Il close-up della settimana

 

La notizia ormai è ufficiale: il marchio Walter Albini, capostipite del prêt-à-porter italiano, sta per essere rilanciato in grande stile. La proprietà intellettuale e buona parte degli archivi del brand sono stati acquistati da Bidayat, la società d’investimento con base a Lugano fondata da Rachid Mohamed Rachid. Rachid, CEO del fondo del Qatar Mayhoola che ha già acquisito le maison Valentino e Balmain, è entusiasta dell’ operazione. Attualmente sta intrecciando collaborazioni con un gran numero di media, musei, curatori, gruppi editoriali  e professionisti del settore del lusso allo scopo di divulgare l’eredità di Walter Albini e riaffermare la potente iconicità delle sue creazioni. Prima che li acquistasse Bidayat, gli archivi di Albini (che abbracciano un periodo compreso tra il 1965 e il 1983) erano di proprietà di Barbara Curti: sua madre, Marisa Curti, è stata un’appassionata collezionista di tutto ciò che riguardava lo stilista sin da quando apparve sulle scene. Abiti con le leggendarie stampe signature del brand, gioielli, accessori, un’incredibile quantità di foto e di disegni costituiscono il materiale della raccolta, di cui Barbara Curti seguiterà a occuparsi nel ruolo di curatrice. Il primo step del progetto di rilancio è incentrato proprio su un accurato studio dell’ heritage, che fornirà degli elementi decisivi per il futuro del marchio. La sfida è a dir poco emozionante: stiamo parlando di una griffe che il suo fondatore (Walter Albini, appunto) rese unica e irripetibile; non è un caso che lo stesso Rachid Mohamed Rachid l’abbia definita “un gioiello nascosto della moda italiana”. Ripercorrere in molta sintesi il percorso di Walter Albini, a questo punto, mi sembra d’obbligo. Nato a Busto Arsizio nel 1941, comincia a fare schizzi delle sfilate di alta moda appena diciassettenne, mentre studia ancora all’ Istituto d’Arte. Invia i suoi disegni alle riviste, si suddivide tra Roma e Parigi dove svolge la sua attività; nella Ville Lumière conosce Coco Chanel e ne rimane estasiato. Esordisce come fashion designer con Krizia di Mariuccia Mandelli, lavorando a fianco di un giovanissimo Karl Lagerfeld. Da Krizia rimane tre anni, a cui seguono collaborazioni con svariate case di moda. Si afferma a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 sbalordendo per il suo spirito innovativo: nel 1970 lancia il total look e l’ “unimax”, outfit per uomo e donna accomunati dal taglio e dalla tonalità; nello stesso anno svela la collezione Anagrafe, che a otto spose vestite di lunghi abiti rosa contrappone otto vedove in minidress nero. Anna Piaggi conia il termine “stilista” appositamente per Albini, ma l’estroso visionario di Busto Arsizio, grazie alle sue intuizioni, si guadagna anche il titolo di “pioniere del prêt-à-porter italiano”: sfila a Milano anzichè a Firenze (la capitale storica della moda), propone uno stile perfetto per la vita quotidiana e distante dall’atmosfera ovattata degli atelier. Presenta la prima collezione firmata Walter Albini a Londra, nel 1973. E’ una collezione co-ed che lancia in parallelo a molte altre novità. Una su tutte? La proposta di due linee parallele, la prima destinata a un pubblico ristretto e la seconda alla grande diffusione. In Italia apre uno showroom a Milano e va a vivere a Venezia, dove organizza un’indimenticabile sfilata al Caffè Florian. Diventa un “personaggio”, il testimonial delle sue creazioni, arreda le case che possiede en pendant con le sue collezioni. Nel 1975, a Roma, debutta nell’ alta moda con una linea fortemente influenzata da Coco Chanel e dagli anni ’30, che insieme ai ’40 rappresentano il periodo storico a cui fa riferimento. Altri cardini del suo stile sono le suggestioni ethno (pregilige l’Asia, l’Africa, il Messico), l’ispirazione Fortuny, l’unisex, il total look, la grande attenzione per i dettagli e gli accessori. Albini viene considerato l’equivalente italiano di Halston e di Yves Saint-Laurent, ma sfortunatamente non vive a lungo: muore nel 1983, a soli 42 anni. In Italia, all’ epoca, esplode il prêt-à-porter, un settore che lui stesso ha promulgato: il ricordo del suo marchio, tuttavia, sbiadisce con l’inarrestabile avanzata del Made in Italy.

 

 

Oggi, Bidayat ci offre la splendida opportunità di riscoprirlo. “La vera sfida sarà trovare una squadra direttiva del giusto calibro per concretizzare la nostra visione e ambizione”, dichiara Rachid Mohamed Rachid. E gira voce, non a caso, che alla direzione creativa del “nuovo” Walter Albini potrebbe essere nominato nientepopodimeno che Alessandro Michele.

 

Immagine di copertina: Walter Albini

Foto di Alessandro Michele by Walterlan Papetti, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

 

Parigi Fashion Week: 10 flash dalle sfilate Primavera Estate 2023

 

Stamattina voliamo a Parigi per il quarto ed ultimo appuntamento con la rassegna dedicata alle Fashion Week delle collezioni Primavera Estate 2023. Nella Ville Lumière, dopo gli stravolgimenti dovuti al Covid, le grandi griffe sono tornate tutte in passerella, nessuna esclusa. Dal 27 Settembre al 4 Ottobre hanno sfilato top names della moda quali Dior, Saint Laurent, Comme des Garçons, Balmain, Chloé, Vivienne Westwood, Balenciaga, Valentino, Givenchy, Chanel, Miu Miu e molti altri ancora. Anche la lista di debutti sul catwalk parigino include brand eccellenti: Victoria Beckham, The Row, A.W.A.K.E. MODE e Zimmermann hanno scelto la capitale francese per presentare le loro nuove collezioni. Sempre a Parigi è andato in scena il primo défilé che ha fatto seguito alla scomparsa di Issey Miyake, il cui marchio si avvale della direzione creativa di Satoshi Kondo già dal 2020. Come di consueto, tutti gli show sono stati trasmessi in streaming sia nei siti che nei social dei vari brand e dalla Fédération de la Haute Couture et de la Mode, l’ente che presiede alla Fashion Week parigina. Andiamo a scoprire subito le 10 collezioni che ho scelto di commentare brevemente.

