svolta decisivo. Per Coco e Antoinette è una nuova lotta, ma stavolta mette in gioco la sopravvivenza, la realizzazione di sè e un’ inevitabile separazione. Il resto è storia: la Maison Chanel rimane un colosso della Couture, mentre per quanto concerne il rapporto tra le due sorelle vi rimando al libro senza fare spoiler. “Le sorelle Chanel” si accinge ad uscire in ben dieci paesi. E’ risaputo che Coco Chanel non amasse parlare della sua vita nè della sua famiglia, e che nel tempo si “costruì” un passato imbastito perlopiù sulla fantasia. Puntare su Antoinette come narratrice ha permesso a Judithe Little di rimuovere il velo della finzione per conoscere la verità così com’era, nuda e cruda. Ma le parole della minore delle sorelle Chanel non rivelano solo una realtà abilmente camuffata, bensì il grande dolore che sottostà a questa rielaborazione: il dolore dell’ abbandono, una ferita per sempre sanguinante nell’ esistenza di Coco/Gabrielle.

 

 

Foto di Coco Chanel via chariserin from Flickr, CC BY 2.0

 

Sogni

 

“L’ interpretazione del sogno è la via regia che porta alla conoscenza dell’ inconscio nella vita psichica.”     Sigmund Freud

Esistono sogni ricorrenti: mondi e persone, soprattutto quelle dalla nostra vita ora assenti, che visitiamo con frequenza…Sono mondi fatti di colori sfumati, evanescenti, mescolanze di toni che delineano gli ambienti della nostra realtà interiore. Raggiungiamo quei mondi percorrendo tragitti, scendendo scale che ci conducono nei meandri più profondi di noi stessi, dove sentimenti ancora vivi ci chiedono un perchè e dolori mai sopiti, ma solo rimossi, gorgogliano dentro come lava. I personaggi che li popolano, volti noti, spesso uniti a noi da legami particolari, ne sono i protagonisti assoluti: figure eteree, spesso dall’espressione fissa, che come in un film dal doppiaggio mal sincronizzato ci parlano…ma la loro voce è solo un eco che proviene da lontano, che avanza in differita. In quei mondi, con loro, viviamo situazioni stranamente amalgamanti di una realtà che è stata, che vorremmo fosse stata, che vorremmo fosse stata diversa…I desideri inespressi, inattuati galleggiano come in un acquario senza pesci. Le sensazioni si acuiscono donandoci la gioia nel vederli realizzati, una smaniosa inquietudine nel constatare strani intoppi, impedimenti, telefoni di cui non riusciamo a digitare i tasti, personaggi i cui corpi svaniscono in sagome immateriali, partenze continuamente bloccate da auto o treni affossati nelle sabbie mobili. Eppure, ogni singola sequenza di quegli avvenimenti è il tassello che va a ricomporre la nostra zona più buia e oscura, quella dell ‘inconscio. La preziosità di quel mondo onirico, surreale, va colta analizzando dettagli, sensazioni, persone: tutto, e nulla escluso, costituirà il materiale che andrà a ricostruire, mattone per mattone, le mura crollate  del nostro ‘io’  più profondo,  quelle corrose da un’indistinta varietà di emozioni. Un percorso di basilare importanza per conoscerci, per viaggiare dentro noi stessi. Perchè, come scrisse anche Schnitzler nel suo ‘Doppio sogno’ ripreso cinematograficamente nell’ ‘Eyes wide shut’ di kubrickiana memoria, “Nessun sogno, è mai solamente un sogno…”.

Felice weekend.