“Linee di confine”: Gasoldo esce con un singolo bomba contro la violenza sulle donne

 

“Un altro pestone non va via da sotto l’occhio/e le ferite dentro non le mascheri col trucco./La pioggia è di veleno sotto questo cielo muto/nessuno ha visto niente ed oggi è un altro giorno di lutto./Si raccontano favole nella realtà distorta/quel figlio di puttana non lo sa che giaci morta./Quattro colpi in canna dietro quella maledetta porta…” Inizia così il nuovo singolo di Gasoldo, “Linee di confine”, ed ascoltando questi versi, vi giuro, sono riuscita a trattenere a stento le lacrime. Il tema su cui è incentrato il brano è chiaro: la violenza nei confronti delle donne, un argomento di recente sviscerato anche in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne celebrata il 25 Novembre scorso. Le statistiche, in effetti, sono allarmanti. Nel nostro paese, una ricerca dell’ ISTAT ha evidenziato che il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito una violenza fisica o sessuale, e che ben il 62,7% degli stupri viene compiuto dal compagno di vita della vittima. In base a un report della Polizia Criminale, i  273 omicidi commessi tra il 1 Gennaio e il 20 Novembre 2022 includono 109 femminicidi. In ambito familiare o di coppia, nello stesso periodo, hanno trovato la morte 88 donne e 52 di esse sono state uccise dal proprio partner o da un uomo con cui avevano avuto una relazione. Le percentuali, purtroppo, sono in continua crescita: è un’ escalation di violenza che mette i brividi, a cui spesso si aggiunge l’abuso emotivo.

 

 

Gasoldo, che un anno fa ho incontrato in concomitanza dell’ uscita di “Io e te per sempre”, un singolo inneggiante all’amore in tutte le sue sfaccettature, esplora ora il lato oscuro della vita di coppia. E lo fa con la maestria che lo contraddistingue nel catturare le emozioni per tradurle in musica, nel creare atmosfere grondanti di pathos tramite un sapiente intreccio di note e versi in rima. A poco tempo di distanza dalla Giornata Internazionale per l’ eliminazione della violenza contro le donne, giorno in cui “Linee di confine” ha visto la luce, incontro il “poeta del rap” per approfondire le caratteristiche del suo nuovo brano e del video che lo accompagna.

Perchè la scelta del titolo “Linee di confine”?

Il titolo nasce a canzone finita ed è quello che rispecchiava di più tutto il testo nella sua essenza. Nella mia testa la linea di confine è quella che ci separa da qualcosa di “conosciuto”, ma ancora ignoto. Invece le linee di confine sono quelle che separano il rispetto, la gentilezza e i gesti d’amore dai soprusi, da un folle abuso, dall’arroganza, dalla cattiveria che sfocia rabbiosa e infligge dolore. Ci sono linee di confine che non si devono sorpassare perché si può finire in una terra di nessuno dove non esistono né leggi né regole, ma solo odio, tristezza e dolore.  Nel testo si capisce molto facilmente: “la realtà ti spara contro linee di confine” (che qualcuno in questo momento non può sorpassare)…”tutto quello che ho bisogno è toglierti quella corona di spine” (tutto quello che desidero ora è toglierti il dolore che stai provando ed alleviarlo). Però sai, io posso descrivere il mio intento ma è anche bello lasciare spazio ad un’ interpretazione personale. Perché è possibile che ognuno possa “sentire” il testo della canzone in maniera diversa ed è giusto che sia così.

Come nasce l’ispirazione al tema della violenza sulle donne?

C’era bisogno di farlo. C’è bisogno di parlare dell’argomento. Il brano è nel nostro grembo creativo da qualche tempo ed è sicuramente un mix di sensazioni, rabbia ed emozioni. È stato scritto velocemente e direttamente sulla magnifica base del mio socio producer Andrea Bonato (Bitinjuice). Il testo è venuto fuori quasi “naturalmente”, mentre scrivevo le rime sgorgavano con facilità straordinaria. È un testo molto musicale nonostante sia fortemente impegnato socialmente, perché in Italia (e non parliamo del resto del mondo, che è pure peggio) questo tema viene assolutamente snobbato. Si sta affrontando ma senza alcuna convinzione, quasi che non esistesse o sia esistito solo durante il lockdown. Ci si dimentica in fretta. Ma tutti sappiamo benissimo che non è così. Sappiamo benissimo, per esempio, che in Spagna delle violenze fra le mura domestiche se ne parla già da molto tempo ed è una vera piaga sociale. Sappiamo benissimo che la violenza in tutte le sue forme è vomitevole, aberrante, vigliacca. Figuriamoci la violenza sulle donne, le adolescenti o le bambine. Bisogna avere il coraggio di intervenire se si sentono delle grida disperate di aiuto. C’è bisogno di fare una telefonata e non di alzare il volume della TV per non sentirle. La TV e i suoi burattini che fanno finta di parlare del tema. Mi ha fatto molto piacere il commento in privato di Abby, che ti riporto perché rende molto bene l’idea del problema: “La canzone racchiude l’essenza e parla di più di tutti quelli che vanno in TV a dire stop alla violenza, grazie”. Cioè se ne parla qualche giorno prima, il giorno stesso, poi l’argomento si dimentica fino all’anno successivo, fino alla prossima vittima. Nella canzone ci sono molti messaggi, uno di questi è quello di non perdere la speranza. Non bisogna certo perdersi d’animo, e provare ogni giorno a realizzare i propri sogni finché ci siamo e finché c’è la forza per farlo. “Sognerò” fino all’ultimo respiro. Finché ci sarò sognerò e nessuno può né deve privarmi di questa libertà. Proviamoci nonostante le insidie, nonostante le difficoltà.

 

Gasoldo, al secolo Leopoldo Ulivieri

Dedichi questo brano a una donna in particolare, oltre che naturalmente a tutte le vittime di violenza e femminicidio? Esiste, tra i tanti, un caso che ti ha colpito in modo particolare?

Lo dedico a tutte le anime delle donne, delle adolescenti e delle bambine che hanno subito ingiustizie e violenze, a tutte quelle che hanno subito abusi e a tutte le loro famiglie, che devono convivere con questo dolore perpetuo. Io sono ancora sconvolto dal caso di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, figurati! Sparite nel nulla negli anni Ottanta…Troppi fatti di cronaca nera, è la violenza in generale che mi fa ribrezzo ed è quella che andrebbe sradicata dall’essere umano senza se e senza ma. Purtroppo la realtà è ben diversa e lo vediamo ogni giorno. La quotidianità è pregna d’odio, insulta, deride, ridicolizza, bullizza. Si cerca di non fare distinzione di sesso, ma alla fine credo che la maggioranza che subisce appartenga nettamente al sesso femminile. La mia dedica va a tutte queste anime.

Chi ha firmato la regia del video di “Linee di confine”?

La regia è curata da me in collaborazione con Charmante folie, che ha creato anche il bellissimo costume e la corona della Madonna che si vedono nel video. E’ stata sempre Charmante folie ad ideare la magnifica e significativa cover della traccia, di ispirazione vagamente lachapelliana. La Madonna che vediamo in copertina è stata realizzata da un artista spagnolo, Francisco Romero Zafra.

 

Il “Wall of Dolls” di Jo Squillo

Potresti dirci qualcosa sul “Wall of Dolls” immortalato nella clip?

Il muro delle bambole si trova a Milano, in via De Amicis. Wall of Dolls – il Muro delle Bambole è stato ideato da Jo Squillo quando nel 2013 ebbe l’idea di creare un’installazione da condividere con vari artisti e stilisti, ed è diventato nel tempo un simbolo contro il femminicidio e la violenza sulle donne. Grande idea! Oltre al muro delle bambole nel video si vede il ponte in Ortica, sempre a Milano, con il progetto Scarpette Rosse: scarpette rosse e targhe commemorative dedicate alle vittime di violenze durante il lockdown, un’ iniziativa curata dall’associazione Or.Me.

 

La cover di “Linee di confine”, che Charmante Folie ha realizzato avvalendosi dell’immagine di un’opera dell’artista spagnolo Francisco Romero Zafra

Cosa rappresenta la Madonna dal manto celeste che vediamo nelle ultime sequenze?

La Madonna della cover è una Madonna Addolorata, nel video invece il manto celeste rappresenta la spiritualità, la libertà, il cielo e l’aldilà, nonché l’annientamento del male ed il passaggio verso quella vita serena che non di è certo stata questa terrena. Simbologia. Misticismo. Paura dell’ignoto. Il passaggio dalle tribolazioni dell’esistenza verso il celeste cielo in cui tutte le anime sofferenti si spera possano finalmente trovare pace.