 

1. Dior

 

Un’ antica mappa di Parigi che adorna un foulard dell’ archivio Dior  viene riprodotta su un gran numero di capi e costituisce il motivo ispiratore della collezione: Avenue Montaigne è al centro della stampa, ma nei paraggi spicca il Jardin des Tuileries che Caterina de’ Medici fece realizzare nel 1564. La figura della nobildonna stimola una riflessione sul rapporto tra donna e potere che sottolinea l’influenza esercitata dalla regina consorte di Francia sia sulla vita politica che sulla moda del paese. A corte Caterina de’ Medici introduce il busto, i tacchi, i preziosi merletti di Burano, tutti elementi a cui Maria Grazia Chiuri fa riferimento nelle sue creazioni. Una palette di tre colori, il nero, il bianco e il beige, caratterizza una collezione che inneggia al femminile in tutta la sua sontuosità: alte bordure ricamate, pizzo a profusione, guepière squadrate alternate alla bralette, capispalla con strascico, gonne a cupola voluminose declinate in mini e in maxi lunghezze sono solo alcuni dei capi ricorrenti nei look. A fare da leitmotiv è un iconico modello di scarpa con platform vertiginoso e lacci che si intrecciano sopra ai gambaletti in rete.

 

2. Saint Laurent

 

Il focus è sul corpo: le sue forme, la sua fisicità, le sue potenzialità. L’ispirazione, non a caso, guarda a Martha Graham, paladina della body consciousness riferita alla danza. La celebrazione del fisico accomuna la grande danzatrice e coreografa e Anthony Vaccarello, che in questa collezione evidenzia a tutto tondo la silhouette. Lo fa coniugando la sua concezione di “corpo” con quella associata all’heritage della Maison: privilegia linee affusolate, sviluppate in verticale, per esaltare una corporatura slanciata e sinuosa al tempo stesso. Gli abiti, rigorosamente fascianti, sono arricchiti da drappeggi e da un cappuccio in puro stile YSL. Il jersey è il tessuto predominante, in quanto si incolla al corpo dando vita a silhouette tubolari.  Le texture in cui viene declinato sono due: la prima è spessa e opaca, la seconda audacemente see-through. Per contrasto, i look iper-attillati si accompagnano a capispalla lunghi e “importanti”, dalle enormi spalle squadrate. I colori sono intensi, quasi autunnali: prevalgono il prugna, il marrone, il senape, il vinaccia, il verde bosco, il blu e il nero.

 

3. Cecilie Bahnsen

 

La collezione si intitola We are water e celebra l’uguaglianza nella diversità. Tra i look, spiccano tessuti e lavorazioni ricchi di increspature che rievocano le ondulazioni di una superficie liquida, alternati a materiali fluttuanti e impalpabili e a bagliori argentei. Lo stile è quello signature della Bahnsen, vestiti eterei impreziositi da balze, dettagli a punto smock, forme e maniche a palloncino. Per la Primavera Estate 2023 la designer introduce dei pantaloni morbidi a vita alta, elabora abiti dotati di scolli asimmetrici sovrapponendoli ad attillatissimi top velati e avvolge le mise in evanescenti involucri di chiffon. La palette cromatica sancisce la prevalenza del bianco, affiancato a nuance come il lilla, l’argento, il celeste, il verde mela, il nero e il blu elettrico.

 

4. Chloé

 

La collezione ruota attorno al concetto di “energia a fusione”, un tipo di energia che potremmo definire cosmica: attinge a fonti come le stelle e l’universo. I dispositivi utilizzati per produrla sono chiamati “tokamak”, hanno dimensioni enormi e una forma tonda. Il tokamak, di conseguenza, diviene un autentico leitmotiv: i cerchi si tramutano in oblò, fori di un tessuto a rete, borchie che adornano gli outfit, paillettes gigantesche e motivi ornamentali. Ogni look è rigorosamente eco-friendly; predominano materiali come il cashmere riciclato, il lino (poichè privo di pesticidi durante la raccolta), la rete laminata, il cotone riciclato effetto denim, la lana delle pecore Merinos che Gabriela Hearst ospita nella sua fattoria uruguaiana. Risalta un portentoso mix di texture e trame, forme lineari ma fluide, comfort e disinvoltura che fa da fil rouge all’ intera collezione.

 

5. Rick Owens

 

Edfu, questo il suo nome (un nome ispirato a un tempio affacciato sul Nilo), è una collezione eclettica e di forte impatto. Combina soavi drappeggi con forme scultoree, l’ impalpabilità del tulle con la futuribile lucentezza di materiali come il denim laccato e la pelle spalmata di glicerina naturale. Il mood è avantgarde, i cuissardes con plateau altissimo fanno da leitmotiv a ogni look. Le spalle arrotondate, ricorrenti in velatissimi blouson con zip, si alternano alle spalline appuntite e rivolte verso l’alto. Gli abiti fasciano il corpo grazie ad asimmetrie e drappeggi oppure sono corti, svasati e svolazzanti. Una fluttuante mantella con cappuccio si contrappone alla voluminosità degli iridescenti bomber con zip che rimandano alla carapace degli scarabei: questo dettaglio concentra in sé l’ispirazione Egitto che dà il nome alla collezione. Prima di una serie di look molto strong, in denim laccato total black, si effonde la soavità principesca di lunghi e vaporosissimi abiti in tulle con mega strascico. La palette esalta cromie come l’écru, il rosa carico, l’ amaranto, il giallo e il nero.

 

6. Giambattista Valli

 

Valli si ispira all’ aristocrazia della Città Eterna, al glamour e al mood cosmopolita che la contraddistinguevano negli anni ’60. Il lusso si intreccia con suggestioni nomadi, dettagli esotici o ispirati alla secolare storia di Roma, i colori alternano le tonalità pastello (su cui troneggia il rosa) al bianco, al nero e soprattutto all’ oro. Le lunghezze non hanno mezze misure, sono o maxi o mini. I look evidenziano un tripudio di passamanerie, frange, ruches scolpite, tessuti a rete, trasparenze ornate di ricami floreali, drappeggi e arricciature, fiocchi che esaltano la linea dell’abito. Un motivo trompe l’oeil rimanda alla bergère, tipica poltrona francese del ‘700, e appare su su svariati capi. Gli accessori sono fondamentali per definire il look. Spiccano i turbanti, i vistosi orecchini con pendenti, gli occhiali cat-eye. I sandali alla schiava tempestati di gioielli trionfano: sono un rimando all’ antica Roma e il supremo emblema della sua opulenza.

 

7. Victoria Beckham

 

Per il suo debutto parigino Victoria Beckham manda in scena un tripudio di look decostruiti, assemblati in un mix di elementi e texture e strutturalmente elaborati. I tailleur pantalone sembrano ancora in fase di lavorazione, gli abiti sono tagliati in vita e uniti al top da involti di stoffa. Le asimmetrie proliferano, stivali-calze in lattice diventano parte integrante di una serie di look. Anche le borse sono molto particolari: somigliano a parrucche di lunghe chiome che la modella tiene in mano. In quello stesso materiale si declinano, a effetto frangia, top e minigonne indossati con abitini e tute incollati al corpo. Le trasparenze abbondano, ornate di pois, pizzi, volant e stampe floreali. In tal senso colpisce un completo giacca pantalone rosso, squadrato e dalle forme comode ma completamente see-through.

