Il vin brulé, la bevanda del Natale e dell’Inverno

 

E’ il protagonista principale di ogni mercatino natalizio: il vin brulé, la famosissima bevanda calda a base di vino rosso, zucchero e spezie, riscalda e  promuove piacevoli pause all’insegna dell’euforia e della convivialità. Potremmo definirlo il drink più gettonato dell’Avvento, quando il freddo si fa intenso e nasce il desiderio di “sintonizzare” l’anima e il corpo con la magica atmosfera del periodo. Il nome “vin brulé”, in francese, significa letteralmente “vino bruciato”; per le sue caratteristiche, questa bevanda dapprima si diffuse nei più gelidi paesi europei. In seguito, l’usanza di bere il cosiddetto vino cotto si è estesa a livello mondiale. Le origini del vin brulé si perdono nella notte dei tempi. Pare che la sua ricetta sia stata elaborata nella Grecia antica; è ad essa che i romani si ispirarono per la preparazione di una bevanda a base di vino caldo, zafferano e miele che battezzarono conditum paradoxum. Alcune testimonianze su questo drink ci sono pervenute grazie a Marco Gavio Apicio, gastronomo e scrittore vissuto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.: nel suo libro di ricette “De Re Coquinaria”, Apicio descrive la bevanda come un delizioso mix di vino caldo, spezie – tra cui risalta il pepe – e miele in abbondanza. Nell’antica Roma, la conditum paradoxum si soleva bere dopo i pasti per favorire la digestione.

 

 

 

L’ abitudine di consumare vini speziati coinvolse anche il Medioevo; all’epoca trionfava l’Ippocrasso, un vino fermentato aromatizzato con spezie e dolcificato con miele. Successivamente, il vino cotto divenne un must nelle zone flagellate dal clima rigido, come le Alpi, l’Italia Settentrionale e i paesi del Nord Europa. Con il passar del tempo, il vin brulé è andato affermandosi come bevanda invernale per eccellenza. Il suo consumo prosegue a tutt’oggi, e ogni stato o regione ha rigorosamente mantenuto la ricetta del vin brulé locale. Generalmente, infatti, per prepararlo si utilizza il vino rosso riscaldato dolcificato con zucchero e aromatizzato con spezie quali la cannella, i chiodi di garofano, l’anice stellato e la noce grattugiata. Per intensificare il sapore del composto si aggiungono fette o scorze di agrumi (arance, limoni o mandarini) e mele. A seconda delle zone, tuttavia, esistono molteplici varianti della ricetta.

 

 

Mentre in quasi tutta la Germania, ad esempio, il vin brulé è esclusivamente a base di vino rosso, in Austria e nel Nord Italia viene utilizzato anche il vino bianco. Nel Bel Paese si registrano differenze persino da regione a regione: in Veneto si chiama “vinbruè” e si prepara sostituendo il vino con lo Chardonnay o il Pinot bianco; per aromatizzarlo si opta per la mela, la cannella e i chiodi di garofano. Consumare “vinbruè” è una tradizione associata al “panevin”, le sere antecedenti all’Epifania, quando nel Nord-Est si usa accendere grandi falò propiziatori. In Romagna, e in particolare a Faenza, il vin brulé è il “bisò”: si realizza con del Sangiovese quasi bollente e si beve durante la “Nott de bisò”, all’imbrunire del 5 Gennaio. Il nome “bisò” pare derivare dall’ espressione “biì sò”, “bevete, su!” in dialetto romagnolo, ma altre teorie rimandano a “Bischoff”, in tedesco “cardinale”, alludendo alla specifica tonalità di rosso (rosso cardinale, appunto) del vino cotto.

 

 

Tra i paesi europei in cui il vin brulé viene consumato regolarmente troviamo la Germania (dove prende il nome di Glühwein), il Regno Unito (in cui è stato battezzato mulled wine), la Francia (patria del vin chaud) e la Scandinavia: in Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia si chiama glögg ed è, tra l’altro, la bevanda tradizionale del giorno di Santa Lucia. Per affrontare il grande freddo, agli ingredienti classici del vin brulé sono stati aggiunti vodka e rum, cannella in abbondanza, zenzero, cardamomo, uva passa e mandorle pelate.

 

 

Ma qual è, esattamente, la gradazione alcolica del vin brulé? Con ovvie differenze determinate dal vino di base, rientra tra gli 11 e i 14 gradi. C’è da considerare, però, che l’etanolo evapora se sottoposto a temperature maggiori di 80°C; l’alcolicità della bevanda, inoltre, presenta variazioni legate sia al tempo che al modo di cottura. Va valutato poi un altro aspetto, parlando di questa bevanda natalizia: il suo effetto benefico. Il vin brulé vanta buone proprietà disinfettanti, corroboranti e riscalda istantaneamente il corpo. I chiodi di garofano possiedono virtù antibatteriche, mentre i tannini del vino hanno il potere di contrastare i virus; la scorza d’arancia è antibatterica, ricca di vitamina C e come tutti gli agrumi contiene esperidina, un potente antiossidante, e pectina, che protegge l’apparato gastrointestinale e facilita la digestione. Il vino cotto, insomma, è un efficace concentrato di proprietà salutari. Non è un caso che venga utilizzato persino per combattere i malanni stagionali!

 

 

 

La colazione di oggi: il cacao in polvere, per un Natale delizioso ma non solo

 

Il cacao in polvere? Una golosità unica. E a Natale regna sovrano: lo troviamo tra gli ingredienti di un gran numero di dolci, oppure spolverato su deliziosi dessert. Può essere gustato anche in modo molto semplice, soprattutto a colazione. Ad esempio, sciolto in una tazza di latte caldo: chi non ha mai provato il celeberrimo Nesquik, protagonista di tutti i breakfast della nostra infanzia? I nutrizionisti, per iniziare la giornata, consigliano di utilizzare cacao in polvere in una dose pari a due cucchiaini da caffè. Di una cosa potete esser certi: i benefici sono garantiti. Perchè il cacao amaro abbonda di sostanze salutari per l’organismo. Il suo utilizzo risale alla notte dei tempi; i primi a scoprire le virtù della polvere di cacao furono i Maya. La coltivazione del Theobroma Cacao (nome botanico della pianta del cacao), infatti, ebbe inizio nel 1000 a.C. all’ interno della nota civiltà precolombiana. L’alimento arrivò in Europa nel 1500 ad opera dei Conquistadores spagnoli, ed è datata 1585 la traversata del primo carico di cioccolato dal porto di Veracruz, in Messico, a quello di Siviglia. Per saperne di più sulla storia del cacao potete far riferimento all’articolo che VALIUM ha dedicato ai vari tipi di cioccolato, lo rintracciate cliccando qui. Quello che mi interessa oggi, invece, è approfondire le portentose proprietà della polvere di cacao, ottenuta grazie a una lavorazione che coinvolge le fave contenute nei baccelli del Theobroma Cacao: i semi vengono sottoposti a fermentazione, essiccazione e tostatura per poi passare attraverso procedimenti di separazione dal guscio e successiva macinazione. Dopodichè, la massa di cacao originata dai frammenti delle fave viene pressata allo scopo di separare la polvere dai lipidi costituiti dal burro di cacao. Il cacao in polvere, quindi, è contraddistinto da livelli molto esigui di grassi e da un aroma straordinariamente intenso, quello del cacao amaro.

