Addio a Mary Quant, icona della Swinging London e brillante interprete di un mood epocale

Londra, 1963: Mary Quant si fa tagliare i capelli da Vidal Sassoon

 

“Non vedevo alcun motivo per cui l’infanzia non dovesse durare per sempre. Così ho creato abiti funzionali, in movimento, che permettessero alle persone di correre, saltare, di conservare la loro preziosa libertà.”

(Mary Quant)

Mary Quant è scomparsa giovedì mattina, a 93 anni. Un comunicato stampa riporta che la morte è sopraggiunta mentre la leggendaria designer si trovava nella casa che possedeva nel Surrey. Celebrata unanimemente come l’ideatrice della minigonna (nonostante la querelle con André Courrèges, che ne rivendicò più volte la paternità), pioniera della moda di un’era rivoluzionaria e anticonformista, Mary Quant è una delle supreme icone della Swinging London, “the place to be” degli anni ’60, una scoppiettante fucina di tendenze nei campi della moda e delle arti visive e figurative. A questo vortice creativo Quant aderì stravolgendo per sempre le regole dello stile: la minigonna, autentico emblema di emancipazione femminile, permetteva alle giovani donne di muoversi agevolmente lungo le vie cittadine e di prendere un autobus al volo per andare al lavoro ogni mattina.

 

 

La stilista londinese non aveva creato un semplice capo di abbigliamento, bensì l’ epitome di un mood epocale. Che accompagnò, non a caso, a collant coloratissimi, impermeabili e alti stivali in vinile (alternabili agli ankle boots con fibbia o zip laterale), gilet maschili da abbinare alla cravatta o al papillon. Il look che proponeva nelle sue boutique londinesi – Baazar, rimasta mitica, aprì i battenti a King’s Road nel 1955 – era il look per eccellenza della “It girl”, tant’è che fu proprio Twiggy a sfoggiare per prima la minigonna griffata Mary Quant. Ironia, praticità, disinvoltura e audacia rappresentavano le coordinate del signature style della designer. Imprenditrice a tutto tondo, Quant lanciò in seguito anche una linea make up. Nel frattempo si era fatta tagliare i capelli da Vidal Sassoon, che creò per lei un “bowl cut” geometrico imitatissimo, tramutandosi nella principale testimonial del proprio brand. In molti hanno paragonato l’eccezionale impatto che la moda di Mary Quant ebbe sulla società al clamore suscitato, all’ epoca, dalla musica dei Beatles: un confronto che non potrebbe essere più azzeccato. La sua fama si diffuse ben presto a livello planetario e il suo talento brillante le valse prestigiosi riconoscimenti.

 

 

Nel 1966 la Regina Elisabetta la insignì dell’ onorificenza di Ufficiale dell’ Ordine dell’ Impero Britannico “per il suo straordinario contributo al settore della moda”, e nel 2014 la onorò con il titolo di Dama Comandante dell’ Ordine dell’ Impero Britannico “per i servizi alla moda britannica”. Con Mary Quant scompare, quindi, non solo una stilista geniale e celebratissima, ma colei che seppe intercettare il prorompente desiderio di cambiamento degli Swinging Sixties per tradurlo in stile. E se la minigonna può essere definita un vero e proprio fenomeno di costume, anche la margherita che Mary Quant scelse come logo possiede un’ alta valenza simbolica: è una margherita minimal, dai petali iper arrotondati, pop al pari della corrente artistica che grazie a nomi del calibro di Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Robert Rauschenberg e Jasper Johns imperava durante i favolosi, indimenticabili Swinging Sixties.

 

 

Foto: Mary Quant & Vidal Sassoon via Francesca Romana Correale from Flickr, CC BY-ND 2.0

Le rimanenti immagini sono di Jack de Nijs for Anefo, CC0, via Wikimedia Commons

 

Giambattista Valli AI 2022/23: 6 look da fiaba

 