 

La Madonna dal manto celeste della clip

Il video si conclude mostrando un particolare gesto della mano: qual è il suo significato?

Il video inizia con il segnale di aiuto e finisce con lo stesso segno che tutti dovrebbero conoscere. È un messaggio semplice, che può salvare la vita e quindi magari evitare tutta la tribola del video e di questa canzone. È un segnale facile da ricordare, che ha salvato già molte donne dalla violenza domestica durante il lockdown. Grazie a questo gesto, in America una sedicenne è scampata a un rapimento. Si tratta di un SOS assolutamente utile ed è nostro dovere divulgarlo.

 

La richiesta gestuale di aiuto

“Linee di confine” su Spotify

 

 

Tra musica, ironia e scrittura in versi: incontro con Gasoldo, il poeta del rap

 

Nome: Leopoldo Ulivieri, alias Gasoldo. Segni particolari: un’ ironia travolgente e una dialettica che non conosce eguali. Professione: rapper, scrittore, poeta underground, artista specializzato nel catturare frammenti di stelle per tramutarle in versi. Passioni: scrittura e musica. Non c’è da stupirsi che la genialità di Leopoldo mi abbia immediatamente intrigato e che abbia voluto saperne di più su di lui. Magnetico, eclettico, esplosivo, quando parla è come un fiume in piena. A Milano lavora negli headquarter del designer Neil Barrett, ma nel frattempo porta avanti le passioni che gli bruciano dentro sin da quando era bambino. La musica, appunto (racconta di esser stato partorito “sul cubo di una discoteca”), ma soprattutto la scrittura, in particolare quella in versi, che per lui è diventata la chiave d’accesso ai magici reading show dell’ Infusione (serate che coniugano poesia ritmica visuale e delirio logico) ideati dalla Contessa Pinina Garavaglia. Il suo incontro con il rap ha fatto sì che l’ arte di scrivere e l’arte dei suoni si fondessero in modo ideale: i brani di Gasoldo sono uno sfavillante mix di musica e poesia (sia metropolitana che dell’ anima) imbevuto di ironia potente, un dettaglio da non trascurare. Perchè nelle sue lyrics Gasoldo racconta se stesso, o meglio, esprime una visione del mondo del tutto personale. Non senza toccare problematiche universali, naturalmente: è in grado di rappare su un fenomeno come quello delle sette religiose e, subito dopo, di affrontare il tema dell’ addio amoroso con una profondità incomparabile. Evita accuratamente di nascondersi dietro l’ oggettività; ci rende, al contrario, partecipi del suo punto di vista. E al tempo stesso prende le distanze da stereotipi e da leitmotiv ricorrenti nella new wave del rap, sempre fedele all’ intento di affermare la propria identità e il proprio credo. Ho incontrato Gasoldo in occasione di una ghiottissima news, l’ imminente uscita del suo nuovo singolo “Io & te per sempre”. Arricchito da un featuring con Erica Mengod e prodotto da Andrea Bonato aka Bitinjuice, con il quale Ulivieri ha fondato la TempiINversi Records, il brano vedrà la luce il 12 Novembre. Ci siamo quasi, insomma! Mentre inizio il countdown, vi invito a leggere questa intervista fiume dove è proprio il poliedrico rapper ad introdurvi nel suo straordinario universo. Preparatevi a farvi ammaliare da un flow irresistibile, da un turbinìo inarrestabile di parole a cui manca solo un sottofondo musicale…

 

La cover di “Io & te per sempre” (feat. Erica Mengod), il nuovo singolo di Gasoldo. Artwork by Charmante Folie

 

Leopoldo, potresti presentarti ai nostri lettori? Raccontaci chi sei e qual è il tuo background.

Dovrei scrivere un romanzo, le risate come le trascriverai? Sarò sincero e spontaneo come sempre. La spontaneità è un po’ un difetto di fabbrica, nel senso che poi spesso le persone non riescono a capire quando sei serio o quando scherzi. Anche se qua non si scherza, eh! È una sottile linea, ma in fondo è divertente anche così. Non mi piace sintetizzare una domanda così importante. Vai a spiegare che nasco poeta underground e fraintendono: il destino con la destinazione, la destinazione con la meta. Il viaggio con l’iperbole e via discorrendo. E qui si aprono capitoli su capitoli…Sono come un gatto che corre nei vicoli di notte fra mille pericoli. Eccomi di nuovo a cavallo del tempo che fugge galoppa distrugge come un leone in gabbia che fa? Rugge. Ecco, vedete, è interessante osservare che il termine “rugge” venga sottolineato come errore dal correttore automatico. Incredibile ma vero, direi. È un po’ come la musica che si sente adesso. Orribile e artefatta, non trovate? Manca proprio di poesia, di sentimento. È fredda. Falsa. Finta. Si sente che è fatta solo per un tipo di business da avvoltoi. Cara Silvia, la tua domanda è troppo complessa anche per uno come me, poi qui siamo in tre…e giro al largo lontano da ingorghi attraverso borghi e sobborghi, e  divago tra i sentimenti come il Dott. Zivago, sono scrittore poeta son rapper son quello che sono, così come sono, verso i miei versi in un verso, declamo reclamo proclamo sono un dolce frastuono nell’universo. Mia fantasia finché lei c’è veglia su me stasera sei mia stellare poesia andiamo partiamo prendiamo ogni cosa che sia veramente importante in totale? Niente lasciamo la gente di sempre in tempesta in balia tra la nebbia la noia la rabbia mai vista in questa con questa per questo sei mia solare poesia tu rendi chiara di luce la via nel sentiero vola un pensiero e se scrivo ci credo poeta sicuro vola il pensiero più duro e maturo e capisco e siluro e contagio la via nel tempo prezioso prezioso che sia preziosa follia i fogli miei sparsi in corsia dove la musica regna sulla pazzia. Niente, dai: passo direttamente alla seconda domanda senza passare dal via! E così sia. (ride fragorosamente, ndr)

 

Un’ immagine epica: Leopoldo (a sette mesi) come Gesù Bambino, circondato dai suoi fratelli, in una foto destinata ad un biglietto di auguri natalizio per i parenti e gli amici di famiglia. Lo scatto è di Silvio Nobili, noto fotografo di moda che realizzò anche la copertina dell’ album “Amore e non amore” di Lucio Battisti

Ma tu, quando eri piccolo, che cosa avresti voluto fare da grande?

Lo scrittore, anche se giocavo molto bene a pallone. Poi ho conosciuto il rumore di una traversa che probabilmente è ancora lì che trema. Ho conosciuto il sapore della delusione e della sconfitta, ho conosciuto me stesso, il rap e le donne. Da lì è cambiato tutto. Ho capito che per conquistare una ragazza non c’è per forza bisogno della bellezza fisica, anche se quella aiuta, dei soldi, dei classici stereotipi del calciatore con le veline. Bastava usare un po’ di fantasia e molta poesia. Infatti ad una delle mie prime fidanzate scrivevo ogni sera un sonetto, un testo, un pensiero…infatti…mi ha mollato. La poesia non piace. È scomoda. Quasi mette in imbarazzo. Come il rap, insomma. Anche se io non ho mai mollato né la scrittura né la musica, anzi. Ho raddoppiato. Ho insistito, ho continuato. Quando si va a fondo, o risali o stai li. È carattere sapere reagire. Nella sofferenza scrivere mi ha sempre aiutato. Nelle situazioni peggiori della mia vita riuscire a scrivere mi ha dato la forza per andare avanti e provare a superare determinate situazioni, spesso molto difficili. Scrivevo al buio, sui muri del baratro. Una sorta di preghiera, quasi. Un dialogo continuo, un grido insistente. In rima, poi, è una ricetta perfetta. Devi per forza di cose usare la materia grigia. Credo, pensandoci, che già da piccolino utilizzassi la scrittura come terapia. C’è chi si rilassa con la grappa…e chi scrivere testi e li rappa poi stappa…

Poi hai incontrato il rap, ed è stato subito colpo di fulmine. Ma ancora prima, appunto, la scrittura…

Per me è un piacere scrivere, per me è un dovere scrivere. Devo tanto alla scrittura e lei non mi deve nulla anche se adesso mi sta ripagando. Scrivere per vivere e viceversa, scrissi tanto tempo fa e la storia non è cambiata granché senonché adesso scrivo direttamente sulla musica, cosa che prima non facevo. Le parole scritte, secondo me, se messe giù bene sono già abbastanza musicali, come avrete provato ad assaporare con la prima domanda, ma se non le accompagni con un beat potente è tutto vano. Prima cercavo di adattare quello che avevo scritto su una base, poi conoscendo il mio produttore (Andrea Bonato aka Bitinjuice) è cambiato tutto. Una mente geniale al servizio della musica. Un vero professionista del suono. L’Ennio Morricone della musica elettronica. Eclettico al punto giusto. Schivo coi social. Estremamente concreto. Pragmatico. Pratico. Oltre alla fantasia ci vogliono delle regole, ci vogliono delle strutture logiche che, a volte,  riesco a rispettare…adesso scrivo direttamente sul brano e tutto prende forma in maniera diversa, più armonica, più concreta. Il cerchio si chiude. Ed ogni giorno una dedica non succede tutto subito. Se non hai un produttore forte che crede in te e nel progetto o che lo fa di mestiere, puoi essere anche Mandrake ma non ti muovi. Sei fermo. Non viaggi. Vai a tentoni, boccheggi. Insegui miraggi.

