Milano Fashion Week: 10 flash dalle collezioni Autunno Inverno 2023/24

 

Dopo una lunga pausa, riannodiamo il fil rouge con le Fashion Week delle capitali della moda. All’ appello mancano Milano e Parigi, perciò cominceremo subito con la prima. Nella capitale lombarda, le collezioni Autunno Inverno 2023/24 sono state presentate dal 21 al 27 Febbraio; a fare da leitmotiv, tre principi fondamentali: la valorizzazione degli stilisti emergenti, la sostenibilità e l’inclusività ad ampio spettro. Il savoir faire italiano è stato celebrato da 59 sfilate ( 54 in presenza e 5 in format digitale), 29 eventi e 77 presentazioni. Moltissimi i debutti che hanno contraddistinto la manifestazione, sia inerenti ai young talents che ai grandi marchi. Qualche nome? Alabama Muse, Avavav, Tomo Koizumi supported by Dolce & Gabbana tra gli esordienti, Max &CO with Anna Dello Russo, Pianegonda, Wolford, Maison Laponte, Viviers e Spaccio Alta Maglieria tra coloro che hanno sfilato per la prima volta sulle passerelle meneghine. Va segnalata, inoltre, una miriade di novità. Impossibile citarle tutte: mi limiterò a menzionare la nuova location del Fashion Hub, ovvero il Palazzo Giureconsulti in Piazza dei Mercanti, il maxischermo in Piazza Duomo che ha permesso di assistere alle sfilate anche ai non addetti ai lavori, le iniziative dei Black Carpet Awards e del Budapest Select, dedicato ai brand emergenti ungheresi. Una curiosità: Versace non era presente alla kermesse. Donatella Versace, infatti, ha svelato il 10 Marzo a Los Angeles la collezione Autunno Inverno del brand. Partiamo subito, ora, con le dieci collezioni selezionate da VALIUM.

 

Fendi

I capisaldi dell’abbigliamento maschile si declinano al femminile assumendo connotazioni inedite: un gilet è unito a maniche che scoprono le spalle e lascia la schiena completamente nuda, una gonnellina plissettata ricorre, sovrapponendosi ai pantaloni da uomo. Ma ad accendere l’ispirazione sono anche le collezioni per la casa, compresa quella – super iconica – realizzata da Karl Lagerfeld nel 1996, a cui fa riferimento una serie di look in color block stampato su maglia a costine. La palette cromatica affianca i colori neutri al fucsia, al rosso e all’acquamarina.

Del Core

Ispirazione eco per Del Core, da sempre interessato al benessere del nostro pianeta. La collezione “Embers Bloom” si riallaccia ai paesaggi incontaminati dell’ Alaska, alle secolari rocce ricoperte dai muschi e dai licheni, agli incendi che scoppiano improvvisamente a causa dell’aridità della terra. E’ proprio l’irruenza del fuoco, la cui potenza distrugge, ma al tempo stesso purifica e rigenera, a caratterizzare look “mutanti” prodotti da un’immaginaria combustione. Cromaticamente prevalgono il bianco e il nero, alternati a pattern di licheni artici di stampo floreale.

Marco Rambaldi

La collezione, “Supernova”, prende spunto dal leggendario Cocoricò e dalla sua Piramide. Lacci a profusione, pelle, crochet, pantaloni a vita bassa stile anni ’90 (l’epoca d’oro del locale), lana merino e collant rigorosamente in pizzo si mescolano mirabilmente, spacchi e oblò imprevisti si aprono sugli abiti, un serpente in jacquard si insinua sul davanti di un top. La pancia viene spesso lasciata scoperta o velata di trasparenze. I gioielli metallici realizzati da Priscilla Anati, di grand’effetto, completano l’unicità dei look: una caratteristica degli outfit avvistati nell’iconico club riccionese.

Alberta Ferretti

Il focus è su una femminilità disinvolta, audace, romantica e volitiva al tempo stesso. Il nome della collezione, “After Dark Bloom”, ne condensa il mood. Una rosa rossa imprime i suoi petali su ogni look, mimetizzandosi in tessuti quali il velluto, lo chiffon, il macramé, il voile di seta. E’ una fioritura notturna, la sua, che impregna di mistero le creazioni: lunghi abiti affusolati e impalpabili contrapposti a capi sartoriali da uomo e a tailleur pantalone esaltati da scenografici capispalla. La palette cromatica predilige colori intensi come il nero, il ruggine e il rosso cardinale, l’accessorio ricorrente è un iconico cappello a tesa larga.