 

 

Ma quali virtù possiede, esattamente, la polvere di cacao? Innanzitutto è ricca di polifenoli, dei potenti composti antiossidanti che espletano anche funzioni antinfiammatorie e cardioprotettive. I polifenoli, inoltre, hanno il potere di ridurre livelli troppo elevati di pressione sanguigna contrastando l’ipertensione. Le benefiche proprietà di questi antiossidanti, presenti nel cacao in polvere in grande quantità, si estendono anche alle lipoproteine LDL, dense di colesterolo che diffondono nei tessuti periferici: i polifenoli sono in grado di ridurle ed esercitano una funzione anti-aggregante, contribuendo a mantenere il sangue più fluido con notevoli vantaggi per il cuore e i vasi sanguigni. Persino le funzioni cognitive risentono delle salutari virtù dei polifenoli; attraversando la barriera ematoencefalica, le loro proprietà antiossidanti determinano un miglioramento del flusso sanguigno nel cervello e contrastano le patologie neurovegetative. Come avviene per il cioccolato fondente, il cacao in polvere ha la capacità di incentivare il buonumore tenendo a debita distanza la depressione: ciò è dovuto alla teobramina e al triptpfano contenuti nel prodotto; il triptofano, in particolare, è il precursore della serotonina, il cosiddetto “ormone della felicità”. In più, gustare del cacao in polvere non comporta gli inconvenienti associati al consumo delle tavolette di cioccolato. I polifenoli, rallentando l’assorbimento intestinale del glucosio, scongiurano le impennate glicemiche e migliorano la sensibilità insulinica con effetti positivi anche in chi è affetto da diabete. Un’ulteriore proprietà di questi composti antiossidanti riguarda la lotta all’obesità: altamente saziante, il cacao in polvere riduce l’appetito migliorando il profilo metabolico e favorendo il mantenimento della linea.

 

 

Appurato che il consumo di polvere di cacao apporta innumerevoli benefici, vediamo ora come utilizzarlo a colazione. E’ importante dire che sarebbe opportuno scegliere un cacao privo di zuccheri aggiunti, conservanti e latte in quantità eccessive per non intaccare i salutari effetti dei polifenoli (un suggerimento in tal senso? Provate il cacao in polvere bio). A Natale, ma non solo, è possibile preparare moltissimi dolci con la polvere di cacao: biscotti natalizi dalle forme più svariate, torte, brownie, tiramisù…Consumata nella cioccolata calda accentua il suo delizioso gusto, aggiunta al latte caldo, allo smoothie o ai cereali dona loro un sapore ricco, del tutto speciale. Gli sportivi “spruzzano” di cacao in polvere i frullati, oppure lo degustano con le barrette proteiche: la potente energia che è in grado di donare questo alimento è cosa nota. E se in occasione delle feste volete esagerare, prendete la polvere di cacao e cospargetela sui brownie, i famosi dolcetti made in USA. Sono golosissimi, interamente al cioccolato e a forma di piccoli rettangoli: trovate la ricetta qui.

 

 

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La colazione di oggi: le straordinarie proprietà del kefir, il “miglio del profeta”

 

Abbiamo esaminato molti latticini, recentemente, in questa rubrica. Ci siamo focalizzati sullo yogurt e sulle sue numerose varianti, su prodotti ad esso simili ma di fatto diversi, sul gelato e sui suoi gusti più salutari. Oggi ci concentreremo sul kefir, una portentosa bevanda a base di latte fermentato. Proviene dal Caucaso ed è richiestissima nell’ex Unione Sovietica, somiglia allo yogurt ma yogurt non è. Si prepara con il latte (in alternativa con l’acqua) e con i granuli di kefir, composti da un particolare mix di batteri e lieviti. Le sue radici si perdono nella notte dei tempi, tant’è che veniva chiamato il “miglio del profeta” (più avanti scopriremo il perchè); vanta virtù probiotiche straordinarie e apporta notevoli benefici all’ organismo, soprattutto all’ intestino e al sistema immunitario. Non è un caso che “kefir” derivi da “keyif”, in turco “delizia” e “sentirsi bene”. Descrivere il kefir è complesso. Per cominciare, va detto che possiede delle spiccate proprietà nutrizionali: abbonda di vitamine del gruppo B, A, C e K, carotenoidi, folati, tiamina e cobalamina; tra i sali minerali che contiene (ma solo il kefir di latte) troviamo il calcio, il fosforo, lo zinco e il magnesio; sono presenti, poi, amminoacidi essenziali come il triptofano, molto efficace per il benessere del sistema nervoso, e le proteine. Gli innumerevoli batteri buoni di cui è composto il kefir includono il Lactobacillus acidophilus e il Saccharomyceskefir, ottimi al fine di garantire il benessere della flora intestinale. I granuli di kefir, dalla tipica consistenza soffice, sono ricchi di kefiran, un polisaccaride formato da un connubio di batteri mesofili e lieviti probiotici uniti tra loro simbioticamente.

 

 

E’ proprio questa miscela a determinare la differenza principale con lo yogurt: i fermenti del kefir raggiungono l’intestino ancora vivi, e la presenza di lieviti favorisce una fermentazione di tipo alcolico – diversamente da quella dello yogurt che è solo lattica. I granuli di kefir, infatti, una volta posti in incubazione con il latte, originano un processo di fermentazione da cui scaturiscono acido lattico oltre che esigue dosi di alcol e anidride carbonica. Il risultato è una bevanda dalla consistenza cremosa, lievemente effervescente, dal gusto dolce e un po’ acido al tempo stesso. Come dicevamo a inizio articolo, il kefir può essere preparato sia a base di latte che di acqua (anche se quello a base di latte predomina). Tuttavia, la sua composizione varia a seconda di innumerevoli fattori: la tipologia del latte e dei granuli inclusi tra gli ingredienti, la durata del processo di fermentazione, la temperatura e la conservazione del prodotto. In linea di massima, potremmo definire il kefir come un composto di zuccheri, acqua, grassi e proteine. I granuli, costituiti da materiale gelatinoso, non hanno un aspetto uniforme; il colore che esibiscono spazia dal bianco all’ avorio, mentre il loro diametro può raggiungere i 3,5 cm.