 

Gasoldo nel video di 7 (Sette)

Torniamo al rap: come è scoccata la scintilla e quando hai deciso di dedicarti a questo genere musicale?

Il rap è una conseguenza naturale dello scrivere, è la sua evoluzione naturale se si ha una certa attitudine verso quell’universo. Ti deve piacere e lo devi vivere in tutte le sue sfaccettature. La bellezza e l’adrenalina prima di esibirsi davanti a un pubblico. È un modo unico ed estremamente moderno per imprigionare dei concetti che se no resterebbero intrappolati sulla carta e dimenticati (per chi scrive ancora sulla carta, o persi in una bozza su un computer) e farli emergere con la musica e lì inciderli, scolpirli in maniera tale che riescano ad arrivare diretti al padiglione auricolare e da lì far scattare delle emozioni nell’ascoltatore. Incidere delle parole nel vero senso della parola. Scalfirle insieme in un connubio assolutamente unico, all’unisono, inseparabili e quasi irripetibili. Mi piace dare il giusto peso alle parole. Il rap è un’arma fantastica per esprimere dei sentimenti forti e potenti in rima prevalentemente. Ma è anche saper sperimentare.  Bisogna saperlo fare. O sbattersi molto per imparare e avere la costanza di insistere. Un po’ come con tutte le cose, direi. Anche perché una canzone, bella o brutta che sia, rimane unica. I pensieri scritti rimangono anche loro, è vero, ma è forse più difficile al giorno d’oggi farli emergere e farli arrivare a un pubblico più vasto. I libri se non si consumano, anche quelli vanno al macero. Non mi piace proprio il concetto di musica usa e getta. Eppure molti sanno farla benissimo. Beati loro. Quando ho deciso esattamente? La storia è lunga. Provo a farla breve. E’ andata così. Alberghiero indirizzo cucina, giorno dei più classici di occupazione. Bighellonavo tra le classi con i miei amici scapestrati, entriamo in una di queste e sento un ragazzo che fa freestyle, si diverte molto e fa divertire. È molto bravo, genuino rappa, ma al tempo stesso canta. Però c’è un velato malessere, c’è qualcosa che gli sta esplodendo dentro. Ci sono gli stessi sentimenti contrastanti che ho nella mia testa. Credo. Riesce a buttare fuori tutto e a intrattenere, incredibile, sputa veleno ma lo fa col sorriso di uno che ha già vinto e perso tutto. C’è rabbia, rancore, poesia, c’è l’ubriachezza della vita, c’è il disagio di sentirsi il più forte di tutti ma di non riuscire a dimostrarlo. C’è l’allenamento la dedizione c’è la passione. Quello sono io? Io che scrivevo già da una vita e di veleno ne avevo accumulato parecchio. Come sempre. Troppe falsità in una società così meschina. Troppe tavolate imbandite di bugie. Io e la mia esistenzialitá turbolenta. Io e tutti i miei scritti. Le mie paure. I miei sogni. Le speranze. I miei sfoghi da ragazzo che ha già vissuto sulla pelle il disagio esistenziale. Poi sono tornato a casa la sera, e quella notte mi è apparso in sogno mio nonno Gastone che da un’astronave aliena vestito col frac usava il bastone come mic ed il jack nella radio rappava il suo jazz. Da lì sì ho capito tutto. Esistono gli alieni. E ballano pure. Quindi posso esistere anche io come rapper. In fondo alla folla, Gas, Gasoldo non ti molla!  Avevo visto per la prima volta il volto di mio nonno Gastone. Era lui veramente? Cominciai a cercarlo ma questa è un’altra storia…

 

Il video di 7 (Sette)

Il rap in America è nato dalla strada, come espressione del malessere e come strumento per convogliare l’attenzione su svariate problematiche sociali. Poi è mutato con l’evolversi dei tempi. In molti tuoi brani, tuttavia, noto uno spirito di denuncia (immancabilmente velato di ironia) ricorrente…

Il rap deve essere denuncia. Il rap deve essere satira – intelligente – il rap deve essere poesia ritmica, provocazione acuta. Il rap non solo è capace di “descrivere” qualcosa che non va, ma deve riuscire a dare anche delle soluzioni. Non è solo autoaffermazione o farti capire che razza di inferno sto vivendo. Il rap può arrivare e quando arriva può veramente fare male, far pensare, far cambiare le cose. Il rap dovrebbe unire, non dividere; è uno strumento potentissimo. Ironia massiccia, irriverenza continua, provocazione ma non volgarità. Anche leggerezza, certo, ma odio le volgarità ed i soprusi e la piega che si è presa da anni da noi. Trovo inconcepibile come siamo potuti arrivare allo scempio di oggi, dove per esempio una forma di gentilezza viene scambiata per debolezza e l’arroganza dell’ignoranza si riempie la bocca di luoghi comuni e di saccenza da quattro soldi. La spocchiosità la fa da padrona. I famosi San Tutto Loro, i santi detentori di verità assolute. Degli sfigati. Non parliamo poi del rispetto o di sensibilità…vade retro! Roba che ti denunciano! Lasciamo perdere i vari stereotipi che si sono venuti a creare ma ad oggi per esempio i gentleman sono spariti dalla circolazione. Ma non solo i gentleman. Le buone maniere. Depennate. Annientate. Morte sepolte. Sembra che sia stato cancellato dimenticato nascosto sotto al tappeto un certo tipo di rap. I buoni intenti, la sommossa rivoluzionaria per il bene del prossimo… Sparito tutto. Proprio la base dell’educazione, ma anche senza quella almeno un briciolo di sensibilità ripeto, tipo aprire una porta, far sedere una donna incinta, robe così capito? Siamo al troglodismo puro, totale, barbaro, becero. Così sembra. Così ti fanno vedere. Così vedi. Così vendono. Così telebevi ed è tutto ok!  Bisognerebbe insegnare ed avere dei buoni maestri. Anche se certe cose di base dovrebbero essere scontate, in una società avanzata. Ci vorrebbe una nuova buona onda, una nuova ondata di vero hip hop, soprattutto negli intenti e nelle intenzioni. Anche se poi sappiamo benissimo che fine fanno tutte le ideologie una volta che incontrano il potere e quando questo incontra il denaro. Ormai ciò che è stato è stato, chi ha avuto avuto chi ha dato ha dato. Ma non scordiamoci il passato. E coltiviamo il nostro giardino. Che sia il momento giusto per un nuovo ordine mondiale del rap italiano ? E così nella musica. Effetto domino. Non sono un fanatico, ma il pensiero diffuso prepotente e volgare nei confronti delle donne – altro esempio a cui tengo – è un tema che supera anche la provocazione. Robe arroganti. Non divertenti. Penose. Robe da voltastomaco. Pensieri copiati ed importati ovviamente, ma fatti oramai assolutamente nostri. Uno schifo. Lo senti proprio nei termini che vengono usati. Nei testi. Nelle convinzioni, nell’odio che serpeggia e che senti strisciare. Sembra che siano dei frustrati repressi. Repressi da cosa? Non si sa, forse dalla stessa musica che ascoltano, che è altamente deprimente direi. A me provoca effetti collaterali che vanno dall’orticaria all’effetto tortura Guantanamo. In pillole caramelle Falqui. Passiamo avanti che se no poi mi innervosisco. È un flusso continuo. Il mio lo stesso disco. Allora centomila volte un disco techno. Poi ti svegli un giorno e scopri che è tutto finto. Tutto fake. E il mondo per cui hai lottato e gli ideali che hai inseguito sono una bufala. Quindi anche l’hip hop italiano si è dovuto piegare ad un certo sistema d’importazione, la macchina del business è oliata alla perfezione.

