La strega: storia di una figura arcaica e della sua evoluzione

 

“Sì, faccio parte di una strana famiglia. Dormiamo di giorno e voliamo di notte, come aquiloni neri portati dal vento.”
(Ray Bradbury, da “La strega di aprile”)

 

“Strega”, dal latino “striga” e dal greco “stryx”, ovvero uccello notturno. Nel corso dei secoli, il termine assunse l’accezione odierna: la strega era colei che utilizzava la magia e ricorreva ai propri poteri soprannaturali per danneggiare gli esseri animati, inanimati o un’ intera comunità. Si riteneva che fosse in stretti rapporti con il demonio,  e che solesse venerarlo durante raduni detti “sabba”. La figura della strega, ricorrente nel folclore popolare occidentale, ha origini secolari. Tracce che testimoniano la sua esistenza risalgono addirittura al periodo antecedente al Cristianesimo: nell’ antico Egitto, in Assiria e in Babilonia, a quell’ epoca, sono presenti pratiche e riti magici sviscerati in libri come il Codice di Hammurabi. Nella mitologia greca e in quella romana proliferano le incantatrici, che amano succhiare il sangue degli infanti e portare gli uomini alla perdizione; vengono raffigurate per metà donne e per metà animali, basti pensare alle lamiae greche originate dal mito della dea-uccello (probabilmente Lilith, divinità della Mesopotamia che nell’ ebraismo assume le sembianze di una civetta). La Bibbia parla della strega di Endor, che oggi definiremmo una medium, la Grecia antica “colloca” le sue streghe nella regione della Tessaglia. In Italia, nelle isole Eolie, la leggenda vuole che esistano donne capaci di volare nottetempo. Nel Medioevo, un periodo in cui la cultura popolare è intrisa di elementi magici e di superstizione, la strega entra a far parte dei fabliaux (racconti in versi nati in Francia), delle novelle e persino delle prediche dei sacerdoti. Tra il 1000 e il 1100, con lo sviluppo della demonologia, le “strigae” vengono accostate per la prima volta alla figura del demonio. La tipologia della “lamia”(“strega” nel latino medievale) viene ben definita, e nel 1233 Papa Gregorio IX descrive la stregoneria nella sua bolla Vox in Rama. Non molti anni dopo, precisamente nel 1250, l’ inquisitore domenicano Stefano di Borbone racconta in modo dettagliato la pratica del sabba. E’ il 1275 quando a Tolosa viene appiccato il primo rogo; sono passati diciassette anni dal primo processo per stregoneria.

 

 

Nell’ epoca compresa tra il Tardo Medioevo e il primo Rinascimento, quando la Chiesa Cattolica si scaglia contro gli eretici, inizia un’ autentica campagna persecutoria nei confronti delle streghe. Sono accusate di essere delle eretiche, di adorare il demonio e di nuocere gravemente alla società. La strega costituisce un pericolo per la comunità e va eliminata con una violenza esemplare. Dal 1450 al 1750 si diffonde il fenomeno della “caccia alle streghe”: le presunte streghe vengono catturate, torturate allo scopo di estorcere loro una confessione, mandate sotto processo e condannate al rogo. La situazione peggiora con l’uscita del “Malleus Maleficarum” nel 1486. Questo trattato, redatto dal domenicano d’Alsazia Heinrich Kramer e dal teologo svizzero Jacob Sprenger, è una sorta di opus magnum della stregoneria. La strega, i suoi strumenti e i suoi malefici vengono descritti con dovizia di particolari, passando poi a una rassegna sui più efficaci metodi di cattura e ad argomenti come il processo e la condanna. L’ oscurantismo dilaga, l’ ossessione per le streghe cresce in maniera esponenziale. In un secolo, dal 1450 fino al 1550, più di centomila donne trovano la morte sul rogo. La tipica descrizione di una strega la vede far parte di una setta, a capo della quale c’è la cosidetta “strea mastra”: costei trasmette il suo sapere alle adepte, che prima di aderire alla congrega si sottopongono a un rituale di iniziazione. Non è raro che sia Satana in persona ad iniziarle ufficialmente, di solito al noce di Benevento: lì, le streghe si riuniscono per sei mesi tre volte alla settimana. Attorno all’ albero di noce ha luogo il sabba, un susseguirsi di riti orgiastici, balli sfrenati, pratiche magiche e blasfeme organizzato alla presenza del diavolo. Per raggiungere Benevento, non c’è problema: ogni strega può volare grazie a uno speciale unguento.

 

 

Nell’ ‘800, l’archetipo della strega malefica inizia a vacillare. La “striga”, in diverse opere letterarie, si dà semplicemente a pratiche di matrice pagana: riti remotissimi (e diffusisi prevalentemente nelle campagne) finalizzati alla guarigione tramite le erbe, all’ incremento della fertilità, al contatto con gli spiriti dei defunti. Tutti intenti benefici, insomma, o perlomeno associati a buone intenzioni. Nei primi anni del XX secolo, l’ antropologa britannica Margaret Murray porta avanti una tesi che identifica la stregoneria con un’antica tradizione misterica ed equipara la strega alla figura dello sciamano. Le vecchie convinzioni vengono completamente scardinate, la natura assume un ruolo di spicco nei rituali, nasce il Neopaganesimo e, negli anni ’50 del ‘900, la Wicca (detta anche “antica religione”) fa la sua comparsa. La strega non ha nulla che fare con il diavolo, non viene più rappresentata come una megera: crede nel divino immanente, inneggia ai cicli naturali, non fa distinzione tra magia e religione. La notte di Halloween, tuttavia, è l’iconografia convenzionale della strega a trionfare; quella di una donna “brutta e cattiva”, che cavalca la scopa e viene accompagnata dal tradizionale “famiglio”, l’animale diabolico che le fa da consigliere (può essere il classico gatto nero, ma anche un rospo, un gufo o una civetta). Grazie al cielo, come tutti ben sappiamo, si tratta di un’ immagine rivisitata con estro e con una buona dose di ironia.