Il luogo: Bergen, la città delle sette montagne, tra cultura, pan di zenzero e fiordi norvegesi

 

Ricordate quando nell’articolo dedicato alla casetta al pan di zenzero ho citato la “gingerbread town” più grande del mondo? Bene: Pepperkakebyen (questo il suo nome) è una delle principali attrattive natalizie di Bergen, la seconda città più popolosa della Norvegia, e oggi voleremo proprio lì. Bergen è un centro abitato ricco di fascino a partire dall’area in cui sorge: situata sulla penisola che porta il suo stesso nome, a nord si affaccia sul fiordo di Byfjorden e le montagne circondano il resto della città (soprannominata, in virtù di ciò, “città delle sette montagne”). Molti quartieri sono situati sulle isole circostanti, il che accresce la particolarità del territorio bergense. Ma perchè andare a Bergen, dato che Pepperkakebyen ha chiuso i battenti lo scorso 31 Dicembre? La risposta è semplice: è una città vivace, culturalmente stimolante. Non è un caso che nel 2000 sia stata eletta Capitale Europea della Cultura, nè che la presenza di numerosissimi studenti, molti approdati a Bergen grazie al progetto Erasmus, la renda estremamente frizzante. L’Università di Bergen, infatti, è circondata da un’aura di prestigio e la Norges Handelshøyskole, Scuola Norvegese di Economia, è una delle più rinomate della Norvegia. Il quartiere di Bryggen, inoltre, nel 1979 è stato decretato Patrimonio dell’ Umanità UNESCO. Si tratta, tanto per intenderci, dell’area che include le iconiche e coloratissime casette di legno situate sul lungomare. Ma l’appeal di Bergen non si esaurisce qui: è dal porto cittadino che si possono raggiungere i fiordi di Hardangerfjord  e Sognefjord, due meraviglie norvegesi, collocati a poca distanza. La suggestività di quest’antica città anseatica fondata dal re Olaf Kyrre nel 1070 è del tutto unica. Capitale della Norvegia fino al 1300, quando Oslo prese il suo posto sotto il regno di Haakon V, verso la metà del XIV  secolo divenne la sede di uno dei fondachi della Lega Anseatica ed entrò ufficialmente a farne parte. Da allora, Bergen si tramutò nel centro commerciale più rilevante del paese e tuttora lo rimane.

 

 

Naturalmente, un viaggio a Bergen non può prescindere da una visita al quartiere di Bryggen. Affacciato sulla baia di Vågen, Bryggen è contraddistinto da una serie di casette di legno dai colori vivaci e disposte a schiera che l’hanno reso inconfondibile. Nel 1360, quando Bergen entrò a far parte della Lega Anseatica, Bryggen divenne il quartier generale dei mercanti tedeschi in città: dal porto si esportavano grandi quantità di stoccafisso e si importavano i cereali che provenivano dal centro Europa. In passato Bryggen fu devastato da ben due incendi, ma dopo ogni ricostruzione le casette apparivano più belle di prima. Lì i mercanti collocavano i loro uffici e magazzini, talvolta delle mense, non di rado vi alloggiavano. Oggi, nel quartiere – Patrimonio dell’Umanità UNESCO – proliferano bar, caffetterie, ristoranti, boutique, e le sue viuzze medievali sono disseminate di gallerie e studi d’arte. A proposito di arte: tra i molti musei presenti a Bergen vi segnalo il Bergen Kunsthall, dove potrete ammirare opere di artisti contemporanei nazionali e internazionali, l’Hanseatiske Museum, ricco di reperti e testimonianze risalenti all’epoca in cui Bergen faceva parte della Lega Anseatica, e il Bryggens Museum, situato proprio a Bryggen: qui, nell’antica area portuale cittadina, vengono conservati i più importanti cimeli della Bergen medievale. Assolutamente imperdibile, poi, è il KODE Art Museums and Composer Homes, composto da sette edifici dislocati nel cuore della città. E’ maestoso e focalizzato sull’arte, la musica, l’artigianato e il design scandinavi. Include quattro musei, KODE 1, 2, 3 e 4, e le dimore di tre celeberrimi compositori norvegesi: Ole Bull, Harald Sæverud e Edvard Grieg. Tra i fiori all’ occhiello del KODE risalta la collezione permanente di Edvard Munch; le collezioni Rasmus Meyer e Silver Treasure sono da visitare tassativamente, così come le incredibili mostre di arte contemporanea e design organizzate dal museo.