 

8. Balenciaga

 

Se la scorsa stagione i modelli hanno sfilato in una tempesta di neve, ora sfilano nel fango. La neve si è sciolta, tramutandosi in una pozza di melma invasa dai crateri delle bombe esplose: Demna Gvasalia non ha mai dimenticato la sua esperienza di profugo dalla Georgia. Oggi, si professa angosciato rispetto al mondo in cui viviamo. Tutto questo, in passerella, si riflette in un’atmosfera apocalittica e sinistramente buia. La sfilata co-ed si apre con il menswear per poi concludersi con un womenswear più votato all’ ottimismo; se all’ inizio predominano pantaloni cargo e jeans strappati, felpe con cappuccio e bomber massicci (abbinati spesso a una sciarpa di peluche in colori fluo che si srotola dal collo come un lungo serpente), i look donna evidenziano una serie di long dress plissettati, sagomati e drappeggiati sul corpo. Le ultime uscite accentuano il mood glamour-chic. Gli abiti si cospargono di piume, cristalli e jais prima del gran finale: un vestito interamente composto da ritagli della borsa Balenciaga Lariat. E’ una critica al consumismo smodato tipico della nostra epoca.

 

9. Valentino

 

Al posto dell’iconico fucsia della collezione Autunno Inverno 2022/23, stavolta prevalgono cromie come il nude, il cipria, il marrone, il nero, il giallo e il rosso. A metà sfilata appaiono, però, anche un verde smeraldo, un blu elettrico e un viola sfavillanti: un colpo di scena che non passa inosservato. In realtà, il vero protagonista è il logo. La V di Valentino si moltiplica sugli outfit con mantella incorporata, sui lunghi abiti con maniche a campana, sugli ensemble di blusa + fuseaux. Invade persino il viso, le mani e le braccia, grazie al make up mozzafiato di Pat McGrath. I rimanenti look sono all’ insegna della fluidità e del minimalismo chic, alternando forme che sottolineano morbidamente il corpo a leitmotiv come le piume e le mantelle svolazzanti. Le mise di chiusura inneggiano al plissè, che esplode a raggiera sui cappotti e sugli abiti-cappa tempestati di glitter. E se le ultime uscite esaltano la raffinatezza di un total black fatto di scolli monospalla, volumi amplificati sul fondo e giacche da smoking che diventano long dress, il lilla luccicante di un abito-mantella completamente plissettato, con orlo rasoterra, conquista all’istante.

 

10. Stella McCartney

 

Stella McCartney riparte dal passato per definire il proprio futuro: compie un viaggio nel suo archivio anni ’90 e del primo decennio del 2000 rivisitandone e attualizzandone i capi più iconici, come il top composto da una catena dorata che creò per Chloé. La moda di quell’ epoca è ormai diventata un cult anche per i giovanissimi. Stella McCartney la ripropone nei pantaloni a vita bassa con squarci circondati di strass sui fianchi, nei gilet che sostituiscono il top, nelle jumpsuit senza spalline, nei fuseaux e nei jeans grunge con strappi, alternandoli a gonne e abiti asimmetrici e a squadratissime giacche oversize. I colori si declinano nella loro nuance più vivace: il giallo, il rosso, il turchese si accendono di sfumature squillanti attenuate da un sognante verde acqua. Fondamentale è la scelta dei materiali, sempre il linea con i valori sostenibili del brand; la designer dà ampio spazio all’ ecopelle ottenuta dalle bucce d’uva, agli strass composti da elementi cruelty-free e alla pelle ricavata dal micelio dei funghi.

 

 

Il close-up della settimana

 

Questa settimana, la Serenissima farà da cornice a due eventi prestigiosissimi che riguardano il fashion world: domani, 14 Luglio, Saint Laurent presenterà la collezione Uomo per la Primavera Estate 2022 a La Certosa sullo sfondo di un’ opera di Doug Aitken, il celeberrimo artista californiano, mentre il 15 luglio sarà la volta di Valentino, che all’ Arsenale farà sfilare le creazioni di Alta Moda Autunno Inverno 2021 2022 (rileggi qui l’articolo che VALIUM ha dedicato ai défilé). Ma l’ estate di Venezia – città meravigliosa e più che mai associata alla rinascita artistico-culturale italiana – ha in serbo molte altre sorprese ancora, tutte all’ insegna della moda. Una notizia appena uscita ci informa che anche Stefano Dolce e Domenico Gabbana hanno scelto la perla lagunare come location dei loro prossimi show. Dal 28 al 30 Agosto 2021, nella Serenissima verranno svelate le collezioni di Alta Moda, Alta Sartoria, Alta Gioielleria e Alta Orologeria del duo, ma non solo. In quelle date è previsto, infatti, anche il lancio della linea Dolce & Gabbana Casa. Dopo Taormina e località emblematiche del Bel Paese quali Napoli, il lago di Como e Firenze, Dolce & Gabbana puntano su Venezia per  perpetuare il loro inno all’ italianità. Quella organizzata dal duo creativo sarà un’ autentica kermesse, una tre giorni che lo vedrà dialogare con le più rappresentative realtà artigianali, artistiche e manifatturiere della laguna. Dolce & Gabbana, come sempre, si preparano a fare le cose in grande. Il loro legame con la Serenissima d’altronde è noto: basti pensare che proprio a Venezia decisero di ambientare la campagna pubblicitaria delle collezioni PE 2018 Uomo e Donna. Nulla è stato detto su dove si terranno le presentazioni in programma per il prossimo Agosto; quel che è certo, è che si tratterà di location preziose e particolarmente significative. Rimanete sintonizzati su VALIUM per avere tutti gli aggiornamenti e le ultimissime news relative all’ evento.

 

 

 

Il close-up della settimana

 

“La bellezza salverà il mondo”, scrive Dostoevskij ne “L’ idiota”. Sarà perchè la virulenza della pandemia di Covid ha risvegliato in noi un forte desiderio di rinascita, o perchè il periodo del lockdown e delle privazioni ci ha spinto a riscoprire la potenza rigenerante della bellezza, ma è ormai un dato di fatto: Venezia potrebbe essere idealmente incoronata “città italiana del 2021″. Tutti gli occhi sono puntati su di lei, tutti la scelgono come location, il che non sorprende; la perla della laguna vanta uno splendore indescrivibile, unico al mondo. E’ un gioiello ricco di sfaccettature la cui la preziosità ha incantato, nel tempo, miriadi di artisti e di intellettuali. Culturalmente vivacissima, Venezia ospita ogni anno appuntamenti di spessore quali la Biennale, il Salone Nautico, il Carnevale, la Venice Fashion Week (un’ affascinante vetrina del savoir faire artigianale locale). Molte notizie emozionanti la riguardano, in queste giornate dense di eventi: tra tutte, risaltano quelle che coinvolgono il fashion world, mai immune alla malia della Laguna. Lo sa bene Rick Owens, che di recente ha ambientato i suoi show tra Venezia e il Lido, ma lo sapeva bene anche Karl Lagerfeld, che, memore della valenza che la città lagunare rivestì nella vita di Mademoiselle, elesse la Serenissima a cornice della sfilata Cruise 2010 di Chanel. Oggi, su Venezia puntano due altri prestigiosi brand: Saint Laurent e Valentino.

