Febbraio, il look del mese

 

Un look che ispira vaghe reminiscenze settecentesche e quindi, in questo periodo dell’anno, “carnascialesche”: l’ho scelto per rappresentare il mese di Febbraio e lo firma Uma Wang, che l’ha inserito nella sua collezione Primavera Estate 2024. I colori sono chiari e luminosi, spaziano dai toni del panna a quelli dell’avorio. L’ abito è composto da un corpetto aderente e da una gonna con pinces che sfiora le caviglie; lo impreziosiscono maniche voluminose, increspate sullo scollo, ad effetto mantella. Il cappello è un autentico capolavoro: la forma rievoca un tricorno, pur con le dovute differenze, e una veletta che ricade sia anteriormente che posteriormente cela metà volto quasi fosse una maschera. L’allure che sprigiona il look è antica, misteriosa quanto basta. Le nuance tenui dell’outfit, però, smorzano qualsiasi indizio di enigmaticità: quest’abito di Uma Wang, proprio come il mese di Febbraio, si colloca tra Inverno e Primavera; dell’Inverno riprende il mood arcano, della Primavera la soave luminosità. E poi, potremmo provare a chiudere gli occhi e immaginarlo tinto di un tripudio di colori…pronto per partecipare alla variopinta parata di maschere del Carnevale veneziano.

 

 

Dicembre, il look del mese

 

Un look che coniuga il mood festivo di Dicembre con gli indizi tipicamente invernali del mese: lo firma AZ Factory, la label fondata nel 2021 dal compianto Alber Elbaz, ed esprime questa ambivalenza alla perfezione. L’abito, drappeggiato e fasciante, potrebbe essere un inno (rigorosamente privo di ridondanze) alla sacralità del Natale. E’ in velluto, a mezze maniche e con uno spacco laterale; il tessuto, considerato da sempre uno dei più pregiati, ricchi e avvolgenti, si tinge di rosso carminio accentuando la preziosità del capo. Non dimentichiamo, poi, che il rosso è il colore del Natale per antonomasia: il connubio tra il velluto e la nuance profonda in cui viene declinato sembra evocare l’aspetto più divino e spirituale della festa della natività. I grandi orecchini dorati amplificano l’allure quiet luxury che contraddistingue la mise.

 

 

L’abito viene abbinato a un paio di drappeggiatissimi Opera glove e a pantaloni dal taglio classico, ampi e con riga frontale, che lo calano in una dimensione quotidiana pur senza scalfirne la raffinatezza. I guanti e i pantaloni sfoggiano un’elegante nuance panna, colore di tendenza ma non solo: rimanda ai toni candidi tipicamente invernali, al chiarore etereo della prima neve, alle atmosfere ovattate che imperano nei mesi freddi. E’ un look d’impatto, quello di AZ Factory, in grado di fondere un minimalismo apparente con una ricercatezza squisita e disinvolta al tempo stesso.

 

Salsedine: la collezione PE 2023 di Federico Cina si ispira ai colori e alla suggestività della Salina di Cervia

 

La palette esplora tutte le nuance del beige, del sabbia e del panna, sebbene non manchino tocchi di rosa, grigio, celeste e nero. Le forme sono disinvolte ma sensuali, sovrapposizioni e asimmetrie regnano sovrane. Tessuti e fantasie eterogenei convivono, esaltando drappeggi, increspature e pattern che sembrano finissime cesellature (infatti sono stati realizzati a mano). Il mood è decisamente avantgarde. La collezione Primavera Estate 2023 di Federico Cina non passa inosservata: ammalia sia grazie ai look che ai dettagli preziosi, frutto di una perizia sartoriale doc.