 

 

A pochi passi da Bryggen troverete la fortezza di Bergenhus, che comprende il Castello Reale, la Håkonshallen e la Torre di Rosenkrantz. Sono tre edifici risalenti all’epoca medievale che vennero edificati su richiesta dei sovrani di Norvegia: nel Castello i re avevano stabilito la loro dimora, mentre la Håkonshallen, un monumentale salone di pietra con travi di legno sottostanti al soffitto a volta, era destinata agli eventi più importanti; qui furono celebrati, tra l’altro, diversi matrimoni reali. La Torre di Rosenkrantz, duecentesca, veniva utilizzata sia a scopo difensivo che residenziale.

 

 

Dato che Bergen ha basato sul commercio del pesce quasi tutta la sua storia, soprattutto durante l’ appartenenza alla Lega Anseatica, visitare il mercato del pesce della Torget è d’obbligo. Al mercato potrete ammirare innumerevoli varietà di pescato, proveniente rigorosamente dal Mare del Nord e mantenuto fresco grazie agli innovativi banconi in legno dotati di un flusso d’acqua continuo. E’possibile anche pranzare: un’occasione unica per gustare “dal vivo” le prelibatezze marine di Bergen.

 

 

Si dice che nel fiordo di Byfjorden si rifletta una luce speciale, impossibile da vedere altrove. Niente di meglio, dunque, che ammirarla dall’ alto in tutto il suo splendore. Fatelo raggiungendo la cima della collina Fløyen in funicolare: lì, a 320 metri sopra il livello del mare, potrete godere di un panorama mozzafiato della città di Bergen e del suo mare. Vale decisamente la pena, anche perchè la funicolare impiega solo cinque minuti per inerpicarsi sull’altura.

 

 

Se invece preferite visitare i fiordi e perdervi nella meraviglia selvaggia della loro natura, sappiate che dal porto di Bergen partono traghetti che li raggiungono quotidianamente. Il Sognefjord è una meta must: vanta una lunghezza di ben 203 chilometri che lo piazza al secondo posto a livello mondiale, mentre è il più profondo in assoluto di tutta la Norvegia. Lo costeggiano montagne imponenti, dalle pareti scoscese, che svettano sul mare ad oltre 1000 metri di altezza, ma proseguendo nel tragitto il paesaggio si fa più a misura d’uomo e rivela una vegetazione rigogliosa, villaggi inaspettati ed aree coltivate con cura.

 

 

Gamle Bergen è un museo open air a 4 chilometri da Bergen dove potrete addentrarvi nelle viuzze acciottolate della città vecchia, minuziosamente riprodotta in cinquanta case di legno corredate di negozi e di antiche botteghe. Alle abitazioni si accede solo tramite un tour guidato, mentre l’accesso alla Gamle Bergen è assolutamente gratuito. All’interno delle case vengono fedelmente replicati l’arredamento e lo stile di vita norvegesi a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.