 

Leopoldo/Gasoldo con il pittore e poeta Davide Romanò, autore del dipinto che compare nel video di “Notturno con dedica” (lo trovate qui di seguito)

Come nasce, per te, l’ispirazione?

L’ispirazione nasce da e per le persone che mi stanno accanto, prima di tutto. Fare tesoro delle esperienze. Come si dice, un risultato negativo é pur sempre un risultato. Mandare giù qualche boccone amaro sapendo che la punta della penna scorrerà vertiginosamente sul foglio. Poi invece ho due modi classici, diciamo, di ispirazione; c’è quella irrefrenabile che ti balena in testa e devi subito scrivere e mollare qualsiasi cosa stai facendo e quella invece un po’ più “forzata” in cui decido di mettermi lì concentrato a scrivere. E mi metto sotto torchio per farlo. Da cosa nasce cosa. L’importante è iniziare a farlo, ci sono delle volte che non puoi fermarla e i concetti o le rime che siano vanno subito scritti ed impressi su qualsiasi cosa che sia a portata di mano. In qualsiasi luogo. L’ispirazione nasce anche da tutte le mie lamentele descritte prima, una volta che inizio a scrivere io entro in un’altra dimensione, la quarta e la quinta, viaggio in 3D sfiorando gli 8K e possono passare ore, giorni tipo ai confini della realtà, avete presente? Sindrome di Stendhal. Vedo. Sento. Empatizzo. Ma non sintetizzo. Mi sintonizzo su onde gamma incontrollabili. Arriveranno da dove? Nel buio la luce e viceversa. Nel buio maestoso. Non potrei mai e poi mai dormire con le tapparelle abbassate sai?

 

Leopoldo (il primo a sinistra) con i poeti dell’ Infusione. Al centro, la Contessa Pinina Garavaglia

Cosa pensi della scena rap italiana?

Che scena? Ah, perché in Italia esiste ancora una scena? Faccio fatica a stare dietro alle mie robe, figuriamoci a quelle degli altri. Però sono uno che si sbatte anche per gli altri. Poi sicuramente e magari sbagliando, ho cercato di ascoltare il meno possibile. Soprattutto per non inquinarmi le orecchie e tutto l’apparato uditivo. Io più che una scena vedo dei singoli che (giustamente) tirano il rap al proprio mulino. O l’acqua o il vino. La scena è oscena fatta di trash e di gossip. La scena fa pena e un po’ sono in pena farei una novena mentre la folla si scatena chissà se cambia qualcosa o mi parte la vena? Vogliamo roba stilosa! Scusa! Cosa? Perdo il filo! Dicevo. Ho cercato di ascoltare il meno possibile. Proprio per evitare di seguire una certa influenza/cadenza – di classico rap italiano – molti mi danno dell’old school ma non riescono a decifrarmi, non riescono a etichettarmi e questa cosa mi rende estremamente orgoglioso. La purezza del verbo. L’assenza di flow è flow puro al cento per cento. Diciamo che nella mia follia ci tengo ad essere originale. Penso si sia capito ormai. E qui, più che isteria da ragazzini, di prime donne non ne vedo. Bravi quelli che riescono a fare delle porcate e campano con quelle. Tutto lontano anni luce da me e dal mio pensiero. Tutto lontano dall’essenza dell’hip – hop che per carità, si evolve…ma qui penso ci sia stata una involuzione più che una vera rivoluzione. Lungi da me il gossip, le polemiche le cavolate funzionali create a tavolino per fare hype. Lontano dal centro marchette di finti professionisti faine. Lontano da tronisti galli galletti e galline. Tutta fuffa. Tutto fumo negli occhi. Una truffa. Stiamo arrivando. C’è qualcuno che detta le regole del mercato. I marchettari di lusso. Per esempio io sono un cultore del rap russo. Dove la musica hip hop è arrivata molto dopo. Il rap russo ha sviluppato più le tecniche linguistiche sul beat che la musica stessa. Quindi troviamo un universo di rime e genialità su sonorità un po’ meno evolute a livello proprio di suoni. Anche se oramai anche qui i beat spaccano decisamente. Il cocktail è esplosivo. In Italia invece seguiamo sempre i filoni che funzionano e la situazione è…stagnante. Sfiora il ridicolo. Una volta c’era il rap frash adesso cè la trap tresh  e lo sdoganamento della Drill U.K., altra roba importata. Mistero come a parte “O sole mio” ed i Måneskin l’Italia non riesca ad avere una sua identità con un genere che dà grande spazio a qualsiasi sperimentazione. Nonostante tutto nutro grande rispetto per quelli che ci provano e in tanti ci provano, ma pochi ci riescono perché si perdono nelle acque putride della melma che li circonda. Tutto ciò è ripugnante, se guardi il passato coltellate alle spalle. Io suggerisco a tutti di riuscire ad arrivare alla consapevolezza della strada verso l’indipendenza, il fai da te può portare molte più soddisfazioni del rincorrere qualcosa di difficilmente raggiungibile e soprattutto di ciclostilato. Ribadisco. Insegui il successo? Quella è la porta, ma la porta del cesso. Meglio originale  e sconosciuto così come sono. Con Internet oggi può anche sembrare essere tutto più semplice rispetto agli anni in cui portavi il tuo CD/demo porta a porta alle case discografiche. Oggi si sono azzerate le distanze e i costi sono dimezzati, è tutto più accessibile e fruibile, quindi per un musicista le possibilità sono potenzialmente enormi.  Il porta a porta funziona sempre. Ma c’è anche molta più concorrenza. Perciò devi offrire una qualità di livello molto più alto. Altissimo. E devi avere un cervello collegato 4.0. per saperti districare in un mare di robe da fare. Molti lasciano la musica, ma la musica non ti abbandona di certo anche quando non hai i risultati sperati. Rinunciano a fare musica perché nessuno se li fila di striscio, ma se come te ce ne sono altri cento uguali! Distinguiti oppure estinguiti. Perché tanto qualcuno si riempie sempre le tasche e il mondo va avanti uguale anche se sei il più originale in assoluto. Prova coi talent, magari lì ti capiscono. E diventi un fenomeno. Passeggeri, allacciate le cinture: si parte.

 

Due fotogrammi del video di “Gasoldo, cosa stai facendo?”

Esistono artisti che ammiri particolarmente?

Ho una serie infinita di artisti che stimo. Con alcuni ho anche un buon rapporto d’amicizia. Stiamo provando a costruire qualcosa di importante. Se non altro per noi stessi. Sono facili da reperire nelle mie playlist su Spotify e sono un bel mix di nuova generazione e vecchie conoscenze del rap italiano. Però quella di cui vado più orgoglioso è questa: Music Is the answer Italia  (https://open.spotify.com/playlist/1H7mGLLnSfp7d8Mg2Q1v8q?si=F7gxKakOT1GRQRpnI62-ew&utm_source=copy-link). Dò la possibilità gratuitamente a vari artisti di farsi conoscere e di aggiungere qualche stream in più alle loro produzioni. Anzi, chi volesse partecipare mi scriva pure su Instagram. Quando qualcuno ti reputa fonte di ispirazione per il suo rap vuol dire che magari non è proprio tutto cosi da buttare. Quando qualcuno ti stima veramente accresce l’autostima e ti spinge a fare meglio. Ti spinge a continuare. Non lo sa, ma ti incita come un coach. Non c’è niente di più soddisfacente che sentirsi dire sinceramente “Dai, insisti”! Nonostante io sia praticamente uno sconosciuto. Un cantante muto sputo rime per diletto ecco il delitto perfetto sono un Sig. rapper Qualunque che ama pure far del qualunquismo e dunque la roba fantastica è che io sono incopiabile perché sono unico ed irripetibile. Neanche il mio clone saprebbe rappare come rappo io. Sono i miei pensieri e difficilmente qualcuno può o riuscirà mai ad entrare nella mia testa. Nel mio vissuto nella mia esperienza, e questa intervista ne è la prova. Potete pure attingere se volete. Fate pure. Basta che in fondo siate sinceri con voi stessi almeno quando scopiazzate. (ride, ndr.) Tanto ancora non avete sentito nulla…Come dice Bitinjuice, il pezzo migliore ancora deve uscire e sarà il prossimo…

Durante la nostra lunga chiacchierata mi hai detto che adori lo “slam poetry”. Potresti approfondire con noi l’argomento? Immagino che sia un interesse direttamente associato al tuo amore per la scrittura in versi. O sbaglio?

