Quando intervistai Milo De Angelis

(Foto di Viviana Nicodemo)

 

Ieri pomeriggio, al Museo della Carta e della Filigrana di Fabriano, si è tenuto un incontro con il poeta milanese Milo De Angelis. L’evento faceva parte del ricco programma di “La punta della Lingua”, il festival internazionale della poesia totale giunto alla sua 18ma edizione. Avendo avuto la splendida opportunità di intervistare De Angelis nel 2015 per il settimanale fabrianese L’Azione, ho deciso di rivivere le emozioni che a suo tempo mi regalò quella conversazione: il post di oggi la riporta pari pari. Il tema approfondito nell’ intervista è l’attività di insegnante che il grande poeta ha svolto per anni all’ interno della Casa di Reclusione di Milano-Opera.

 

Milo De Angelis presentato dal poeta, scrittore e critico letterario Alessandro Moscè al Museo della Carta di Fabriano

 

Milo De Angelis, milanese, classe 1951, poeta tra i più autorevoli e rappresentativi della scena italiana contemporanea, ha all’attivo – dopo l’esordio con “Somiglianze” (1976) – una produzione di liriche assai apprezzata, intervallata da incursioni nella saggistica e nella narrativa. All’ attività di direttore della rivista “Niebo” (di poesia e letteratura) ha alternato le traduzioni dal francese e dal greco dei più prestigiosi autori alle partecipazioni, in qualità di giurato, a svariati Premi Letterari. Ma da quasi vent’anni, il vincitore dei premi Viareggio e Stephen Dedalus (rispettivamente nel 2005, con “Tema dell’ addio”, e nel 2011, con “Quell’ andarsene nel buio dei cortili”) si dedica parallelamente all’ insegnamento in una Casa di Reclusione. Lo abbiamo incontrato per saperne di più.

 In quale carcere svolge la sua attività di insegnante?

Dal 1996 insegno Lettere nel carcere di Opera, alla periferia sud di Milano (Istituto Tecnico Commerciale) e in questo carcere continuerò a insegnare fino a quando mi sarà consentito. Dopo tanti anni di vita penitenziaria, penso che sia la mia vocazione e il mio destino.

Come è maturata, in lei, l’idea di intraprendere questo percorso professionale?

Il mondo del carcere mi è sempre stato vicino. Dapprima l’ho “sentito” in modo romantico come memoria del sottosuolo, dei demoni, degli offesi, dei maledetti. Poi l’ho conosciuto di persona nelle sue dinamiche storiche ed esistenziali. E ho deciso di restare.

Che tipo di rapporto si è instaurato con i suoi allievi?

Fin dal primo giorno sono entrato in classe convinto di un compito essenziale, quello di insegnare l’amore per la poesia, per la disciplina della poesia. Spero di essere riuscito, nel corso degli anni,  a trasmettere questa convinzione e a mostrare come l’esperienza poetica sia qualcosa che scende a picco nel cuore dell’uomo e s’inabissa nella sua necessità profonda e nella sua quotidiana salvezza.

Ha dichiarato che la poesia “vive del tragico, mai del chiaroscuro.” Esiste una poesia intrinseca, recondita, nella sofferenza del recluso?

Esiste la sofferenza del recluso, certamente. Ma in lui esistono anche la curiosità, l’entusiasmo, il desiderio di sapere e il richiamo dell’ignoto, come in qualunque altro alunno. Inoltre, nei più sensibili, c’è una nostalgia legata all’esilio: il ricordo di profumi e colori perduti, un corpo o un sentiero amato, un’infanzia remota che gli anni imprigionati hanno reso ancora più leggendaria. Tutto questo fa del carcere un luogo propizio all’ascolto della parola poetica, che spesso è parola della memoria, tempo perduto e ritrovato.

Le sue liriche evocano i paesaggi delle grandi periferie urbane: le lamiere abbandonate e gli agglomerati industriali, l’ asfalto rovente delle tangenziali. Quali tragicità comuni è possibile rinvenire tra questi spazi immensi e quelli angusti, circoscritti, delle celle e dei cortili carcerari?

Non esiste, in poesia, una questione spaziale. Gli spazi infiniti si restringono nella punta di una matita e invece gli spazi più angusti si aprono in uno squarcio siderale: è il famoso filo d’erba del Pascoli, dove ruotano i pianeti! Così anche il campetto di calcio di Opera ogni domenica diventa l’intero universo: sinfonia di affetti e di esultanze, cilindro magico da cui ogni giocatore estrae le creature più sorprendenti e meravigliose.

Cosa pensa dei problemi attualmente associati al mondo della reclusione?

I problemi associati al mondo della reclusione sono innumerevoli, ma   in questi anni mi sto occupando soprattutto della detenzione “ostativa”, che è frequente nel carcere di Opera e costituisce un importante nodo etico e giuridico. L’ ergastolo ostativo ha carattere di perpetuità inderogabile e nega che il detenuto possa accedere a pene alternative, “osta” a ogni possibile beneficio di legge. Si tratta di una questione controversa – che personalmente seguo da vicino a livello di convegni e comitati – poiché tale forma di ergastolo contrasta con l’articolo 27 della Costituzione sulle finalità rieducative della pena. Inoltre, cancellando ogni speranza di ritorno alla cittadinanza, sancisce di fatto la morte del detenuto tra le mura carcerarie.

Cosa lo ha colpito maggiormente del carcere, durante la sua lunga attività didattica?

Forse ciò che più mi ha colpito in questi anni è il funzionamento del “ricordo”, parola che già nella sua etimologia indica il cuore. Il carcere è naturalmente un luogo di scavo interiore e di memoria. Ma si tratta di una memoria spezzata in due parti. Da un lato gli anni trascorsi tra le sbarre tendono a impastarsi in un’unica e monotona entità, sempre eguale a se stessa, una litania di colloqui, controlli, ore d’aria. Dall’altro invece ciò che è avvenuto prima dell’arresto assume i contorni favolosi della giovinezza:  tempo interamente perduto e dunque eterno. Nasce così, nei detenuti più poetici, una memoria prodigiosa, capace di fermarsi su un giorno lontano e di abitarlo, una memoria che si fa moviola, ingrandisce i dettagli e rallenta l’azione, opera un fermo-immagine, impone allo sguardo quella scena e non consente di uscire dalla visione. L’esilio insomma, insieme alle offese del trauma, può offrire la rara e preziosa bellezza di un  ricordo ineccepibile.

E’ mai stato ispirato dalla realtà carceraria nella composizione dei suoi versi?

Proseguo la risposta precedente. E aggiungo che F. (alunno a me particolarmente caro) è stato anche un formidabile specialista della memoria, un vero e proprio maestro del ricordo. E questo alunno è diventato – con il suo straziato racconto di amore e di sangue – il protagonista dell’ultima sezione del mio libro appena uscito, Incontri e agguati, dove per la prima volta il carcere entra direttamente in ciò che scrivo e lo nutre con la sua voce ferita e trepidante.

(Courtesy of L’Azione Fabriano)

 

Notte di San Giovanni, la “notte delle streghe”: tre antichi rituali sotto il magico influsso della rugiada

 

Chi nasce la notte di San Giovanni non vede streghe e non sogna fantasmi.

(Proverbio Popolare)

 

Se il Solstizio d’Estate è governato dal Sole, sulla notte di San Giovanni la Luna regna assoluta. Anche se la tradizionale accensione dei falò appartiene a entrambe le ricorrenze, la notte che precede il 24 Giugno (solennità della nascita di San Giovanni Battista) viene considerata una notte magica ed è associata a un tripudio di credenze e di rituali. Per gli antichi popoli nordeuropei, non a caso, rientrava nella triade delle notti degli Spiriti insieme a Calendimaggio e Samhain (più conosciuto come Halloween). Ma la notte di San Giovanni è stata anche ribattezzata la “notte delle streghe”, perchè, secondo il folklore popolare, tra il 23 e il 24 Giugno le fattucchiere si radunavano attorno al noce di Benevento per celebrare il Sabba. Sempre alle streghe rimandano le erbe tradizionalmente raccolte questa notte, dalle virtù miracolose, e le capacità divinatorie, che nelle ore antecedenti all’ alba di San Giovanni Battista sarebbero particolarmente sviluppate. Chi meglio delle streghe, infatti, era in grado di padroneggiare le arti dell’erboristeria e della divinazione? Nella magica notte di San Giovanni, un rituale prevedeva che posizionando dei mazzi di erbe sotto il cuscino si propiziassero sogni a carattere divinatorio. La divinazione è un tema ricorrente, legata in particolare agli indizi che poteva fornire alle giovani donne sull’identità dell’uomo che avrebbero sposato. Esistono innumerevoli pratiche al riguardo, diffuse in tutta Europa ma differenti da regione a regione; un ruolo chiave spetta alla rugiada di San Giovanni, associata alla Luna (e alla dea Artemide) come l’acqua e quindi impregnata di magici poteri. Le erbe raccolte il 23 Giugno, generalmente la ginestra insieme all’iperico e a piante aromatiche come il timo, il rosmarino, la salvia, il basilico, la rosa, l’alloro, la lavanda, il finocchio selvatico, la maggiorana, il caprifoglio e il fiore di tiglio, venivano esposte alla rugiada notturna e tenute a bagno fino all’alba prima di essere utilizzate per lavarsi il mattino dopo. La cosiddetta “acqua di San Giovanni” era considerata un toccasana per la pelle e una protezione da tutti i “malanni”, come recita un noto proverbio.