 

 

Anthony Vaccarello, direttore creativo dell’ iconica griffe francese, farà le cose in grande. In collaborazione con Doug Aitken, vincitore del Premio Internazionale della Biennale di Venezia 1999 con la spettacolare installazione video “Electric Earth”, manderà in scena la sua prossima collezione (presumibilmente di menswear) negli spazi di un maestoso allestimento creato dall’ artista californiano. L’ installazione, “che Saint Laurent offrirà alla città di Venezia e al suo pubblico”, come il gruppo Kering spiega in un comunicato stampa, farà bella mostra di sè durante la Biennale di Architettura e rimarrà visibile fino al 31 Luglio 2021. Dove si intende collocarla e quando verrà inaugurata, però, sono domande che al momento rimangono senza risposta. Valentino, naturalmente, in quanto a magnificenza non sarà da meno. Il défilé di Alta Moda Autunno/Inverno 2021/22 si terrà a Venezia il prossimo 15 Luglio, ma la location non è ancora nota. Quel che è certo, è che sarà possibile ammirare l’ evento in live streaming sia sui social del brand che sulla piattaforma della FHCM, la Fédération de la Haute Couture et de la Mode. La sfilata rientrerà infatti (seppure virtualmente) nella manifestazione della Paris Couture Week. Pierpaolo Piccioli ha motivato la scelta di Venezia in un approfondito press release: “L’ attuale modalità “viaggia con la fantasia” in cui ci troviamo mi ha spinto a sognare più in grande. La mia prossima collezione Couture si intitolerà “Valentino Des Ateliers” e l’ approccio generale a questo progetto ha molto a che fare con il nome stesso. Mi sono messo alla prova nell’ orchestrare una sinfonia di menti, anime e input creativi diversi. Tutte queste energie hanno portato la mia visione a Venezia, una città che genera genuinamente e spontaneamente vibrazioni su arte, teatro, musica, architettura, cinema e tutto ciò che ha a che fare con la creatività. Ecco perchè è stata una decisione naturale optare per questa idea.” Si prevede che in Laguna approderà un selezionato novero di ospiti, invitato  ad assistere alla sfilata in tutta sicurezza.

 

 

 

Tendenze PE 2020 – La supremazia del gilet

Saint Laurent

Saint Laurent docet, come abbiamo visto nella sua campagna PE 2020: il gilet questa estate spopola. Tutto merito dell’ eclettismo e delle infinite metamorfosi del capo che Diane Keaton, nel film “Io e Annie”, rese mitico. Oggi si porta sulla pelle nuda, spunta a sorpresa sotto il tailleur, dà il tocco finale al look e si declina persino in shearling, amplificando la sua vestibilità. Piace perchè è meno impegnativo di una giacca ma fa ugualmente un’ ottima figura, è cool ed elegante al tempo stesso: il gilet rientra, senza dubbio, tra i must have della stagione calda.

 

Emporio Armani

Celine

Etro

Cédric Charlier

Max Mara

Chocheng

Acne Studios

Louis Vuitton

Gucci

Giorgio Armani

Hermès

Miu Miu

 

 

 

#YSL31 e le nomadi deluxe: la campagna pubblicitaria PE 2020 di Saint Laurent

 

A far da sfondo sono i toni aranciati delle rocce del Gran Canyon, dove la luminosità è abbagliante e il caldo, oltremodo torrido. Lì, tra dune sabbiose e inaspettati specchi d’acqua, si muovono le nomadi deluxe di Saint Laurent: il celebratissimo fotografo tedesco Juergen Teller, che firma la campagna pubblicitaria Primavera/Estate 2020 della Maison, le immortala in straordinari scatti. #YSL31, questo il nome della ad, si avvale della direzione artistica di Anthony Vaccarello e di un cast di modelle davvero al top. Freja Beha Erichsen, Binx Walton, Aylah Peterson, Elise van Iterson e – last but not least – Zoe Kravitz, la splendida testimonial di Saint Laurent, appaiono in immagini a metà tra il sensuale e il bohémien mirabilmente in linea con il mood della collezione. Le affianca uno “special guest”, il serpente Charlie Brown, che vediamo abbarbicarsi intorno alla gamba di Binx Walton: la sua non è una presenza casuale, bensì un rimando alla borsa Carré Satchel pitonata pendente da una roccia. Tutto lo scenario contribuisce ad evocare un’atmosfera vagamente “selvaggia” a contrasto con il glamour di alcuni capi ed accessori, ma nel complesso è il coté boho a farla da padrone. Non è un caso che la campagna dedichi un ampio spazio ai gioielli, dettagli chiave del look; sono gioielli dagli accenti hippie chic, vistosi e un po’ gipsy, come il tripudio di bracciali che cinge i polsi o gli orecchini con grandi sfere intarsiate, oppure, ancora, i ciondoli a forma di luna. Sullo sfondo, quasi per metterli in risalto, il cielo azzurro troneggia sulle sommità rocciose e risplende in ogni scatto. L’ estate si “sente”, si percepisce ovunque, l’aria di libertà lo stesso. Nell’ ad predominano abiti see-through squisitamente ricamati d’oro, paisley pattern, gilet accompagnati a minishort gessati, gonne plissè impalpabili e dorate, stampe jungle ma anche outfit che sono la quintessenza dello charme,  per esempio i minidress drappeggiati con scolli audacissimi o i fuseax abbinati al top a fascia e a un’ alta cintura; tra gli accessori, gli stivali Kate dal gusto western si sono guadagnati il titolo di “must have”. Lo stile di Vaccarello, d’altronde, è ormai saldamente ancorato al connubio tra boho e glam. Ma oltre ai look e allo splendore del paesaggio, oltre ai colori e al mood rovente, ciò che intriga di questa campagna sono le espressioni fiere delle modelle: giovani donne che ti guardano fisso negli occhi, che non temono di affrontare il tuo sguardo. E che non temono, parimenti, di affrontare una vita nel segno dell’ avventura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CREDITS

Photographer: Juergen Teller

Art Direction: Anthony Vaccarello

Styling: Paul Sinclaire

Casting Direction: Piergiorgio Del Moroa & Samuel Ellis Scheinman

Hair Stylist: Duffy

Make up Artist: Kanako Takase

Models: Zoe Kravitz, Freja Beha Erichsen, Binx Walton, Aylah Peterson, Elise van Iterson

 

 