Si ! Praticamente è quello che ho sempre fatto senza conoscerne il nome e cioè interpretare quello che si è scritto senza musica di sottofondo o di accompagnamento. Domanda al lettore. Chi furono i primi a sfidarsi in gare di freestyle? Gli americani, direte voi. Assolutamente no! In pochi sanno che che i primi di cui si ha conoscenza che facessero sfide di freestyle furono i poeti dell’antica Grecia. Nella più classica delle forme di immaginazione, in un anfiteatro con la tunica bianca a colpi di rime. Da un pò di anni anche in Italia ci sono un sacco di iniziative e talenti incredibili che praticano questa forma artistica di intrattenimento a molti ancora sconosciuta. Non vedo l’ora di poter sfidare chi detiene lo scettro in Italia, che sarà mio perché io sono il numero uno.

 

 

Nel 2008, insieme a Andrea Bonato (Bitinjuice il suo nome d’arte) hai dato vita al progetto “TempiINversi”. Che ci racconti di questa avventura?

Questa non è solo un avventura.  Questi siamo noi. TempiINversi è un concentrato di energia pura. È alchimia unica è magia. Difficile anche per me spiegare il legame viscerale che ci unisce. Credo che a parlare siano le nostre produzioni disincantate e spettacolarmente underground per il piacere di creare qualcosa di unico e da spararsi in cuffia H24 durante tutta la giornata. Più ci ascolti in loop più entri nella nostra storia, più capisci e apprezzi. Ci devi conoscere. Una volta che ci conosci, difficilmente non ti piace quello che facciamo. Sia per quanto riguarda il sottoscritto con i suoi rap, sia per quanto riguarda Bitinjuice con le sue produzioni, che è l’universo musicale di TempINversi. https://open.spotify.com/artist/1kiGBBb4DAJLzyj2SIqWMr?si=f0h-tvlwRLGBSC7ThH56Rg&utm_source=copy-link Una sorta di balsamo per l’udito creato dal sapiente druido Panoramix per infondere energia ad Asterix ed Obelix durante le numerose battaglie che la vita ti mette di fronte.

 

Il logo di TempiINversi

Tra gli artisti di TempiINversi, peraltro, spicca un’autentica icona della nightlife come la Contessa Pinina Garavaglia. Su quali perni si incentra la vostra sintonia? Pensate di regalarci delle nuove perle musicali a breve?

Io nasco su un cubo di una discoteca in una notte di maggio a suon di musica elettronica. Mia madre mi partorí li. Ballavano tutti. Il Dj screcciava. Con la Contessa, con cui collaboro da anni, ho un rapporto speciale: mi ha battezzato con le sue performance teatrali e sono uno dei suoi poeti di punta nelle serate Infusione  – Poesia ritmica visuale e delirio logico. Dal suo salotto alle performance in discoteca passando, oggi, dalla radio. Poesia ritmica visuale e delirio logico, dicevo, di cui sono il massimo esponente. Persona di infinita cultura, spesso mi dice che scrivo come Joyce nel suo Ulisse, che son più matto di Bukowsky e al tempo stesso geniale come Voltaire con il suo Candido. Insomma, tutta roba per me noiosa e che fatico pure a leggere. Mi addormento. Io ho bisogno di azione reazione come scrisse il grande Andrea. G. Pinketts (dove G. sta per Genio) nella sua prefazione del mio primo romanzo. (“Le strabilianti (dis) avventure di Gasoldo”, ed. Costa&nolan 2007). Mi riempie il cuore ricordarlo ed ogni volta ringraziarlo. Io preferisco, come avrete capito, più l’ironia alla “Dovlatov“: per chi non lo conoscesse, invito caldamente a cercarlo e leggerlo.  Dopo i successi di “Iconic”, “Disco Dreams” e “Forever young”, vi svelo in anteprima che Bitinjuice sta lavorando al quarto brano della Contessa Pinina Garavaglia, sorpresa anche per lei mentre starà leggendo questa intervista.

 

La copertina di “Le strabilianti (dis)avventure di Gasoldo”, il libro che Leopoldo ha scritto nel 2007. La prefazione è a cura di Andrea G.Pinketts

Un divo: Leopoldo intento a firmare autografi dopo l’uscita del suo libro

Ho l’ onore (oltre che il piacere) di annunciare in anteprima ai lettori di VALIUM che il 12 Novembre uscirà “Io & te per sempre”, il tuo nuovo disco, con il featuring di Erica Mengod. Potresti parlarcene?

Erica Mengod è una delle voci più belle che ho avuto il piacere di ascoltare e la perseveranza di averci voluto a tutti i costi collaborare. Bitinjuice ci ha indirizzato e dato carta bianca con una struttura spettacolare. E una cura delle voci che ha dell’incredibile. Ognuno ha scritto la sua parte, ognuno l’ha scritta, empatizzata, amata e interpretata. Con un argomento che può sembrare scontato. Ma qua di scontato non c’è nulla. Con noi non c’è mai nulla di scontato. Se poi si tira in ballo un argomento come l’amore…L’amore…Avete mai amato veramente qualcuno, nella vostra vita? Siete stati mai amati? Cosa fa muovere tutto? Che sentimento è l’amore? In una parola così ci sono dentro un infinità di universi. L’amore è allucinante. Fa muovere qualsiasi cosa. Fa fare cose pazze. L’amore non è una scusa. L’amore agisce. E non accetta scuse. L’amore è quasi follia. L’amore è una cosa seria. Ci fa grandi e piccoli allo stesso tempo. Ci porta all’esaltazione dell’io. L’amore è il motore della vita stessa. L’amore è forse Dio? Non lo so, ma l’amore ti fa stare da dio. È il sentimento più assurdo che l’anima dell’uomo potesse creare. È il sentimento più vero che esiste. L’amore è il fulcro, il centro di tutto. Questo non è il testo della canzone, ma una mia improvvisazione. E quando un amore finisce? O quando l’amore svanisce?

Ti piacerebbe una carriera “a tempo pieno” nella musica? E abbandoneresti volentieri i meandri underground per il mainstream?

Stiamo arrivando. #TempiINversi rulez ⚡ !

 

Gasoldo live

Con Clubradio06 stai portando avanti svariati appuntamenti che ti vedono protagonista. Facci sapere qualcosa di più, e soprattutto quando possiamo ascoltarti.

Con Marco Nardoni, il fondatore di Clubradio06, è nato subito un ottimo feeling. Ci siamo capiti al volo e sta nascendo una bellissima collaborazione, tanto che “Io & Te per sempre” (feat. Erica Mengod) sarà trasmessa in esclusiva venerdì 12  novembre 2021 alle 14:00 solo su clubradio06.com all’interno del programma rap Zonahh e al tempo stesso in tutti gli store digitali. Un’ idea gagliarda per ascoltare questo brano bomba in diretta! Con una sorpresa speciale. Siete ovviamente tutti invitati. Vi invito anche a scaricare l’app di clubradio06 che è leggerissima e così potete sintonizzarvi con un programma di ottima musica elettronica 24/24 7 giorni su 7. https://play.google.com/store/apps/details?id=com.xdevel.clubradio06 Inoltre, con dj Seven e la Contessa Pinina Garavaglia siamo in onda con l’Infusion Power tutti i sabati allo scoccare della mezzanotte. Invece sabato 13, alle ore 21:00, presenteremo il video di “Io & Te per sempre” su YouTube in collaborazione con l’eccezionale sand artist russa di fama internazionale Katerina Barsukova e Charmante folie, videoartist del progetto nonché stylist di tutti i progetti TempiINversi

Hai dei progetti in vista che ti piacerebbe anticiparci?

No (ride, ndr.), non basterebbero le pagine del tuo blog! Preparatevi ad emozionarvi ancora! Buona musica sempre a tutto Gas! Grazie a tutti! Un saluto ai lettori di VALIUM, peace! Spero non vi siate addormentati!