N.21

L’ispirazione guarda ad Antonioni e alla sua trilogia dell’incomunicabilità. A fare da leitmotiv sono i capi cult del look borghese anni ’60, che vengono reinterpretati con ironia. La critica sociale di Alessandro Dell’Acqua, naturalmente, si esprime tramite l’abbigliamento: la noia, l’erotismo represso, il bon ton di facciata della borghesia di mezzo secolo fa si traducono in cappotti e twinset indossati al rovescio, top lingerie che ricadono sui fianchi, golfini abbottonati in modo sghembo, abiti sottoveste sovrapposti, spalle che rimangono scoperte casualmente, ma solo in apparenza. La gonna a matita è il capo iconico, oltre che ricorrente, della collezione.

Etro

Lo stile bohémien di Etro riletto da Marco De Vincenzo. Spicca un capo leitmotiv, un plaid-mantella che si avvolge attorno al corpo ricoprendo spalle e busto. Si indossa con miniabiti sfrangiati e vertiginosi cuissardes issati su un plateau. La maggior parte dei look è composta da long dress boho che inneggiano all’ ariosità tramite forme fluttuanti, tessuti impalpabili e cascate di balze; alcuni abiti vengono abbinati a scialli avviluppati intorno al corpo come il plaid. Predominano pattern quali il Paisley e il floreale, quest’ultimo anche declinato in 3D, alternati a rombi e righe “etniche” multicolor.

Max Mara

Come si sarebbe vestita Émilie du Châtelet, la musa della collezione, nel 2023? Ian Griffiths si ispira alla grande matematica francese del XVIII secolo, intellettuale e spirito libero, per reinterpretarne il guardaroba. Broccati, tessuti damasco, gonne panier, cappotti appoggiati con studiata noncuranza su una spalla predominano. Le cinture, altissime e in vernice nera, rievocano un bustino, lunghi cappotti Teddy con alamari si alternano a parka ricercati e giacconi matelassé. La gonna panier, impreziosita dai broccati, si declina in innumerevoli forme e lunghezze. Ogni look si accompagna, per contrasto, a stivaletti o anfibi massicci.

Calcaterra

Intitolata “The Wave”, la collezione si ispira al ritmo delle onde per ricreare una sensazione di ciclicità e armonia. I look sono all’insegna del monocromo, le forme minimal abbracciano dimensioni oversize. I capispalla e i pantaloni, entrambi oltremodo ampi, prediligono linee arrotondate. Le gonne, ad anfora, esibiscono spacchi o altissime bordure di piume. Ai volumi extra si contrappongono costantemente quelli mini, tradotti soprattutto in top, pull e dolcevita. I primi look sanciscono il trionfo del bianco in ogni sua sfumatura; seguono il verde salvia e il verde oliva, il burgundy, il nero e, a sorpresa, un pattern zebrato.

Blumarine

Il riferimento è Giovanna D’Arco. In passerella, sullo sfondo, la B di Blumarine arde come se fosse il rogo dove fu bruciata viva la pulzella di Orléans. Il colore predominante è l’argento, un chiaro richiamo all’armatura della Santa, il mood è audace e sfrontato. Trionfano le forme aderenti al corpo, abiti, gonne e miniabiti metalizzati ricchi di drappeggi e fuseax attillati come una seconda pelle; un tripudio di fibbie decora corpetti e stivali bordati di shearling. Le minigonne sono micro, un long dress in cotta di maglia rimanda a certe armature medievali, i pantaloni alla zuava si infilano in alti stivali. I look di chiusura, in un tripudio di ruches, balze e frange, ribaltano il mood iniziale inneggiando al tipico stile Blumarine pre-Nicola Brognano.