Paris Fashion Week: flash dalle collezioni AI 2020/21

DIOR.1

Oggi VALIUM vola nella Ville Lumière, dove dal 24 Febbraio al 3 Marzo si è svolta la Paris Fashion Week. In calendario, 71 sfilate e 25 presentazioni. Sono stati nove giorni sfavillanti, oltremodo esplosivi, densi di appuntamenti: il debutto di Felipe Oliveira Baptista alla direzione creativa di Kenzo, la collezione finale di Alessandro Dell’ Acqua per Rochas, il debutto parigino di Ermenegildo Zegna, il comeback di Coperni….Oltre che, naturalmente, i défilé di big internazionali del calibro di Dior, Saint Laurent, Chloé, Balmain, Celine, Vivienne Westwood, Balenciaga, Valentino, Givenchy, Stella McCartney, Giambattista Valli, Alexander McQueen, Chanel (peraltro, il 19 Febbraio scorso ricorreva il primo anniversario della scomparsa di Karl Lagerfeld), Miu Miu e Louis Vuitton, tanto per citarne alcuni. Moltissimi i designer esordienti, tra cui i francesi Boyarovskaya, Germanier e Xuly Bët, attesissimi il debutto dell’ africano Kenneth Ize e la sfilata di Thebe Magugu, primo vincitore “made in Africa” del Premio Louis Vuitton. Il team cinese, invece, è stato penalizzato dal fattore Coronavirus: la stilista Uma Wang ha preferito orientarsi su una presentazione, mentre Jarel Zhang, Maison Mai, Masha Ma, Calvin Luo e Shiatzy Chen hanno dovuto annullare i rispettivi fashion show parigini. La Fédération de la Haute Couture et de la Mode , tuttavia, ha garantito loro una visibilità massiccia attraverso le più disparate piattaforme di comunicazione. Veniamo ora alle cinque collezioni che VALIUM ha selezionato. Riflettori puntati su Dior, Saint Laurent, Maison Margiela, Balmain, Miu Miu. Si comincia con Dior:che lo show abbia inizio!

Una collezione che è un racconto autobiografico intessuto sui ricordi di Maria Grazia Chiuri. L’immaginario a cui attinge affonda le radici negli anni ’70 e nel movimento di liberazione della donna, ma anche in fotogrammi implicitamente associati all’ empowerment femminile: la sartoria della madre della designer, le attrici che le clienti desideravano emulare, l’ atelier milanese di Germana Marucelli, Mila Schön ritratta da Ugo Mulas, le opere della pittrice Carla Accardi…A quell’ iconografia si ispirano look di uno chic discreto, intrisi di estro ma portabilissimi, inseriti in una collezione oltremodo armonica. Il pattern a quadri tanto caro a Christian Dior predomina, declinato in tutti i capi e le versioni possibili, ma anche i pois fanno la loro apparizione: per Monsieur, entrambi i motivi erano i cardini di un’ eleganza informale. Il colletto bianco arrotondato abbinato alla cravatta nera è un leitmotiv; la collezione lo evidenzia in una serie di completi in black and white per poi riproporlo in varianti molteplici. Trionfano le frange, sugli orli dei capispalla oppure all over sugli abiti, le gonne spaziano dai modelli plissettati a quelli a portafoglio esplorando le lunghezze più svariate, le giacche sagomate si alternano ai caban e ai bomber jacket. L’allure è fresca, disinvolta, e si sposa con accessori iconici: la Saddle bag portata a tracolla, i gambaletti neri in rete, la bandana bene in vista sul capo nel tipico stile anni ’70. Insegne luminose che recitano “Consent” (consenso) ed altri slogan inneggianti al women power  – tutti realizzati dal collettivo Claire Fontaine – campeggiano nella location della sfilata, al cui ingresso è stato posto un “I say I” (io dico io) a caratteri cubitali. La frase, potentemente autoaffermativa, è anche il titolo di un’ imminente mostra dedicata alla scrittrice, critica d’arte e nota femminista Carla Lonzi oltre che all’arte italiana al femminile. Sostenuta da Dior, l’esposizione si terrà dal 23 Marzo al 21 Giugno 2020 presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.

 

DIOR. 2

DIOR. 3

 

SAINT LAURENT. 1

Denominatore comune: degli audacifuseaux in latex. Sono declinati in nero, viola, rosso, turchese, ed abbinati a giacche dall’ impeccabile taglio sartoriale. Tessuti come il tartan, il gessato e il pied de poule sottolineano la loro eleganza senza tempo, dando vita a un mix di fetish e di bon chic che le camicie con jabot impreziosiscono ulteriormente. Quando alle giacche si sostituiscono trench in pelle o dei fur jacket squadratissimi, il risultato non cambia: è puro stile Yves Saint Laurent sia in quanto a seduttività raffinata che agli incredibili cromatismi. Il fucsia, il viola, l’ocra, lo smeraldo, il teal, l’azzurro polvere si combinano e si alternano, creando dei connubi di un intenso magnetismo con il nero vinilico. Un mood sexy pervade l’ intera collezione, veicolato dal latex onnipresente (plasma indifferentemente top, gonne, abiti e corpetti) ma anche dalle trasparenze delle bluse e dei body in pizzo. Le gonne in latex, in particolare, rappresentano una valida alternativa ai fuseaux, soprattutto grazie all’ abbinamento con i cuissardes nello stesso materiale. Tuttavia, non riescono a rubare la scena al capo iconico della collezione (i fuseaux, appunto) e alle vertiginose slingback con fibbia sadomaso a cui si accompagna.

 

SAINT LAURENT. 2

SAINT LAURENT. 3

 

MAISON MARGIELA. 1

Riciclare per dare origine a una nuova vita e, al tempo stesso, a una nuova coscienza: è questo l’ intento di John Galliano, che prosegue nella sua opera di decostruzione e riassemblaggio dei capi classici già iniziata con Maison Margiela Artisanal. Galliano concentra l’attenzione sul guardaroba del XX secolo, lo seziona e lo rielabora prefiggendosi di mantenerne la valenza intrinseca. Il tutto, naturalmente, a partire da indumenti d’antan originali: significativo è l’ esempio di uno dei look di chiusura, un abito da flapper risalente agli anni ’20, trasformato in un tripudio di chiffon violetto con tanto di stampe al laser. Altri “esperimenti” sono stati compiuti su cappotti ridotti ai soli revers ed alla pettorina (lo chiffon o la plastica trasparente, in genere, sopperiscono alle parti mancanti dei capi), ampi colli in lana dotati di una sola manica, ensemble di giacca e gonna con imbastiture a vista invasi da abbondanti inserti in pelo. Spettacolari i gilet sfrangiati che sembrano fatti di carta velina, soprendenti i giacchini a spina di pesce combinati con maniche in fake fur inanellate in grossi boccoli. Altrettanto d’impatto è la palette cromatica: il giallo, l’arancio, il marrone, il malva, l’azzurro polvere, il cobalto, il turchese e il vinaccia si affiancano in una favolosa tavolozza. Con la collezione Autunno/Inverno 2020/21 di Maison Margiela viene lanciata anche Recicla, una linea che per il momento include borse vintage in vimini restaurate  oppure ricavate dal pellame di borse second hand.