 

Link YouTube

Gasoldo

https://www.youtube.com/user/gasoldo

Bitinjuice

https://www.youtube.com/channel/UC6lqm3JbPyN2IEz8ukOG1IQ

 

Gasoldo durante un’ esibizione in stile Azteco

Ancora uno scatto di Gas dal vivo

Una foto di backstage dal video di 7 (Sette)…

…e un’ altra risalente all’ uscita del libro “Le (dis) avventure di Gasoldo

 

(Photo courtesy of Leopoldo Ulivieri)

Rexanthony si racconta: conversazione con “The Lord of Techno”

 

Questa intervista ha il martellante sound della techno come sottofondo. Le sue note incalzanti e ritmatissime sottolineano ogni concetto, ogni argomento discusso. E siccome a tutto c’è un perchè, il motivo ha un nome ben preciso: quello di Rexanthony. Ebbene sì, proprio lui, “The Lord of Techno”, che oggi ho l’onore di ospitare su VALIUM. L’ amore per la musica è impresso nel suo DNA, e non poteva essere altrimenti per il figlio di Antonio Bartoccetti (fondatore delle band Jacula e Antonius Rex) e Doris Norton, musicisti icone nei generi – rispettivamente – del dark-prog e dell’ elettronica. La prima esibizione di Rexanthony (all’ anagrafe Anthony Bartoccetti)  avviene prestissimo e risale a quando, appena tredicenne, calcò il palco del Cocoricò di Riccione. Da allora, non ha più smesso di entusiasmare il pubblico e di radunare folle immense ad ogni suo live.  Classe 1977, nato a Fabriano, a poco più di 40 anni Anthony vanta una carriera quasi trentennale.  Si dà allo studio del pianoforte in tenerissima età e si appassiona contemporaneamente al synthesizer, che diverrà un leitmotiv della sua ricerca sperimentale. Nel 1990 già compone musica; un anno dopo esce il primo singolo, “Gas Mask”, di colui che potremmo definire l'”enfant prodige della techno”, ma è nel 1992 che esplode il boom Rexanthony: “For you Marlene” e “Gener-Action”,  in stile techno-rave, svettano al primo posto delle chart internazionali. Per Anthony sarà l’ inizio di un successo che non ha mai conosciuto momenti down, contraddistinto da live partecipatissimi nei club di punta del mondo della notte e da hit che si tramutano in veri e propri cult. Ricordiamo gli esplosivi “Capturing Matrix”(1995), rivisitato in infinite versioni, “Polaris Dream”(1996), l’album “Audax” (1998) (definito dalla critica il suo lavoro più significativo di rock elettronico/sperimentale), che si affianca ad opere come gli album della serie “Technoshock” e a quelli dedicati al Cocoricò. Incoronato “The Lord of Techno”, Rexanthony non abbandona il genere che gli scorre nelle vene e il principio del terzo millennio, per lui, coincide con una nuova serie di successi. Qualche esempio? “Hardcorized” (2001), “Capturing Future” (2003), il progetto “War Robots” (2008), focalizzato su temi come i diritti umani e le problematiche sociali. All’epoca, pensate, sono già uscite oltre 500 compilation delle sue hit! Con il passar del tempo, Rexanthony partecipa a innumerevoli eventi (per citarne solo alcuni, i Memorabilia del Cocoricò di Riccione) e lancia brani che entrano immancabilmente nella leggenda. Impossibile menzionarli tutti: vi basti sapere che, in prima persona,  Anthony compone, arrangia, realizza la parte musicale e vocale di ogni album che dà alla luce. A partire dalla techno, la sua sperimentazione coinvolge sound quali l’ hardtrance, l’hardcore, l’hardcore jungle, la cyber techno…con un’ energia sempre immutata, travolgente e trascinante come i live di cui è protagonista, dove incita il pubblico fino a farlo diventare parte integrante della performance. Nel colloquio che segue, sarà “The Lord of Techno” in persona a raccontarvi molto di più sul suo percorso e a rivelarvi le sue opinioni sui più disparati temi. Enjoy it!

Innanzitutto, come ti presenteresti ai lettori di VALIUM? Ho notato che, in rete, c’è ancora qualcuno che ti definisce un “dj”…nonostante la fama e una carriera internazionale.

Dal 1991, anno di esordio della mia carriera musicale, ad oggi la maggior parte delle mie performance sono state eseguite all’interno di club… e il club viene spesso associato musicalmente alla figura del deejay. Figura che nei primi anni ’90 si esibiva in consolle spesso nascoste e poco in risalto utilizzando i giradischi, in quanto il sound era riproducibile e mixabile solo attraverso i vinili. Tutto questo richiedeva molto impegno tecnico ed anche economico, visto che per acquistare musica attraverso i vinili era necessario investire interi stipendi. Io ho sempre apprezzato e mai sottovalutato la figura del deejay, che però è ben distinta da quella di un musicista. Negli anni ’90 il musicista era colui che creava la musica attraverso le note e il deejay colui che acquistava i dischi degli artisti che preferiva per poi ‘“suonarli” in discoteca. Oggi le cose sono decisamente cambiate, grazie anche all’avvento delle moderne tecnologie che hanno semplificato di molto tutti i vari processi. La maggior parte dei nuovi artisti sono “tuttofare” partendo dall’auto-gestione della comunicazione (social, foto, grafiche, loghi, video) alla produzione in studio, dalla creazione della copertina alla distribuzione autonoma nei portali online tramite i siti aggregatori (dato che il supporto fisico è scomparso quasi del tutto), dalla gestione di un tourdates all’esibizione e quant’altro. Il 99% di loro affonda al primo viaggio, pochi altri invece riescono ad ottenere consensi di pubblico e quindi a crearsi una vera e propria carriera. Ciò che è molto complicato oggi, oltre ad arrivare al successo, è poi mantenerlo… la concorrenza si è moltiplicata ai massimi livelli, è spietata e c’è gente disposta a tutto pur di arrivare sotto ai riflettori. Chi suonando senza richiedere compensi, chi addirittura pagando per poter suonare…così si dice… Senza tralasciare quella fascia caratterizzata da “facoltosi” che si svegliano una mattina qualsiasi pensando di fare il deejay… investendo sulla propria immagine anche milioni di euro. E ce ne sono tanti. Tornando alla tua domanda rispondo dicendoti che ai lettori di VALIUM mi presento come “performer”. Dopo i miei primi 28 anni di carriera credo che il termine “perfomer” sia quello che più mi si addice… un performer può essere un musicista che sa suonare le tastiere o un pianoforte, un vocalist che sa incitare il pubblico, un deejay che sa scegliere le tracce giuste al momento giusto e mixarle alla perfezione così da tenere il pubblico incollato in pista.

 

Rexanthony live al Cocoricò

Il tuo approccio alla musica è avvenuto quando eri giovanissimo. Ricordi il preciso istante in cui hai deciso che sarebbe diventata la tua vita?

Hai detto bene, l’esordio nel mondo artistico è iniziato davvero molto presto: parliamo del Marzo 1991. Questo primo approccio alla musica è avvenuto attraverso una doppia esibizione al Cocoricò di Riccione (grazie a Ferruccio Belmonte che aveva creduto in me) per presentare al pubblico quello che poi sarebbe diventato il mio primo singolo “Gas Mask”, oltre a vari inediti del futuro primo album. A mezzanotte, prima esibizione al Titilla in occasione di una convention per deejays e più tardi seconda esibizione in sala grande, meglio conosciuta come la Piramide. Avevo 13 anni (all’epoca a 13 anni si era ancora bambini), avevo suonato live con tastiere e campionatori alle 3 di mattina davanti a 4.000 persone, il tutto con estrema nonchalance. Quando la mattina successiva mi sono risvegliato nel mio letto ripensando all’incredibile esperienza vissuta poche ore prima, ho pensato che quella sarebbe stata la mia vita, la mia dimensione… il mio futuro.

 

Due foto a confronto scattate al Cocoricò: Rexanthony al suo debutto ed oggi. Nello scatto del 1991 è visibile suo padre, il noto musicista dark-prog Antonius Rex

Per quale motivo hai scelto il nome d’arte di Rexanthony?

Provengo da una famiglia di artisti per cui posso ritenermi figlio d’arte, con la differenza che se per i miei genitori la musica era un hobby da coltivare nel tempo libero, per me si è rivelata sin da subito un’attività vera e propria. Parliamo di Doris Norton (che agiva su un territorio musicale orientato verso l’elettronica 80’s) e Antonius Rex, progetto legato a un mondo musicale opposto, vale a dire quello del rock-progressive, oggi molto quotato a livello mondiale dai cultori del genere. Il mio vero nome è Anthony (nome inglese ma nato in Italia), per cui per creare il nome d’arte è stato abbinato il termine Rex (che in latino significa “Re”). Da qui è nato Rexanthony.