Giorgio Armani

“Cipria”, il titolo della collezione, si adatta mirabilmente all’eleganza firmata Armani. I look, raffinati, esprimono una femminilità eterea e consapevole valorizzata da copricapi ad hoc: il classico basco nero o il celebre “caschetto” di Cleopatra con perline e strass. Forme fluide, lunghe frange, gilet indossati sulla pelle nuda, linee dal sapore orientale, velluti, raso di seta e chiffon impalpabile  compongono un mix stilistico riuscitissimo e ben collaudato. Un fiore sinuoso ricamato sugli abiti e un’inedita stampa leopardo su sfondo rosa ricorrono in alcuni look. La palette cromatica è sognante: prevalgono il lilla, il beige, il nero, il tipico “greige”, il rosa. In nuance confetto e cipria, naturalmente.

 

London Fashion Week: 10 flash dalle collezioni Autunno Inverno 2023/24

 

Quali sono state le proposte che, dal 17 al 21 Febbraio, ha lanciato la London Fashion Week? Le collezioni Autunno Inverno 2023/24 hanno sfilato durante una kermesse che includeva più di 100 eventi. Attesissimi soprattutto Burberry, oggi sotto la Direzione Creativa di Daniel Lee (dove è approdato dopo tre anni in Bottega Veneta), e il debutto del nuovo “format” di Moncler Genius, un vero e proprio laboratorio artistico che, oltre a inaugurare sempre nuove co-labs con gli stilisti, spazia dall’arte allo sport, dal design alla cultura. Sui catwalk londinesi erano presenti pressochè tutti i big e un gran numero di emergenti: Richard Quinn, Paul Costelloe, Erdem, Christopher Kane, JW Anderson, Simone Rocha, Roksanda, Emilia Wickstead e Molly Goddard (per fare solo qualche nome) si sono alternati a Nensi Dojaka, Yuzefi, Steven Stokey-Daley, Sjoon, Saul Nash, Susan Fang e molti altri brand ancora. Assenti invece marchi come Rejina Pyo, KNWLS, Poster Girl, Stefan Cooke, ma potrebbero svelare le proprie collezioni fuori calendario. La Settimana della Moda londinese è stata trasmessa in streaming sulla piattaforma della London Fashion Week e, naturalmente, tramite i siti ufficiali e i social di tutte le griffe partecipanti. Concludo qui: è il momento di passare alla selezione dei dieci look che ho tratto da altrettante collezioni…

 

16Arlington

Piume, paillettes, ricami perlescenti e luccichio per un chic ad altissimo tasso di fascino. Le modelle sfilano su un catwalk di fondi di caffè a simboleggiare un risveglio (sappiamo tutti che il caffè è la bevanda della prima colazione), nello specifico il risveglio dai tempi bui che il designer Marco Capaldo ha sperimentato dopo la scomparsa della sua compagna Kikka Cavenati, stilista e co-fondatrice di 16Arlington.

Molly Goddard

Gli iconici e ampi doll dress in tulle cambiano volto, coniugandosi con uno stile ispirato al Campus e con inedite stampe leopardate. Nastri di gros grain donano nuova linfa agli abiti e a capispalla (prevalentemente blazer e cappotti) dal gusto preppy.

Roksanda

Il colore è quello signature di Roksanda: saturo, vibrante, in questo caso anche fluo. L’ispirazione guarda all’artista giapponese Atsuko Sanaka, membro del Gruppo Zero e del Gruppo Gutai (il movimento artistico che Jirō Yoshihara fondò nel 1954). I look sono autentiche sculture sostenute da tubi che volteggiano attorno al corpo. Colpisce un velo asimmetrico che copre il capo per metà e ricade lateralmente lungo il busto.

Simone Rocha

Rocha si ispira a Lughnasadah, la festa del raccolto degli antichi Celti, ricreando il mood che animava i suoi rituali. Tessuti increspati rimandano alle distese dei campi di grano e gli intrecci in rafia a gigantesche, aggrovigliate balle di fieno. I nastri rossi abbondano, rievocando il sangue che si usava “spennellare” sul volto dei bimbi per tenere a distanza la malasorte. Non mancano i pizzi vagamente “clericali” e le applicazioni floreali tipiche di Simone Rocha.

Richard Quinn

Appassionato di Haute Couture, Quinn guarda allo stile Chanel dell’era Lagerfeld e manda in scena creazioni disseminate di stampe, applicazioni e ricami floreali. Conclude la sfilata una parata di look nuziali in total white, dove risaltano – tra l’altro – scolli bordati di immense rose bianche in 3D.