 

 

E veniamo alla Pepperkakebyen, la città di pan di zenzero più grande del mondo. Pepperkakebyen, composta da casette ed edifici rigorosamente al pan di zenzero, è una miniatura di Bergen splendidamente illuminata: si possono ammirare le vie, le piazzette, le case, i palazzi storici, l’antico porto, le navi, le auto, persino le ruote panoramiche e le giostre di Natale, ma non solo…sono incluse le persone, gli animali, e un trenino percorre un itinerario ininterrotto. L’intera città, golosissima, è ricoperta di glassa, caramelle e canditi. Un vero e proprio incanto, insomma, alla cui realizzazione contribuiscono ogni anno anche i bambini delle scuole elementari e degli asili cittadini.  Purtroppo è troppo tardi per vederla ora, la Pepperkakebyen è un’attrazione tipicamente natalizia; potreste però decidere di visitarla il prossimo Dicembre. Pare che la città al pan di zenzero tornerà attiva dal 23 Novembre fino al 31 Dicembre 2024, ma le date sono ancora da confermare. Consultatele nel sito https://en.visitbergen.com/

 

 

Foto del Sognefjord di Zairon, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Foto via Unsplash, Pexels, Piqsels

 

Il luogo: la Feria de Abril di Siviglia, per catturare lo spirito della cultura andalusa

 

Siviglia è speciale perché emoziona e commuove, perché dà corpo alla bellezza e alla grazia dei sogni. Perché è Musa e Artista al tempo stesso, perché vive nel presente proiettando la sua Storia nel futuro”

(Plácido Domingo)

 

La Primavera inoltrata è il periodo migliore per visitare Siviglia, una città dove si respira la quintessenza dello spirito della Spagna. E quale occasione migliore della Feria de Abril, per volare nella capitale dell’ Andalusia? Fondata nell’ VIII secolo a.C., Siviglia è attraversata dal fiume Guadalquivir e abbonda di edifici, piazze, giardini e monumenti che recano le impronte dell’antica dominazione araba. In città il flamenco si balla ad ogni angolo di strada, i “bailaores” proliferano; nelle taverne le “tapas” si degustano con celeberrimi vini locali quali il Fino, la Manzanilla e lo Jerez. La movida è alle stelle, e lo splendore di opere architettoniche del calibro degli Alcazar, l’ Archivio delle Indie, la Cattedrale e la Giralda è valso loro il titolo di Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Ma che cos’è la Feria de Abril, e quando si tiene esattamente?

 

Il manifesto della Feria de Abril del 1961

Questa straordinaria settimana di festa, la più eclatante manifestazione folclorica dell’ intera Andalusia, si svolge ogni anno dopo circa 15 giorni dalla Settimana Santa. Quindi, nel pieno della Primavera: il periodo ideale per ritrovarsi tutti insieme nel “recinto ferial” (collocato tra i quartieri di Los Remedios e Tablada) e mangiare, bere Rebujito (una bevanda a base di vino Fino o Manzanilla mescolato alla gazzosa), divertirsi e ballare flamenco da mattina a sera. Quest’ anno, la Feria inizierà il 23 e terminerà il 29 Aprile. A partire dal 2017, tuttavia, i festeggiamenti cominciano il sabato sera per poi protrarsi fino alla notte del sabato successivo, quando si chiudono con uno strabiliante show di fuochi d’artificio sulle rive del Guadalquivir. Perciò l’inaugurazione vera e propria, imperdibile, si terrà sabato 22 Aprile: quella sera si potrà assistere alla cerimonia dell’ “alumbrao de la Portada”, l’accensione della spettacolare porta d’ingresso al cosiddetto Real de la Feria (lo spazio che la Feria occupa), e si svolgeranno le “cene del pescaito”, a base di pesce fritto, che vengono preparate in ogni stand. L’ inaugurazione è un momento importante, ma non è necessario indossare il classico “traje de flamenca”. Dal giorno dopo in poi, invece, via libera all’ abbigliamento tradizionale!