Verde menta, argento, bianco e rosa ghiaccio: una palette di colori freddi, eterei, sognanti, esalta dei veri e propri abiti da fiaba. Giambattista Valli li dosa sapientemente e li abbina con cura. Le scarpe che accompagnano i look, ad esempio, sprigionano invariabilmente un luccichio argentato. I collant sono bianchi e spessi, rimandando all’ epoca che ha ispirato la collezione Autunno Inverno 2022/23 del designer romano: gli anni ’60 immortalati da Henri Cartier-Bresson in un celebre scatto ambientato a Parigi, all’esterno della Brasserie Lipp, dove un’anziana signora osserva con sguardo truce una ragazza in minigonna inguinale. Quell’ era rivive nei minidress cortissimi e minimal, dalle linee dritte o vagamente ad A. Ed è straordinario come all’ essenzialità delle forme si affianchino elementi in grado di plasmare capi più che mai iconici e preziosi. Un grande fiocco sul davanti, un top impalpabile e un pattern punteggiato di strass, un “pavé” di paillettes su un abito con colletto a punta ammantano le creazioni di fatata raffinatezza. Un corpetto con vertiginosa scollatura a cuore, orlato di ruches e impreziosito di ricami, si assembla a una full skirt tramutandosi in un sogno in total white. E poi ci sono i look nuvola: un autentico tripudio di ruches in tulle che adornano silhouette fascianti o con accenni di strascico, “sbocciano” sugli abiti e li arricchiscono di vaporosi decori. Bagliori argentei profusi valorizzano ogni creazione, inneggiando al coté fiabesco di una collezione che, nata in omaggio al ribelle mood sessantottino, non ha esitato ad avvolgerlo nell’ alone “chic and cool” che è ormai un signature di Giambattista Valli.

 

 

 

Tendenze PE 2022 – La microgonna che fa furore

Miu Miu

Torna la minigonna, ma non è mai stata così mini. Alla sfilata della collezione Primavera Estate 2022 di Miu Miu ha fatto furore: a vita bassa, cortissima, più che “mini” avremmo potuto definirla “microgonna” ed è subito diventata un must di stagione. Ma anche altri brand, per i mesi caldi, hanno proposto gonne dagli orli ultra ridotti. Sono pratiche, fresche, ideali per combattere l’ afa che già impazza; si declinano in un numero incalcolabile di stili e soprattutto mettono in mostra gambe a effetto “extralong”. In questa gallery, una selezione di microskirt decisamente mozzafiato. 

 

Dior

Dolce & Gabbana

Blumarine

N.21

Valentino

Versace

Christopher Kane

Missoni

Emporio Armani

Tendenze PE 2021- Il ritorno della minigonna: quando praticità fa rima con stile

Versace

Torna la minigonna: la moda dell’ estate 2021 scopre le gambe, emancipandole dalle lunghezze dei maxidress (che rimangono, comunque, sempre al top delle tendenze). Il sole, le recenti riaperture e il caldo imminente accrescono il desiderio di uscire, di tornare a girare, a muoversi. C’è voglia di praticità, di libertà persino nel modo di vestirsi: indossare una minigonna e via, a lanciarsi nel brulichio della vita. La mini è seduttiva, certo, ma soprattutto rievoca tutto un mood. Quello frizzante della Swinging London di Mary Quant, negli anni ’60, dove si sfoggiava per rompere gli schemi ed affermare i nuovi valori giovanili. Non ultimo per la sua comodità, che ancora oggi si coniuga rigorosamente con lo stile. Le collezioni della Primavera Estate 2021, infatti, propongono versioni sfiziose e ricche di questa gonna dagli orli micro: date un’ occhiata alla gallery ed ammiratene alcune.

 

Dolce & Gabbana

Miu Miu

Alberta Ferretti

Philosophy di Lorenzo Serafini

Blumarine

Dior

Chloé

Elisabetta Franchi

David Koma

 

 

 

Emilio Cavallini, la calza come cult: Pier Filippo Fioraso presenta ‘Ready to seduce’