Sei conosciuto anche come “The Lord of Techno”: com’è scoccata la scintilla con questo genere musicale?

Essendo nato alla fine degli anni ’70, la colonna sonora che mi ha accompagnato durante i miei primi anni di vita era caratterizzata da un sound tipicamente dance 80’s (Alphaville, Propaganda, Raf, Pet Show Boys, Talk Talk, Michael Jackson ed altri). Mi piaceva… ma sentivo che non era quella la mia vera dimensione. Mancava qualcosa. Ho provato con il rock ma non mi faceva nè caldo nè freddo… tuttavia la mia mentalità rimaneva orientata verso l’elettronica e tutto ciò che era ballabile e potente. A 12 anni (quindi nel 1989) mi reco nel mio negozio di dischi di fiducia di Fabriano e il proprietario mi mette tra le mani un nuovo CD, proponendomelo come grande novità del momento in ambito elettronico: “Pump Up The Jam” dei Technotronic. Mi è bastato l’ascolto dei primi 30 secondi a tutto volume per capire che avevo trovato ciò che cercavo. Il produttore dei Technotronic aveva dato vita ad un sound differente creando di fatto un taglio netto con gli anni ’80, utilizzando come base ritmica, in primissimo piano, i componenti dell’immortale batteria elettronica Roland TR909. Il tutto condito con linee di basso molto potenti e innovative, oltre a particolari voci che rappavano in modo assolutamente alternativo. Da li ho iniziato a farmi una cultura evolutiva basata appunto su queste sonorità (dette da “cassa dritta”), passando attraverso i Twenty 4 Seven, FPI Project, Snap, 808 State per poi incanalarmi verso una techno decisamente “più techno” rappresentata dai vari Speedy J, Lory D., LFO, Digital Boy, Phenomania, PCP, L.A. Style, da label tipo Warp e così via… E’ grazie a questo tipo di sonorità che mi è arrivata la giusta ispirazione per iniziare a comporre i primi dischi. Per cui sin da subito il mio nome d’arte è stato associato al genere techno… e dopo aver collezionato tanti bei traguardi nel corso della mia carriera quasi trentennale, mi è stato assegnato l’appellativo di Lord Of Techno.

 

Un momento magico: sulla mitica Piramide di Riccione sorge l’alba

Che rispondi a chi, per un pregiudizio ormai anacronistico, tende ancora ad associare “techno” e “sballo”?

La ricerca dello “sballo” ha sempre fatto parte dell’essere umano e può essere associato a tante categorie tra cui ovviamente quella musicale. Chi però associa lo sballo solo alla techno commette un errore molto superficiale… e probabilmente è abituato a emettere sentenze senza aver vissuto la realtà. La mia cultura è basata sulla techno ma non per questo non ho rinunciato a “sbirciare” altri mondi musicali, altre realtà, ad esempio partecipando a concerti di artisti completamente lontani dal mio mondo (Vasco Rossi, Black Sabbath con Ozzy Osbourne, Machine Head, Prodigy, Chemical Brothers, Apollo 440 e molti altri). Ed è proprio sulla base di queste esperienze che posso assicurare che lo sballo non esiste solo nella techno… anzi… ne ho viste davvero di tutti i colori, molte più di quanto io possa averne viste in 28 anni di esperienza in clubs e rave. Ma non per questo, da persona intelligente che ritengo di essere, punto il dito verso un genere musicale. Io ho sempre sostenuto che lo sballo nella techno (e nelle sue tantissime sfaccettature tipo trance, hardtrance, hardcore, gabber, harstyle, psy) sia la musica stessa… Musica capace di farti sognare, emozionare, sudare, stancare e soddisfare in tutto e per tutto senza dover necessariamente ricorrere all’uso di sostanze inutili o a quantità eccessive di alcool. Chi lo fa è solo un debole senza carattere che non ama se stesso… e nemmeno il prossimo, dato che in stato alterato può causare incidenti distruggendo vite di innocenti. Dato che ognuno di noi talvolta ha bisogno di sfogare le proprie energie, la techno è il modo giusto per farlo. Ovviamente se ascoltata ad alto volume, musicalmente di qualità, in ottima compagnia e in location di un certo livello.

 

On stage all’ evento “We Are History”

Il Cocoricò è stata un po’ la tua culla. Cosa pensi delle recenti vicissitudini che lo riguardano?

Molti fans mi definiscono come un dei principali deejay storici del Cocoricò: in realtà ciò che accomuna Rexanthony e il Cocoricò fondamentalmente sono i due album tematici che ho prodotto (a nome del mio team Musik Research) intitolati “Cocoricò Two” e “Cocoricò Three”, oltre a una serie di live tenuti in piramide negli anni ’90. I due album menzionati hanno ottenuto un grande successo di vendite e l’album “Cocoricò Three” era entrato addirittura nella classifica Top Album di Sorrisi & Canzoni. Mi emozionava e allo stesso tempo mi divertiva trovare una mia produzione con sonorità decisamente techno/hardcore all’interno di una classifica nazionale occupata principalmente da cantautori pop italiani e stranieri. Probabilmente son quelle cose che capitano una volta nella vita… Tornando alle recenti vicissitudini che hanno riguardato l’amata piramide, credo sia saggio guardare il lato positivo. Qualcosa non deve aver funzionato a livello gestionale, senza dimenticare il fattore negativo che per l’ennesima volta ha legato il Cocoricò alla perdita di una giovane vita. Da li, secondo il mio punto di vista, il vero declino del club… una discesa sempre più ripida fino ad arrivare all’inevitabile muro di cemento armato.

 

Immortalato in una location inconfondibile: quale? Basta osservare lo sfondo…

Io ho avuto la fortuna di partecipare a uno degli ultimi Memorabilia (15 Settembre 2018) e posso confermare di aver provato le stesse identiche emozioni percepite negli anni ’90. E’ stata una serata suprema, anche musicalmente parlando, andata quasi subito in sold out. Serata denominata Memorabilia “The Origins”, per cui in consolle erano presenti molti dei protagonisti delle origini al “Cocco”: Cirillo, Rexanthony, l’americano Lenny Dee, Gianni Parrini, Saccoman, Ricci Junior (figlio di Dj Ricci, uno dei più grandi rappresentati della techno italiana), Panda e il conterraneo Dj Cek. Per quella serata esclusiva avevo deciso di mettere in piedi un live speciale andando a rispolverare e utilizzare vecchi strumenti: gli stessi identici utilizzati da me al Cocoricò nelle serate 90’s. Se ripenso alla serata del 15 Settembre 2018, per cui a Memorabilia “The Origins”, i primi flash che mi tornano in mente sono i due momenti in cui ho avuto il “coraggio” di salire in piedi in consolle: la prima per eseguire un’improvvisazione rock attraverso una tastiera-chitarra Roland, capace di emanare un suono graffiante di chitarra elettrica (situazione piuttosto insolita all’interno di un club techno). La seconda volta, con il microfono in mano sulle note di “Pyramid Power”, per invitare tutto il pubblico in pista ad abbassarsi per poi saltare in aria al mio via, nello stesso momento in cui il brano ripartiva con gran potenza. Temevo molto per la riuscita di questo esperimento, ma quando si sono accese le luci non credevo ai miei occhi: tutta la pista era chinata… e questo mi ha dato la carica giusta per portare a termine quello che per me è stato uno dei miei migliori live in carriera. Tornando alle vicissitudini del super-club, parlavo prima del lato positivo: come prevedevo, un locale storico di questa portata non sarebbe mai finito nel dimenticatoio (come purtroppo successo per tanti altri), infatti è stato immediatamente conteso da organizzazioni di tutto il mondo, per poi essere stato dato in gestione dal proprietario dei muri a una cordata romagnola, che io ritengo essere seria ed esperta del settore. E’ nei progetti una profonda ristrutturazione del locale (che onestamente parlando, purtroppo, stava letteralmente cadendo a pezzi) e cosa ancor più positiva, è già stata fissata la data di apertura: Pasqua 2020. Riguardo la scelta della linea musicale da seguire, la creazione di format, progetti su futuri special guest e quant’altro credo sia ancora tutto in alto mare… Di sicuro la nuova gestione dovrà fare un reset ripartendo dai personaggi storici che hanno reso celebre il club: mi sto riferendo ai deejay’s del Memorabilia e a mio avviso sarà fondamentale la presenza e collaborazione attiva di uno dei più carismatici performer del mondo della notte, il Principe Maurice. Gestire ad oggi un club di questo tipo è un compito veramente arduo e sarà molto difficile fargli riscrivere la stessa storia degli anni ’90, ma si parte comunque da un grande punto di vantaggio, cioè la location: a mio avviso una tra le più incredibili d’Europa, per non dire del mondo, caratterizzata da 4 fattori indissolubili: piramide, cristallo, alba e… techno. Solo chi ha avuto modo di viverci dentro può capire. Il resto sono solo chiacchiere da bar…

 

In studio di registrazione insieme al Principe Maurice

A dispetto dell’età, hai alle spalle una lunga carriera. Qual è il momento che – professionalmente parlando – rientra tra i tuoi più bei ricordi e quale, invece, vorresti dimenticare?