 

La Portada del 2013 in tutto il suo splendore

L’area adibita alla Feria, che occupa oltre 450.000 metri quadrati, è ricoperta di “albero”, un terriccio arancione simile alla sabbia proveniente da Alcalà de Guadaira, ed è solcata da 15 vie che prendono il nome da altrettanti storici toreri sivigliani. Ogni “calle” è illuminata da miriadi di “farolillos“, lampadine racchiuse in scenografiche sfere cartacee, e i 1051 stand sono denominati “casetas”, casette, perchè quel che riproduce la Feria è un’autentica città in miniatura: un microcosmo dove, per una settimana, ci si può immergere nella cultura andalusa più verace. E’ importante dire che la struttura della “portada”, la gigantesca porta d’ingresso, varia di anno in anno, ispirandosi ogni volta a un monumento o a una caratteristica del luogo. L’accensione della porta rappresenta un momento cruciale: per molti è come un Capodanno, il preludio ad istanti che traboccano di gioia e di emozioni. La Feria de Abril concentra in sé tutto il sentire di un popolo, le sue tradizioni, i segni distintivi della sua storia…Lungo le calles ci si sposta a cavallo oppure in carrozza (le distanze sono notevoli), le casette sono in gran parte private proprio per evocare l’idea di una mini-città. Solitamente, quindi, è possibile visitarle su invito, a parte le casette del Comune, quelle che rappresentano i quartieri di Siviglia e quelle dei partiti politici. I colori, gli addobbi e gli ornamenti, non c’è bisogno di dirlo, sono incredibili e riprendono cromie ed elementi tipici dell’ Andalusia. Lo stesso discorso vale per i “farolillos”, 237.000 in totale, che illuminano suggestivamente ogni calle. All’ interno delle casette predominano i fiori, affiancati a tavoli e sedie variopinte per lasciar spazio alla convivialità. Nel Real de la Feria è anche presente un immenso parco giochi chiamato Calle del Inferno. Qui si trovano attrazioni come una ruota panoramica e un centinaio di “cacharritos”, le giostre per i più piccoli.

 

 

L’aria di Aprile, a Siviglia, è mite anche di notte; veicola il fermento e l’entusiasmo al pari dell’aroma del pesce fritto e delle note di chitarra che accompagnano il flamenco. La gente è ospitale, allegra, cordialissima. Non è difficile, per i turisti, essere invitati a bere o a mangiare nelle casette: la socializzazione è uno dei punti cardine della festa. Potrete scoprire le delizie gastronomiche ed enologiche locali in un clima assolutamente unico, improvvisarvi “bailaores”, lasciarvi contagiare dall’ amore che i sivigliani nutrono per la propria cultura.

 

 

Tutto grazie alla Feria de Abril, una Feria dove è d’obbligo, per gli uomini, indossare il tradizionale “traje corto” (composto da un giacchino che termina all’ altezza della vita, pantaloni aderenti e stivali) abbinato al “cordobés”, un cappello a falda larga con calotta piatta, mentre alle donne è richiesto di sfoggiare le “faralaes”, i caratteristici abiti da flamenca ricchi di balze, colorati e tempestati di grossi pois. Questo look viene impreziosito da fiori tra i capelli, enormi orecchini a cerchio, mantillas o grandi scialli ornati di frange.

 

 

La Feria de Abril nacque come fiera del bestiame nel 1847. Ad organizzarla furono il catalano Narciso Bonaplata e il basco José Maria Ybarra. La prima edizione si svolse il 18 Aprile nel Prado di San Sebastiàn con il benestare della Regina Isabella II. Nel 1848, la Feria aveva già cambiato volto: a contribuire alla metamorfosi fu la presenza delle casette del Comune di Siviglia, del Casinò cittadino e del Duca e la Duchessa di Montpensier. L’evento esplose nel pieno degli “anni ruggenti”, gli anni ’20 del ‘900, e da allora il suo successo fu costantemente in ascesa. Basti pensare che oggi, ogni giorno, vanta 500.000 visitatori! Se avete intenzione di viaggiare a Siviglia in occasione della Feria de Abril, non mancate di ammirare le innumerevoli meraviglie cittadine: la Cattedrale con la torre campanaria della Giralda, appartenente a un’antica moschea, la stupefacente Plaza de Espana, solcata da un canale che è possibile percorrere in barca, l’Alcazar, fortezza reale araba dall’architettura sbalorditiva e corredata di splendidi giardini interni, la Torre del Oro, una torre di sorveglianza duecentesca edificata sulle rive del Guadalquivir, i suggestivi quartieri moreschi con le loro viuzze strette e le numerose piazzette…In questo caso, vi consiglio il Barrio de Santa Cruz. Ho citato solo alcune delle principali attrazioni situate nella capitale andalusa. Lascio a voi il compito di scoprire Siviglia a poco a poco, compresi gli angoli meno battuti dai turisti: l’ intera città è intrisa di un fascino tale da mozzare il fiato.

