Gucci Cosmogonie: nel cielo del magico Castel del Monte ha brillato una nuova costellazione

 

Dal glamour sfavillante dell’ Hollywood Boulevard di Los Angeles all’ esoterismo al chiar di luna di Castel del Monte, nel cuore delle Murge baresi: l’ immaginario di Alessandro Michele si nutre di mondi variegati e molteplici, di un caleidoscopio di idee che si riflette immancabilmente nelle location, evocative e meravigliose, delle sfilate Gucci. Il 16 Maggio scorso Cosmogonie, la nuova collezione seasonless e co-ed del brand, è andata in scena di fronte al maestoso maniero di Castel del Monte. Federico II di Svevia lo fece costruire nel 1240, e nel 1996 è stato dichiarato Patrimonio Mondiale dell’ Umanità dall’ UNESCO. Considerato una perla dell’ architettura medievale, il castello ha visto accrescere il suo fascino attraverso i secoli: la struttura massicia e perfettamente simmetrica risulta enigmatica, intrisa di suggestioni esoteriche. A partire dal numero otto, una vera e propria costante. Otto sono le torri che lo circondano, ognuna a base ottagonale; otto le sale distribuite su ciascuno dei due piani della fortezza. La stessa pianta dell’ edificio è ottagonale, come quella del suo cortile. Il numero ricorre nei bassorilievi, nei particolari scultorei, nelle decorazioni. Il significato è altamente simbolico, coniuga magia e misticismo: rappresenta l’ infinito, l’armonia cosmica, crea un trait d’union tra cielo e terra. Non è chiaro che funzione ricoprisse Castel del Monte ai tempi della sua edificazione, ma in molti concordano nel ritenerlo un tempio iniziatico, un osservatorio astronomico, un crocevia di saperi.

 

 

Il castello dello “Stupor Mundi” (così venne ribattezzato Federico II per la sua sapienza e per il grande risalto che conferì alle arti, alla scienza e alla cultura) ha rappresentato la location perfetta per lo show Cosmogonie, il cui nome è il plurale di cosmogonia: la dottrina, cioè, che studia l’origine dell’ universo e la formazione dei corpi celesti.  “Costellazioni”, non a caso, è la parola chiave associata all’ ispirazione della collezione. Si tratta di costellazioni metaforiche, aggregazioni di elementi distanti nello spazio e nel tempo che si riuniscono grazie a un’ epifania rivelatrice. Entità o atomi originariamente isolati, sparsi nel cosmo come astri, che le costellazioni connettono e fanno risplendere: è in questo contesto che si inseriscono le figure del filosofo e critico Walter Benjamin, suicidatosi nel 1940 mentre era in fuga dal Nazismo, e della politologa Hanna Arendt, che paragonò la collezione di citazioni di Benjamin a una raccolta di perle rare. Alessandro Michele omaggia il filosofo e la sua capacità di rinvenire legami tra cose e realtà apparentemente scollegate. Il direttore creativo di Gucci, con Cosmogonie, compie lo stesso tipo di percorso: crea costellazioni combinando epoche, stili, dettagli, accessori diversissimi tra loro. E’ un eclettismo denso di riferimenti, il suo, un pot-pourri creativo e filosofico a un tempo. Il red carpet ha inizio al tramonto, quando i flash dei fotografi illuminano un parterre di star internazionali: da Lana Del Rey a Dakota Johnson, da Lou Doillon a Emma Marrone, da Alessandro Borghi ai Maneskin. Nell’ istante in cui cala il crepuscolo, e Castel Del Monte si ammanta di una suggestività straordinaria, comincia la sfilata.

 

 

