Violeta

 

” La nostra casa era piccola e la convivenza un po’ forzata; ero sempre insieme a qualcuno, ma quando compii sedici anni ricevetti in regalo una capanna a pochi metri dalla casa principale che Torito, zia Pilar e zio Bruno costruirono in un batter d’occhio e che io battezzai La Voliera, perchè quello sembrava, con la sua forma esagonale e il lucernario sul tetto. Lì avevo lo spazio necessario per la solitudine e l’ intimità per studiare, leggere, preparare le lezioni e sognare lontana dall’ incessante cicaleccio della famiglia. Continuai però a dormire in casa con mia madre e le zie, (…) l’ ultima cosa che avrei voluto era affrontare da sola i terrori dell’ oscurità nella Voliera. Con zio Bruno celebravo il miracolo della vita a ogni pulcino che usciva dal guscio e a ogni pomodoro che dall’ orto arrivava sulla tavola; con lui imparai a osservare e ad ascoltare con attenzione, a orientarmi nel bosco, a nuotare in fiumi e laghi gelati, ad accendere il fuoco senza i fiammiferi, ad abbandonarmi al piacere di affondare la faccia in un’ anguria succosa e ad accettare l’ inevitabile dolore di separarmi dalle persone e dagli animali, perchè non c’è vita senza morte, come sosteneva lui. “

 

Isabel Allende, da “Violeta”

Vendere parole

 

” Portava il nome di Belisa Crepuscolario, ma non per certificato di battesimo o trovata di sua madre, bensì perchè lei stessa l’ aveva cercato fino a scoprirlo e a indossarlo. Il suo mestiere era vendere parole. Percorreva il paese dalle contrade più elevate e fredde alle coste torride, installandosi nelle fiere e nei mercati, dove montava quattro pali con un tendone, sotto il quale si proteggeva dalla pioggia e dal sole per servire i clienti. Non aveva bisogno di decantare la sua mercanzia, perchè dal tanto girovagare la conoscevano tutti. C’era chi la aspettava da un anno all’ altro, e quando si presentava in paese col suo fardello sottobraccio si metteva in coda davanti alla sua bancarella. Vendeva a prezzi onesti. Per cinque centesimi forniva versi a memoria, per sette migliorava la qualità dei sogni, per nove scriveva lettere da innamorati, per dodici inventava insulti per nemici irriconciliabili. Vendeva anche storie, ma non storie di fantasia , lunghe storie vere che recitava d’un fiato, senza saltare nulla. Così portava le notizie da un paese all’ altro. (…) A chi acquistava per almeno cinquanta centesimi regalava una parola segreta per cacciare la malinconia. Non la stessa per tutti, naturalmente, perchè sarebbe stato un inganno collettivo. Ciascuno riceveva la sua con la certezza che nessun altro l’avrebbe adoperata per quello scopo nell’ universo e dintorni. “

 

Isabel Allende, da “Eva Luna racconta”