 

 

Foto della Feria de Abril, dall’ alto verso il basso:

Manifesto Feria de Abril 1961 di Halloween HJB, CC0, via Wikimedia Commons. Portada del 2013 di Agustín Macías, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons. Gruppo di donne in abito flamenco fotografate di spalle di Sevilla Congress & Convention Bureau, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons. Donne in abito flamenco davanti a casetta con strisce bianche e rosse di Tom Raftery via Flickr CC BY-NC-SA 2.0. Panorama della Feria serale dall’alto di Zifra Ra, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons. Gruppo di donne in abito flamenco con fiori tra i capelli di Sevilla Congress & Convention Bureau from Flickr CC BY-SA 2.0. Casette in pieno giorno con farolillos via Joaquin O.C. from Flickr CC BY-NC 2.0. Casetta con strisce bianche e rosse di Radio Sevilla  di Frobles, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons. Carrozza via Julie Raccuglia from Flickr CC BY-SA 2.0. Casette fila a sinistra con farolillos di Sandra Vallaure, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons. Feria de Abril di notte panorama con Portada di Sevilla Congress & Convention Bureau from Flickr CC BY-SA 2.0. Casette sullo sfondo a destra con donne in abito flamenco e farolillos di EdTarwinski, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons. Tutte le altre foto via Piqsels, Unsplash, Pixabay e Pexels.

 

Il luogo: Edimburgo, per celebrare Halloween in ogni sua sfaccettatura

 

” I fantasmi.
Prendono forma al chiaro di luna,
si materializzano nei sogni.
Ombre. Sagome
di ciò che non è più.”
(Ellen Hopkins)

 

Se la magia spettrale di Halloween vi cattura, un viaggio a Edimburgo è un’ esperienza che non dovete perdervi per niente al mondo: sulla città aleggia un’atmosfera sinistra, a tratti lugubre, alimentata da antiche leggende e da un cupo alone di mistero. La capitale della Scozia, non a caso, viene considerata una delle location più infestate del pianeta. Le origini di Edimburgo affondano nella notte dei tempi, il primo insediamento umano stabilitosi in quell’area risale al 8500 a.C. ed è stato identificato come una tribù celtica. Noi, però, ci occuperemo della lunga tradizione che associa la popolosa città scozzese ai fantasmi e alle presenze oscure: un argomento pregnante in vista dei festeggiamenti di Samhain.

 

 

Edimburgo, e soprattutto la sua Old Town medievale, ha ispirato romanzi del calibro di “Harry Potter” e “Dottor Jekyll e Mister Hyde”. I vicoli angusti pavimentati con ciottoli, le case costruite in pietra, le quattro vie che compongono il Royal Mile (il cui viale principale collega il Castello di Edimburgo con l’ Holyrood Palace, la residenza reale dove visse anche Maria Stuarda) sono datati all’ era della Riforma Protestante. Chiese e monumenti in stile gotico proliferano, accentuando il clima d’altri tempi che si respira in questa zona della città. I colori che predominano sono il grigio, l’antracite e il marrone, gli antichi lampioni diffondono un alone di luce perennemente sfumato nella nebbia. Dal Royal Mile si dirama il reticolo di viuzze dette “closes”, intervallate dalle piazze in cui si tenevano i mercati cittadini. E’ proprio nella Old Town, dove hanno sede anche la Chiesa di Sant’Egidio, la Casa del Parlamento, il National Museum of Scotland, la Scottish National Library e l’Università di Edimburgo, che nacquero molte delle storie di fantasmi legate alla capitale scozzese.

 

 

Una di queste è la leggenda di Annie, ambientata nel labirinto di vicoli della città sotterranea collocata a 25 metri di profondità dal Royal Mile. Il Mary King’s Close è il più tristemente noto di quelle viuzze: qui la gente viveva in condizioni terribili, estremamente malsane. Tantevvero che nel 1600, in seguito all’ epidemia di peste che nei cunicoli raggiunse il picco dei contagi, innumerevoli malati vennero murati vivi nelle proprie case. Da allora, nel Mary King’s Close cominciarono a risuonare misteriosi rumori e strani lamenti alternati a svariate apparizioni. I bassifondi sottostanti al Royal Mile, oggi rimasti pressochè identici a quell’ epoca, possono essere visitati grazie a specifici tour guidati. Molti turisti esplorano il Mary King’s Close attratti dalla leggenda del fantasma di Annie, una bambina che nel 1645 fu abbandonata nel vicolo dalla sua famiglia poichè aveva contratto la peste. La bambina morì e tuttora è possibile udirla piangere: si dispera per aver perso l’amata bambola con cui condivideva le giornate. L’ hanno vista vagare tra i vicoli, tormentata come un’ anima in pena. Per alleviare il suo dolore, i visitatori del Mary King’s Close sono soliti lasciare bambole o giocattoli nel punto in cui Annie è apparsa per la prima volta.

 

 

Anche il Castello di Edimburgo vanta un suo fantasma: in questo antico maniero, risalente al 1130 d.C., si sono verificati molteplici episodi paranormali. Il più famoso è l’apparizione del cosiddetto “Lone Piper”. Secondo la leggenda, molti secoli orsono fu rinvenuta una rete di cunicoli sottostanti al Castello. Tutti pensavano che portassero a Holyrood Palace, la residenza dei sovrani scozzesi, ma non ve n’era la certezza. Così, un giovane suonatore di cornamusa fu fatto scendere nel labirinto sotterraneo: il suono dello strumento avrebbe funto da “traccia” a coloro che seguivano il suo tragitto in superficie. All’ inizio andò tutto bene, poi la cornamusa cessò improvvisamente di suonare. Il punto in cui irruppe il silenzio coincideva con Tron Kirk, una chiesa situata lungo il Royal Mile. Nei cunicoli si calarono uomini a frotte, alla ricerca del suonatore; non fu mai ritrovato, era come svanito nel nulla. I sotterranei vennero sigillati, ma nell’area sottostante al Castello di Edimburgo e al Royal Mile si può udir suonare ancora oggi la funerea melodia di una cornamusa.

 

 

Chi è in cerca di brividi, a Edimburgo non può trascurare i cimiteri: sono aperti anche di notte e celebri per essere “abitati” da tenebrosi ectoplasmi. Le lapidi rimandano a secoli lontani, sono spesso ricoperte dal muschio e i nomi incisi sulla pietra risultano illeggibili. Le foglie morte dell’ Autunno, sospinte da folate di vento, si posano sulle tombe copiosamente. Il silenzio impera, tra i sepolcri circondati dal verde. Il cimitero più infestato è senz’altro quello di Greyfriars Kirkyard. Nella sua area sud-occidentale sorgeva una prigione dove, nel 1679, vennero massacrati e uccisi oltre 1200 Covenanters (i presbiteriani scozzesi che nel 1638 firmarono il patto del National Covenant per ribellarsi all’ episcopato anglicano). L’avvocato che emise le sentenze contro i Covenanters era Sir Mackenzie, detto anche “Mackenzie il sanguinario” per la crudeltà con cui fece torturare i prigionieri. La tomba di Mackenzie, nota con il nome di The Black Mausoleum, è uno dei monumenti più sinistri di Greyfriars Kirkyard: dal 1990 ad oggi, nei suoi paraggi sono occorsi centinaia di eventi paranormali. Apparizioni, fantasmatiche aggressioni, lesioni e ferite misteriose, inquietanti rumori si susseguono in un contesto macabro dove la violenza sembra aleggiare nell’ aria. Il reverendo Colin Grant, che nel 2000 eseguì un esorcismo a Greyfriars Kirkyard, dichiarò che il cimitero era invaso da potentissime forze del male. Si trattò forse di una coincidenza, ma pare che pochi giorni dopo l’uomo perse la vita in circostanze oscure. Per alleggerire l’atmosfera, è interessante sapere che a Greyfriars si trova anche la tomba di Thomas Riddle (aka Lord Voldemort), il famoso antagonista della saga di “Harry Potter”.

 

 

L’ Edinburgh North Bridge è un’ altra location imperdibile per gli amanti del dark. Questo ponte, costruito originariamente nel 1763 per collegare la Old Town con la New Town (dal 1995, entrambe Patrimonio dell’ Umanità UNESCO), è stato sostituito dal North Bridge inaugurato nel 1897, sotto il quale scorrono le linee ferroviarie principali di Edimburgo. Anticamente, il North Bridge si affacciava sul Nor Loch, una palude dove venivano lanciate le presunte “streghe” per verificare in che rapporti fossero con il diavolo: non è un caso che il ponte sia stato soprannominato “Ponte del Diavolo”.  Quando venne ricostruito nel XIX secolo, tuttavia, il North Bridge si guadagnò anche il nomignolo di “Ponte dei Morti”. Il giorno dell’ inaugurazione, tutti i presenti erano così spaventati dall’ eventualità di imbattersi nei fantasmi delle streghe che nessuno osava attraversarlo. Fu così deciso che la prima persona a transitare sul ponte sarebbe stata la più anziana di Edimburgo; ma la donna centenaria a cui spettò “l’onore” perse la vita proprio alla vigilia dell’ evento. Il fatto, per non alimentare dicerie su una maledizione, fu taciuto al pubblico. Il corpo senza vita dell’ anziana venne quindi posto in una carrozza che attraversò il ponte. L’ inganno, però, fu scoperto. Da quel momento, North Bridge diventò anche il “Ponte dei Morti”. Si dice che a tutt’oggi in molti si rifiutino di percorrerlo a piedi…

 

 

Se volete visitare Edimburgo ad Halloween, ma non vi interessano i fantasmi nè le leggende, concludo con una ciliegina sulla torta che voglio dedicare a voi: il Samhuinn Fire Festival. Quest’ anno si terrà il 31 Ottobre, dalle 19 alle 22, a Holyrood Park (i biglietti, una donazione di circa 5 sterline, possono essere acquistati comodamente on line), e verrà organizzato come sempre dalla Beltane Fire Society. Il Festival onora le origine celtiche di Halloween tramite una serie di festeggiamenti all’ insegna della tradizione: la transizione dall’ Estate all’ Inverno viene celebrata con spettacolari performance di danza, musica e teatro ricalcate su quelle tipiche degli antichi Celti. Rimarrete senza fiato di fronte alle scenografiche fiaccolate, agli straordinari numeri di giocoleria con il fuoco,  ai tamburi che con il loro ritmo accompagnano i balli, i suggestivi rituali e le travolgenti esibizioni. Si respira un’aria che riporta indietro di secoli, intrisa di gioia e di partecipazione. Cliccate qui se volete saperne di più sul Festival, e non mancate l’occasione di festeggiare Halloween in ogni sua sfaccettatura!