 

MAISON MARGIELA. 2

MAISON MARGIELA. 3

 

BALMAIN. 1

Anche nella collezione di Balmain, i cuissardes rivestono un ruolo importante: altissimi, sostituiscono i collant o i pantaloni perchè avvolgono l’ intera gamba. Spaziano dal marrone al nero, passando per il beige, e sono declinati in cuoio ma più spesso in vernice. Quei tre colori sono importanti perchè delineano anche la palette cromatica della collezione, dove vanno ad aggiungersi al blu, al bianco, al grigio, a squarci di blu elettrico e di rosso, accentuando l’ impatto di creazioni che coniugano lo stile signature di Olivier Rousteing con l’ heritage Balmain più squisito. Abiti e gonne foulard, maglioni quasi “araldici” per quanto appaiono riccamente decorati, bottoni vistosi e ornamentali ricorrono in creazioni che sbalordiscono, oltre a tutto il resto, per la straordinaria sartorialità dei capispalla: le giacche, i cappotti e persino i cardigan sfoggiano spalle evidenti e nettamente squadrate; sono spesso a doppiopetto, decorati da due file di bottoni, con revers importanti e in colori a contrasto. Non è un caso che la sfilata si apra proprio con una parata di 20 cappotti blu rigorosamente double-breasted, ma con un unico rever a fare la differenza. Poi, ci sono mantelle in ogni lunghezza e versione: per il giorno i modelli evidenziano asimmetrie e sovrapposizioni, per la sera si incorporano all’ evening dress plissé dando vita a uno spettacolare look da red carpet. Lo stile “Jolie Madame” puramente Balmain, insomma, ormai si è fuso con la contemporaneità grintosa e audace di Olivier Rousteing. Lo dimostrano anche i look vinilici drappeggiatissimi, oppure cosparsi di glitter e ruches (e rigorosamente abbinati ai cuissardes vertiginosi), che anticipano le ultime uscite: su quale rockstar li vedreste indosso?

 

BALMAIN. 2

BALMAIN. 3

 

MIU MIU. 1

Uno chic squisitamente rétro, che attinge alle dive del silver screen hollywoodiano: Miu Miu inneggia alle eroine cinematografiche degli anni ’40 e ’50, spaziando dalle “sirene” alla Veronica Lake per poi omaggiare le bionde predilette da Hitchcock e le attrici del Neorealismo, ma sempre con il glamour a far da filo conduttore. Gli abiti che aprono la sfilata, lunghi e increspatissimi, fascianti e tinti di accattivanti colori (l’arancio, il giallo e lo smeraldo si affiancano al grigio e al rosa delicato), conquistano all’ istante. Seguono cappotti dagli orli rasoterra portati rigorosamente con la cintura, long dress in stile Impero, tailleur con gonna pencil stretti in vita, fake fur voluminosissime da diva, abitini bouffant ricchi di increspature. Il pattern check si alterna ad un  “graffiante” maculato, mentre bagliori e trasparenze predominano nei look da sera. Colpisce una mise in total black indossata da Kaia Gerber: l’abito, composto da una gonna lunga e sinuosa, viene abbinato a una cintura in pelle e a un top in chiffon con il corpetto tempestato di cristalli. Avrebbero potuto sfoggiarlo star del calibro di Ava Gardner o Lana Turner, ma la raffinatezza che sprigiona è del tutto priva di accenti “ladylike”. Prevale invece una allure giovane e fresca, seppur sofisticata. La stessa che emanano i maxicoat in nuance confetto che sfilano in chiusura, ennesimi pezzi iconici di una collezione battezzata con il pregnante nome di “Toying with elegance”.

 

MIU MIU. 2

MIU MIU. 3

 

 

 

New Icons: Adut Akech Bior

Adut per Valentino Haute Couture, AI 2019/20

In Italia l’ abbiamo conosciuta meglio grazie allo spot di Born in Roma, la nuova fragranza di Valentino (rileggi qui il post che VALIUM le ha dedicato), dove sfreccia in moto ad una festa indossando uno splendido abito da sera: è difficile che qualcuno sia rimasto immune al fascino esotico di Adut Akech Bior, più conosciuta come Adut Akech, e che non voglia saperne di più su una modella che ha scalato le vette del fashion system in soli due anni di carriera. Se il suo vi sembra un volto familiare, non stupisce. Sappiate che dal 2017 sfila e posa per le Maison più altisonanti del pianeta: basta dire che il suo debutto internazionale in passerella è avvenuto a Parigi quell’ anno stesso, con un brand del calibro di  Saint Laurent. Nel 2018, lanciatissima, Adut è stata scelta da Karl Lagerfeld in persona per esibirsi in look nuziale al défilé AI 2018/19 di Chanel Haute Couture, un onore che prima di lei spettò solo a un’ altra mannequin di colore (Alek Wek). Ma la vita di Adut Akech non è sempre stata votata al glamour. Sembra una fiaba a lieto fine, certo, però è iniziata in un modo ben diverso. Ripercorrendo l’iter esistenziale della musa di Pierpaolo Piccioli, scopriamo che nasce il 25 Dicembre 1999 nel Sudan del sud e che cresce in Kenya, in un campo profughi. Quando Adut ha 8 anni  la sua famiglia decide di chiedere asilo in Australia, ad Adelaide. Parlando solo Swahili e Dinka, la futura top deve innanzitutto iscriversi ad una scuola di inglese, che frequenta insieme a bambini provenienti da ogni parte del mondo. Degli anni seguenti ricorda il bullismo subito per i suoi incisivi distanziati e per la sua altezza, ma è un bullismo non destinato a durare a lungo: a 13 anni Adut già sfila in passerella, la prima volta per il fashion show di sua zia e successivamente alla Melbourne Fashion Week. E’ proprio allora che decide di diventare modella e si iscrive ad una fashion agency. Il resto, è storia. Sedicenne, vola a Parigi convocata da Saint Laurent, che la scrittura in esclusiva per tre stagioni. Un debutto ai défilé grande stile, il suo, subito seguito da un fioccare di occasioni irripetibili: oltre a Chanel, griffe come Fendi, Valentino, Alexander McQueen, Givenchy, Prada, Miu Miu, Tom Ford, Bottega Veneta, Lanvin, Off-White, Calvin Klein, Burberry, Simone Rocha, Giambattista Valli e Versace (per citarne solo alcune) se la contendono, le campagne pubblicitarie di cui è protagonista sono sempre più numerose. Qualche esempio? Saint Laurent, Valentino, Moschino, Fendi, Zara, Bottega Veneta la scelgono come testimonial ripetutamente, consacrando la fama che nel 2018 Adut ha consolidato posando per il calendario Pirelli scattato da Tim Walker che la immortala,tra le altre, accanto a Whoopi Goldberg e a Naomi Campbell. Nello stesso anno, la top sudanese viene eletta “Model of the Year” da Models.com, mentre, sin dagli esordi, la sua carriera acquista ulteriore impulso grazie ai prestigiosi fashion magazine che la vogliono in copertina: svariate edizioni internazionali di Vogue ma anche I-D, Numéro, Elle, L’Officiel e moltissimi altri ancora.

 

Adv Valentino Born in Roma eau de parfum

Oggi, Adut Akech è richiestissima. Impossibile non ricordarla sul catwalk della collezione Primavera Estate 2019 di Valentino Haute Couture, una sfilata che ha chiamato a raccolta la “crème” delle modelle black per abbattere la discriminazione razziale a colpi di eleganza sopraffina: la prima immagine che viene in mente di lei è come una visione. Adut indossa uno spettacolare abito color corallo che la avvolge, dalla vita in su compreso il capo, in un tripudio di rose di satin. Il suo volto ebano, in quella cornice, risalta al pari di una pietra preziosa. E se il suo “black pride” non passa inosservato (recentemente si è scagliata contro Who Magazine, che in un articolo a lei dedicato aveva pubblicato la foto di un’altra modella di colore, definendo quell’ errore “inaccettabile e ingiustificabile”), è noto l’impegno della top nei confronti dei rifugiati. A questo scopo collabora con le Nazioni Unite e si prodiga per una maggiore comprensione della loro condizione. Esempio vivente del potere dei sogni, role model con fierezza, Adut incoraggia il prossimo a credere in se stesso, a realizzare obiettivi e aspirazioni. Ce l’ha fatta lei, dopotutto, proveniente da un contesto non certo fertile: il che è indicativo della sua tempra. Il sostegno dei rifugiati la coinvolge  a pieno titolo. Perchè Adut Akech, nonostante la fama e la ricchezza, sarà sempre una rifugiata nel profondo, come ha dichiarato a Marie Claire USA. Una rifugiata che ha combattuto con tutte le sue forze per cambiare il corso del proprio destino.

 

Adut per Versace, AI 2019/20

Adut per Max Mara, AI 2019/20

Adut per Alexander McQueen, AI 2019/20

David Jones Beauty Campaign

Adut per Moschino, PE 2020

Adv Missoni AI 2019/20 by Mert & Marcus

Adut per Marc Jacobs, AI 2019/20

Adut per Saint Laurent, AI 2019/20

Adv Bottega Veneta PE 2019 by Tyrone Lebon

Adut per Valentino Haute Couture, PE 2019

Adut per Victoria Beckham, PE 2020

Adut per Etro, AI 2019/20

Chanel Pre-Fall AI 2018, foto by Karl Lagerfeld

Adut per Versace, AI 2018/19

Adv H&M AI 2019/20

Adut per Marni, AI 2019/20

Adut per Miu Miu, AI 2019/20

Adut per Fendi, PE 2020

Adv Americana Manhasset, AI 2018/19

Adut per Tom Ford, AI 2018/19

Adv Moschino PE 2018 by Steven Meisel

Adut per Chanel Haute Couture, AI 2018/19

Adut per Valentino TKY, Pre-Fall 2019

Adv Coach PE 2019 by Craig McDean

Adut per Saint Laurent, PE 2019

 

 

 

Paris Fashion Week: 10 +1 flash dalle sfilate PE 2020

BALENCIAGA – Abiti come uniformi, look rivelatori di una professione o di uno status symbol; naturalmente, il tutto “rivisto e corretto” secondo lo stile di Demna Gvasalia. Il womenswear della collezione risalta abiti, trench e giacche tipicamente anni ’80 sia nelle forme che nei pattern, come alcuni maculati che rievocano il boom dell’ animalier ai suoi albori. Ma sono le spalline enormi, maestose e squadratissime a sancire il trionfo di un’estetica “alla Dinasty”, almeno fino a quando non entra in scena una serie di long dress lineari, amplificati dalle crinoline e tinti di un monocolor vibrante: un omaggio a Cristòbal Balenciaga ed ai suoi inizi di carriera.

Quarto ed ultimo appuntamento con le Fashion Week delle capitali mondiali della moda: il nostro tour si conclude con Parigi, dove le sfilate delle collezioni Primavera Estate 2020 hanno chiuso i battenti il 1 Ottobre. Nella Ville Lumière si è assistito ad uno sfolgorante connubio di chic parisien, stravaganza ragionata e coscienziosità eco-sostenibile. La natura, il mondo vegetale, l’ambiente hanno fatto da leitmotiv a svariate collezioni ed ai rispettivi fashion show, (basti pensare a quelli di Dior e di Marine Serre), di conseguenza il tema “floral” è risultato vincente sia nei pattern che nei motivi ornamentali. Tra i materiali, il denim  ha fatto la sua riapparizione declinandosi in versione délavé e riciclata, in linea con le tematiche eco, mentre le silhouette hanno evidenziato una fluidità pressochè umanime, scolpita di frequente dal plissé. Per le spalline anni ’80 è stato un boom anche a Parigi, dove l’ ispirazione è andata a ritroso nel tempo in molteplici occasioni: i decenni dei ’70 e dei ’90 sono riaffiorati in più d’una collezione, ma alcune griffe si sono spinte persino oltre, facendo rivivere epoche come quella di Marie Antoinette e la Belle Epoque. Dal punto di vista cromatico si è registrato, invece, un predominio di colori vivaci, non di rado sconfinanti nel fluo (vedi Valentino). Qualche colpo di scena? Gli abiti – coloratissimi e plissettati – scesi come paracaduti sui corpi delle modelle durante lo show di Issey Miyake, allestito nel centro culturale Le Centquatre, Naomi Campbell che ha chiuso il défilé di Saint Laurent, un autentico tripudio di luci sullo sfondo della Torre Eiffel, la surreale intrusione alla sfilata di Chanel della YouTuber “Marie S’Infiltre”, prontamente allontanata da Gigi Hadid: “Paris est toujours Paris”, come recitava il titolo di un vecchio film.

 

DIOR – La donna giardiniera di Maria Grazia Chiuri è una figura doppiamente emblematica: si ispira a Catherine Dior, sorella di Monsieur Christian, appassionata di botanica e coraggiosa attivista durante la Seconda Guerra Mondiale, e al tempo stesso rimanda alla natura e all’arte di prendersene cura. Non è un caso che alla scenografia del défilé abbia collaborato Coloco, un gruppo di architetti che esalta il giardinaggio in quanto strumento di inclusività; piante eterogenee e provenienti da località diverse convivono armoniosamente, favorite da un progetto che coniuga la botanica con l’etica e con la responsabilità. I look della collezione, ricchi di decori e applicazioni tratti dal mondo vegetale, esaltano colori intensi in dégradé e sfoggiano preziose lavorazioni a base di rafia, pizzo e tulle.

 

SAINT LAURENT – La location è il Trocadero, illuminato da un tripudio di spettacolari fasci di luce. Sullo sfondo della Torre Eiffel sfila una parata di look che celebra, a un tempo, lo stile “rock anni ’70” di Vaccarello e l’heritage della Maison: il nero predomina e viene coniugato con una miriade di minishort, bluse trasparenti, coat trequarti, giacche da smoking. Ed è proprio lo smoking, un cult di Yves Saint Laurent, a trionfare nei look di chiusura. Decilnato in versione scintillante, in velluto o in un prezioso satin, si abbina ai calzoncini così come ai bermuda e ai pantaloni, ma ma con l’ orlo rigorosamente alla caviglia. Naomi Campbell conclude la sfilata sfoggiando un tuxedo in total black che irradia bagliori: un’icona senza tempo per un capo senza tempo che non cesserà mai di affascinare.

 

BALMAIN – Geometrie optical in black and white delineano abiti che sembrano tagliati seguendo la sagoma delle loro forme. Squarci inaspettati, scolli off the shoulders abbinati a maniche extralong, pantaloni asimmetrici privi di una gamba predominano insieme alle spalline extrasize. Dal bianco e nero si passa poi a una palette vivacissima: il giallo, il blu elettrico, il rosa, l’arancio e il verde mela ravvivano suit in denim con microtop e una serie di evening dress scolpiti da un plissé spettacolare o cosparsi di piume. L’ ispirazione è anni ’90, ma a muse come Beyoncé, le Destiny Child e Britney Spears Olivier Rousteing affianca una Grace Jones più che mai al top, rievocata da fascianti tute con cappuccio incorporato.

 

CELINE – Gli anni ’70, un trademark della cifra stilistica di Slimane, ammantati di una allure tipicamente parigina: per la Primavera Estate 2020 Hedi Slimane rimane fedele ai suoi stilemi, spingendosi ancora oltre nell’ esplorazione di un’ estetica che contribuì a consolidare il “discreto fascino della borghesia” francese: gonne pantalone, jeans délavé a profusione, bluse con collo a fiocco o con jabot si accompagnano a giacche scamosciate, shearling e pellicce a pelo lungo, ma sono soprattutto gli accessori a definire i look. Gli occhiali da sole a goccia, alternati a lunghi stivali ed a cappelli simili a turbanti, sono i puntini sulle i che contribuiscono a rievocare un decennio quasi mitico, omaggiato anche nell’ abito plissettato e scintillante (una transizione dall’ Hippie style a quello di matrice “Studio 54”) che chiude la sfilata.

 

THOM BROWNE – I cardini dello stile WASP incontrano quelli della Francia pre-rivoluzione: il risultato è una collezione che fonde il preppy con le crinoline. Browne racconta questo mix in maniera surreale, genialmente eccentrica, ma avvalendosi di un’ accuratissima sartorialità. Risaltano il trompe-l’oeil profuso e un tocco ironico, soprattutto negli outfit simili a divise dell’ high school abbinati a zeppe tanto playful quanto vertiginose, oppure nelle crinoline indossate sulle gambe nude. Il seersucker fa da tessuto-leitmotiv a silhouette svasate, arricchite da gonfie gonne multistrato o sorprendenti culotte d’antan. Il tocco iconico? Le acconciature torreggianti, in puro stile Marie-Antoinette, su cui si posano veli che ricoprono anche il volto.

 

VALENTINO – Pierpaolo Piccioli parte da splendide rivisitazioni di un capo basic, la camicia bianca, per sviluppare una collezione – come sempre – da standing ovation. Voluminose maniche a sbuffo, ruches, gorgiere e colletti stilizzati ricorrono nei look in total white che aprono la sfilata, mentre il colore comincia ad avanzare sotto forma di stampe e, poco a poco, esplode in una serie di evening dress tinti di nuance al neon. Non mancano accenti di matrice Rinascimentale, un trademark della “new era” di Valentino. Piume, paillettes, pizzi e volants impreziosiscono abiti che non lesinano incursioni nel nero, ma il bianco riemerge nel look di chiusura: uno spettacolare long dress ornato da una miriade di ruches scultoree.

 

GIVENCHY – Rivisitazioni del minimalismo americano anni ’90 coniugato con gli anni ’90 francesi, stilisticamente intrisi di residui “barocchi” del decennio precedente: potrebbe essere, in sintesi, il nucleo attorno al quale ruota questa collezione. Clare Waight Keller privilegia linee pulite, ma fluttuanti, di tanto in tanto arricchite da forme a sbuffo o movimentati drappeggi. Colpiscono i materiali: ai top, ai trench e agli abiti in pelle si alterna un denim a dosi massicce e rigorosamente riciclato, un’ode alla sostenibilità, che si declina in jeans squarciati o in abiti bicolor composti da due toni differenti di tessuto délavé. Silhouette più morbide contraddistinguono i numerosi long dress dall’ imprinting floreale, che puntano sul monospalla o su scolli a V vertiginosi ingentiliti da ampie puff sleeves.

 

STELLA MCCARTNEY – La collezione più sostenibile mai realizzata da Stella McCartney, che ha usato più del 75% di materiali eco-friendly per ribadire il suo messaggio: la designer, ormai da anni, esorta ad uno shopping responsabile e ad una moda in linea con le esigenze ambientali. Avvalendosi di una palette “discreta”, ma illuminata da squarci di arancio, turchese e color giada, McCartney dà vita a look disinvolti e freschi, che esaltano una silhouette generalmente ristretta nel fondo e con maniche svasate per contrasto. Spicca un motivo decorativo, una sorta di bordatura a zig-zag arrotondato, che appare sulla maggior parte degli abiti, delle tute e dei capispalla come a sottolinearne l’allure fluida, e non mancano le stampe floral: un omaggio alla natura.

 

LOUIS VUITTON – Ispirazione Belle Epoque per Nicholas Guesquière, che manda in scena una collezione-tributo ad una delle più importanti epoche della storia francese: un periodo contrassegnato dai primi accenni di emancipazione femminile e dalla nascita della griffe Louis Vuitton, fondata nel 1854 sulla scia della voga del viaggio. Gli stilemi che Guesquière privilegia non potevano tralasciare il Liberty, presente nelle stampe e nei motivi ornamentali, mentre bagliori Déco, profusi sui tipici pattern geometrici, si affiancano ai colletti arrotondati ed alle maniche a sbuffo. Anche dettagli come gli stivaletti stringati e lo chignon morbido, citano l’era memorabile dell’ Exposition Universelle parigina. Tuttavia, a sorpresa, a fare da fil rouge sono miniskirt e gonne portafoglio, capi contemporanei che il connubio con il Déco rende vagamente “Biba style”.

 

MAISON MARGIELA – Presentata con la collezione Artisanal l’estate scorsa, la Snatched Bag è una borsa no-gender. John Galliano l’ha riproposta sulle passerelle parigine in occasione delle sfilate di Ready-to-Wear, dove non è passata inosservata: non è un caso che il suo nome, in slang, significhi più o meno “terrific”. La Snatched bag sfoggia un aspetto inedito, assolutamente unico, che conquista all’ istante. E’ geometrica, “spigolosa” ma accattivante, e può essere indossata sia a tracolla che a mano, oppure ancora come un marsupio. Ulteriori suoi punti di forza sono i colori, un’ ampia gamma a partire dal bianco (come quella nella foto), ed i formati maxi e mini che la contraddistinguono. Cos’altro dire di questa borsa, se non che concentra tutto lo spirito iconoclasta di Galliano?