 

 

Il kefir a base di latte si può preparare sia utilizzando il latte vaccino che bevande vegetali come i cosiddetti “latte di soia” e di riso; in questo caso è consigliabile a coloro che sono allergici alle proteine del latte. In generale, però, la quantità ridotta di lattosio contenuta nel kefir fa sì che risulti maggiormente digeribile del latte e che sia adatto anche a chi non tollera il lattosio. Ma quali sono, esattamente, i tanto decantati benefici del kefir?  I probiotici e i fermenti lattici di cui abbonda, innanzitutto, contribuiscono a regolarizzare la flora intestinale, contrastano il colesterolo e facilitano il processo digestivo. Il kefiran svolge un’azione protettiva nei confronti dell’ intestino, impedendo che proliferino i batteri, e risulta molto efficace contro l’ipertensione. Gli amminoacidi essenziali (in particolare la prolina, la lisina e il triptofano), oltre a fornire dosi massicce di proteine, stimolano la sintesi proteica e sono quindi l’ideale per chi pratica sport. Ma non solo: la prolina, che incrementa la formazione di collagene, è un potente anti age; la lisina mantiene in salute gli annessi cutanei; il triptofano, responsabile della sintesi della serotonina, garantisce il benessere del sistema nervoso e stabilizza l’umore. Queste proprietà apportano giovamento all’ intero organismo e potenziano, di conseguenza, il sistema immunitario. L’acido folico, presente nel kefir in quantità, è un rinvigorente doc, mentre l’azione congiunta delle vitamine e di sali minerali come il calcio previene l’invecchiamento e l’insorgenza dell’ osteoporosi. Il fosforo, oltre ad essere essenziale per il metabolismo, assicura il benessere delle ossa e del sistema nervoso. Il magnesio, dal canto suo, mantiene elastici i muscoli e ha proprietà rilassanti. Un impacco di kefir, grazie alle sue virtù antiossidanti, risulta altamente benefico per la salute della pelle. Se consumato a colazione, inoltre, il kefir permette di fare il pieno di energia. Abbinatelo ai cereali, alla frutta secca e alla frutta di stagione: l’effetto salutare salirà alle stelle.

 

 

La storia del kefir si intreccia con miti e testimonianze antichissime.  Racconta una leggenda che fu Maometto a donare i primi esemplari di granuli di kefir alle genti del Caucaso, per le loro virtù nutrienti. Da allora, i montanari lo appellarono “miglio del profeta”. Nella Genesi è presente un episodio che attesta l’utilizzo del latte fermentato: Abramo lo offre agli angeli che gli hanno appena annunciato che diventerà padre. Non si parla mai, tuttavia, esplicitamente di kefir. Marco Polo, nel “Milione”, scrive di essersi imbattuto in popoli caucasici che sono soliti bere “chemmisi”, una bevanda a base di latte fermentato di giumenta dal sapore vagamente alcolico. E’ stato accertato che il kefir, secoli orsono, venisse ottenuto dal latte vaccino o ovino posto in otri di cuoio; ogni giorno se ne sostituiva una metà con del latte fresco per farlo fermentare. Con il passar del tempo, il “miglio del profeta” fu utilizzato sempre più spesso per curare le patologie intestinali e la tubercolosi. La bevanda del Caucaso è conosciuta anche con un altro soprannome: “bevanda dei centenari”. Il biologo e immulogo russo Il’ja Il’ič Mečnikov, Premio Nobel per la Medicina nel 1908, la riteneva infatti responsabile dell’incredibile longevità dei caucasici.

 

 

 

La colazione di oggi: le fragoline di bosco, un elisir di lunga vita

 

Maggio, come tutti ben sappiamo, è il tempo delle fragole. Ma anche delle fragoline di bosco! La Fragaria Vesca (questo il suo nome botanico), a differenza della Fragaria X ananassa che viene coltivata, nasce spontanea nel sottobosco ed è diffusa in Europa, nel Nord America e in Asia settentrionale. Le dissomiglianze tra le due tipologie sono evidenti: le fragoline, rispetto alle fragole da giardino, hanno dimensioni molto più piccole, una consistenza più soffice (“vesca”, in latino, significa “molle” non a caso) e un sapore decisamente più intenso. Quando passeggiamo nei boschi, la Fragaria Vesca è ben distinguibile. Cresce in mazzetti ornati da triadi di foglie dai bordi dentellati, ha fiori minuti e bianchissimi che sfoggiano un massimo di sei petali, fiorisce da Aprile fino a Luglio ma non è raro che sbocci anche in Autunno. La Fregaria Vesca predilige i terreni piuttosto ombreggiati, battuti dal sole quanto basta. Ma perchè dovremmo prenderla in considerazione, data l’ enorme diffusione della Fragaria X ananassa? E’ molto semplice: le fragoline sono oltremodo ricche di proprietà benefiche e curative.

 

 

Basti dire che vengono utilizzate come pianta medicinale sin da tempi remotissimi: tra le loro innumerevoli virtù, rientra quella di combattere i malanni gastrointestinali. Le fragoline di bosco depurano, svolgono un’efficace azione diuretica, tengono a bada gli sbalzi di pressione e contrastano l’ipertensione arteriosa. In Primavera, quando maturano i loro “falsi frutti” (i frutti veri e propri sono gli acheni, i semini che punteggiano la superficie rossa), sono un toccasana per azzerare lo stress tipico del cambio di stagione. La Fragaria Vesca abbonda di sali minerali come il ferro, il calcio, lo iodio, il fosforo e il magnesio, un ottimo drenante: grazie ad esso combatte eccellentemente la ritenzione idrica, favorisce la diuresi e depura l’organismo. Il frutto (lo chiameremo così), inoltre, è ricco di acido acetilsalicilico, noto per le sue virtù analgesiche e antinfiammatorie.

 

 

Anche la vitamina C contenuta nella Fragaria Vesca è di fondamentale importanza: le proprietà antiossidanti di questa vitamina contrastano la deleteria azione dei radicali liberi, causa prima della degenerazione dei tessuti. Grazie alle sostanze benefiche di cui abbonda, la fragolina di bosco può essere considerata un valido ricostituente, il che si rivela un toccasana anche per l’ ipertensione arteriosa di cui vi ho parlato poco fa. Ritemprare il sistema nervoso, combattere i radicali liberi e drenare i liquidi in eccesso, infatti, rappresentano tre azioni basilari per proteggere le arterie e rigenerare l’organismo.

 

 

Cosa potreste preparare, quindi, con le fragoline di bosco? A colazione, frappè e frullati sono l’ideale sia per dissetarsi che per drenare i liquidi.  Le fragoline possono essere anche gustate così come sono, magari condite con un po’ di limone, per godere appieno delle virtù antiossidanti di cui sono ricche. Altre idee? Inseritele nella macedonia, insieme ad altri tipi di frutta. Oppure consumatele nel porridge (la zuppa di avena). Quando viene inclusa nella farcitura o nella decorazione dei dolci, la Fragaria Vesca raggiunge il top della golosità. Se però volete sfruttare al meglio le proprietà salutari delle fragoline selvatiche, assaporatele al naturale dopo averle mescolate al miele: l’effetto ricostituente è assicurato.