“Costellazioni” che agglomerano passato e presente, heritage e futuribili visioni sono il fulcro della collezione. Le silhouette citano gli anni ’30 e ’40, ma un tripudio di accessori, di forme e di dettagli ingloba riferimenti alle epoche e agli stili più disparati. Geometrie nei pattern (prevalgono le righe e i rombi) e nella struttura degli abiti rievocano l’ armonia architettonica del castello e non di rado originano ipnotiche fantasie optical. Cappelli a tesa maxi rimandano agli anni ’60, così come i cut out ricorrenti. Le spalle sono squadrate come nelle pellicole dei telefoni bianchi, paillettes e cristalli si riversano sugli abiti con lo stesso impeto di una cascata stellare. Minigonne e succinti minidress in pelle nera si alternano a look inneggianti allo chiffon e alle sue fluttuanti trasparenze. Il Medioevo di Federico II riemerge in una serie di evening dress in velluto, drappeggiatissimi, con lunghe maniche a sbuffo. La fake fur abbraccia volumi over, declinandosi di volta in volta in motivi optical dai potenti cromatismi o in un simil ermellino che plasma manicotti e mini mantelle rinascimentali. Ma a esaltare i look sono soprattutto i colli, delle autentiche chicche d’epoca: lunghissimi e a punta o gorgiere come ai tempi di Elisabetta I Tudor, rappresentano uno dei clou della collezione. Altri leitmotiv si rinvengono tra gli accessori, come gli opera gloves in lattice e gli altissimi cuissardes stringati. Fasce metalizzate in stile Hippie cingono la fronte, abbinandosi a vistosi orecchini pendenti o a miriadi di gioielli etnici che decorano il viso. Collane di perle si avvolgono attorno al collo ricoprendolo completamente. Occhiali da sole con la montatura in plastica, leggermente allungati verso le tempie, ricordano un modello cool degli anni ’80. Non passa inosservata l’iconica clutch jacquard estrapolata dagli archivi Gucci: appartenuta a Greta Garbo, è riapparsa durante un’ asta qualche tempo fa. Alessandro Michele ne è rimasto folgorato e, pensando al suo ritrovamento come a una “coincidenza cosmica”,  l’ ha annoverata tra i pezzi cult di Cosmogonie. La luna piena, ora, immerge Castel del Monte in un poetico chiarore. Il maniero di Federico II,  accarezzato da quei bagliori argentei, sprigiona pura magia. Per Michele, nella fortezza potrebbe essersi concentrata una sorta di Silicon Valley medievale. E se sul concepimento del misterioso castello si avvicendano teorie a tutt’oggi poco chiare, una cosa è certa: la notte del 16 Maggio, lambiti dai raggi lunari, gli abiti di Gucci hanno brillato più della luminosissima costellazione di Orione

 

Federico II di Svevia, detto lo “Stupor Mundi”

Foto di Castel del Monte, dall’ alto verso il basso: 1) Nessun autore leggibile automaticamente. Idéfix~commonswiki presunto (secondo quanto affermano i diritti d’autore)., CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, attraverso Wikimedia Commons. 2) e 3) Pixabay. 4) 09Alessandra, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, attraverso Wikimedia Commons. 5) Sailko, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, attraverso Wikimedia Commons. 6) Marcok di it.wikipedia.org, CC BY-SA 2.5 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5>, attraverso Wikimedia Commons. 7) 09Alessandra, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, attraverso Wikimedia Commons. 8) Sailko, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, attraverso Wikimedia Commons

La colazione di oggi: il torrone, tra storia e leggenda

 

Il torrone è un altro cult natalizio che va tassativamente approfondito. Anche perchè pare che il suo consumo, durante le feste, raggiunga la ragguardevole proporzione del 74% rispetto agli altri dolci del periodo. Parlando di torrone, tuttavia, in molti tendono a soffermarsi solo sul suo alto contenuto calorico; ma questo alimento è anche estremamente ricco di proprietà e benefici. Innanzitutto, il torrone è una vera e propria miniera di proteine: basti pensare alle mandorle e alle uova che include tra i suoi ingredienti. Le mandorle sono dei potenti energizzanti e abbondano di minerali quali il potassio, il ferro e il magnesio. Ma non solo. Contribuiscono a diminuire i livelli del colesterolo LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”) incrementando quelli degli antiossidanti, fondamentali nei contrastare i danni dei radicali liberi. La presenza dei carboidrati, degli acidi grassi essenziali e di sette amminoacidi essenziali costituisce un ulteriore punto di forza del torrone. Un gran numero di benefici si associa a tutte le versioni del dolce. Il torrone alle noci o alle nocciole, ad esempio, protegge dalle patologie cardiovascolari; il torrone al cioccolato, grazie alla massiccia presenza di polifenoli antiossidanti, svolge la stessa funzione limitando l’ ossidazione del colesterolo “cattivo”.