“Quando ho aperto la mia azienda nel 1970 ero interessato a fare uscire i collant dall’anonimato, volevo trasformarli in un capo completo, fine a se stesso”, ha detto Emilio Cavallini. E bisogna dire che è perfettamente riuscito nel suo intento: oggi, le creazioni di calzetteria e l’ abbigliamento seamless che portano il suo nome incarnano uno stile inconfondibile ed altamente iconico amatissimo dalle celebs. Tutto è cominciato negli anni della Swingin’ London, quando il boom della minigonna tramutò le calze in elemento imprescindibile del look. Folgorato da quello spunto ispirativo, Cavallini iniziò a “vestire le gambe” con un’ inventiva che fondeva moda, arte e cultura pop in un prezioso connubio: i suoi collant divennero dei cult proposti nei pattern più incredibili ed in lavorazioni che alla rete declinata in molteplici versioni affiancavano – e affiancano tuttora – le stampe, il devoré, il crochet e il jacquard. Creatività e innovazione tecnologica sono ormai i leitmotiv di un brand che, per primo,  lanciò il seamless eliminando le cuciture grazie ad appositi macchinari e che Madonna, Beyoncé, Lady Gaga, Naomi Campbell, Gwyneth Paltrow, Gigi Hadid, Emma Stone e molte, molte altre star ancora scelgono per la daily life e per le loro performance. Con la nuova collezione Ready to seduce, il Direttore Creativo Pier Filippo Fioraso traduce l’ heritage più iconico del marchio in un mix di rete rock e fantasie floral che ridefinisce il gioco della seduzione: il risultato è iper-glam, straordinaramente sensuale. Ed è proprio Fioraso ad approfondire con noi i punti cardine della linea e dell’ universo Cavallini.

Com’è iniziata la sua avventura come Direttore Creativo di Emilio Cavallini?

Vengo da una tradizione familiare nel campo della moda, fin da piccolo sono stato motivato a seguire le mie passioni, i miei sogni, ad esprimermi liberamente. Da qui ho sviluppato un grande interesse per l’arte, nelle sue svariate forme ed espressioni. Fra tutte la moda è quella che mi ha attratto di più. Dopo gli studi artistici mi sono trasferito a Brescia e Milano per approfondire la mia formazione nel campo del fashion design e della maglieria. Da lì l’interesse per le infinite possibilità della “maglia” intesa come punto di partenza su cui sperimentare ed innovare. Successivamente, dal 2007 è iniziata una solida e continuativa collaborazione con Emilio Cavallini.

Calze a rete avantgarde”, fantasie optical e floral, calze che si tramutano in un vero e proprio capo di vestiario: quale elemento sente più suo, dello stile Cavallini?

Dello stile Cavallini sento mia la filosofia che anima il brand sin dalla sua fondazione: ideare outfit per donne reali, che cercano proposte ricche di personalità e che non vogliono passare inosservate.

 Quale valore aggiunto possiede la calza, in un outfit?

Penso che la calza sia uno degli accessori più versatili del guardaroba femminile, capace di trasformare e impreziosire anche il più semplice dei look. Abbinarla nel modo giusto più trasformare una donna nella regina della serata… o del supermercato!

Beyoncé

La nuova collezione ha il nome di Ready to Seduce”:che  cos’è, per lei, la seduzione?

Con Ready to Seduce ho cercato di dare corpo ad un’idea. Di definire una donna capace di esprimere la propria sensualità con consapevolezza di sé. Gli stessi scatti della collezione non sono stati pensati per rendere il corpo “esplicito” quanto, piuttosto, per vestirlo di allure. Ready to seduce è ricca di dettagli, anche di trame recuperate dall’archivio del brand e attualizzate, proprio per dare ad ogni tipo di femminilità la possibilità di trovare quello che è più adatto al personale gioco della seduzione che decide di condurre. E questo è per me “seduzione”, un gioco in cui ciascuno definisce le proprie regole.

Il black and white è un po’ il leitmotiv della linea. Perché?

Il bianco e nero rappresenta uno dei tratti distintivi della Collezione Timeless, il “continuativo” di Cavallini. Se per molti brand questo termine rappresenta il basico, da noi è invece iconico. Bianco e nero sono l’essenza della calza, il pieno e il vuoto su cui plasmare arte per le gambe.

Emilio Cavallini è un brand che le celebrities adorano. Quali sono i modelli preferiti dalle dive dello show-biz?

Celebrities come Madonna, Beyoncé, Lady Gaga, sono consapevoli di essere icone di irriverenza e seduzione, oltre che dive del pop. Sono comunicatrici e quando scelgono le creazioni di Cavallini sanno esattamente cosa vogliono. Di recente anche Petite Meller e Bebe Rexha sono letteralmente impazzite per i bodysuit. Di tutti gli articoli della collezione sono sicuramente i migliori per enfatizzare il corpo e sottolinearne le curve; hanno la forza impattante di un nudo integrale pur coprendo completamente la figura.