JW Anderson

Un omaggio a Michael Clark, il coreografo e ballerino scozzese  che fu definito “l’iconoclasta della danza Britannica”. Accanto al grande danzatore, Anderson celebra Vivienne Westwood e la cultura underground del Regno Unito alternando look a metà tra lo scultoreo e lo spigoloso, uno stile che ammicca allo streetwear e capi iconici, come il top in finto pelo con tasche a marsupio.

David Koma

Un’ode a Marlene Dietrich e allo stile androgino che impose negli anni ’30, ma lo smoking viene aggiornato al terzo millennio: la giacca rimane, ampia e squadrata, però si abbina alla cravatta e ai pantaloni in vernice o a vertiginosi cuissardes. Predominano il total black e il total red, sfrontato e sensuale, entrambi adornati di paillettes e di voluminosi colli o stole in pelliccia.

Erdem

Erdem si focalizza su uno degli aspetti più oscuri dell’età vittoriana: le case destinate alle giovani donne con un vissuto problematico e senza mezzi di sostentamento. Gli abiti sono ricchi di motivi a sbuffo, ruches e balze, e si accompagnano ad opera gloves bordati di enormi volants. Le stampe fiorite in stile carta da parati proliferano, la cupa palette cromatica viene intervallata dal lilla e da un giallo vivido. Chiudono la sfilata tre look avvolti in un velo fumé impreziosito da arabeschi argentei che rimandano all’Art Nouveau.

Christopher Kane

Elementi ricorrenti nello stile di Kane, come il fetish e la natura, si inglobano in una collezione che fa della gonna a tournure (più voluminosa nella parte alta) il suo leitmotiv. Spesso l’ effetto è ottenuto tramite un trupudio di ruches in vinile “scolpite” su gonne o abiti nello stesso materiale. Le forme sono altrimenti fluttuanti, decorate con ricami floreali o stampe che riproducono animali da cortile all over.

Burberry

Il marchio viene “rivisitato” da Daniel Lee con giocosità e sense of humour. Il classico Burberry check si fa obliquo assumendo una forma a rombo, la stampa “anatroccolo” predomina (prendendo forse spunto da un modo di dire inglese che connette pioggia e anatre), tramutando l’uccello in questione anche in accessorio: basti pensare a un berretto con lunghe zampe palmate che incorniciano il volto. Le forme sono comode, i materiali  antifreddo – un esempio? le calze super spesse con motivo check. Gli accessori rivestono un ruolo fondamentale: stivali da pioggia, scarpe imbottite da arrampicata, manicotti in ecopelliccia e massicci cappelli alla Davy Crockett si affiancano a borse e bisacce a tracolla di grandi dimensioni.

 

 

Paris Fashion Week: 10 flash dalle sfilate

 

Dal 28 Febbraio all’ 8 Marzo, le sfilate delle collezioni Autunno Inverno 2022/23 sono andate in scena a Parigi. Eventi, fashion show e presentazioni si sono susseguiti in un calendario letteralmente straripante di appuntamenti. Alla Settimana della Moda hanno preso parte 95 brand: 45 hanno sfilato in presenza, 13 hanno optato per il digitale e 43 per la modalità della presentazione. Il défilé live, dopo i tempi bui della pandemia, ha fatto il suo grande ritorno riconfermandosi la tipologia più amata dalla quasi totalità dei designer. Come di consueto, i fashion show sono stati trasmessi in streaming tramite i siti e i social delle Maison oltre che dalla piattaforma apposita della Fédération de la Haute Couture et de la Mode. Ad aprire la kermesse è stato Off-White, che ha sfilato per la prima volta senza il suo fondatore e direttore artistico Virgil Abloh (deceduto lo scorso Novembre); si sono poi succeduti big del calibro di Dior, Saint Laurent, Balmain, Chloé, Valentino, Givenchy, Balenciaga, Stella McCartney, Andreas Kronthaler x Vivienne Westwood, Miu Miu, Louis Vuitton e Chanel (per citare solo qualche nome), mentre tra i grandi assenti figuravano Mugler, Paco Rabanne e Lacoste. Anche Alexander McQueen ha disertato i catwalk parigini: la collezione del marchio è stata infatti presentata a New York il 15 Marzo. Non sono mancate, invece, la raffinata stravaganza, la teatralità e la creatività a briglia sciolta tipiche dei défilé della Ville Lumière. Ma soprattutto, i riferimenti al drammatico conflitto tra Russia e Ucraina. Un esempio? Balenciaga ha sfilato in un set che riproduceva una bufera di neve, un chiaro rimando alla tragedia vissuta dai profughi ucraini: il direttore artistico Demna Gvasalia, georgiano rifugiatosi in Germania nel 2000, ha vissuto sulla propria pelle quella straziante condizione. Andiamo ora ad esplorare le 10 collezioni che ho selezionato per voi. I brand che le propongono sono (in ordine sparso) Rick Owens, Off-White, Cecilie Bahnsen, Dior, Chloé, Alexandre Vauthier, Givenchy, Giambattista Valli, Balenciaga e Stella McCartney.

 

RICK OWENS

Strobe (questo il suo nome) è una collezione bellissima, sorprendente e avveniristica. La finta nebbia che pervade il set le dona un tocco vagamente alieno. Prevalgono abiti a sirena in stile Old Hollywood e spalline innalzate verso l’ alto come ali in procinto di spuntare. I volumi alternano le linee fascianti delle lunghe gonne alle forme oversize dei capispalla. La serie di evening dress presenti lascia senza fiato: il lamè argentato o color platino si avvolge intorno al corpo in un tripudio di drappeggi e sovrapposizioni, le mantelle rasoterra annodate al collo rievocano un’ eleganza antica, intrisa di mistero. I piumini sono oltremodo teatrali. I modelli corti in vita, molto voluminosi, somigliano a futuribili conchiglie che avviluppano il busto; quelli con l’orlo al ginocchio hanno maniche corredate di strascichi che sfiorano il suolo. La palette cromatica alterna il bianco, il nero e il grigio a tonalità vibranti come il giallo sole, il rosa e l’ arancio in svariate nuance. I look bicromo giallo e azzurro rimandano, con ogni probabilità, ai colori della bandiera ucraina.

GIVENCHY

Una collezione “rock”, che coniuga streetwear e glamour con un risultato profondamente chic. La palette cromatica evidenzia una prevalenza di nero e grigio scuro, intervallati dal viola, dal giallo, dal bianco e dal verde acqua. Nel womenswear trionfano leggins in pelle alternati ad altissimi cuissardes, un leitmotiv della stragrande maggioranza dei look. Lo stile si concentra su due filoni predominanti: miniabito + cuissardes e pantaloni + cappotto rasoterra dalle forme over. Il primo ensemble è arricchito da balze,frange,tessuti a rete, plissé fluttuanti; il secondo esibisce volumi ampi, all’ insegna del comfort, anche se un look viene impreziosito “a sorpresa” da un top in perline argentee. Le maglie ostentano un orlo effetto reggicalze, mentre i jeans, tempestati di perle, si abbinano a dolcevita aderenti come una seconda pelle. E sono ancora le perle, stavolta di grandi dimensioni, a plasmare un choker che ricorre in numerose mise: quasi una versione contemporanea dei celebri “pearl necklace” sfoggiati da Audrey Hepburn (la musa di Hubert de Givenchy) in “Colazione da Tiffany”.

CECILIE BAHNSEN

La prima sfilata parigina di Cecilie Bahnsen sancisce il trionfo di uno stile ormai inconfondibile: abiti e abitini bouffant, maniche a palloncino, fiocchi, ricami, intarsi e lavorazioni cloqué su seta o su tessuti estremamente plasmabili. Il romanticismo etereo dei look si combina con un profondo rigore sartoriale. Texture impalpabili, soavità e trasparenze vengono alternate da balze di volta in volta asimmetriche e scultoree, scolpite in materiali dall’ estrema lucentezza. La consistenza più “plastica” di alcuni look non scalfisce in alcun modo l’ armonia della collezione, che ne risulta, anzi, esaltata. Linee ad uovo e tessuti talmente scintillanti da sembrare hi-tech forgiano abiti perlacei, preziosi come candide rose bagnate di rugiada. La palette è eterogenea: spazia dal bianco al rosa ultra tenue, dal rosso al verde, dal celeste polvere al nero.

DIOR

Il percorso di sperimentazione di Maria Grazia Chiuri si intreccia, come sempre, a quello di svariate protagoniste dell’ arte contemporanea. Non è un caso che al fashion show facciano da sfondo i ritratti, creati da Mariella Bettineschi, delle pittrici più influenti tra il XVI e il XIX secolo. Innanzi ad essi sfilano look che rivisitano l’ heritage Dior coniugandolo con un tripudio di materiali e tecnologie futuribili. La collezione, d’altronde, è stata battezzata “The Next Era” come l’ opera della Bettineschi. L’ eleganza è squisita e fa riferimento ai capi iconici ideati da Christian Dior, come la giacca Bar; Maria Grazia Chiuri la reinterpreta tramite l’ applicazione di un materiale hi-tech (messo a punto nei laboratori di D-Air Lab) che riscalda o mantiene costante la temperatura del corpo. Ritroviamo questo materiale, dalla consistenza plastificata e prevalentemente in tinte fluo, nella maggior parte dei look. Appare a mò di decoro sui corsetti a lacci, sui coprispalle, sui bomber, sui gambaletti, su guanti ascellari che ricordano quelli da moto. L’ effetto è sbalorditivo, un connubio tra alta sartoria e stile sporty. Gonne svasate, plissettate, a corolla, impalpabili abiti in pizzo e ruches acquisiscono un tocco avveniristico grazie a un simile, inedito abbinamento. E’ un leitmotiv che si affianca a un’ ulteriore ricerca della stilista: il ricamo su tessuti inconsueti come la rete tecnica, il nylon, il cashmere. La palette nei toni della terra esalta a dovere anche gli abiti di stampo Rinascimentale, rigorosamente in chiffon, che concludono la sfilata.

CHLOE’

La collezione esordisce con una serie di essenziali capi in pelle (tailleur, biker jacket, trench, pantaloni, gonne, abiti con maniche a palloncino) per poi spaziare tra materiali quali la lana e i tessuti eco-sostenibili. I colori sono avvolgenti, la palette è tipicamente autunnale: predominano il nero, il beige, il marrone, l’ocra, il grigio, il burgundy, che valorizzano adeguatamente pezzi signature del brand come il lungo poncho dal sapore etnico. Il cashmere riciclato dà vita a pull e gonne adornati con disegni di paesaggi naturali (e non), raffiguranti i rischi che corre un mondo noncurante dell’ eco-sistema sul davanti degli outfit e scenari idilliaci, in armonia con la natura, sul retro. La comunità di donne afro-americane Gee’s Band, situata in Alabama, ha realizzato splendide coperte e gilet da sovrapporre ai capispalla con gli scarti di tessuto di Chloé.

OFF-WHITE

Un omaggio festoso e scoppietante all’ indimenticato direttore artistico Virgil Abloh. Lo stile streetwear-glam di Abloh risalta in un mix eterogeneo di pattern (a quadri, a oblò), colori (il giallo, il nero, il beige, il viola, il rosso, il bianco), tessuti (la lana, la felpa, il tartan, l’ eco-pelliccia) e di stili (dagli outfit-lingerie al pull che diventa miniabito, dalle mise sporty con parka e pants da ciclista agli abiti drappeggiati, dal micro top abbinato al piumino alle lunghe gonne con spacco asimmetrico). La collezione include anche la linea di alta moda che Virgil Abloh stava creando, completata in seguito dal suo staff creativo. I look, 28 in tutto, sono un esplosivo connubio di savoir faire sartoriale e suggestioni riferite alla quotidianità (su una borsa, la scritta “More Life” campeggia in bella vista). In chiusura del fashion show sfila un tripudio di abiti da sera nello stile signature di Off-White: gonne rasoterra con miriadi di balze plissé si accompagnano a bomber, felpe con cappuccio, t-shirt psichedeliche o decorate con i personaggi dei cartoon. Trionfano fantasie tie-dye che coinvolgono persino i tailleur pantalone in velluto, e pattern a pois che sembrano stravolti dalle luci stroboscopiche. Il look “da sposa” è potentemente teatrale: la gonna, una nuvola di ruches in tulle, viene sdrammatizzata con un bolerino bianco dal mood streetwear e con un cappello a cloche.

GIAMBATTISTA VALLI

L’ ispirazione abbraccia un periodo di riferimento ben preciso, la fine degli anni ’60. Giambattista Valli è rimasto folgorato da una celeberrima foto (datata 1968) di Henri Cartier-Bresson: una ragazza in microabito bianco siede tranquilla davanti alla Brasserie Lipp mentre un’ anziana signora la squadra con disapprovazione. Sono stati questa nonchalance, questa disinvoltura, questo senso di libertà a catturare l’ immaginazione del designer, che ha pensato ad una collezione impregnata dello stesso spirito dello scatto di Cartier-Bresson. La sfilata esordisce con una serie di abitini lineari, a tinta unita o leopardati, ravvivati da grandi fiocchi e abbinati a collant opachi in colori pastello. I look iniziano progressivamente ad adornarsi di ricami, pizzi, paillettes e grandi balze, ma a quel punto vengono introdotti i pantaloni a zampa tipici della contestazione giovanile, capispalla rasoterra simili ai cappotti afghani di sessantottesca memoria, cuissardes in vernice nera che completano le mise. La sfilata, tuttavia, si conclude con una serie di abiti ultraromantici in puro stile Valli: un abito bianco, con gonna vaporosa e corpetto sexy in pizzo e ruches, avrebbe potuto essere indossato dalla Bardot di “Piace a troppi”, altri outfit sfoggiano un tripudio scultoreo di balze in tulle o linee fluttuanti sancite da un’ enorme rosa rossa (sempre in tulle) appuntata in mezzo al petto.

BALENCIAGA

Una tempesta di neve in un’ enorme sfera di vetro: questo il set della sfilata di Balenciaga. I riferimenti al conflitto tra Russia e Ucraina, nello specifico alla situazione dei profughi, sono evidenti. Lo stesso Demna Gvasalia, direttore artistico della Maison, ha sperimentato quella condizione. A soli 10 anni è fuggito dalla guerra georgiano-abcasa rifugiandosi inizialmente a Odessa, la splendida città portuale nel Sud dell’ Ucraina. Per Gvasalia, quei ricordi rimangono un trauma che l’ attualità ha fatto riaffiorare. Lo stilista ha esitato a lungo prima di mandare in scena la sfilata, ma poi si è persuaso: bisogna resistere, l’ amore deve vincere. Sulle sedie riservate al pubblico ha posato magliette raffiguranti la bandiera ucraina e un foglio contenente le sue riflessioni riguardo al conflitto. La collezione è stata presentata in uno scenario apocalittico, dove i modelli e le modelle venivano sferzati dalla neve e dal vento. Il nero predomina nelle mantelle asimmetriche, nelle tute in svariate declinazioni (senza spalline e comoda, drappeggiata e dai volumi ampi, interamente in latex modello Catwoman), negli abiti midi fascianti, in lana, nei capispalla dalle forme over. Enormi occhiali scuri riparano gli occhi dalla bufera, borse simili a grandi sacchi di plastica custodiscono gli averi dei profughi…A conclusione del fashion show, Gvasalia inneggia nuovamente all’ Ucraina mandando in scena un look maschile in total yellow e un abito turchese incollato al corpo, con lungo strascico.

ALEXANDRE VAUTHIER

Eleganza allo stato puro: una sorta di Haute Couture “depurata” dall’ opulenza e dai massimalismi, ma femminilissima e chic nella quintessenza. I look di Gauthier seducono rientrando a pieno titolo nella quotidianità. Qualche esempio? Il completo da uomo color panna, ampio, con la giacca squadrata e il gilet indossato sulla pelle nuda; i lunghi abiti fluidi, che accarezzano il corpo, cosparsi di micro cristalli o di impalpabili balze; i minidress neri e minimali, bordati di piume; la tuta aderente, leopardata, che sembra un omaggio agli anni ’70; il body interamente ricoperto di paillettes nere e traslucide; l’ ensemble zippatissimo, in vernice rossa, composto dal biker jacket e dalla minigonna, quasi un tributo alla Emmanuelle Seigner di “Frantic”; gli abiti che avviluppano il corpo, con spalline importanti, spacchi e squarci geometrici.  La palette cromatica è essenziale: rosso scarlatto, bianco e bianco sporco, nero, grigio con “scaglie” in black & white, blu navy e print leopardo si alternano, dando vita ad una collezione che conquista con la sua magica seduttività.