 

 

L’ispirazione a cui attinge il giovane designer nato a Sarsina, un comune in provincia di Forlì-Cesena, prende vita da luoghi e atmosfere della Romagna, la sua regione, dove ha scelto di tornare dopo gli studi fiorentini al Polimoda ed esperienze lavorative internazionali. Le radici, i valori e la cultura romagnola sono dei leitmotiv costanti, per Federico Cina. La collezione Primavera Estate 2023 non sfugge alla regola: intitolata “Salsedine”, è focalizzata sulla Salina di Cervia e sul suo parco naturale a sud del delta del Po. Uno scenario futuribile, dove le montagne di sale assumono colori cangianti che spaziano dal rosa al ruggine e riflettono i bagliori delle pozze d’acqua lambite dal sole. Sale e acqua si alternano in una distesa sconfinata, contraddistinta da panorami mozzafiato e da specie botaniche e faunistiche rare. Basti pensare che la Salina, per fare solo un esempio, è popolata da ben 2000 fenicotteri rosa. Quando di sera cala il silenzio, le montagne di sale emanano la stessa suggestività delle dune del deserto. Federico Cina ha rielaborato quel paesaggio avveniristico, le sue sfumature, l’idea della salsedine rimasta impressa sul corpo, dando vita a una collezione intrisa di fascino che conquista al primo istante.

 

 

 

La colazione di oggi: il crème caramel, un budino che piace in tutto il mondo

 

Nonostante l’ allerta meteo a base di piogge, temporali e forti acquazzoni, l’ estate continua (almeno in teoria). E’ tempo di relax, di regalarci qualche coccola: delizie per il palato che ci gratificano senza intaccare troppo la linea. Una di queste è il budino, il classico crème caramel chiamato anche “latte portoghese” o, in inglese, “caramel custard”. E’ buonissimo e gustoso, chi di noi non l’ ha assaggiato almeno una volta? Il suo punto di forza è quello di essere composto da latte gelificato senza l’ausilio degli amidi, della farina o di gelificanti vegetali vari. I suoi ingredienti principali, oltre al latte, sono le uova e lo zucchero. Per aromatizzare il latte si usano i semi di vaniglia, mentre per ottenere il caramello si fa bollire lo zucchero in un pentolino aggiungendo una buona dose d’acqua. Un altro atout del budino al crème caramel è la scelta degli stampi (in silicone o in alluminio): potete dargli tutte le forme che volete e sbizzarrirvi a selezionarne ogni volta una diversa. Nello stampo vanno versati il caramello e il latte aromatizzato, che avrete amalgamato precedentemente in una ciotola insieme alle uova. Ma lungi da me tramutare questo spazio in una rubrica di ricette. Concludo i cenni sulla preparazione dicendovi che, dopo la cottura a bagnomaria, lo stampo va custodito in frigo per qualche ora e che il budino, così raffreddato, è pronto per essere servito. Allo scopo di renderlo ancora più goloso, spesso al caramello viene aggiunta della panna: vi lascio immaginare la squisitezza extra!

 

 

Dolce, soffice, vellutato ma compatto, il budino al crème caramel è un dessert che ci rimane impresso nella mente sin dalla prima volta che lo gustiamo. Per una variante light, dato che è ricco di colesterolo e saccarosio, si può utilizzare del buon latte di mandorla, oppure scremato, e includere una dose di zucchero meno abbondante; alcuni propongono, invece, di avvalersi dello zucchero di canna. Una porzione di crème caramel di circa 100 g contiene più o meno 59 calorie, e a seguire, nell’ ordine, una buona quantità di carboidrati, proteine, grassi (saturi, monoinsaturi, polinsaturi) e colesterolo. Le fibre sono del tutto assenti. Non è il dolce ideale, insomma, per chiunque sia affetto da ipercolesterolemia e per i diabetici.

 

 

Presente in tutto il mondo con svariati nomi e metodi di preparazione, pare che il budino al crème caramel esistesse già all’ epoca della Roma e della Grecia antiche. Pietanze a base di latte addensato mescolato con le uova venivano realizzate, allora, sia in versione dolce che salata, ma molti sono soliti rinvenire in Spagna o in Portogallo – da qui il nome “latte portoghese” – le origini del dessert. A differenza della crème brûlée, il crème caramel ricopre il budino con un velo liquido, mentre la prima ne sfoggia uno strato croccante; questo dettaglio contribuisce a renderlo più morbido e “leggero”. Tra i paesi in cui il crème caramel è diffuso, oltre a quelli europei troviamo gli Stati Uniti, il Giappone, l’ Argentina, l’ Uruguay e gran parte dell’ America Latina, le Filippine: si può ben dire, concludendo, che il budino al crème caramel è una ghiottoneria internazionale.