Se dovesse indicare un pezzo iconico della nuova collezione, su quale punterebbe?

Direi sicuramente i tre modelli a rete. Facendo ricerca negli archivi, me ne sono innamorato! Erano stati disegnati per una collezione del 1976. Li ho rivisitati in chiave contemporanea e in poco tempo sono stati tra i più utilizzati in moltissimi editoriali, oltre che scelti da numerose star.

Da dove ha attinto ispirazione per il sensualissimo bodysuit in rete?

In genere è la quotidianità ad ispirarmi, trovo che in ciò che ci circonda ci siano spesso veri momenti, o dettagli, capaci di sorprenderci. Altre volte mi ispiro al mondo dell’arte, soprattutto di quella contemporanea e al lavoro di artisti come Joana Vasconcelos o Magda Sayeg. In particolare questo bodysuit è nato dopo un viaggio in Sicilia dove sono rimasto colpito dei preziosissimi pizzi e crochet realizzati a mano secondo l’antica tradizione locale.

Madonna

biancoSe dovesse tracciare un breve ritratto della donna Cavallini, come la descriverebbe?

Una donna libera e sicura di sé, capace di definire ogni giorno la propria personalità.

Tra i suoi progetti futuri ce n’è qualcuno di cui vorrebbe parlare?

In questi anni ho collaborato con stilisti e brand di diverso calibro, come Alexander McQueen, Balenciaga, Paco Rabanne e Missoni, oltre ad aver sviluppato progetti speciali come quello per Opening Ceremony e sono sempre aperto a svilupparne di nuovi. Per il mondo Cavallini, vorrei sviluppare maggiormente l’universo Uomo, la cui proposta di calzini ed intimo è limitata ai motivi iconici in bianco e nero e, solo di recente, si è arricchita dei tanto discussi mantyhose (comodissimi collant da uomo). Vorrei inoltre focalizzarmi di più su nuove proposte di outwear e maglieria da abbinare ai motivi optical Cavallini.

Gigi Hadid

Bebe Rexha

https://www.emiliocavallini.com

biancoREADY TO SEDUCE  credits photo shoot:

Photographer: Marco Barbaro
Creative Director: Pier Fioraso
Stylist & Editor: Manuele Menconi
Video: Tommaso Cappelletti
Hair & Make-up: Rosanna Campisi @RockandRose, Melissa Alaimo
Models: Gaia and Federica @ Nur Model Mgt, Edoardo @ Mandarine Models

Location: special thanks to Soprarno Suites – Florence

Photo courtesy of Pier Filippo Fioraso

La minigonna: un cult senza tempo

Versace

 

Minigonne, minishorts, hot pants: tutto ciò che è early 70s, questa estate è protagonista di un revival senza precedenti. Nel tripudio di abitini a trapezio in puro stile Twiggy, ci chiedevamo che fine avesse fatto la leggendaria miniskirt che Mary Quant ideò e promosse con geniale acume: ed eccola apparire in passerella più sfolgorante che mai. In pelle, asimmetrica, glitterata e see through, come una corolla di rouches, lavorata a intarsi oppure in tessuto metal, il capo cult che funse da trait-d’union tra gli Swingin’ Sixties e i Settanta non perde un colpo, rivelandosi più che mai un evergreen. I designer si sono sbizzarriti in rivisitazioni estrose e inedite, declinandone il mood cool in alta contemporaneità. Date le temperature torride, optare per la miniskirt può rivelarsi, inoltre, la soluzione ideale che al glamour unisce praticità e freschezza. Diamo un’ occhiata ad alcune tra le mini più sfiziose della Primavera/Estate 2015: tra le varie proposte, quale scegliereste?

 

 

House of Holland

 

 

Fendi

 

 

Anthony Vaccarello

 

 

Saint Laurent

 

 

Isabel Marant

 

 

Felder Felder

 

 

Coach

 

 

Louis Vuitton

 

 

Sibling

 

 

Dsquared2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Summer Details: Dsquared2 e il ritorno degli hot pants

 

Nei primissimi anni ’70, ispirati dalla minigonna, scoprivano vertiginosamente gambe longilinee e svettanti in una escalation sempre minore di stoffa: gli hot pants, assecondando l’atout del proprio modello a pantalone, venivano considerati tanto più stilosi quanto più adottavano misure micro e aderenti al corpo. Grintosi, sexy, seducenti, divennero immediatamente dei must. Con la gamba nuda, rivestita di un collant o di sensuali cuissards durante l’ inverno, gli hot pants si autoproclamavano capo per ogni evenienza ed ogni stagione. Con l’estate 2013 tornano prepotentemente protagonisti, sia per un look vacanziero che più strettamente urban. Recuperando il coté sfrontato e vagamente “girl on a motorbike” d’ ispirazione Bardot (vedi il video di Harley Davidson, famoso motivo che compose per lei Gainsbourg), gli hot pants del 2013 triplicano la propria grinta e si abbinano a chiodo, catene de luxe, berretti in pelle con visiera declinandosi in molteplici modelli e materiali. Cortissimi e attillati,  hanno un’unica parola d’ordine per descrivere il loro impatto visivo: strong. La collezione spring/summer 2013 di Dsquared2 ne offre svariati esempi, proponendoli sexy, ‘insolenti’ ed ornandoli di una sovrabbondanza di accessori. Gli hot pants si accingono dunque ad imporsi nuovamente, quasi mezzo secolo dopo, come ultima ossessione fashion sotto il solleone.

 

Vintage & contemporary trends: Jean Shrimpton per Lambretta

 

Nel pieno del 50mo anniversario della creazione della minigonna,  non possiamo non omaggiare una delle minigonne più belle che fu mai legata ad un prodotto tipicamente Made in Italy: la serie di foto che ritraggono una splendida Jean Shrimpton per il calendario Lambretta del 1967 rappresentano una chicca rara da custodire gelosamente. La Lambretta, memorabile scooter e diretto concorrente della Vespa, deve il suo design a Corradino D’Ascanio e raggiunge il suo picco di popolarità a cavallo tra gli anni ’50 e ’60. L’atout di  D’Ascanio sta nell’ aver pensato, e proposto, un veicolo a due ruote che possa adattarsi ai gusti di entrambi i sessi, non trascurando di  renderne confortevole la guida a ragazze sempre più addicted a microabiti e miniskirt. Corre l’anno 1967, dunque: la minigonna è al top della popolarità, da ben quattro anni la Swinging London e il mondo intero sono pazzamente invaghiti di questo rivoluzionario indumento composto da due spanne di stoffa. Jean Shrimpton, all’ epoca, è già un’icona: è apparsa sulle cover di Vogue, Vanity Fair e Harper’s Bazaar ed è stata  la girlfriend e musa di David Bailey, altisonante nome della fotografia Made in the UK. It girl numero uno della scena londinese, modella legata agli Swinging Sixties per antonomasia, Jean Shrimpton viene scelta da Lambretta come testimonial del calendario che il brand italiano ha intenzione di lanciare sul mercato. Associare la Lambretta a Jean Shrimpton equivale a sancirne la modernità e  l’avanguardismo, a sottolinearne il design elegante, a stabilire un link all’ insegna di quel ‘giovane’ che, come aggettivo, furoreggia unanime. Non è un caso, infatti, che in tutti gli scatti Jean Shrimpton appaia accanto alla Lambretta in pose easy e non convenzionali, mirate a mettere in evidenza la sua immensa bellezza in parallelo all’ armonia di linee e forme dello scooter. Ma una menzione a parte merita il look che Shrimpton esibisce nella totalità delle foto: minigonne e top cangianti, sandali infradito, soprabiti in Pvc, coloratissime calze a rete, miniabiti in vernice, spessi collant in technicolor, una parrucca a caschetto nello stile di quelle, gettonatissime, vendute da Biba. Gli outfit che la modella indossa sono caratterizzati da una allure di straordinaria modernità,  splendidi esempi di un vintage da cui ha attinto, a piene mani, la contemporaneità stilistica più di tendenza. Tutto ciò a decretare, ancora una volta e per sempre, l’ inconfutabile carattere evergreen di un capo – come la minigonna – che negli anni, lungi dal perder smalto, ha affermato in modo costante le sue qualità ed il suo valore. Le foto del calendario Lambretta potrebbero essere state scattate nel 2013 senza incongruenze: il tutto a testimoniare che la vera bellezza, il vero stile, non si pongono limiti e non hanno confini. Sopravvivono al di là del concetto di tempo e, soprattutto,  non cessano mai di toccare le nostre corde più profonde: quelle di un meraviglioso stupore.

 

 

 

 

Vintage & contemporary trends: la minigonna compie 50 anni

 

Negli anni della Swinging London e della rivoluzione giovanile, l’esplosivo mutamento dei costumi va di pari passo con  l’evoluzione del look e dello stile creando una fenomenologia del vestire che rimarrà storica per tutti gli anni futuri. Un capo, in particolare, simbolizza tutto l’ ‘humus‘ di temi che spaziano dall’ emancipazione sessuale a quella femminile, passando per la ricerca di una nuova indipendenza: la minigonna. Sono trascorsi 50 anni esatti quando Mary Quant, a Londra, nella sua boutique Bazaar di King’s Road, espose la prima mini-skirt. A tutt’oggi, l’ invasione delle minilunghezze non accenna a diminuire. Nonostante la paternità della mini sia una questione eternamente dibattuta, una frase proferita dalla Quant ne chiarisce con estrema linearità le origini ponendo fine ad ogni discussione: “Nè io, nè Courregès, abbiamo avuto l’idea della minigonna. E’ stata la strada ad inventarla.” Pare che a monte di tutto ci fosse comunque l’avvento di un’auto che, nei magnifici 60s, diverrà un cult per le giovani generazioni: la Mini Minor,  con le sue dimensioni ridotte, la sua originalità, il suo stile scattante, ispira un transfert di queste caratteristiche anche al fashion design. La minigonna di Mary Quant nasce con una regola: mantenere la lunghezza di due dita sopra il ginocchio, ma il suo successo è tale che conoscerà un accorciamento progressivo fino ad arrivare, letteralmente, ai minimi termini. Soltanto un anno dopo, la mini diventa un palmo più corta per poi ridursi ulteriormente, secondo un dettame di stile che la vuole così supertrendy. Sono molteplici i fattori che contribuiscono al suo boom: la discontinuità ricercata dai giovani nei confronti delle precedenti generazioni, il sex appeal che favorisce, il basso costo e una maggiore libertà nei movimenti e nel way of life. Non passa molto tempo, da quel lontano 1963, all’ ingresso della minigonna nel mondo della Haute Couture: André Courrèges due anni dopo  la propone insieme ai go-go boots e Pierre Cardin sarà il primo a farla sfilare in passerella, organizzando défilès con mannequin tutte in mini vestite. Le modelle più famose degli Swinging Sixties, come Twiggy e Jean Shrimpton, vengono costantemente immortalate in mini da fotografi prestigiosi quali David Bailey, Richard Avedon, Helmut Newton, la mini entra nel cinema e nel 1965 Mary Quant riceve il titolo di Ufficiale dell’ Ordine dell’ Impero Britannico per aver creato una vera e propria pietra miliare della moda. Di pari passo, intanto, si diffonde l’utilizzo dei collant, che si rivelano più pratici e comodi di reggicalze e giarrettiere. La lunghezza mini si estende anche agli abiti, dando origine a deliziose creazioni a cui fanno tuttora riferimento le collezioni di numerosi designer. Twiggy diventa la testimonial ufficiale di Mary Quant incarnando il nuovo tipo di donna, dalla magrezza esasperata e dai tratti adolescenziali. E, last but not least, nei primissimi anni ’70 si registra l’avvento degli hot pants, una versione ultramini dei classici shorts. Solo durante gli anni del femminismo la minigonna conosce un black out che va di pari passo con le nuove ideologie, per riapparire trionfalmente negli anni ’80 e rimanere, ormai in pianta stabile, uno dei capisaldi del nostro guardaroba. Oggi, la mini può considerarsi decisamente un evergreen: declinata in vari materiali, forme e modelli, non raggiunge più le ‘cortezze’ vertiginose degli esordi ma mantiene fermamente intatto il suo appeal. Sono molteplici i designer che che l’hanno introdotta nelle loro collezioni Primavera/Estate, spesso ispirandosi abbondantemente allo stile ed alle suggestioni 60s: ne pubblichiamo una breve photogallery.

Buon giovedì.

 

Dsquared2

Michael Kors

Fay

Roberto Cavalli

Moschino

Dolce & Gabbana

Versus

Prada