 

 

 

La colazione di oggi: 10 dolcificanti rigorosamente naturali

 

Oggi affrontiamo un tema importante: come dolcificare in modo sano la nostra prima colazione. Cominciamo col dire che, al momento di iniziare la giornata, la dolcificazione è un gesto fondamentale. Al di là delle calorie che contiene, infatti, il dolcificante apporta energia. E ciò significa che dona una sferzata salutare a tutto l’organismo. Ma quali sono i migliori dolcificanti, quelli davvero benefici e privi di “effetti collaterali”? Prendiamo ad esempio lo zucchero bianco. E’ senza dubbio il più utilizzato, eppure i nutrizionisti consigliano di evitarlo. Un consumo regolare di zucchero bianco può favorire l’ insorgere del diabete, dell’ ipertensione arteriosa, di livelli eccessivamente elevati di trigliceridi, e quindi comportare gravi rischi per l’apparato cardiocircolatorio e il sistema nervoso. Lo zucchero bianco, oltre ad abbassare le difese immunitarie, spiana la strada alla carie e soprattutto all’osteoporosi: basti pensare che, affinchè venga assimilato al meglio, sottrae dosi massicce di calcio al nostro organismo. In più, fermenta nell’ intestino incrementando il gas e alterando la flora batterica. Ma c’è dell’altro. Alcune ricerche hanno dimostrato che l’energia fornita dallo zucchero da tavola è di breve durata, dato lo stress ormonale che consegue all’aumento della glicemia: lo sforzo attuato dal pancreas per ovviare a tale stress produce un calo energetico che predispone al consumo di quantità di zucchero sempre maggiori. Un vero e proprio circolo vizioso, a cui si aggiunge lo svantaggio più notevole. Le vitamine e i sali minerali contenuti nello zucchero bianco, infatti, vengono fortemente ridotti durante il processo di raffinazione. Lungi da me, naturalmente, il voler bandire una crociata contro questo tipo di zucchero! Se però siete in cerca di alternative, vi si presentano due opzioni: la sostituzione dello zucchero bianco con quello integrale e l’ utilizzo di dolcificanti rigorosamente naturali. Non sottoposti, cioè, al processo di raffinazione. Andiamo subito a scoprire, dunque, quali sono i principali dolcificanti naturali.

Lo zucchero integrale di canna

Deriva dalla canna da zucchero, una pianta appartenente alla famiglia delle Poaceae. La Saccharum Officinarum, questo il suo nome botanico, è tipica delle zone tropicali: cresce soprattutto nell’America Centrale, in Sudamerica, nell’ isola di Mauritius e alle Barbados. Lo zucchero integrale di canna ha un colore marrognolo e un gusto molto intenso che somiglia a quello della liquirizia. Non è soggetto a raffinazione chimica, quindi ha un bassissimo indice glicemico, ed è altamente salutare. La sua percentuale di saccarosio è minima, mentre abbonda di nutrienti: minerali quali il calcio, il potassio, il fosforo, il magnesio, lo zinco, e vitamine del gruppo A, C e B.

Il miele

In questa rubrica vi ho parlato spessissimo delle proprietà del miele. E’ un’ autentica miniera di sali minerali e vitamine del gruppo B, rafforza il sistema immunitario ed ha proprietà antibatteriche e cicatrizzanti. Per le patologie gastriche e da raffreddamento si rivela un toccasana. Scegliete il tipo di miele che più vi si confà cliccando qui.

La noce di cocco

Vellutato e leggerissimo, il latte di cocco in polvere abbonda di elettroliti naturali. Ma per dolcificare, la noce di cocco si può utilizzare anche grattugiata – contiene una grande quantità di fibre e grassi monoinsaturi, i cosiddetti “grassi buoni”- o in versione burro di cocco, che ha il vantaggio di essere completamente privo di colesterolo.

Lo sciroppo d’acero

Estratto dalla linfa dell’ acero da zucchero, è uno dei dolcificanti naturali più utilizzati. Gli americani lo usano per rendere più golosi i pancake, ma oltre al gusto delizioso vanta delle ottime proprietà. Contiene saccarosio e sali minerali come il calcio, il ferro e il potassio, una discreta quantità di acido malico (noto per le sue virtù antitumorali) e di fenoli, degli eccellenti antiossidanti. Lo sciroppo d’acero svolge un’azione particolarmente benefica per l’apparato gastrointestinale: riduce il gonfiore, stimola la diuresi, combatte l’acidità gastrica e regolarizza l’intestino.

I datteri

Forse non li pensavate nel ruolo di dolcificanti. Invece…Si utilizzano sotto forma di zucchero e abbondano di proprietà: un bassissimo indice glicemico, tanto per dirne una. Sono ricchi di fibre (quindi favoriscono la digestione) e di minerali come il magnesio, il calcio e il fosforo, fungono da antidoto contro l’ ipercolesterolemia e possiedono delle efficaci virtù antiossidanti.

Lo sciroppo di agave

Era il dolcificante degli Aztechi: il suo utilizzo ha radici antichissime. Si tratta della linfa dell’ agave, una pianta succulenta della famiglia delle Asparagaceae il cui aspetto è simile al cactus. Lo sciroppo di agave è noto, innanzitutto, per l’ indice glicemico estremamente basso che lo rende l’ideale per i diabetici e per tutti coloro che vogliono mantenersi in forma. Contiene inulina (un valido antitumorale), fruttosio, sali minerali quali il ferro e il calcio che combattono, rispettivamente, l’anemia e l’osteoporosi. I bifido batteri di cui è ricco, inoltre, incrementano l’equilibrio della flora intestinale.

I mirtilli

I mirtilli possono essere degli ottimi dolcificanti. Possiedono innumerevoli proprietà benefiche: ricchi di sostanze antiossidanti, contrastano l’azione dei radicali liberi e prevengono la degenerazione cellulare. Ma non solo. I mirtilli sono portentosi per la vista, l’apparato urinario e la circolazione del sangue, ripristinano l’equilibrio intestinale e mantengono in salute il fegato.

La stevia

E’ una pianta angiosperma appartenente alla famiglia delle Asteraceae che cresce tra il Paraguay e il Brasile. Da essa si ricava un potente dolcificante naturale, privo di indice glicemico e di calorie: perfetto, quindi, per i diabetici e per chi vuole mantenere sotto controllo il proprio peso. Dopo il via libera dell’ Unione Europea, la stevia è vendutissima anche nel Vecchio Continente. Esistono oltre 200 varietà di stevia, ma la stevia rebaudiana rappresenta la specie che vanta proprietà prettamente dolcificanti. Ne esistono diverse versioni: è disponibile in foglie essiccate intere o in polvere, oppure ancora sotto forma di estratto in polvere; a queste tipologie si affiancano le zollette di stevia e un liquido contenente un concentrato del prodotto. Sembra incredibile, eppure la stevia è un dolcificante che ha il potere di contrastare il diabete, l’ ipoglicemia,  la tendenza al sovrappeso e l’ ipotensione arteriosa. A tali scopi, tuttavia, è consigliabile assumerla su indicazione del medico.

Le albicocche

Sapevate che le albicocche, opportunamente tritate, sono un dolcificante perfetto? Non apportano calorie in eccesso, mentre abbondano di fibre e betacarotene. La vitamina A di cui sono ricche, inoltre, è un potente antiossidante. Risultano eccellenti per chi segue una dieta dimagrante e per tenere l’ iperglicemia a debita distanza.