 

 

Nelle Marche, più precisamente a Fabriano, la “città della carta” circondata dai monti dell’ Appennino umbro-marchigiano, le giovani donne usavano versare la chiara dell’ uovo in un bicchiere e poi posizionavano quest’ ultimo fuori casa, sotto il magico influsso della rugiada: il mattino dopo, la forma che aveva assunto la chiara avrebbe offerto indizi sul futuro sposo di colei che aveva effettuato il rituale.

 

 

Un altro rito fortemente legato alla notte di San Giovanni è la preparazione del nocino, un liquore a base di noci verdi impreziosito da erbe e da deliziose spezie che gli donano un sapore inconfondibile. Le origini di questo liquore sono remotissime: pare che fosse molto apprezzato sia dagli antichi romani che da popolazioni celtiche come quella dei Picti. La tradizione vuole che, durante la notte di San Giovanni, una donna salga su un noce scalza e che raccolga le noci rigorosamente a mani nude. Il numero di noci raccolte dev’essere dispari; dopodichè, utilizzando il loro mallo, si procede alla preparazione del liquore. La bevanda attirerà la ricchezza e il benessere ad ampio spettro per tutti i mesi a seguire. Anche in questo caso, la rugiada della notte di San Giovanni riveste un ruolo fondamentale: le noci, infatti, vengono esposte alla guazza notturna prima della macerazione in alcool. Il nocino è ricco di proprietà salutari. Anticamente, le sue virtù digestive, antibatteriche, antinfiammatorie e antifungine lo rendevano un vero e proprio antidoto contro un gran numero di patologie. Le origini del liquore sono legate ai rituali che le streghe compivano attorno al noce di Benevento già nel VI secolo d.C. Lì danzavano, lanciavano incantesimi e nella notte tra il 23 e il 24 Giugno, una delle più corte dell’ anno, raccoglievano noci acerbe per propiziare un’esistenza perpetua all’ albero nei giorni in cui il buio era sconfitto dalla luce. Ma il nocino non si beve a San Giovanni: il 24 Giugno, il mallo viene posto in infusione nell’alcool  dove rimane fino alla notte di Samhain, o Halloween che dir si voglia. Sicuramente, una data non casuale.

 

 

Foto via Pexels e Unsplash

 

Sulle tracce del Principe Maurice – Un’esotica fiaba contemporanea

 

Il nostro ultimo appuntamento con il Principe Maurice risale al Febbraio scorso: in occasione del Carnevale di Venezia, Maurice ci ha accompagnato nei luoghi ed agli eventi “in maschera” più affascinanti della Serenissima. Sono passati tre mesi, da allora. Un periodo che il nostro eroe ha vissuto tra mille impegni, viaggi di lavoro e di relax, iniziative e date speciali. Ma io non ho demorso. Ho fatto scorta della pazienza di Giobbe e sono rimasta costantemente sulle sue tracce. In un pomeriggio di primavera inoltrata, finalmente, siamo riusciti a fissare un appuntamento telefonico. Non c’è bisogno di dire che la nostra è stata una conversazione fiume: Maurice doveva raccontarci le tappe più salienti di questi mesi di latitanza da VALIUM, un compito piuttosto arduo dati gli innumerevoli progetti a cui ha preso parte. Grazie alla travolgente energia che lo contraddistingue, tuttavia, l’ intervista si è come sempre tramutata in una chiacchierata ipnotica e avvincente. Se dovessi riassumerla con un aggettivo, la definirei “fiabesca”: una fiaba contemporanea che parte da Fabriano, la “città della carta” adagiata in una valle dell’ Appennino umbro-marchigiano, per poi approdare in luoghi da mille e una notte quali Venezia, Dubai e Baku, la capitale dell’ Azerbaigian, senza trascurare Milano e Riccione…Una fiaba esotica che, ve lo assicuro, vi catturerà dal primo istante. Per assaporarne appieno la meraviglia, non vi resta che continuare a leggere.

Rimanere sulle tue tracce per tre mesi non è facile, data la mole di impegni che ti vedono protagonista! Suggerirei di ripercorrere le tappe più importanti. Magari cominciando dalla tua serata al Bohemia Music di Fabriano, dove ti sei esibito il 25 Febbraio scorso…

Senz’altro è stata un’esperienza straordinaria e unica nel suo genere, la prima sperimentazione di un nuovo format che potrebbe avere un successo incredibile: mettere a confronto le due coste (toscana e romagnola) che hanno sempre spadroneggiato nel mondo della musica techno e dell’animazione. Sostanzialmente, la serata era incentrata su un gemellaggio tra il Cocoricò e l’Insomnia. E’ stato magnifico perché ho potuto rincontrare punte di diamante dell’Insomnia come Franchino, Joy Kitikonti e Luca Pechino, mentre a rappresentare il Cocoricò c’eravamo Cirillo ed io. Ci siamo alternati. Hanno cominciato “i toscani” e abbiamo proseguito noi, in un crescendo straordinario che il pubblico ha molto gradito: era come prendere due piccioni con una fava. L’ evento è stato fantastico e dal punto di vista artistico e dal punto di vista emotivo, perché metteva due miti nello stesso contenitore. Tra l’altro il locale, molto bello, si prestava perfettamente all’ iniziativa, e tutto è andato per il meglio. Io ho avuto l’opportunità di coinvolgere due eccezionali acrobati maceratesi che hanno accompagnato le mie performance con acrobazie meravigliose. Il pubblico ha recepito in maniera empatica e gioiosa questa festa doppia. Da parte mia l’ho vissuta con grandissima emozione, e penso che quel format vada implementato e sfruttato di nuovo perché è eccezionale: l’idea del coast to coast, anche se le nostre coste non sono così lontane come quelle degli Stati Uniti, è veramente intrigante! Spero che avremo modo di riproporlo.

 

Il Principe al Bohemia di Fabriano, nelle Marche

Dopo la performance fabrianese non sei di certo stato con le mani in mano. Parlaci ad esempio di “Discorivoluzione”, la mostra sul clubbing ideata dal Politecnico in collaborazione con Le Cannibale che si è tenuta a Milano, dal 3 al 5 Marzo, al PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea).

E’ stato bellissimo…Quando le istituzioni si avvicinano al nostro mondo (in questo caso il Politecnico, un’istituzione culturale di importanza internazionale, e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano), il risultato è sempre meraviglioso. Il Comune ha messo a disposizione il PAC, il Padiglione d’Arte Contemporanea adiacente alla Villa Reale di Milano, uno spazio espositivo di grande prestigio. Gli studenti di architettura ed architettura di interni del Politecnico hanno realizzato un progetto di ricerca sull’architettura delle discoteche e sul mondo del clubbing internazionale. Essendo l’iconica Piramide del Cocoricò inclusa nel progetto, hanno voluto incontrarmi per farmi alcune domande. L’ intervista ha evidenziato l’esigenza di dialogare con un testimonial, un portavoce della nightlife, per approfondire il modo in cui lo spazio del club veniva utilizzato dal punto di vista performativo. Questa intervista, carinissima, è stata pubblicata sui social del Politecnico e “Discorivoluzione” l’ha mandata in loop insieme a quelle di altri celebri protagonisti del mondo techno. Il Cocoricò è stato preso in esame sia dal punto di vista della sua struttura che delle sue tendenze, dei suoi tratti identitari. Il PAC proliferava di installazioni, riproduzioni in scala dei locali, eventi, paraphernalia anni ‘90… una maschera del mio volto è stato uno dei feticci più ammirati e concupiti: hanno cercato persino di portarsela via, quasi fosse stata “La Gioconda” del Louvre!

 

 

Questa mostra-evento mi ha entusiasmato enormemente. Da parte degli studenti ho ricevuto un’accoglienza calorosissima, addirittura reverenziale. Ho incontrato un professore che mi ha detto di essere stato un habitué del Cocoricò, per cui mi ritrovo a interloquire con svariate fasce sociali e d’età: i ragazzi di un tempo oggi sono professori, assessori, manager, imprenditori, artisti… altro che generazione “X” perduta e perdente!…E’ bellissimo, veramente incredibile! “Discorivoluzione” esplorava la club culture a 360 gradi, musica compresa naturalmente. Tantevvero che Daniele Baldelli si è esibito in un dj set pazzesco…Questa tre giorni ha ottenuto un successo tale che penso  debba essere riproposta assolutamente. E’ una mostra che merita di essere divulgata, un esempio di come il mondo del clubbing possa essere cultura in tutti i sensi. La cosa interessante è che si è partiti dal concetto di architettura di interni e di esterni per poi esplorare il modo in cui la struttura di una discoteca viene sfruttata, rendendola mitica. Ti confesso che essere stati affiancati a giganti del clubbing mondiale come il Ministry of Sound di Londra o lo Studio 54 di New York è stata una grandissima soddisfazione, anche a livello morale: la celebrazione (e la rivincita) di un settore che ultimamente è stato messo in crisi da tanti fattori. I club possono essere dei contenitori sociali, dove trasmettere valori oltre che fare divertimento. Noi del Cocoricò la cultura l’abbiamo già fatta, possiamo continuare a farla. E sempre meglio!

 

Estasiato e stupefatto accanto alla sua maschera esposta al PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano

Special Guest della kermesse “Discorivoluzione”, la mostra-evento organizzata dal Politecnico di Milano

Poi sei volato a Dubai con il Grand Bal di Monte Carlo. Che ci racconti di questa esperienza?

Tutti sapete che io ho da sempre una doppia vita. Sin dalla gloriosa epoca del Cocoricò, al mio lato “trasgressivo” e avanguardista alternavo quello più serioso e filologico di Maestro di Cerimonie del Carnevale di Venezia. L’essermi fatto conoscere al Carnevale è stata per me una vetrina importante: mi ha consentito di fare animazione, direzione artistica, partecipare al mondo prestigioso dei grandi balli anche grazie alla società denominata Noble Monte-Carlo. La dirige Delia Grace Noble, un’affascinante signora rumena, cantante lirica straordinaria e ambasciatrice dell’Unicef trasferitasi nel Principato di Monaco ormai da tempo. All’attività di soprano Delia affianca quella di organizzatrice di eventi mondani e culturali. Io a Monte Carlo organizzavo eventi per la SBM, la Société des Bains de Mer, e lei mi ha contattato anche in virtù di questo mio ruolo. Tra noi si è subito instaurata un’intesa umana e professionale. Sotto la sua direzione artistica, l’anno scorso, mi sono esibito nel gala ufficiale di chiusura del padiglione del Principato di Monaco all’ Expo di Dubai. E’ stato qualcosa di grandioso: la famiglia reale ha desiderato e patrocinato un ballo al Burj al- Arab, il rinomato e iconico hotel a sette stelle a forma di vela, dove ci hanno onorato della loro presenza ben sette sceicchi e le loro corti. Lo considero a tutt’oggi uno degli eventi più lussuosi e prestigiosi a cui abbia preso parte nella mia vita, un’esperienza molto emozionante perché abbiamo portato le atmosfere delle corti europee, dei grandi balli dell’800, negli Emirati Arabi. Gli sceicchi, seduti in prima fila, per protocollo sarebbero dovuti rimanere un’oretta, invece hanno gradito lo spettacolo al punto tale da decidere di godersi tutta la serata. Uno sceicco, anche a nome anche degli altri membri delle famiglie reali, mi ha voluto  ricevere nel suo ufficio al World Trade Center perché era interessato a saperne di più su alcuni dettagli del ballo. Per me è stata un’enorme soddisfazione, ho avuto una conferma del successo ottenuto e del fascino che ha sprigionato il nostro evento. Per Dubai, una città abituata al lusso sfrenato e al divertimento ma poco ricca di storia, siamo stati una bella novità!

 

La straordinaria performance di Dubai con il Grand Bal di Monte Carlo: in prima fila, gli sceicchi ospiti dell’ evento

Hai anche avuto modo di visitare Dubai, una città nota per il suo lusso opulento e per la vita notturna vibrante? Se sì, che impressione ti sei fatto di questo luogo talmente sfarzoso da sembrare irreale?

Quel territorio non ha una grande storia alle spalle, e proprio per questo si è proiettato in una dimensione futura e futuristica. Ho visitato il Museo del Futuro, dove ci sono progetti che verranno ultimati nel 2060 e nel 2070 ma sono già partiti… sembrano usciti da un libro di fantascienza! Questo Museo è interessantissimo, ma la cosa che mi ha emozionato di più è stato il Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo: misura 828,28 metri di altezza! E’ completamente ricoperto di led e di notte, quando è illuminato, appare altamente scenografico. Ma quando è spento è talmente imponente da diventare quasi inquietante, una torre di babele pazzesca! Il giorno in cui l’ho visitato (ero al 145mo piano, dove sembrava di stare in un aereo stazionato sopra la città), mi sono messo alla ricerca di un rifugio che facesse da contrappeso a tanta maestosità: sono andato a bere un caffè all’Armani Hotel. Mi sono subito sentito a casa. Lo sfarzo arabo è fatto di molto oro affiancato ai tradizionali colori religiosi, quindi il turchese, lo smeraldo, il blu cobalto…ma a volte si rivela lontano dal nostro gusto. Invece il Burj Khalifa sfoggia un’eleganza tecnologica, avveniristica e di design molto particolare. All’ Armani Hotel, un fiore all’ occhiello del Made in Italy all’ interno di questo capolavoro di ingegneria e architettura che è il Burj Khalifa, sono dedicati ben sette piani. E poi, in giro per la città, ho notato un canale che mi ha fatto pensare a una sorta di Venezia del quarto millennio: era solcato da imbarcazioni, anche turistiche, c’erano molti ristoranti e grattacieli dal lusso ridondante. A Dubai c’è la voglia di creare il tutto dal nulla. Il futuro è il valore aggiunto della città. Non ho trovato troppo invitanti le spiagge, l’acqua non è così limpida e trasparente come la nostra, però si può fare dello sport acquatico. Quello che attira di più, indubbiamente, è l’ostentazione dello sfarzo, della ricchezza e dell’esclusività.

 

Ori e opulenze in quel di Dubai. Qui sopra, il Burj Khalifa: è il grattacielo più alto del mondo

Il 2 Aprile, per te, è stata una data importante: ricorreva il compleanno di Giacomo Casanova, il seduttore veneziano di cui sei ormai l’alter ego. So che nella Serenissima svariate iniziative ti hanno visto protagonista…

L’iniziativa più importante – Casanova nacque esattamente il 2 aprile del 1725 – è stata l’inaugurazione della Fondazione Giacomo Casanova, che fa ricerche a livello culturale e filologico per divulgare non solo l’immagine dell’avventuriero e libertino, ma soprattutto quella del Giacomo intellettuale, del grande testimone del suo tempo. Casanova è stato protagonista autentico ed appassionato dell’Illuminismo pur subendo il fascino dell’ancien régime e delle splendide Corti europee. Di questa Fondazione fanno parte studiosi casanoviani provenienti da tutta Italia e tutta Europa. Essendo io il suo testimonial, ho potuto inaugurare l’Infopoint a Palazzo Zaguri che tra due anni ospiterà il Museo Ufficiale di Giacomo Casanova. In questo bellissimo Palazzo in Campo San Maurizio, infatti, nel 2025 verrà collocato il Museo dedicato al grande seduttore. E’ giusto che Casanova “ritorni” a Venezia, la sua città natale. Le sue spoglie, purtroppo, sono irrintracciabili perché era finito in miseria e fu seppellito in una fossa comune. Ma le sue gesta, non solo quelle erotiche bensì le sue temerarie avventure e disavventure, le sue invenzioni (basti pensare al gioco del lotto), la sua attività di letterato, musicista, collaboratore a libretti d’opera quali il “Don Giovanni” di Mozart, a cui lavorò con Lorenzo Da Ponte…rimarranno eternamente impresse nella nostra memoria.

 

La Casanova Foundation di Venezia

C’è ancora tanto da scoprire su di lui, e questa Fondazione ha proprio lo scopo di aiutare tutti a conoscere un Casanova più completo, nella sua città, con la sua Fondazione e il suo Museo Ufficiale. E’ il veneziano più famoso al mondo insieme a Marco Polo, ma nell’ immaginario mondiale viene per primo. Una vita teatrale come la sua ha fatto sì che il personaggio storico diventasse una maschera da Commedia dell’Arte, il suo nome è diventato addirittura un aggettivo: “E’ un Casanova”, come si suol dire!

 

Abbandoniamo per un attimo la tua vita professionale per passare al privato. Come hai trascorso il weekend pasquale? Dopo tanto girare hai deciso di rimanere in famiglia o ti sei spostato nuovamente?

Mi sono spostato: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”! Sono stato qui nel Veneto con la mia seconda famiglia, la famiglia Venerandi. Ho trascorso queste festività sia esibendomi nel dinner show dedicato che partecipando al pranzo pasquale ricco di ospiti organizzato all’Hotel Spresiano adiacente all’Odissea Fun City (mega club di cui quest’anno ricorre il 30mo anniversario). Grazie ai miei cari amici del trevigiano ho potuto godermi questa bella festa, per me supremo simbolo di rinascita e speranza.

Una manciata di giorni dopo, comunque, eri già in volo per una destinazione estremamente affascinante: Baku, la capitale dell’Azerbaigian. Posso chiederti cosa ti ha riportato nell’ esotica “città dei venti” affacciata sul mar Caspio?

Intanto, l’Azerbaigian per me è una terra magica. Una terra dove gli elementi sono potenti, e non solo il vento che spira forte, ma anche l’acqua, perché si affaccia sul mare; la terra, perché è una terra fertile: gli azeri producono verdure deliziose, e poi sapessi la bontà dei loro vini rossi! Le tre fiamme in prossimità di Baku bruciano da millenni. Probabilmente sono pozze di petrolio, e sono diventate il simbolo della città. Le riproducono anche i bei grattacieli che di giorno hanno una forma un po’ particolare, sembrano proprio delle fiamme, ma di notte si infiammano letteralmente grazie a un tripudio di led. Ammirarli è uno degli spettacoli più belli che possa offrire la città! Sono andato a Baku con molto piacere perché la adoro, adoro la sua gente, e per chiudere il cerchio sull’ iniziativa del Museo Mocenigo: la presentazione di un profumo, prodotto da Mugham, che celebra la riconquista di Shusha. Shusha, la capitale culturale del Caucaso, è stata infatti riannessa al territorio dell’Azerbaigian dopo essere stata presa da potenze esterne. La fondazione di Shusha risale al 1752, non a caso questo profumo si chiama 1752 Karabakh Bouquet. Il mio viaggio a Baku aveva uno scopo ben preciso: consegnare un’ importante lettera della Presidenza della Fondazione dei Musei Civici di Venezia alla Mugham, una casa di produzione che si impegna non solo nella produzione dei profumi, ma anche a livello di divulgazione culturale e musicale. Mugham in azero è una parola magica che significa “musica, tradizione, retaggio”. Sono state create sette note di profumo che diventano una sinfonia nella fragranza celebrativa 1752 Karabakh Bouquet. Musica e profumo si fondono quindi all’insegna del “mugham”: un termine simbolico, iconico, importantissimo in Azerbaigian. Considero l’iniziativa di Palazzo Mocenigo di accogliere questa fragranza nella collezione/archivio del Centro Studi del Profumo, parte preziosa del Museo, l’evento forse più bello, prestigioso ed esclusivo del Carnevale di Venezia 2023, celebrato con un Gala dell’ Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia al Museo Correr il Venerdì Grasso.

 

Le meraviglie esotiche di Baku, capitale dell’ Azerbaigian

Tu viaggi molto all’estero, per lavoro ma – come ben sanno tutti i lettori di VALIUM – anche per diletto. Hai mai pensato di trasferirti all’ estero in pianta stabile, buen retiro di Palma di Maiorca a parte?

No. Voglio restare in Italia, anche se è tanto difficile per una serie di motivi. Ma l’Italia appartiene troppo al mio Dna perché io possa lasciarla per trasferirmi altrove. Espatriare, poi, per me sarebbe una sofferenza. Io voglio essere italiano e portare la cultura italiana nel mondo più che posso, in particolare la cultura veneziana perché Venezia è la mia città di adozione. Non credo che mi trasferirò mai, anche se ho in programma di andare tra tre giorni a Palma di Maiorca! Lì trovo un ambiente tranquillo, ho un’empatia totale con la natura…E’ l’isola delle Baleari che preferisco. Poi credo che farò una puntata a Ibiza, in questi giorni riaprono i locali…andrò a curiosare un po’. Maiorca mi piace moltissimo e sono contento di avere un buen retiro là, ma l’Italia non la lascerò mai. Per turismo o per lavoro l’estero ci sta, ma il Bel Paese è la mia terra natia.

 

Altre immagini di Baku. Qui sopra, il sontuoso Museo Nazionale di Storia dell’ Azerbaigian

A proposito di viaggi, quali aggiornamenti puoi darci sul tuo Grand Tour?

Ho dovuto abbandonare un po’ l’idea a causa degli impegni. Però mi rendo conto che il Grand Tour, più che essere composto da tappe prestabilite come dettò a suo tempo la regina Elisabetta I d’Inghilterra per istruire la giovane nobiltà inglese, oggi abbraccia in realtà un concetto molto più vasto, nel senso che si possono trovare suggestioni e riferimenti a valori importanti in tutto il mondo. Per me anche Baku, per esempio, appartiene alla mia idea di Grand Tour. Nei viaggi che faccio cerco sempre di abbracciare il senso filosofico del Grand Tour, di rinnovare quindi conoscenze antiche o di intrigarmi con nuove esperienze. Anche Dubai fa parte del Grand Tour, perché è un aggiornamento su ciò che accade nel mondo. Tutto quel che c’è in giro di iconico, di suggestivo, per me è Grand Tour. Il mio Grand Tour filosofico, perciò, è sempre attivo.

Tornando in Italia, il 29 Aprile per te è stata un’altra data clou: ti sei esibito in un Memorabilia proprio nella leggendaria location del Cocoricò. Con te c’erano, per fare solo qualche nome, dj del calibro di Cirillo, Saccoman e Ricci jr . Come spiegheresti lo strepitoso successo che questo appuntamento riscuote presso le nuove generazioni? Il Memorabilia è un must anche per chi non ha vissuto la gloriosa era dei ’90…

Ormai, nell’immaginario dei giovanissimi, è diventato una sorta di Grand Tour emotivo e musicale. Quest’ anno abbiamo avuto come special guest Darren Emerson, musicista, dj, produttore di fama internazionale e membro degli Underworld, la band che ha firmato “Born Slippy” e alcuni brani della colonna sonora di “Trainspotting” (il film visionario e un po’ inquietante che è stato un baluardo della gioventù anni’90). I giovanissimi sono attratti da quelle sonorità, oggi inesistenti. Non c’è più niente di nuovo che sia potente e suggestivo come la musica fatta e prodotta dai nostri dj, che si sono fatti conoscere in tutto il mondo con le loro produzioni techno, techno trance ecc. Ma il Memorabilia si è imposto anche per la riproposta del Teatro Notturno, una mia esclusiva. Un particolare molto importante: il 30 aprile di 60 anni fa nasceva il compianto Riccardo Testoni aka RicciDj, per cui allo scoccare della mezzanotte tutti noi della crew abbiamo realizzato un breve ed emozionale evento per onorare la memoria di questo notevole dj e produttore, ma soprattutto meraviglioso amico. Per me, la commemorazione di Ricci Dj è stata la cosa più importante di questo Memorabilia. Avevo deciso che avrei parlato col cuore come feci in occasione del suo elogio funebre, perché avevo visto Ricci solo un paio di giorni prima e mi aveva colpito il fatto che una persona così straordinaria potesse venire a mancare all’ improvviso. All’ epoca, ricordo che al microfono della chiesa dissi: “Questa volta il microfono invece di accompagnarti a una serata ti accompagnerà nel tuo ultimo viaggio, ma l’emozione è la stessa. La passione, l’amore, il rispetto per te è lo stesso, se non di più, perché da oggi rimarrai per sempre nella nostra memoria”. E questo è anche uno dei compiti del Memorabilia.

 

Il Memorabilia al Cocoricò: il costume incontra la moda originando una fusione teatrale (gli abiti del Principe, in rosa Valentino, sono dell’ Atelier La Bauta)

L’ estate si avvicina. Potresti darci qualche anticipazione a grandi linee su come sarà la tua?

Senz’altro ho dei progetti di lavoro in ballo, anche se dopo il Covid tutto si conclama un po’ last minute. Per cui ci sono tante cose in vista; lavorerò in giro per l’Europa, ma voglio anche godermi le vacanze. Sicuramente effettuerò un tour di spiagge mediterranee prima di volare in Giamaica per andare a trovare Grace Jones. Vorrei assistere a diversi suoi concerti tra l’America e l’Europa, per esempio ce n’è uno a New York a fine Maggio, un altro a Giugno in InghilterraGrace è l’artista che seguo di più, vuoi per amore, vuoi perché adoro la sua musica. In più, sta per uscire una sua nuova produzione discografica intrigantissima, dall’atmosfera “afro-tecnologica”…Riassumendo: la mia sarà un’ estate di lavoro, ma sarò anche impegnato a seguire Grace nel suo tour e, last but not least, a godermi questo mondo…almeno finchè c’è!

 

Tableau Vivant al Memorabilia con la Contessa Pinina Garavaglia

Dettagli del look del Principe all’ appuntamento riccionese del 29 Aprile

Il concerto di Grace Jones che Maurice ha già incluso tra gli eventi a cui non ha intenzione di mancare

 

Photo courtesy of Maurizio Agosti

 

Frida-Kiza di Fabiola Manirakiza: un nuovo Rinascimento che parte dalla Milano Digital Fashion Week

 

L’ ascesa di Frida-Kiza nel fashion world è inarrestabile. Il marchio fondato da Fabiola Manirakiza, nata in Burundi ma fabrianese d’adozione (e quindi mia concittadina), sta facendo molto parlare di sè anche per la recente partecipazione alla Milano Digital Fashion Week. Una presenza, la sua, legata ad un progetto d’eccezione: “The Fab Five Bridge Builders”, l’ iniziativa con cui il gruppo di lavoro composto da Stella Jean, Edward Buchanan, Michelle Francine Ngonmo e la Camera Nazionale della Moda Italiana ha supportato e promosso il lavoro di cinque talenti di origine africana residenti ormai da anni in Italia. Il team, oltre a Frida-Kiza, comprendeva le griffe Gisfab di Claudia Gisèle Ntsama, Joy Meribe di Joy Ijeoma Meribe, Mokodu di Pape Mocodou Fall e Karim Daoudi dello stilista omonimo. La Camera della Moda  ha allestito una piattaforma on line dove i cinque brand hanno avuto l’ opportunità di svelare le loro collezioni Autunno Inverno 2021/22 ottenendo una visibilità internazionale. Il progetto, nato allo scopo di sottolineare i valori della multiculturalità e dell’ inclusione, ha riscosso un successo enorme. Ispirazioni, suggestioni e stili esotici si sono fusi con la quintessenza del Made in Italy in un connubio affascinante, che ha catturato immediatamente l’ interesse del pubblico e degli addetti ai lavori. Fabiola (rileggi qui la sua precedente intervista  con VALIUM), che ha fondato il marchio Frida-Kiza nel 2016, ha presentato una capsule in cui la sua cifra stilistica si coniuga con motivi di decisa matrice africana. Tailleur, pajama suit, chemisier e minidress alternano fantasie e colori intensi tipici del Continente Nero – tra i capi più iconici spicca un coat-chemisier rosso carminio adornato di arabeschi bianchi – ad una stampa in black and white che rielabora la “Primavera” del Botticelli alla luce del fil rouge tematico delle creazioni: durante i tempi duri del lockdown, Fabiola auspica a un post-pandemia contraddistinto dall’ inizio di una nuova era, un nuovo Rinascimento che coinvolga non solo l’ Italia, bensì il mondo intero. Estimatrice dell’ arte italiana, la designer ha assurto questa passione a cardine di tutte le sue collezioni, dove la omaggia e la reinterpreta a seconda dei motivi ispiratori. Il gusto per il colore, sempre vibrante, riconduce al continente da cui Fabiola proviene: è un’ esplosione di vitalità (mai sopra le righe) esaltata da una donna indipendente e raffinata, che ama l’ eleganza ma non trascura il comfort per affrontare agevolmente la vita quotidiana. Ho incontrato Fabiola Manirakiza perchè volevo saperne di più sulla sua partecipazione alla Milano Fashion Week, sulla sua collezione Autunno Inverno 2021/22 (che potete ammirare nelle immagini di questo post) e su molti altri argomenti ancora. Qui di seguito, la nostra chiacchierata.

La tua partecipazione al progetto “The Fab Five Bridge Builders”, curato da Stella Jean, Edward Buchanan, Michelle Francine Ngonmo insieme alla CNMI, ti ha visto protagonista alla Milano Fashion Week insieme ad altri 4 designer di origine africana. Cosa puoi raccontarci di questa esperienza, che ha ottenuto, peraltro, un ottimo riscontro?

Si è trattato di un’ esperienza unica e importante. La sfilata per la Fashion Week e’ stata inserita nel calendario della Camera della Moda ottenendo una visibilità mondiale.

L’ Africa, nelle tue creazioni, riaffiora soprattutto attraverso i colori. Sono colori collegati a particolari ricordi, sensazioni, scenari del tuo Paese? Se sì, raccontaci quali.

Nelle mie creazioni cerco sempre di unire colori e cultura dei miei due mondi, l’ Africa e l’ Italia.

 

Fabiola Manirakiza in uno scatto molto primaverile

Nella collezione Autunno/Inverno 2021/22 di Frida-Kiza predomina un tripudio di stampe, di fantasie paesaggistiche e floreali. Le stampe, in particolare, si rifanno alla “Primavera” di Sandro Botticelli. Come è nata la tua ispirazione?

L’ arte italiana mi affascina da sempre! La “Primavera” del Botticelli, che è un’opera rinascimentale, mi ha dato l’ ispirazione. Ho immaginato una rinascita universale conseguente alla pandemia di Covid.

Che procedura hai seguito per la realizzazione di queste stampe? Esiste una tecnica, un processo di lavorazione ben preciso?

Sono state eseguite a mano,  passando poi a un procedimento digitale per la realizzazione della stampa finale.

 

 

 

Perché la scelta del bianco e nero?

In quel momento, erano i colori che mi ispiravano di più.

Durante il lockdown, mi hai raccontato, hai auspicato all’ avvento di un nuovo Rinascimento post-pandemia. Come si concretizzerebbe un’eventuale rinascita nello stile di Frida-Kiza?

Seguici e vedrai! (sorride, ndr.)

 

 

Che tipo di donna avevi in mente, mentre creavi la capsule che hai presentato a Milano?

La donna Frida,  naturalmente: contemporanea, sempre al passo con i tempi e attenta al mondo che la circonda.

 

 

 

L’ arte italiana è un motivo ricorrente nelle tue creazioni. Come è sorta questa tua passione e quali artisti (o movimenti artistici) ti affascinano maggiormente?

Non ho particolari preferenze, amo gli artisti e l’arte italiana in generale.

I fiori, i piante e la natura in genere sono un altro filo conduttore delle stampe che impreziosiscono i look di Frida-Kiza. Il motivo ispiratore è associato solo a riferimenti artistici o si tratta anche di una sorta di “dichiarazione d’amore” nei confronti del creato?

Sono riferimenti artistici, ma anche un modo per sensibilizzare le persone all’amore per la natura e per valorizzare, al tempo stesso, la bellezza nascosta della donna Frida.

Potresti anticiparci qualcosa dei tuoi progetti più imminenti?

Per il futuro abbiamo tanti progetti, ma mi riservo di svelarli a tempo debito…

 

 

 

 

Photos courtesy of Frida-Kiza

 

 

Ricordi di un’ estate che fu

 

Molti, in questa stagione segnata dal Covid, adorano ricordare gli episodi felici delle estati che furono. Rifugiarsi nel passato, in effetti, conforta e rigenera, seppure per pochi istanti…Anche se penso che la vita vada vissuta nel presente, oggi mi unisco al coro di chi ama ritornare con la mente ai “bei tempi andati”. E lo farò rievocando un luogo. Troppo scontato parlare del mare, delle spiagge tropicali, dei viaggi all’estero, dei locali bazzicati durante le vacanze. Voglio ricordare una location dell’ estate in città, così, semplicemente: una location associata a tanti anni fa, ma altrettanto suggestiva dei posti e delle situazioni che ho citato qualche riga addietro. Per me è stato e rimarrà sempre un luogo da sogno, emblema di bellezza e convivialità. Immaginate un monte a ridosso delle storiche Cartiere (chi segue VALIUM sa che abito a Fabriano, la “città della carta”), dove anticamente sorgeva un borgo romano. Civita, questo il nome  dell’ abitato,  nel tempo è diventata un’ area cosparsa di ville e case di campagna ombreggiate dalla fitta vegetazione. Tuttora rimane una traccia di quel remoto insediamento, la chiesa di Santa Maria di Civita: tra il XII e il XIII secolo ospitò Francesco di Assisi quando si recava in visita al suo confessore, il pievano Beato Ranieri. Nel corso dei secoli, il colle ha perso l’aura mistica ma non l’atmosfera idilliaca, e resta il luogo ideale in cui vivere per chi ama la privacy e il contatto con la natura.

 

 

Avrò avuto 15 o 16 anni quando un amico di mio padre ha iniziato ad invitarci a cena sulla splendida terrazza della sua casa di Civita. Era una grande terrazza, all’ ombra di una quercia e affacciata sulla valle dove si adagia Fabriano: per raggiungerla bisognava farsi strada tra stanze in stile bohémien dove spiccavano i quadri dipinti dal nostro anfitrione. Eh già, perchè l’ amico di mio padre era un pittore, reduce degli anni della Swingin’ London e molto sul genere “bello e dannato”. Anzi, dovrei dire bellissimo: fisicamente ricordava il Warren Beatty di “Shampoo”, le donne andavano pazze per lui. Originario della Mitteleuropa, poliglotta, arrivava al metro e 90 e i capelli gli sfioravano le spalle. In quella casa immersa nel verde viveva con la sua compagna ungherese e un cane enorme, tutto nero, che aveva chiamato Golia. Le cene d’estate con loro e la mia famiglia – nonostante fosse diversissima in quanto a “imprinting”, c’era una notevole sintonia reciproca – erano una meraviglia. Tra chiacchiere in libertà, calici di vino e il panorama delle mille luci della città di fronte, la terrazza diventava uno scenario mozzafiato con il canto dei grilli in sottofondo. Nel cielo brillavano miriadi di stelle, l’afa si stemperava con l’altura, di tanto in tanto le nostre voci venivano inframezzate dal motore delle macchine che si inerpicavano lungo i tornanti di Civita…e poi, l’autentico spettacolo della Fabriano tutta illuminata, maestosa e antica, distesa ai piedi del colle. Non so se per la compagnia, per la location o per la sensazione di dominare il paesaggio dall’ alto, ma respiravo un’ aria di pura libertà. Quelle serate estive sono rimaste impresse nella mia memoria, indelebili anche dopo svariati anni. Tantevvero che poco tempo fa, incontrando il proprietario della casa con terrazza dove viveva il nostro amico pittore, gli ho chiesto se per caso era in affitto o in vendita…

 

 

 

Frida.Kiza, il brand di Fabiola Manirakiza: l’Italia nel cuore, il mondo come meta

Fabiola al party “The New Beginning” di VOGUE Italia nel 2017

Fabiola Manirakiza è una stilista originaria del Burundi, ma fabrianese d’adozione. Vive nelle Marche dal 1990. Quando abbandona l’ Africa insieme alla famiglia, è giovanissima. Il trasferimento a Fabriano, la “città della carta”, le permette di scoprire un patrimonio culturale e artistico da cui rimane affascinata. La storia millenaria di quel luogo, ricca di splendide testimonianze, la conquista immediatamente. Innamorata del bello, Fabiola può assecondare il proprio senso estetico: dedicarsi alla moda è per lei una scelta istintiva, del tutto naturale. Vola all’estero per frequentare alcuni corsi nel settore, poi torna in Italia e mette le sue competenze al servizio di svariate aziende. Intanto, il successo delle creazioni che realizza per se stessa e per le amiche è tale da indurla a fondare un proprio brand. E’ il 2016 e a quel brand dà il nome di Frida.Kiza, un mix tra un omaggio a Frida Kahlo e l’ abbreviazione del suo cognome. Da allora, la strada è tutta in discesa per la talentuosa designer di origine africana: Fabiola intensifica le ospitate in TV (dove appare già da tempo), partecipa alle più importanti manifestazioni fieristiche sia in Italia che oltreconfine e, dulcis in fundo, inizia a presentare le sue collezioni durante la Milano Fashion Week. A Fabriano mantiene la sede legale di Frida.Kiza, ma lo showroom è situato a Milano, e i capi del brand sono venduti nelle più prestigiose boutique italiane e internazionali. Le celebs adorano lo stile di Fabiola Manirakiza, un inno al Made in Italy in quanto a sartorialità, ispirazione e ricercatezza dei tessuti. Basti pensare che l’attrice e conduttrice Emanuela Tittocchia, direttrice artistica dell’ “Opening Sanremo 2020”, ha indossato un abito Frida.Kiza in occasione dell’ evento che ha inaugurato la 70esima edizione del Festival. L’ amore per il Belpaese si esprime a tutto tondo nelle creazioni della designer, diventando parte integrante della sua cifra stilistica: l’arte italiana, in particolare, è uno dei maggiori motivi ispirativi di Fabiola, come i colori degli antichi dipinti e le opere architettoniche che appartengono al nostro patrimonio storico. La collezione Primavera/Estate 2020 di Frida.Kiza declina questi elementi in un tripudio di stampe, cromie vivaci e fantasie floreali. I look sono chic ma freschi, disinvolti, alternano linee contemporanee a silhouette vagamente anni ’50. Risaltano abiti con la gonna svasata, pantaloni cropped, mantelle nella stessa fantasia dell’ outfit, shorts in full color…Il punto vita viene sottolineato costantemente, il più delle volte da un’alta cintura rossa. “Summer Mood” – così si chiama la collezione – racconta di un sogno che fonde suggestioni artistiche, naturali e floreali in un vortice inebriante: a fare da leitmotiv è Venezia, che le stampe riproducono nei suoi squarci più romantici (come il ponte di Rialto), affiancata alle visioni di una natura rigogliosa ed a fiori dai colori travolgenti in cui predominano il turchese e il fucsia. I tessuti (jersey, denim, viscosa) sono versatili e pratici, perfetti per l’ estate ma anche per esaltare questo surreale viaggio nella città lagunare. Ancora una volta, Frida.Kiza combina l’ eccellenza del Made in Italy con tecniche e tendenze up to date; è un connubio che seduce, rappresenta il suo marchio di fabbrica. Quella proposta dal brand è una moda rivolta sia alle “taglie da passerella” che alle più comode, valorizzate da una collezione pensata apposta per le curvy. Intrigata dalle creazioni di Fabiola Manirakiza, ho voluto fare quattro chiacchiere con lei per saperne di più sulla sua griffe. Viviamo nella stessa città, e nonostante Fabiola sia sempre in giro per il mondo, mi ha concesso un po’ del suo tempo prezioso per rispondere ad alcune domande. Il risultato è l’ intervista che segue: non mi resta che augurarvi una buona lettura.

Fabiola, tu provieni dal Burundi. Come sei approdata in Italia?

Amo l’Italia da sempre: ho lavorato al Consolato Italiano e frequentato ambienti della diplomazia italiana. Trasferirmi in questo paese, per me, è stato un passo naturale.

Quando hai scoperto la tua passione per la moda, e in che modo l’hai coltivata?

La moda è sempre stata il mio sogno…Creavo abiti per me stessa già da bambina. Con il tempo, ho semplicemente assecondato una passione innata.

 

Frida.Kiza PE 2020

Raccontaci le tappe più salienti del tuo percorso nel fashion system.

Nel mio percorso formativo figurano, tra l’altro, studi di moda a Londra. Dopodichè, ho iniziato ad essere presente in varie trasmissioni televisive per poi approdare al Festival di Sanremo 2020, dove ho vestito Emanuela Tittocchia in occasione della serata inaugurale: Emanuela ha scelto il mio abito tra i tanti che le erano stati proposti.

 

Emanuela Tittocchia indossa un sontuoso abito firmato Frida.Kiza all’ “Opening Sanremo 2020”

Come è nata l’idea di fondare un tuo proprio brand?

Frequentando e conoscendo molti stilisti, ho voluto anch’io dare un volto alle mie creazioni.

Frida.Kiza è sorto a Fabriano, nelle Marche, a oltre 300 km da una capitale della moda come Milano. Perché questa scelta?

A Fabriano si trova la sede legale del brand. Lo showroom di Frida.Kiza, però, e’ a Milano.

 

Frida.Kiza PE 2020

A quale donna si rivolge il tuo brand, hai una musa ispiratrice?

Quando creo penso a una donna che ama la vita, piena di gioia di vivere. La mia musa? Senza dubbio, Coco Chanel.

Nelle tue recenti collezioni fai un ampio uso delle stampe e di una palette cromatica vibrante. Sono leitmotiv che derivano da riferimenti specifici?

Direi che esprimono perfettamente la personalità di Frida.Kiza.

 

Fabiola al lavoro

Chi sono i designer che ami e che ti ispirano maggiormente?

Coco Chanel, Armani e Dolce & Gabbana su tutti.

A proposito di ispirazione, hai mai attinto a motivi o a suggestioni africane? E più in generale, esistono degli elementi ispirativi che ricorrono nelle tue creazioni?

Non mi sono mai ispirata all’ Africa nelle mie creazioni, ma non è detto che non possa essere un’ idea per le prossime collezioni. Utilizzando, come sempre, dei colori cromatici.

 

Un outfit della collezione PE 2019 di Frida.Kiza

Personalmente, ti senti più italiana o più africana?

Italiana al cento per cento, ma sento di appartenere al mondo.

Quale futuro attende la moda, nell’era del Coronavirus?

Un cambiamento epocale, sia nel creare che  realizzare e proporre.

 

Fabiola insieme alla mitica Suzy Menkes, International Fashion Editor di VOGUE

Pensi che varierà qualcosa nel tuo modo di creare, di ispirarti, di presentare le tue collezioni?

Il brand rimarrà sempre Frida. Kiza con le sue creazioni e ispirazioni, ma guarderà costantemente ai continui cambiamenti che ci coinvolgeranno.

Quali sono i progetti più immediati che ti vedono coinvolta?

Sicuramente, la preparazione della nuova collezione Primavera/Estate 2021.

 

 

 

Altri look tratti dalla collezione PE 2020 di Frida.Kiza

Un ritratto fotografico di Fabiola Manirakiza

La designer con Carla Sozzani, un’ icona indiscussa (nonchè sorella dell’ indimenticabile Franca)

Stampe e ancora stampe: uno dei leitmotiv delle collezioni griffate Frida.Kiza (nella foto, un look della PE 2019)

Fabiola in uno scatto insieme alla nota giornalista di moda Giusi Ferrè

 

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice: nell’ era del Coronavirus

Evento “Eros & Thanatos” a Palazzo Labia, Venezia: il Principe Maurice interpreta la Marchesa Casati e una miriade di ulteriori personaggi in un accavallamento esilarante di personalità che “litigano” tra di loro

Pensare al Principe Maurice è evocare la magia del Teatro Notturno, il magnetismo di incredibili performance, la gioia sfrenata della festa. Però, da circa un mese, qui ogni festa si è interrotta. Sull’ Italia è piombato il silenzio, un silenzio intriso di paura e di cupezza: il lockdown per arginare il contagio da Coronavirus ha stravolto i connotati delle nostre esistenze. E barricati nelle case, bloccati in città blindate per motivi di salute pubblica, abbiamo salutato anche l’arrivo della Primavera. Il Principe, com’è ovvio, non è sfuggito alla regola. Mi sono messa sulle sue tracce via telefono e l’ho trovato in quel di Milano, deciso a trascorrere diligentemente il periodo contraddistinto dall’ hashtag #iorestoacasa: ancora attonito per l’ emergenza che ci è piovuta addosso, affronta la vita indoor con spirito propositivo e in buona compagnia (sarà lui stesso a rivelarvi con chi sta condividendo la “clausura”, non voglio rovinare la sorpresa!) . “Questa casa, per me, è un Paese dei Balocchi! Me la sto passando meravigliosamente. Abbiamo tirato fuori vecchie cose, vecchi costumi…stiamo creando il mio nuovo look”, mi dice entusiasta. Pensa già al futuro, a quando l’incubo sarà finito, e la sua energia mi galvanizza. Maurice approfitta della pausa generale per lasciare la creatività a briglia sciolta: lo immagino muoversi in quella Wunderkammer milanese come un pesce nell’acqua, tingendo la quotidianità di colori scintillanti. D’altronde, non potrebbe essere altrimenti. La fantasia è la sua più grande alleata, gli permette di tramutare ogni esperienza in una nuova avventura. Vi invito a leggere l’ intervista che segue, perchè è un autentico tripudio di racconti, consigli, considerazioni e reminiscenze: il Principe Maurice vi stupirà ancora una volta, regalandovi il perfetto antidoto contro la monotonia di queste giornate di semi-reclusione.

Nessuno di noi, credo, avrebbe immaginato che la diffusione del Coronavirus potesse avere un impatto così devastante sulle nostre vite: tra l’era del Coronavirus e quella pre-Coronavirus esiste un abisso. Per cominciare, vorrei innanzitutto chiederti come stai vivendo tu, icona della notte per eccellenza, un periodo in cui gli eventi sono stati accantonati in tutta fretta e annoverati tra i veicoli di maggior contagio.

Lo sto vivendo con grande senso di consapevolezza e di responsabilità. All’ inizio, sinceramente, avevo minimizzato pensando che fosse tutto un po’ esagerato. Ma alla luce dello sviluppo della pandemia, degli effetti, della facilità di contagio eccetera, mi sono immediatamente reso conto che bisognava stare veramente accorti, attenti per se stessi e per gli altri. Quindi, sto vivendo questo periodo in accordo con le indicazioni del Governo. Devo dire che, effettivamente, sarebbe rischiosissimo frequentare dei luoghi affollati, concordo in pieno sulla decisione di chiudere i locali. Naturalmente mi sono saltate parecchie date, alcune molto importanti, però sono state rimandate. In ogni caso credo che si debba mantenere un atteggiamento di speranza, di positività, osservare la dovuta cautela per non ammalarsi ed essere pronti alla rinascita, che sarà sicuramente meravigliosa. E poi ho capito da contatti, telefonate, videochiamate e così via, che questo isolamento si sta rivelando un po’ una scrematura: ha risvegliato il senso di umanità e di solidarietà tra gli amici veri. E’ qualcosa che mi piace molto, perché nel calderone dei social non si riusciva a capire chi veramente tiene a te, chi è davvero un amico oppure ti segue per curiosità e basta.

 

Cin cin nel backstage del Gala Ufficiale del Carnevale di Venezia a Ca’ Vendramin Calergi: oggi, potrebbe essere un brindisi di buon auspicio per una rapida fine dell’ emergenza Coronavirus

Avventuriamoci nell’ era pre-Coronavirus del Principe Maurice. Recentemente l’hanno contraddistinta due performance al top, seppur molto diverse tra loro. Comincio con la prima in ordine cronologico: “The Heroes of Piramide”, l’omaggio che hai tributato alla techno insieme ai dj Cirillo, Ricci Jr.e Saccoman. Quali ricordi conservi di quella serata bomba all’ Aera Club & Place di Fabriano?

Riflettendo sul pre e sul post Coronavirus, devo dire che quel ricordo è vivissimo e consolatorio. E’ stata una serata veramente entusiasmante, pregna, ricca, c’era gente meravigliosa di tutte le età (un dettaglio che mi aveva colpito anche la prima volta che sono venuto all’ Aera Club di Fabriano) e tutto ciò è bellissimo. La musica è un linguaggio universale. Qualsiasi tipo di musica, se trova gruppi di persone che la gradiscono, le fa stare davvero bene insieme. Io in questo periodo ascolto più che altro musica classica, ma eventi come “The Heroes of Piramide” mi riportano agli antichi fasti degli anni ‘90 e mi rincuorano molto. Quella serata è stata meravigliosamente organizzata, siamo stati ospitati con tutti gli onori…Si respirava un mood davvero bello, gioviale e spensierato. Chi avrebbe mai immaginato che di lì a pochi giorni ci saremmo trovati in questa situazione? E’ incredibile. I ricordi che conservo mi riportano quindi ad uno degli ultimi momenti vissuti in libertà e in totale divertimento.

 

Il flyer della serata “The Heroes of Piramide” all’ Aera Club and Place di Fabriano

Il 19 Febbraio, invece, nella meravigliosa cornice di Palazzo Labia hai dato vita ad uno dei più applauditi eventi del Carnevale di Venezia: “Eros & Thanatos”, un atto unico in parole e musica dove hai raccontato la follia d’amore interpretando alcuni personaggi-emblemi. Ad accompagnare i tuoi monologhi c’erano Raffaello Bellavista al pianoforte (un nome già noto ai lettori di VALIUM), Matteo Marabini alla marimba e Serena Gentilini, modella oltre che promessa del canto. La tua esibizione, corroborata dai giovani talenti che ti affiancavano, è stata celebratissima. Che cosa ci racconti al riguardo?

E’ stato un gran successo sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista, chiamiamolo così, istituzionale. Per me è stata un’immensa soddisfazione riuscire a riunire sotto la stessa egida due realtà importanti per la città come Vela (la società che organizza il Carnevale e tutti i grandi eventi per il Comune di Venezia) e la RAI. Questi due enti già collaboravano, ma in sordina. Ti racconto il modo in cui è nato questo spettacolo. Eravamo ancora in fase organizzativa e il direttore artistico Massimo Checchetto mi ha chiesto di organizzare qualcosa per il Carnevale culturale. Il Carnevale di Venezia, come vi avevo già spiegato, vive su due binari: uno più popolare, con tutti gli eventi di Piazza San Marco e quelli sì esclusivi, ma un po’ commerciali del Carnevale ufficiale, ed uno più raffinato, legato ai Musei e alle location alternative. Il direttore, quindi, voleva che io ideassi una performance per il Carnevale culturale a dimostrazione che faccio anche altro, rispetto al genere di spettacoli per cui sono conosciuto. E’ stato un bellissimo stimolo, un bel riconoscimento. Quasi contemporaneamente, siccome avevo già organizzato eventi ufficiali per la RAI e per l’ANICA durante la Mostra del Cinema di Venezia, il direttore di RAI Veneto Giovanni De Luca mi ha messo a disposizione la sede di Palazzo Labia. Non avrei mai pensato di esibirmi lì, è una location a dir poco meravigliosa! Ho fatto quindi 2 + 2 ed ho intuito che da parte di Vela e della RAI c’era la volontà reciproca di collaborare. Sai, è come quando due innamorati non si dichiarano: io ho fatto da “ruffiano” (nel senso positivo del termine!) e li ho fatti sposare. Per cui “Eros & Thanatos” è stato l’unico evento che ha avuto sia il marchio ufficiale del Carnevale che quello di RAI Veneto. Lo spettacolo è stato veramente un exploit culturale e ha sancito la collaborazione di due realtà fondamentali per la città. Penso che la sede della RAI di Venezia sia la più bella sede operativa televisiva del mondo! Il fatto di potermi esibire nel pazzesco salone affrescato dal Tiepolo mi ha dato lo spunto del tema, perché io non avevo ancora deciso cosa fare. Poi, grazie a quella serie di affreschi, ho riflettuto su Cleopatra e sul mistero della sua morte: si era suicidata per motivi politici o per amore, visto che poco tempo prima si era tolto la vita Marco Antonio? Ho cercato di dare una risposta, giacchè sostanzialmente il mio “Eros & Thanatos” era basato sulla follia del suicidio legato alla delusione amorosa. Quindi, in maniera a volte meno drammatica e più grottesca, ho spiegato come la follia d’ amore possa portare anche a questo, oppure, soprattutto oggi, al femminicidio o alla violenza che scaturisce da un amore morboso. Ho sviluppato lo spunto tra il serio e il faceto, con intermezzi musicali ad hoc. Ma mentre la parte musicale era stata studiata, provata, ed era perfettamente sincronizzata nei suoi tempi, la mia esibizione è stata totalmente improvvisata. Tant’è che nel backstage avevo il supporto del mio assistente storico Sascha Sgualdini!

 

Con il fido assistente personale Sascha Sgualdini

Mi sono organizzato così: dietro le quinte ho preso tutti i costumi dei personaggi che pensavo di impersonare, maschili e femminili, li ho messi su un grande tavolo antico e mentre i ragazzi suonavano io decidevo chi interpretare. La “sigla” di apertura dello spettacolo, dopo la presentazione del Direttore di Rai Veneto in persona, è stata la proiezione sulle pareti affrescate della mia video performance dedicata a Lindsay Kemp nei panni della regina Didone, che sembrava un ectoplasma trasudato dal muro… impressionante anche per me vedere questo estratto dal mio “Principe Maurice #Tribute” di Daniele Sartori utilizzato in questo modo suggestivo… Improvvisare è qualcosa che adoro! Quel pomeriggio, ho deciso su due piedi anche in base a ciò che mi ispirava la musica. Ho iniziato con Cleopatra che poi è diventata la Marchesa Casati, dopodichè ho interpretato Casanova, Orfeo e persino me stesso. In fin dei conti, ho sperimentato anch’io un sentimento congiunto di amore e morte a causa della scomparsa del mio compagno. E’ stato veramente straordinario, un esperienza che non dimenticherò mai! Siamo andati in overbooking nel giro di due giorni, per fortuna la RAI ha acconsentito ad aggiungere 20 posti. La gente è venuta in grande spolvero, intuendo l’importanza dell’evento. Alcuni indossavano maschere spettacolari, c’erano persone elegantissime e le autorità. E’ stato tutto molto emozionante. Tra l’altro, Raffaello Bellavista ha avuto l’onore di suonare uno Steinway & Sons grancoda della RAI che è stato trasferito appositamente nel salone del Tiepolo. Per quanto mi riguarda, non avevo altro canovaccio se non il tema: ho oltrepassato addirittura il concetto di Commedia dell’Arte dedicandomi all’ improvvisazione totale! Ma è talmente nelle mie corde che mi è venuto naturale, ed è arrivato in maniera molto naturale anche al pubblico. La gente si è lasciata ammaliare.  Sono venuti a vederci da tutta Europa, per cui ho recitato in italiano, in inglese e in francese. Insomma, è stato veramente bello, bello, bello! (Clicca qui per guardare il servizio che ha dedicato all’ evento RAI Veneto). Credo che questo spettacolo entrerà a far parte delle mie pietre miliari, perché nella sua raffinatezza e nella sua particolarità è sicuramente uno dei gioielli più preziosi della mia carriera. C’ era un po’ tutto quel che provoca l’amore: momenti di grande gioia, disperazione, romanticismo, cinismo…Mancava solo la passione sessuale, che non si poteva espletare in quel frangente! (ride,ndr)

 

Il Principe nei panni di Orfeo, con tanto di lira: la location è quella della cappella privata di Palazzo Labia

Uno scatto tratto da “Eros & Thanatos”

Qual è l’aspetto che ti ha emozionato di più, di “Eros & Thanatos”?

Diciamo che mentre recitavo, e ho citato appunto anche “Didone abbandonata”, l’aspetto che mi ha più emozionato è stato quello dell’abbandono. Il dramma dell’abbandono può essere di due tipi: l’abbandono di un partner che ti lascia oppure l’abbandono voluto dal destino, che ti porta via con la morte. Ecco, il senso dell’abbandono l’ho sentito molto forte, anche perché, come ripeto sempre, molti anni fa io sono stato “abbandonato” da mio fratello gemello. Poter esprimere artisticamente l’abbandono mi ha aiutato una volta di più ad esorcizzarlo. Secondo me è l’aspetto più triste delle relazioni amorose, se vogliamo è anche una morte: la morte di un sentimento nel quale tu credevi. Ai suoi antipodi c’è l’eros, che è l’inizio di tutto. Il primo intrigo non è mai intellettuale, è quello scambio malizioso di sguardi dalla forte valenza erotica: parte tutto da lì. Quindi, sia Thanatos che Eros sono importanti. Io ho vissuto entrambi in maniera molto forte.

 

Il salone da ballo di Palazzo Labia: un dettaglio del meraviglioso ciclo di affreschi del Tiepolo

In adorazione davanti a Mina: ma è veramente lei? Il pubblico di “Eros & Thanatos” per un momento ha dubitato, quando ha adocchiato il geniale travestimento di Alessio Aldini ( l’hairstylist veneziano delle star)

Il forfait di Michele Soglia (del Duo Bellavista Soglia) ha fatto sì che alla tua performance prendessero parte due nomi nuovi come quelli del Maestro Marabini e di Serena Gentilini. Che feeling si è instaurato tra di voi?

Questo forfait è stato dovuto a un cambio di data. Originariamente, lo spettacolo era fissato per il 14 febbraio. Poi, però, sono stato ingaggiato per condurre uno straordinario San Valentino in Piazza San Marco con Federica Cacciola e Tommy Vee, per cui abbiamo dovuto posticiparlo al 19. Il Maestro Soglia, purtroppo, non ha potuto dare la sua disponibilità per quella data. Mi è dispiaciuto moltissimo, perché ho molta stima e molto affetto per lui, ma abbiamo dovuto fare di necessità virtù. L’ha sostituito quindi il giovanissimo Matteo Marabini, che è davvero molto bravo. I Maestri Bellavista e Marabini si sono attenuti al repertorio prestabilito e ci sono riusciti splendidamente. La presenza di Serena Gentilini – una ragazza stupenda, potrebbe essere già una top model – è stata una sorta di ciliegina sulla torta. Ha una voce soave, ma anche intensa, per cui ho proposto che cantasse “Lascia ch’ io pianga” dal “Rinaldo” di Handel: ne è scaturito un gran finale memorabile! Io questi giovani li amo tantissimo, sono seri nel prepararsi, passionali nell’ interpretare, profondi e desiderosi di esprimersi. Sono entusiasta! Troveremo il modo di replicare l’evento nella stessa formula e in location piccole, preziose, già suggestive di per sé, in modo da non aver bisogno di scenografie.

 

Raffaello Bellavista e Matteo Marabini durante l’ evento “Eros & Thanatos”

Serena Gentilini mentre si esibisce in “Lascia ch’io pianga”

Prima dello stop dovuto al Coronavirus, il Carnevale di Venezia era esploso in tutto il suo fulgore. Quali flash ti porti dentro, di questa edizione “incompiuta”?

I flash sono due. Il primo, la bellezza e il successo del Gala Ufficiale a Palazzo Ca’ Vendramin Calergi. Il direttore artistico Massimo Checchetto ha puntato su un tema – “Nurture Love, Feed the Folly” – che ha trasformato il Palazzo in un autentico giardino delle delizie, dove la natura nutre l’amore e porta a un’estasi giocosa, quasi dionisiaca. La scenografia era straordinaria: un letto d’erba con un baldacchino di fiori era l’elemento predominante, tutto era improntato sulla presenza di creature fantastiche. C’erano farfalle, uccelli del paradiso…Due personaggi, come dei grandi pupazzi fatti d’erba, sembravano cespugli che si animavano e volevano far festa con noi. Tanto per citarti solo qualcosa di quello scenario a dir poco fiabesco! Mi è rimasta impressa la band di NuArt che accompagnava l’evento, la cantante Giorgia Papasidero ha una voce pazzesca e una presenza scenica notevole, e poi il format senza soluzione di continuità con la cena. L’ aperitivo veniva accompagnato da un live musicale, io cantavo l’ultima canzone e invitavo a cena gli ospiti; durante la cena, quelle creature fantastiche si esibivano tra i tavoli cantando e giocando in mezzo alla gente. Due altri due miei ricordi sono legati alla domenica finale, quando a mezzanotte il Carnevale è stato sospeso. Quella sera a Palazzo Vendramin Calergi c’era molta gente, abbiamo fatto il countdown di mezzanotte come a Capodanno prima di salutarci e di darci appuntamento al prossimo Carnevale. Noi siamo riusciti a far star bene la gente comunque: tutti sono andati via felici, consapevoli che quella serata sarebbe stata un ricordo a cui aggrapparsi per sorridere in momenti come questi.

 

Il Principe Maurice al Gala “Nurture Love, Feed the Folly” al Casino di Venezia

La scenografia fiabesca del Gala

Sempre al Gala, con la cantante Giorgia Papasidero

Si pensava di chiudere già dal sabato grasso, ma c’era un evento troppo importante per essere disdetto: il Volo dell’Aquila con il campione Kristian Ghedina, una performance legata alla promozione dei giochi olimpici invernali. Per il pomeriggio, invece, ho chiesto e ottenuto che si chiudesse con l’evento a mio avviso più importante del Carnevale di Venezia, l’elezione della Maschera più Bella. E’ stato molto emozionante, la piazza era pienissima perché si sapeva che il Carnevale sarebbe finito lì. Io ho cantato “Heroes” dedicandola al pubblico e a tutti noi, eroici nel portare avanti lo spettacolo fino a quel momento. Ho voluto concludere con il concorso della Maschera più Bella per ringraziare tutte quelle persone che mettono una passione e una creatività incredibili nel creare i loro costumi. Il Carnevale di Venezia è un Carnevale ad personam, ogni persona è l’elemento fondamentale di una kermesse di un’eleganza e una bellezza uniche al mondo. Le maschere, quest’ anno, erano stupende come non mai: io adoro dar spazio al talento, all’ immaginazione di chi si impegna con tanta passione. