New York Fashion Week Primavera Estate 2024: mi è piaciuto…15 flash dalle sfilate

 

Comincia il recap di VALIUM sulle Fashion Week: voleremo a New York, Londra, Milano e Parigi per un resoconto delle sfilate Primavera Estate 2024. Assocerò ad ogni capitale della moda 15 flash riferiti ad altrettante collezioni; la selezione è dettata dal mio gusto personale o riguarda i brand di cui – per svariati motivi – più si è parlato. Iniziamo con New York, dove la Fashion Week si è tenuta dall’ 8 al 13 Settembre. Nella Grande Mela sono state 71 le collezioni svelate, un totale che include le sfilate e le presentazioni. Helmut Lang, alla cui direzione creativa ha debuttato lo stilista Peter Do, ha aperto la kermesse, conclusasi poi con lo show di Luar. Gli esordi, le assenze clamorose e i ritorni sensazionali hanno punteggiato una Fashion Week che ha segnato una decisa svolta nello stile Made in USA: minimalismo, monocromia, sostenibilità e inventiva potrebbero essere le sue parole d’ordine, rappresentate da brand di punta quali Proenza Schouler, Khaite, Gabriela Hearst, Collina Strada e Bevza (per menzionarne solo alcuni). Tra i grandi assenti Thom Browne, nominato nel Gennaio scorso nuovo Presidente del CFDA (e succeduto a Tom Ford dopo il mandato di tre anni di quest’ultimo), ma sono probabili future apparizioni “a sorpresa” considerato il 20esimo anniversario del suo marchio. Tempo di festeggiamenti anche per Coach, che ha celebrato con uno show non in calendario il primo decennio di Stuart Vevers alla direzione creativa. A “disertare” la Fashion Week sono stati, inoltre, Rodarte, Simkhai e Veronica Beard; da segnalare invece i ritorni di Ralph Lauren, Sally LaPointe, 3.1 Phillip Lim e Jonathan Cohen. La Fashion Week newyorchese ha contato, in conclusione, sulla presenza di label che incarnano una nuova accezione di stile: oltre a quelle già citate ricordiamo Area, Eckhaus Latta, Dion Lee, Puppets & Puppets e Ulla Johnson. Qui di seguito, i miei 15 flash.

 

Il minimalismo e i cromatismi geometrici di HELMUT LANG

Il mix and match e le suggestioni gipsy di COLLINA STRADA

I tessuti inediti e i colori cangianti di PRIVATE POLICY

L’eleganza essenziale e la candida sensualità di BEVZA

La femminilità fluttuante e i colori arcobaleno di PRISCAVera

Il trionfo di ruches e il monocromo fluo di ULLA JOHNSON

L’estro variopinto e il trompe-l’oeil sartoriale di COLIN LOCASCIO

I contrasti e i bagliori lunari di JASON WU

Il savoir faire e lo chic avant-garde di ADEAM

La sperimentazione e il denim “modulare” di AREA

Il lusso sostenibile e le linee che valorizzano la silhouette di GABRIELA HEARST

Il knitwear minimale e la palette pastello di PH5

Lo scintillio all over e i look eye-catching in stile Studio 54 di THE BLONDS

I grafismi e il denim degradè di MMAM

La sostenibilità e la giocosità gender neutral di Melke NYC

 

Foto di copertina via Unsplash

Il close-up della settimana

La Royal Albert Hall in uno scatto di David Samuel

En plein del Gruppo Kering ai Fashion Awards 2016 (già British Fashion Awards), che il 5 Dicembre ha premiato personaggi di rilievo e icone del panorama fashion globale. La cerimonia, tenutasi a Londra in una gremita Royal Albert Hall, ha visto trionfare nomi e brand del calibro di Alessandro Michele per Gucci, Marco Bizzarri, Demna Gvasalia per Balenciaga e Alexander McQueen, che si sono aggiudicati rispettivamente i titoli di “International Accessories Designer”, “International Business Leader”, “International Ready-to-Wear Designer” e “British Brand”: una eccezionale conferma per la holding fondata da François Pinault, fucina di alta creatività e di talenti innovativi. Sul palco, a consegnare i riconoscimenti del British Fashion Council in partnership con Swarovski, star di prima grandezza tra cui Marilyn Manson, Lady Gaga, David Beckham e Salma Hayek si sono alternate a big names della moda come Donatella Versace, Carine Roitfeld, Naomi Campbell e Tom Ford – solo per citarne alcuni. La Union Flag si è fatta onore nei premi consegnati a Simone Rocha (“British Womenswear Designer”), Molly Goddard (“British Emerging Talent”), Craig Green (“British Menswear Designer”) e, naturalmente, a Sarah Burton per Alexander McQueen, ma a brillare sono stati anche tre prestigiosi protagonisti – con la P maiuscola – del Fashion World internazionale: Franca Sozzani, direttore di VOGUE Italia, è stata insignita dello “Swarovski Award for Positive Change” per le iniziative volte al benessere ed alla promozione di buone cause, mentre a Ralph Lauren  è andato il premio “Outstanding Achievement” per la straordinaria carriera; Bruce Weber, dal canto suo, è stato omaggiato con l’ “Isabella Blow Award for Fashion Creator”, un riconoscimento al suo contributo nella fashion industry. Dopo il trionfo al défilé di Victoria Secret 2017, invece, un ennesimo successo ha coronato la carriera di Gigi Hadid che si è vista assegnare il titolo di “International Model“.

Photo by David Samuel, User:Hellodavey1902 (Own work) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons

L’ accessorio che ci piace

 

Donne e cravatta: un rapporto che affonda le sue origini in un passato più remoto di quanto si pensi. In Francia vigeva ancora la monarchia quando la duchessa di La Vallière, favorita di Luigi XIV, prese ad indossare una cravatta a farfalla dal tessuto soffice e colorato annodandola attorno al collo con disinvoltura. Due secoli dopo, una cravatta simile – ma nera – avrebbe preso il suo nome, tramutandosi in must have per bohemien dalla vena artistica ed intellettuali. Non scelsero però la lavallière femministe ante litteram come George Sand e Flora Tristan, che in concomitanza delle prime rivendicazioni per l’ emancipazione della donna adottarono un look e una cravatta di stampo decisamente maschile . Un gesto di rottura, rivoluzionario, dalla valenza ben precisa di sfida ad ogni convenzione: qualcosa di completamente distante dalla civetteria della duchessa , donna in cravatta per vanità ed emulazione. Ma il XIX secolo aveva ormai dato l’ impulso iniziale ad un trend che al desiderio di autonomia univa un input di eleganza fuori dagli schemi, e la provocatoria dimostrazione che una donna potesse essere attraente, ancora più intrigante,  pur indossando  panni e tipici accessori maschili. Gli esempi che convalidano questo assioma si moltiplicano a partire dal 1930, fatidico anno in cui, in Morocco, una splendida Marlene Dietrich appariva sul grande schermo in frac e cappello a cilindro: il boom dello stile androgino avrebbe d’ ora in poi coinvolto le più magnetiche star dello show business – da Greta Garbo a Katharine Hepburn e Lauren Bacall – senza conoscere cedimenti neppure nella contemporaneità attuale. Basta pensare a Twiggy, alla Debbie Harry dell’ era punk, alla  Diane Keaton di Io e Annie o a svariati look di Madonna, Isabella Rossellini e della R&B singer Janelle,  tutti invariabilmente tesi ad avvalorare l’ iconicità e il potente fascino della woman in tie.  Si riconduce al medesimo filone l’ intuizione di Ralph Lauren, che ha inserito la cravatta tra le creazioni della sua collezione Primavera/Estate: di grandi dimensioni o più sottile, adornata di stampe a quadri o floreali, viene proposta nell’ ambito di un rigoroso black and white e declinata addirittura in vernice, tinta di bianco ghiaccio, per una rivisitazione innovativa e totale della mitica white tie. La eleggiamo “accessorio della settimana” a furor di popolo.