 

 

 

 

 

 

La colazione di oggi: frullati e milkshake, healthy drinks versus golosità pura

 

Stiamo entrando nel cuore dell’estate, e includere un frullato o un milkshake nella prima colazione sarebbe l’ideale. Sono salutari, nutrienti, rinfrescanti ma soprattutto golosi, in particolare i milkshakes. Eppure li dividono differenze sostanziali: i frullati si avvalgono di frutta e verdura in dosi massicce, mentre i milkshakes contengono gelato e latte più un tripudio di delizie aggiuntive che li sormontano. Un esempio? Ghiaccio tritato, frutta di stagione, svariati tipi di scrioppo, granella di pistacchio, biscotti, montagne di panna e scacchi di cioccolato, proprio volendo esagerare. E’ chiaro che in questo caso la bevanda si tramuta in un pasto ghiottissimo, ma ad alto tasso di calorie. A voi la scelta, dunque, a seconda delle vostre esigenze e con la consapevolezza che gli eccessi non dovrebbero mai diventare la norma.

 

 

Cominciamo dal frullato: come ben saprete, è facilissimo da preparare. Bastano un frullatore e della frutta fresca, che si può alternare o mixare ad ortaggi e verdure. Per fluidificare la base è possibile utilizzare un po’ d’acqua, dei succhi di frutta o del latte vegetale, ma alcuni preferiscono esaltare la sua consistenza densa con una manciata di frutta essiccata o con spezie dolci come la polvere di vaniglia e di cannella. Naturalmente, i frullati contengono tutti gli elementi salutari della frutta e della verdura: le fibre regolarizzano l’ intestino, espellono le tossine e riducono il colesterolo in eccesso, mentre le vitamine e i sali minerali sono un toccasana che rende il frullato un pasto a tutti gli effetti.

 

 

Il milkshake è composto da tre parti di gelato e una di latte, ma se preferite tenere a bada le calorie non dovete far altro che dosare le proporzioni degli ingredienti a vostro piacimento (ad esempio, diminuendo la quantità di gelato). Oppure, utilizzate del gelato fatto in casa e del latte scremato, privo di zuccheri. Come ho già accennato, inoltre, meglio non esagerare con i “topping” straripanti di ghiottonerie: vanno bene solo se volete concedervi uno sfizio una tantum. Per godere dei benefici della frutta, invece, è sufficiente aggiungere qualche frutto fresco nel frullatore. Se volete ottenere una bevanda il più possibile rinfrescante, via libera al ghiaccio tritato tipico del frappè. Un consiglio basilare: il milkshake è perfetto per la prima colazione, la merenda o un’ uscita serale, ma non consumatelo mai dopo i pasti. E’ molto sostanzioso e, come il frullato, può essere considerato un alimento completo.

 

 

Qualche curiosità sul frullato e sul milkshake? Sono entrambi “born in the USA”. Il primo risale agli anni ’30, il decennio in cui venne lanciato il frullatore elettrico, il secondo è un classico del lifestyle americano: il film “Grease” e la serie TV “Happy Days” lo hanno decretato bevanda cult dei bar frequentati dai protagonisti. Gli anni ’50, infatti, coincisero con il suo boom. Ultimamente, la voga delle sperimentazioni culinarie ha dato vita a dei gusti particolarissimi sia per quanto riguarda i frullati che i milkshake. Tra i più insoliti, si segnalano il frullato al bacon (sì, avete capito bene…il noto salume britannico) e il milkshake alla birra, nello specifico la celebre Guinness: pare che il suo connubio con il gelato sia da leccarsi i baffi. Parlando di  milkshakes, qualche anno fa il fast food newyorchese “Black Tap” ne ha proposto versioni da mozzare il fiato: alti quasi mezzo metro, erano degli autentici capolavori architettonici arricchiti da bon bon variopinti, gelato a cascata, praline al cioccolato, enormi fragole, fette di torta, biscotti come se piovesse, litri di sciroppo, Nutella e torri di panna montata. Cliccate qui per visualizzarli direttamente sul feed Instagram di “Black Tap”!