 

 

Va ricordato che il torrone viene preparato con uno squisito impasto di mandorle tostate, zucchero, miele e albume d’uovo; le differenti tipologie del dolce includono l’aggiunta di frutta secca come le noci, i pistacchi, le nocciole…Due, invece, sono le sue versioni classiche: il torrone bianco alle mandorle, friabile o duro, e quello alle nocciole, a base di cioccolato o cioccolato gianduia, solitamente dalla consistenza morbida. Esiste poi anche un mix dei due, il torrone bianco completamente ricoperto di cioccolato fondente. Il tasso di golosità, insomma, rimane inviariato. Non variano neppure i due strati di ostia applicati sopra e sotto il prodotto, un’ altra caratteristica di questo amatissimo dolce. Per godere appieno delle sue proprietà, l’ ideale sarebbe gustare un buon torrone artigianale: gli ingredienti naturali e l’assenza di prodotti chimici sono le sue principali virtù, un binomio che esalta le doti nutrienti dell’ alimento senza alterarne il gusto e mantenendolo salutare. Consumare il torrone a colazione è un ottimo modo per affrontare la giornata con una sferzata di energia, ma non esagerare nelle porzioni (una regola applicabile a tutti i dolci) rimane un must fondamentale. 

 

 

Ma qual è la storia del torrone? A quali leggende rimandano le sue origini? Tanto per cominciare, il nome “torrone” proviene dal latino “torrēre”, ovvero “abbrustolire”; questo verbo, com’è facilmente intuibile, si riferisce alla tostatura della frutta secca che troviamo tra i suoi ingredienti. Alcuni ipotizzano anche una derivazione dallo spagnolo “turròn”, da “turrar” che significa “arrostire”. Quel che è certo è che il torrone ha radici antichissime e che molte regioni italiane se lo contendono in qualità di “dolce tipico”. Il fatto che fosse diffuso in tutta la penisola ha dato adito alla tesi secondo cui gli antichi romani ne avessero divulgato la ricetta: in effetti, Marco Terenzio Varrone detto “Il Reatino” citò il “cuppedo” in uno dei suoi scritti  (e “cupeto” è il nome dato al torrone nella zona tra Benevento e Avellino) già nel 116 a.C.. Il letterato sosteneva che i creatori del dolce fossero i Sanniti, e che i Romani avessero appreso proprio durante le guerre sannitiche della sua esistenza; quella leccornia a base di miele, albume e semi oleosi li conquistò immediatamente. Il gastronomo Apicio, non a caso, descrisse un dolce romano chiamato “nucatum” poco tempo dopo. I suoi ingredienti? Miele, albume d’uovo e noci, una delle tipiche ricette del torrone odierno. Ma c’è chi sostiene che il torrone, in realtà, abbia radici arabe. A Baghdad e nella Spagna Islamica medievale, illustri studiosi solevano menzionare un dolce di frutta secca molto simile al torrone. Il celebre torrone siciliano potrebbe derivare da quel tipo di dolce, che senza dubbio approdò sull’ isola ai tempi del dominio arabo. Nei primi anni del 1100, Gherardo da Cremona tradusse il libro “De medicinis et cibis semplicibus” di Abenguefith Abdul Mutarrif, medico e farmacista ismaelita residente a Cordova. Nel libro si parlava del “turun”, un prelibato dessert arabo, e venivano lodate le proprietà del miele da cui era composto. In molti attribuiscono a Gherardo da Cremona il merito di aver reso celebre il torrone nell’ Italia del Nord, mentre secondo altri fu Giambonino da Cremona a scrivere per primo del dolce: quest’ ultimo era infatti descritto in due testi bagadesi che stava traducendo. Verosimilmente, però, colui che divulgò la ricetta del torrone nel settentrione fu Federico II di Svevia. L’ Imperatore aveva assimilato la cultura araba nella sua corte palermitana, e durante le lotte contro i Comuni dell’ Italia del Nord aveva stabilito il suo quartier generale a Cremona. La leggenda, invece, narra che il torrone giunse a Cremona in occasione delle nozze tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti. Era il 25 Ottobre del 1441, e i cuochi pensarono di omaggiare gli sposi con un delizioso dolce a base di mandorle, albume e miele che raffigurava il Torrazzo cremonese. Il dessert riscosse un successo tale da diventare una tipicità di Cremona; veniva impastato durante le feste e offerto in dono alle autorità che arrivavano in città. Testimonianze varie, tuttavia, fissano la nascita del torrone a una data anteriore al XV secolo: è quasi certo, quindi, che fu Federico II di Svevia a diffondere la ricetta. Tra i torroni più famosi d’Italia rientrano, oltre a quello di Cremona, la “cubbaita” di Caltanisetta, il torrone sardo di Tonara, il torrone prodotto tra Avellino e Benevento, il torrone tenero aquilano, il torrone di Bagnara Calabra IGP e il mandorlato di Cologna Veneta.