Lindsay Kemp: tra Teatro e Glam Rock

Lindsay Kemp, ovvero quando il talento si unisce a un carisma straordinario. In quasi cinquant’anni di carriera, il visionario artista che conquistò nomi del calibro di Nureyev e Fellini con il suo mix di mimo e teatro danza ha rievocato, sul palco, un universo forgiato da molteplici ispirazioni. Oggi vive a Livorno e porta in tour lo show Kemp dances. Inventions and reincarnations dando ulteriore prova della sua leggendaria genialità istrionica: e se proprio a Kemp va il merito di aver unito teatro e rock tramite la messa in scena di The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars del suo allievo David Bowie, fu la figura emblematica di Pierrot a tracciare un imperituro link tra l’ immaginario artistico del Duca Bianco e quello del coreografo inglese. In questa intervista, Lindsay Kemp si racconta e ce ne spiega i motivi.

Quando e come si è rivelato il suo talento di artista?

Sono nato danzando. Danzare mi piaceva così tanto che non avrei potuto essere altro se non un danzatore. Ma il cammino non è stato facile, ho dovuto combattere. Mia madre, quando ha cominciato a capire che la danza era quel che volevo fare nella vita, ha cominciato a preoccuparsi: che non avessi abbastanza talento, che non avessi il fisico, che avrei avuto problemi economici…E con buonissime intenzioni mi ha iscritto a un collegio nautico militare dove sperava che seguissi le orme di mio padre, un marinaio morto durante la guerra mondiale. Ma la disciplina militare non ha fatto altro che rafforzare le mie inclinazioni artistiche!

Perché la scelta di privilegiare l’ arte mimica?

Il mimo è solo un aspetto della mia espressione teatrale. Mi avvalgo di diverse forme artistiche per arrivare, in tutti i casi, a toccare il cuore dello spettatore.

Ha dichiarato che Marcel Marceau le ha “dato le mani”. Oltre che dal grande mimo francese, da quali figure è stato maggiormente ispirato?

Prima dell’  incontro con lui, i miei insegnanti di danza dicevano che le mie mani sembravano “salsicce”: non le usavo con grazia. Marceau mi ha insegnato tantissime cose, ma gli sono grato soprattutto per aver trasformato le mie mani da “salsicce” in “farfalle”. I Maestri che mi hanno più influenzato, per la maggior parte, non li ho mai incontrati. Ho imparato molto da Picasso, attraverso i suoi dipinti. E nella danza, attraverso lo spirito guida di Isadora Duncan, dagli spettacoli di Martha Graham, Paul Taylor e Pina Bausch.

La sua opera è contraddistinta da un mix di linguaggi teatrali. Come si inserisce, in questo contesto, il suo approccio alla danza?

Ho imparato moltissimo imitando i miei maestri sia nella danza che nella pittura. Seguendo le loro orme ho trovato me stesso. La cosa più importante, quando hai un pubblico, è intrattenere. La danza è forse il mezzo più veloce per arrivare a toccare il cuore della gente. La mia arte non poggia su chissà quale intellettualistico motivo: è come inviare una cartolina allo spettatore per condividere la gioia di quel momento, per sollevare lo spirito, per dare amore. I protagonisti dei miei disegni sono i tipici personaggi dei miei spettacoli: il marinaio, il circo, il saltimbanco, le ballerine, il torero…Ricerco la luce, il colore: voglio donare un messaggio di positività immediato. Quando sono in scena il mio scopo è quello di raccontare una storia, senza barriere o limiti concettuali. Cantare, proiettare un dipinto, recitare: tutto si mescola con armonia per arrivare allo spettatore in modo completo.

David Bowie è stato il suo più celebre allievo. Che ricordo ha di lui?

Ho solo ricordi felici. David vide un mio spettacolo a Londra, nel ‘67. Incantato dal mio mondo – che definiva “il mondo bohemien di Pierrot” – venne a trovarmi nel backstage: rimasi folgorato. Mi chiese se poteva essere un mio allievo e il giorno dopo era a lezione da me. Gli ho insegnato ad esprimere se stesso attraverso il corpo, era uno studente di prima classe. Lo spettacolo che abbiamo creato insieme, Pierrot in Turquoise, ha girato l’ Inghilterra ed ha avuto una stagione a Londra prima che ci separassimo per un periodo. Un paio d’anni dopo ci siamo incontrati di nuovo per una versione TV di Pierrot in Turquoise ribattezzata The looking glass murders. David mi portò il suo nuovo LP The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars e mi chiese di aiutarlo a metterlo in scena al Rainbow Theatre. In quello show appaio come guest artist: è così che è nato “Starman”.

Il personaggio di Ziggy Stardust sancì una sinergia tra lei e Bowie. Come ebbe inizio quella straordinaria avventura?               

Ziggy è stato una sua creazione. La mia influenza si è concretizzata nello stabilire una connessione tra la rockstar Bowie e l’ artista d’ avanguardia che ero. È stato forse il primo mix tra musica rock e azione scenica: lo show era influenzato dalla mia passione per il teatro giapponese, soprattutto il kabuki, uno spunto che ha poi avuto un’ enorme influenza nell’ opera di David Bowie.

Quali affinità accomunavano i vostri universi artistici?

Era una mescolanza totale, una fusione.

Una frase che non ha avuto la possibilità di indirizzargli quando era in vita: cosa gli direbbe?

“ Vorrei rivivere tutto di nuovo”. Ma senza cuore infranto finale!

Kemp Dances – un titolo che gioca sul significato ambivalente di “dances” come verbo in terza persona e sostantivo al plurale – Inventions and reincarnations è uno show antologico che alterna brani del repertorio di Lindsay Kemp a nuove creazioni sceniche. Sono presenti, tra gli altri, Ricordi di una Traviata, il celebre assolo The flower e Frammenti dal diario di Nijinsky, icona della danza alla quale Kemp ha dedicato più di un tributo. Kemp dances, che l’artista porta in scena con la Lindsay Kemp Company, approderà in Spagna il prossimo Settembre per la seconda tranche di un tour che ha a tutt’ oggi incluso l’ Italia e parte della penisola iberica.

Photo Credits: Richard Haughton

Un ringraziamento speciale a Daniela Maccari della Lindsay Kemp Company

Photo courtesy of Daniela Maccari/Lindsay Kemp Company