Il malto

Non solo birra: il malto è uno dei dolcificanti naturali più apprezzati. Si ottiene da cereali come l’orzo, il grano, il riso, il frumento e il mais, i chicchi dei quali vengono sottoposti a germinazione parziale, ed è ricco di proprietà benefiche. Contiene un gran numero di sali minerali, su tutti il fosforo e il magnesio, svolge un’azione benefica sull’ apparato digerente, ma il suo valore aggiunto è costituito dal maltolo: una ricerca scientifica ha decantato le spiccate virtù antitumorali di questa sostanza. Ogni tipo di malto, inoltre, possiede caratteristiche strettamente associate al cereale a cui appartiene. Il più comune è il malto d’orzo, un depurante naturale; seguono il malto di riso, ottimo per la salute dei bronchi, e il malto di mais, un toccasana per l’apparato urinario.

Foto della stelvia: Gabriela F. Ruellan, CC0, via Wikimedia Commons

 

8 Marzo – Auguri a Tutte le Donne del Mondo

 

“Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. Per incominciare, avrai da batterti per sostenere che se Dio esistesse potrebbe anche essere una vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza. Poi avrai da batterti per spiegare che il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse una mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza. Infine avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c’è un’intelligenza che urla d’essere ascoltata.”

Oriana Fallaci, da “La rabbia e l’ orgoglio”

 

 

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La colazione di oggi: 7 tipi di cioccolato con cui deliziare il palato in Inverno

 

In Inverno, assaporarlo è una delizia: la classica cioccolata calda sorbita davanti al caminetto rappresenta una scena quasi iconica, la pausa più golosa dei pomeriggi in cui la neve impazza. Ma c’è da dire che il cioccolato è un alimento ghiotto sotto qualsiasi forma si presenti. In questa rubrica ne ho parlato spesso, oggi voglio approfondirne altre particolarità. E poi, con le temperature polari che il Meteo ci annuncia, iniziare la giornata con “il cibo degli Dei” (così lo chiamavano i Maya) sarà un piacere allo stato puro! I Maya coltivavano il Theobroma Cacao, questo il nome scientifico della pianta del cacao, nella zona che attualmente comprende il Guatemala, lo Yucatàn e il Chiapas. I semi di cacao possedevano una forte carica simbolica: venivano considerati preziosi e utilizzati per il pagamento delle merci, in più si attribuiva loro una valenza divina. La definizione “cibo degli Dei” riferita al cioccolato aveva un significato ben preciso, tant’è che consumare questo alimento era permesso solo a determinate classi sociali (nello specifico i sovrani, i guerrieri più valorosi e gli aristocratici). Nel 1502, anno in cui visitò l’ Honduras e le sue isole, Cristoforo Colombo ebbe l’ opportunità di gustare il cacao e fu quasi sicuramente il primo europeo a scoprirne la squisitezza. Intorno alla metà del XVI secolo, il “cibo degli Dei” arrivò nel Vecchio Continente proprio grazie all’ esploratore genovese: al suo ritorno in Europa, infatti, Colombo donò dei semi di cacao a Ferdinando II d’Aragona e a sua moglie Isabella I di Castiglia. Da allora, per i “semi delle Americhe” iniziò una vera e propria escalation di popolarità e nel 1585 un consistente carico di cioccolato salpò dal porto di Veracruz, in Messico, per approdare a Siviglia.

 

 

Oggi, il Theobroma Cacao viene coltivato in svariate parti del mondo: paesi come la Costa d’Avorio, la Nigeria, il Ghana, il Camerun, l’Indonesia, la Papua Nuova Guinea, la Malesia, l’ Ecuador e il Brasile si contraddistinguono per la massiccia produzione di semi di cacao. In questo articolo ci focalizzeremo sulle numerose varietà di cioccolato che abbiamo a disposizione. Ai nostri giorni, possiamo contare su un’ampia scelta di tipologie associate a diversi fattori: il Paese di produzione, la forma, la tostatura e la lavorazione dei semi di cacao sono solo alcuni degli elementi che contribuiscono a “differenziare” il cioccolato. Un cioccolato propriamente detto, innanzitutto, si contraddistingue per la percentuale di cacao in esso contenuto. Può essere presente sotto forma di polvere, granelli, saccarosio, burro di cacao o cacao magro, ed esiste una regolamentazione ben precisa riguardo alla quantità da includere in ogni prodotto. Tutte le tipologie di cioccolato, come vedremo, sono fortemente influenzate da questi requisiti. Andiamo subito a scoprire le principali.

 

1. Cioccolato Fondente

 

 

Si chiama così perchè ha un gusto inconfondibile che “fonde” in bocca; è leggermente amaro, ma proprio qui risiede la sua delizia. Deve contenere almeno il 45% di cacao e il 28% di burro di cacao. Viene consumato soprattutto sotto forma di tavolette, torte e dolci al cioccolato.

 

2. Cioccolato Extrafondente

 

 

E’ un cioccolato pregiato che deve contenere almeno il 70% di cacao, e supera in molti casi questa percentuale. Raggiunge livelli di golosità assoluta declinato in tavolette o scacchi di cioccolato.

 

3. Cioccolato Amaro

 

 

“Amaro” di nome e di fatto, si realizza amalgamando la pasta di cacao con il burro di cacao ed è totalmente privo di zuccheri e di aromi. Il risultato è un cioccolato dal sapore molto intenso, utilizzato soprattutto in pasticceria: per i prodotti da forno si rivela l’ideale.

 

4. Cioccolato al Latte

 

 

Viene ottenuto grazie all’ aggiunta di latte in polvere pari al 14% del peso; altri ingredienti sono il saccarosio in una percentuale massima del 55% e almeno il 25% di cacao. Ha un gusto invitante, decisamente dolce. L’esigua quantità di cacao che contiene, tuttavia, non lo rende adatto alla preparazione dei prodotti da forno. Viene principalmente gustato in tavolette o cioccolatini, ma anche le uova di Pasqua, ad esempio, sono perlopiù a base di cioccolato al latte.

 

5. Cioccolato Bianco

 

 

Se per “cioccolato” si intende un prodotto che contiene una data percentuale di cacao, il cioccolato bianco – in teoria – non andrebbe considerato cioccolato vero e proprio. Per realizzarlo vengono miscelati infatti burro di cacao in una percentuale del 20%, latte al 14% e saccarosio pari a non oltre il 55%. Il suo colore è un bianco sporco, il suo gusto è cremoso grazie alla quantità di burro di cacao che contiene. Rispetto al cioccolato fondente la sua consistenza è più grassa, perciò lo ritroviamo specialmente sotto forma di glassa per dolci oppure di creme, mousse e dessert. E’ comunque golosissimo anche nella versione in tavolette, dove si sposa spesso ad ingredienti come i frutti di bosco, il riso soffiato e le nocciole.

 

6. Cioccolato Gianduia

 

 

E’ nato a Torino nel 1806. All’ epoca, il cacao aveva costi tutto fuorchè abbordabili e il blocco disposto da Napoleone I rendeva molto complicato reperirlo. I cioccolatieri torinesi, quindi, escogitarono una soluzione: una ricetta a base di cacao e nocciole piemontesi polverizzate. Il cioccolato originato da questa mistura, oltre ad essere più economico, aveva un gusto inedito e caratteristico che ottenne subito un enorme successo. Per prepararlo, si mescolano cacao in una percentuale del 32% e circa 40 grammi di nocciole polverizzate da distribuire per ogni 100 grammi del prodotto totale.  Il cioccolato Gianduia, rinomatissimo, si assapora in tavolette o nei caratteristici cioccolatini. Viene di frequente usato, inoltre, per farcire o guarnire prelibatezze dolciarie.

 

7. Cioccolato Aromatizzato

 

 

Proviene direttamente dal Messico. A lanciarlo sono stati i Maya: erano soliti mescolare il cacao con svariate tipologie di fiori, come i fiori d’arancio, la rosa, il gelsomino, oppure con spezie che ne esaltavano il sapore. Qualche esempio? Innanzitutto il peperoncino, seguito poi dalla cannella, dalla vaniglia e dal cardamomo. E’ sicuramente un cioccolato dal gusto intenso, originale, e conquista all’ istante.

 

 

Per quanto riguarda i benefici del cioccolato, nello specifico del cioccolato fondente, vi rimando a questo articolo di VALIUM. Volendo fare una sintesi delle proprietà del cioccolato “scuro”, comunque, eccone alcune: a livello nutrizionale è l’optimum, contiene fibre e minerali tra cui il ferro, il potassio, il magnesio, il fosforo e lo zinco. Migliora il flusso sanguigno e contribuisce ad abbassare la pressione, scongiura le patologie cardiache anche grazie alla presenza dell’acido oleico, un grasso che è un toccasana per il cuore. Contiene antiossidanti in dosi massicce, contrasta il colesterolo “cattivo” e incrementa quello “buono”, potenzia le funzioni cerebrali. Non dimentichiamo poi la sua funzione energetica, che lo rende l’ideale per la prima colazione. Consumato in quantità modica, insomma, il cioccolato fondente è un’autentica miniera di benessere per l’organismo. E quello bianco? Tra le sue doti troviamo un’ elevata concentrazione di calcio, la presenza della Vitamina B2 (riboflavina) e della Vitamina A (retinolo), molto importante per la vista e per la salute delle ossa e dei denti. La Vitamina A è anche un buon rinforzante del sistema immunitario e pare che abbia delle discrete proprietà antitumorali.

 

 

 

 

10 tipi di miele e le loro straordinarie virtù

 

E’ dolcissimo, ha una consistenza viscosa e il colore dell’ oro: del miele, VALIUM ha già parlato nella rubrica La colazione di oggi (rileggi l’articolo qui), ma dato che l’ Inverno è dietro l’angolo vale la pena di dire qualcosa in più sui suoi molti benefici. Per contrastare i malanni di stagione, infatti, il miele è un autentico toccasana. Svolge un’azione antibatterica, antinfiammatoria, emolliente, anticongestionante; è particolarmente efficace contro patologie da raffreddamento come la tosse, la faringite e il mal di gola. Il “nettare degli dei” (così lo chiamavano gli antichi popoli) si declina in innumerevoli tipologie: ad ognuna corrispondono delle caratteristiche, delle speciali doti. Scopriamole insieme esplorando dieci varietà. .

Miele di acacia. E’ detto “monofloreale”, perchè le api lo producono utilizzando unicamente il nettare dei fiori dell’acacia. Il suo colore è un giallo tenue, la consistenza è liquida, il sapore delicato e vagamente simile a quello della vaniglia. Il processo di cristallizzazione è pressochè assente, per cui rimane liquido a tempo indeterminato. Le sue proprietà: è un toccasana per le malattie delle vie respiratorie (raffreddore, muco in eccesso, mal di gola, tosse), ma si rivela anche un ottimo rimedio contro l’acidità gastrica.

 

 

Miele di castagno. Deriva dai fiori del castagno e sfoggia un color ambra scuro. Il sapore è aromatico, lievemente amarognolo. Non cristallizza o quasi, per cui rimane liquido molto a lungo. Le sue proprietà: allevia i malanni da raffreddamento e in particolare la tosse, in più favorisce la digestione, la circolazione del sangue ed è un antidoto contro la cistite. Grazie all’acido fenolico, di cui è ricco, combatte l’invecchiamento cellulare e può essere considerato un buon antiossidante naturale.

Miele di tiglio. Il suo colore è un giallo pallido, il sapore è inconfondibilmente aromatico. Cristallizza lentamente fino ad assumere un consistenza compatta. Le sue proprietà: ha un effetto diuretico, aiuta la digestione, svolge un’azione sedativa ed allevia i crampi mestruali.

 

 

Miele di Millefiori. Può essere beige chiaro oppure assumere una colorazione scura in base ai fiori di provenienza: è un polifloreale, poichè viene ricavato dal polline di diversi fiori. Il sapore e la cristallizzazione dipendono dalle specie floreali e dalla zona in cui le api hanno raccolto il nettare. Le sue proprietà: oltre a svolgere un’azione decongestionante per le vie aeree, è un buon depurante per il fegato e un ottimo diuretico. Al pari del magnesio, fissa il calcio nelle ossa.

 

 

Miele di eucalipto. Monofloreale, deriva esclusivamente dai fiori di eucalipto. Ha il colore dell’ ambra, un aroma intenso e un sapore fortemente aromatico. Cristallizza molto rapidamente. Le sue proprietà: contiene una gran quantità di flavonoidi, per cui è un efficace antiossidante. Contrasta le infiammazioni delle vie urinarie e dell’ apparato intestinale.

Miele di girasole. Il colore è un caratteristico giallo oro, il sapore è soave. Cristallizza velocemente. Le sue proprietà: è un valido rimedio contro le nevralgie e combatte il colesterolo LDL, altrimenti detto “colesterolo cattivo”.

 

 

Miele di lavanda. Il colore spazia dal giallo paglierino all’ ambra, ma si tramuta in un beige-bianco dopo la cristallizzazione (estremamente rapida). L’ odore e il sapore sono intensi, ricchi di accenti fruttati e floreali. Le sue proprietà: contrasta gli spasmi, è leggermente sedativo e favorisce il rilassamento.

Miele di corbezzolo. Considerato un miele pregiato, vanta un color ambra che muta in un nocciola scuro o in un ambra tenue una volta cristallizzato. Il gusto è particolarissimo, amaro, definito una sorta di miscela tra il sapore del caffè, del tabacco e del cacao. Il profumo è intenso. Le sue proprietà: è un ottimo antiasmatico, possiede potenti virtù antisettiche e diuretiche.

 

 

Miele di erica. Il suo colore, ambra scuro con venature rossicce, si tramuta in un marrone aranciato dopo la rapida cristallizzazione. Il profumo e il sapore sono intensi, vengono paragonati a note di caramello, zucchero cotto, curcuma, caramella mou, liquirizia e legno aromatico. Le sue proprietà: possiede straordinarie virtù antireumatiche, contrasta l’anemia ed è un valido ricostituente.

 

 

Miele di Tarassaco. Il colore è un ambra giallognolo che diventa un giallo o un crema dopo la cristallizzazione, molto rapida. Al termine di questo processo la sua consistenza è soffice, incredibilmente cremosa. L’odore è penetrante, il sapore delicato e intriso di accenti speziati. Le sue proprietà: svolge una potente azione depurante, è un buon diuretico e riequilibra le funzioni intestinali.

 

 

La colazione di oggi: la noce, il frutto dell’antico albero di Giove

 

Con loro si preparano biscotti, golose torte, crostate, plumcake, muesli da mettere nel latte o nello yogurt…Di cosa sto parlando? Delle noci, frutti dell’albero il cui nome botanico è “Juglans regia”, diffusissime proprio in questo periodo dell’ anno. Il termine Juglans vanta origini mitologiche: deriva da “Jovis glans”, ovvero “ghianda di Giove”, perchè gli antichi Romani consacrarono l’ albero del noce al re di tutti gli dei. “Regia”, cioè “regale”, si riferisce invece alla storia del noce, portato per la prima volta in Europa dai re di Persia. Non è un caso, infatti, che il Juglans regia sia una pianta originaria del Medio Oriente. Anche i Greci conferirono una valenza sacrale a questo arbusto, che battezzarono Karya Basilica (ossia “noce regale”) e definirono “profetico”. Le noci che tutti conosciamo sono solo una parte del frutto, classificabile come una drupa. L’ involucro, il mallo, è carnoso, profumato e di colore verde; internamente racchiude un nocciolo ovale, dalla consistenza legnosa, suddiviso in due valve. Qui si trova il seme, due cotiledoni chiamati gherigli: è delizioso e saporito, ricco di olio, ma rischia di diventare rancido se non viene consumato in tempi brevi. Potremmo quindi definire la noce un “seme” che appartiene alla categoria della frutta secca.  Le noci vengono raccolte a partire da Settembre fino ad Autunno inoltrato, e sono un toccasana sia per l’energia che forniscono che per il loro elevato valore nutrizionale. Dalla pressatura dei gherigli si ottiene un olio, l’olio di noce, che abbonda di acidi grassi polinsaturi ed è molto salutare per l’organismo. Sempre i gherigli, che rappresentano la parte commestibile del frutto, possono essere gustati freschi oppure disidratati; il loro utilizzo in cucina è vasto ed eterogeneo, ma dato il tema di questa rubrica ci concentreremo sui dessert.

 

 

Valutiamo, innanzitutto, le proprietà delle noci. Sono ricche di elettroliti, oligominerali e sali minerali quali il magnesio, il potassio, il calcio, il fosforo, il rame, il ferro e lo zinco, un immunomodulatore basilare. Gli acidi grassi insaturi e i polinsaturi, in particolare gli acidi grassi omega 3, sono presenti in dosi massicce e apportano innumerevoli benefici all’ organismo: donano energia, favoriscono l’equilibrio ormonale e la sintesi dell’ emoglobina, incrementano la formazione delle membrane cellulari e contribuiscono a veicolare l’ossigeno nel sangue. Gli omega 3, inoltre, contrastano le patologie cardio-circolatorie, regolarizzano il livello degli zuccheri e svolgono un’ efficace azione antitumorale. Alla funzione cardiotonica delle noci si accompagnano altre portentose doti: questi frutti sono un ottimo antidoto contro l’ipercolesterolemia, l’ipertensione e le infiammazioni in generale. Per il sistema nervoso, le noci risultano un toccasana; hanno proprietà sedative e antispastiche, basti pensare che il magnesio è un potente antistress. Gli elettroliti possiedono la virtù di assestare le funzioni nervose e muscolari. Le noci contengono anche una buona quantità di proteine, fibre, antiossidanti e vitamina B1. L’ alto valore energetico e le caratteristiche nutrizionali le rendono un tipico alimento della stagione fredda.

 

 

Come inserire le noci nella prima colazione? Le possibilità sono infinite. Potete aggiungerle nel latte o nello yogurt insieme ad altra frutta secca, al miele e ai cereali, tritarle per preparare una deliziosa crema di noci, utilizzarle per guarnire dolci o cospargerle su una fetta di pane affiancate ad ingredienti vari. Con le noci si possono realizzare dei dessert squisiti: torte e tortine, plumcake, biscotti, brioches cotte al forno, crostate. Anche gli abbinamenti sono molteplici. Il sapore delle noci viene esaltato dal cioccolato, dal miele, dalla ricotta, dalla marmellata, dalle mele…Con il mallo della noce macerato in alcol si ottiene il nocino, un tipico liquore della notte di San Giovanni. In rete troverete un’incredibile quantità di ricette a base del frutto del Juglans regia.

 

 

Veniamo ora a qualche curiosità legata all’ albero del noce. Bisogna premettere, intanto, che gli alberi hanno rappresentato un elemento di interconnessione con il cosmo sin da tempi remotissimi: il sottosuolo era simbolizzato dalle radici, la terra dal tronco e il cielo dalla chioma dell’arbusto. Per i Celti, queste tre dimensioni possedevano accezioni leggermente differenti; le radici simboleggiavano gli inferi, il tronco il mondo terreno e la chioma il divino. Il noce, con le sue origini antichissime, godeva di una considerazione speciale. Nel trattato “Naturalis Historia”, Plinio il Vecchio scriveva che i Greci erano soliti importare noci già nel VII secolo a.C. I Celti inclusero il noce nel loro Oroscopo degli Alberi, che associava ciascun periodo dell’ anno a una pianta diversa. Il noce, l’ albero magico dei Druidi, corrispondeva ai nati tra il 21 e il 30 Aprile e tra il 24 Ottobre al 2 Novembre. La sacralità del noce si ricollegava al mistero: il Juglans regia simboleggiava la terra, l’ oscurità del sottosuolo, quindi era un emblema di saggezza. Mangiare noci durante le feste, per i Celti, costituiva una sorta di rito propiziatorio della fertilità.

 

 

Nella mitologia greca, il noce rivestiva un ruolo chiave in quanto rimandava al dio Dioniso. Narra una leggenda che Dioniso si recò alla corte di Dione, il re della Laconia, e che si innamorò di sua figlia Caria. Le sorelle di quest’ ultima, invidiose del loro amore, misero il padre al corrente della relazione. Dioniso lo venne a sapere e si vendicò tramutando le due donne in roccia. Dopo aver appreso la notizia, Caria ne fu talmente addolorata da perdere la vita. Dioniso, che di Caria era perdutamente innamorato, decise di trasformarla in un albero di noce: avrebbe continuato a vivere attraverso la fecondità dei suoi frutti. In onore di Caria, i Laconi fecero erigere un tempio dove imponenti sculture in legno di noce impreziosivano il suo ingresso: le statue, che riproducevano delle figure femminili, vennero battezzate Cariatidi. E’ interessante anche approfondire la valenza che ricoprì il noce nei secoli successivi. Tra il 1500 e il 1600, per esempio, data la vaga somiglianza del frutto a un cervello umano, la noce era ritenuta un ottimo rimedio contro le patologie cerebrali. Nel Medioevo, l’ albero del noce si ammantò di un alone diabolico: la leggenda vuole che le streghe accorressero a frotte sotto il noce di Benevento per la celebrazione del Sabba della notte di San Giovanni. Il Juglans regia, all’ epoca, era considerato l’albero delle streghe in tutta Italia. A Roma si narrava che la Chiesa di Santa Maria del Popolo venne fatta costruire dove sorgeva un noce attorno al quale i demoni si scatenavano in balli sfrenati; ovunque si credeva che le “lamie” organizzassero i loro convegni presso questa pianta. Ma perchè da albero sacro il noce divenne “l’albero del male”? In realtà, già nella Bibbia ci si riferiva al Juglans regia come all’albero che fu escluso dal Paradiso Terrestre. Il Vangelo, dal canto suo, riporta che la croce su cui venne inchiodato Cristo era fatta di legno di noce.

 

 

 

 

La colazione di oggi: le bacche commestibili e le loro innumerevoli virtù

 

In Autunno il contatto con la natura si cerca prevalentemente nei boschi: è lì che ci si inoltra per ammirare gli incredibili colori del foliage, per raccogliere funghi, per purificarsi dal caos cittadino. Ma nei boschi si va anche in cerca di bacche, che nei mesi freddi ci conquistano con il caleidoscopio delle loro nuance. Preciso che sto parlando di bacche commestibili, che è imprescindibile saper identificare. Se non siete degli esperti di botanica, quindi, fate attenzione: correte il rischio di confonderle con quelle velenose o tossiche. Per scongiurare questo pericolo, vi consiglio di comprarle nei migliori supermercati o in specifici siti on line. Perchè, allora, un focus sulle bacche? Il motivo è molto semplice: sono buonissime, succose, particolarmente ricche di proprietà salutari. Con le bacche si guarniscono o farciscono i dolci, si preparano marmellate e liquori. Andiamo subito a scoprire le più utilizzate in cucina!

 

 

Le bacche di sambuco, sferiche e di un viola scurissimo, sono soffici e deliziose. Molto conosciute per le virtù lassative e diuretiche, è tassativo consumarle cotte allo scopo di azzerare la loro lieve tossicità. Mature al punto giusto, possono essere utilizzate per la preparazione di ghiotte marmellate; aggiungete mezza mela con la buccia, se volete renderle ancora più appetitose: risulteranno dense e irresistibili. Dal punto di vista del benessere, il sambuco è considerato un toccasana per le vie respiratorie: le sue foglie e i suoi fiori, sotto forma di infuso, sono ottimi per sconfiggere bronchiti e raffreddori.

 

 

Chi non conosce il biancospino? La sua nuvola di fiori candidi, le spine che si infittiscono sui suoi rami lo rendono inconfondibile. A inizio Autunno, i fiori si tramutano in una bacca color rosso vibrante amatissima dagli uccelli. Anticamente, la bacca di biancospino ha fornito sostentamento a svariate popolazioni: il suo valore nutrizionale è ragguardevole. Inoltre, essendo ricca di flavonoidi, possiede delle spiccate proprietà antiossidanti. Gli zuccheri naturali in essa contenuti fanno sì che sia un potente energizzante; non è un caso che venisse inclusa tra gli ingredienti della “pemmican”, una miscela alimentare tipica dei nativi americani. La bacca di biancospino è anche ottima per il benessere della circolazione e dell’ apparato cardiovascolare. Risulta l’ideale per guarnire i dolci e, come il sambuco, per preparare delle squisite marmellate.

 

 

Il ginepro è un sempreverde contraddistinto da una vertiginosa altezza (può sfiorare addirittura i 10 metri), dalle aghifoglie e da bacche che in Autunno assumono una sfumatura tra il blu e il viola. Grazie alla sua maestosità, non è raro che adorni i giardini e le aiuole dei parchi. La bacca di ginepro ha una particolarità: è completamente avvolta in una pellicola opaca detta pruina. Anche il suo sapore, simile a quello del gin, è senza dubbio singolare; si tratta inoltre di una bacca succosissima e molto dolce. Le doti di questo piccolo frutto, principalmente adoperato per aromatizzare gli alimenti, sono innumerevoli: migliora la digestione, contrasta il gonfiore allo stomaco, è un ottimo diuretico, purifica l’apparato urinario, possiede virtù antimicrobiche e antimicotiche. Essendo ricco di antiossidanti, neutralizza l’azione dei radicali liberi e stimola la rigenerazione cellulare. In cucina dona uno speciale sapore speziato al pane, alla carne e agli insaccati, mentre come bevanda  si utilizza per preparare il gin oltre che un gran numero di liquori e digestivi.

 

 

Le bacche del corniolo, tinte di un rosso profondo, hanno una forma ovoidale che ricorda quella delle olive. Per maturare impiegano sette mesi durante i quali assumono, l’uno dopo l’altro, diversi colori: dal verde iniziale passano al giallo, dal giallo all’ arancio, dall’ arancio a un rosso squillante per poi finire con il burgundy che indica la completa maturazione. Il gusto delle corniole è dolce e acidulo a un tempo, il grado di succosità molto alto. Le loro proprietà sono incalcolabili. Abbondano innanzitutto di vitamina C, un efficace antiossidante naturale che contribuisce a rafforzare il sistema immunitario e a contrastare i radicali liberi. La vitamina C è portentosa, inoltre, per combattere i dolori alle articolazioni e i disordini del metabolismo. La presenza dei tannini, potentemente astringenti e antinfiammatori, è un toccasana per i disturbi intestinali. In cucina, la bacca del corniolo è utilizzatissima: il suo inconfondibile sapore fa sì che venga impiegata sia per la preparazione di bevande che di alimenti. Vini, liquori, dolci, marmellate, salse e gelatine a base di corniola sono numerosissimi; degustate fresche, in più, queste bacche risultano particolarmente dissetanti.

 

 

Tra le bacche che apportano molteplici benefici figurano anche quelle dell’ aronia nera: sfoggiano un color ebano intenso e si riuniscono in folti grappoli. Tra i loro componenti principali risalta una quantità massiccia di antociani, dei flavonoidi dalla spiccata azione antiossidante, che contrastano l’ invecchiamento cellulare, lo stress ossidativo e le patologie cardiovascolari. La presenza dei polifenoli accentua queste proprietà e rende le bacche dell’aronia nera il frutto “antietà” per eccellenza. Un connubio di vitamine, fibre e sali minerali apporta ulteriori vantaggi. La vitamina C è ottima per mantenere in salute le ossa, i tessuti e rafforzare il sistema immunitario; la vitamina K ottimizza la coagulazione del sangue abbassando i livelli di colesterolo e combattendo l’aterosclerosi, con effetti benefici sulla pressione sanguigna; l’acido chinico contrasta le infezioni dell’ apparato urinario; il ferro garantisce l’ossigenazione delle cellule, mentre il potassio è un toccasana per il sistema cardiovascolare; le fibre favoriscono la digestione e regolarizzano l’ intestino. Pare che gli antociani, inoltre, svolgano un’efficace azione contro determinati tipi di tumori, ad esempio quello al colon. Con le bacche dell’ aronia nera si preparano sciroppi, bevande, marmellate, frullati, tisane, macedonie…a colazione si possono abbinare al latte, al muesli o ai cereali per iniziare la giornata in modo salutare, ma possono essere anche consumate al naturale: possiedono un altissimo valore nutrizionale.