Trattandosi di una lunga carriera con molti traguardi raggiunti (e molti altri da raggiungere), è complicato dirti quale sia per me il ricordo più bello in assoluto. Tra i vari, potrei menzionarti il ricevimento della telefonata del mio manager dell’epoca (metà anni ’90) che mi comunicava di aver raggiunto il 1° posto assoluto in classifica nazionale Giapponese con il singolo “Gener-Action”, singolo che in Italia rimase totalmente sconosciuto. Altro momento indimenticabile, quando un pomeriggio mi arrivò un’altra telefonata storica dalla casa discografica, dove mi veniva comunicato che il video clip di “Polaris Dream” era entrato ufficialmente in heavy-rotation su MTV Europe. Altro momento di grande soddisfazione sapere che “Polaris Dream” è stato in quel periodo uno tra i 5 singoli più venduti in Italia posizionandosi ai primi posti di Sorrisi & Canzoni (in mezzo ad artisti pop tipo Vasco Rossi o Michael Jackson). Potrei citartene tanti altri, ma questi sono i primi che mi tornano in mente in questo momento… Mi chiedi anche quale ricordo negativo vorrei dimenticare: anche se non sono mancati i momenti negativi nella lunga esperienza artistica, per fortuna posso dirti che non sono stati così rilevanti da meritare un posto nei miei ricordi.

 

Memorie di un esordio da enfant prodige

Che opinione hai della trap, del rap e di tutte le espressioni musicali che attualmente i giovani sembrano prediligere?

Penso che l’Italia, musicalmente parlando, stia attraversando uno tra i periodi più bui della storia. Io, da buon musicista che ritengo di essere, ho sempre avuto molto rispetto di tutte le correnti musicali che hanno attraversato le generazioni presenti e passate… e sono sempre stato del parere che la musica debba servire per trasmettere all’ascoltatore positività, energia e che lo stimoli a viaggiare con la mente. Tuttavia, credo che la trap (genere che sta spopolando a livello di massa) non rispecchi nessuna di queste caratteristiche. Gli “idoli” che rappresentano questo genere (e che quindi sono anche di riferimento ai loro fans, perlaltro giovanissimi, poco più che adolescenti), generalmente sanno poco rappare, cantare, suonare e troppo spesso nei testi vengono trattate tematiche che includono l’uso di droghe di ogni genere, di sesso maschilista (come se la donna fosse nulla più che un oggetto da usare e buttare) e si presentano con un’immagine davvero imbarazzante, caratterizzata oltretutto anche da tatuaggi nel viso. Direi quindi un mix negativo che non dovrebbe assolutamente entrare nelle orecchie (e negli occhi) dei ragazzini. Un cattivo esempio senza se e senza ma. Spero passi al più presto per dar spazio ad artisti che magari sappiano suonare, cantare, diffondere messaggi positivi e presentarsi in pubblico con un’immagine bella e sana. Di tutt’altro pianeta la trap d’oltre oceano: gli artisti che la rappresentano sono dei veri divi e si meritano il successo ottenuto. Tra i vari personaggi che apprezzo (sia come produzioni che come dj-set) c’è senza ombra di dubbio DJ Snake. Altri rappresentanti nel mondo che mi trasmettono energia positiva (che non fanno esattamente Trap ma un genere che io definisco elettronico 2.0) in particolar modo sono K?d e Rezz. Nella domanda hai incluso anche il rap e penso che in Italia questo genere sia stato rappresentato da alcuni grandi personaggi, che magari non sanno cantare ma sanno fare quello che il genere richiede, per cui rappare. Il top, a mio avviso, è stato raggiunto negli anni ’90 quando si pensava più alla qualità del prodotto che al business… e secondo il mio punto di vista i due rappresentanti assoluti erano J-Ax e il conterraneo Fabri Fibra. Mi piaceva il loro stile e soprattutto il loro timbro vocale… Timbro che non veniva smaterializzato dall’inflazionata tecnica dell’auto-tune, programma in grado di far cantare chiunque, rendendo identica, fredda e insapore la voce di tutti questi “trapper”.

 

Rexanthony con Cirillo

“Trascinatore di folle” durante un live a Imola

La techno ieri ed oggi: quali le differenze, e quali i punti in comune?

Io sono artisticamente nato in un periodo in cui esistevano pochi sotto-generi, per cui tutta la sfera musicale elettronica, a grandi linee, veniva classificata in tre grandi filoni: dance (assegnato a produzioni per il grande pubblico, ballabili e cantabili), underground (destinato a un target tipicamente da club) e techno (da sempre visto come un genere più “pazzo” caratterizzato da ritmi martellanti, suoni acidi, alta velocità e tanta energia). Oggi le cose sono estremamente cambiate e nel corso degli anni ogni filone è stato suddiviso in decine e decine di sotto-generi… Secondo il mio punto di vista tutto ciò ha categorizzato troppo il mercato, andando a sua volta a “suddividere” gli utenti che acquistano musica e partecipano ai party. Oggi per techno si intende qualcosa di drasticamente diverso rispetto a quanto prodotto negli anni ’90: parlando di bpm, la velocità è scesa intorno ai 125 rispetto ai 140/160 del passato… le melodie sono sparite quasi del tutto lasciando spazio a loop molto ripetitivi e ritmi decisamente più standardizzati, per cui alla portata di tutti. Personalmente non mi regala grandi emozioni…anzi, mi annoia dopo appena 10 minuti di ascolto. Per me techno significa energia, velocità, ritmiche potenti e melodie che ti entrano nel cuore… e chi balla in pista deve sudare, cantare e abbracciarsi con il vicino, che anche se in realtà è uno sconosciuto, in quei momenti lo senti come uno che fa parte della tua stessa tribù.

 

Memorabilia all’ Unipol Arena di Casalecchio di Reno (Bologna)

Da qualche anno sei anche un produttore. Parlaci dei tuoi progetti più imminenti sia in queste vesti che in quelle di artista.

Un pò come avviene nel mondo del calcio, dove un giocatore adulto decide di abbandonare il campo per dedicarsi all’attività di allenatore o dirigente di squadra, io credo che la logica evoluzione di un artista sia quella di trasfomarsi in produttore e di gestire una casa discografica propria con annesso studio di registrazione professionale. Ed è quello che sto facendo io. Posso comunque tranquillizzare i miei seguaci assicurandoli che non metterò in ombra la mia attività artistica, per cui “Rexanthony” continuerà a produrre nuovi dischi e a fare serate sempre più esplosive in Italia e non solo! Tornando all’attività di produttore e alla mia casa discografica Musik Research, gestisco un roaster di artisti affermati ma anche emergenti che ritengo essere molto validi. Tra questi menziono il giovanissimo Dennis Hill e il duo Pilot Of The Dreams. Ricevo quotidianamente demo da ascoltare, di ogni tipo e di ogni genere (sempre comunque in ambito elettronico) e raramente trovo qualcosa di innovativo che mi susciti interesse. Molti credono di poter catturare l’attenzione di un produttore inviando brani creati esclusivamente con una cozzaglia di loops scaricati da internet… ma non è così che funziona. Per fare musica è necessario coltivare la passione sin da piccoli, bisogna studiare molto più di quanto non si pensi e soprattutto è fondamentale imparare a suonare.  Tutto questo ti permette di essere indipendente e, se hai talento, di dimostrarlo attraverso le sette note. Oggi potrebbero bastare una cameretta, un computer, un software musicale e… tanta fantasia per tirar fuori qualcosa che possa realmente cambiarti la vita.

 

Rexanthony live a Cuneo…

…e a Macerata

In piazzale Roma a Riccione, la città che ha fatto da culla al suo debutto

Sempre a Riccione, ma al Peter Pan: i live di Rexanthony, invariabilmente, radunano una folla oceanica

Rexanthony con Ricci Jr.