STELLA MCCARTNEY

Stella McCartney si ispira all’ opera dell’ artista Frank Stella e sfila al Centre Pompidou, negli spazi dedicati al pittore e scultore originario del Massachussetts. La designer rinviene parallelismi tra il minimalismo di Stella e la sua cifra stilistica; propone outfit dalle linee “pulite”, leggermente over, alternate a volumi a palloncino. Molte stampe dell’ artista vengono riprodotte sui look, originando di volta in volta ipnotici motivi geometrici o un’ esplosione variopinta di forme astratte. I capispalla sono ampi e squadrati, con le spalle importanti, le tute assumono declinazioni innumerevoli: in maglina a coste e total lilla, modello denim con tasche molteplici e rifiniture a vista, in total black e adornate di lunghe frange metalliche. Le forme a palloncino ricorrono, plasmando outfit celebratissimi dalla stampa. Un abito bouffant, con la gonna fitta di plissettature, sembra prender vita dal reggiseno di un bikini, abiti balloon in pelle sfoggiano maniche che, fissate sulla spalla con una ruche, si aprono a sbuffo lasciando le braccia scoperte. Ma proprio di vera pelle si tratta? Impossibile, dato che stiamo parlando di una paladina della moda sostenibile: Stella McCartney utilizza un tessuto ricavato dalle bucce d’uva. Il risultato è una finta pelle perfetta e in tutto e per tutto eco-friendly.

Il close-up della settimana

 

Sarà una Milano Moda Donna versione phygital, quella che verrà inaugurata il 22 Settembre e si concluderà il 28 dello stesso mese. La settimana della moda milanese, infatti, presenterà le collezioni dedicate alla Primavera/Estate 2021 in modalità “mista”, proponendo 28 sfilate fisiche e 24 défilé digitali. L’ emergenza Covid ha imposto, come era già avvenuto lo scorso Luglio, diverse variazioni nell’ organizzazione dei fashion show. Ma se allora le presentazioni on line avevano prevalso, nei prossimi giorni potremo tornare ad assistere – in tutta sicurezza – alle classiche sfilate in cui le modelle avanzano sul catwalk con fascino e disinvoltura.

 

 

Il Presidente della Camera della Moda Italiana Carlo Capasa ha lasciato ai designer libera scelta di stabilire la tipologia che ritenevano più consona alla propria narrazione: le decisioni adottate dai vari brand evidenziano un calibrato mix di esibizioni classiche e via web. Tra gli “aficionados” dei défilé in carne ed ossa troviamo, per fare solo qualche nome, Maison quali Giorgio Armani, Fendi, Versace, Prada, Max Mara, Alberta Ferretti, Etro, Salvatore Ferragamo, mentre Missoni, Dsquared2, Luisa Beccaria, Marco De Vincenzo, Philipp Plein, Genny, Gilberto Calzolari e Ermanno Scervino sono alcune delle griffe che hanno optato per il digital. Valentino farà la sua entrée trionfale alla Fashion Week milanese dopo anni di “trasferte” parigine, presentando uno show co-ed che avrà luogo (rigorosamente live) il 27 Settembre; Dolce & Gabbana, dal canto loro, fanno ormai parte a pieno titolo del Calendario Ufficiale della Camera della Moda nel quale erano rientrati lo scorso Luglio. Questa edizione di Milano Moda Donna aprirà le porte anche alle collezioni Uomo, che a Giugno hanno disertato le passerelle a causa del Covid, e a Milano Moda Graduate, un’ode al talento degli studenti iscritti alle fashion school più prestigiose d’ Italia. La kermesse, alla sua sesta edizione, si svolgerà domenica 27 Settembre. Tra i grandi assenti nella categoria dei big, invece, risalta il nome di Bottega Veneta. Ma il calendario definitivo della Fashion Week è – soprattutto per quando riguarda le due giornate conclusive – ancora in via di definizione. Per rimanere aggiornati, vi consiglio di consultare periodicamente il sito della Camera Nazionale della Moda Italiana.

(Nella foto di apertura, uno scatto tratto dalla sfilata Primavera/Estate 2020 di Alberta Ferretti)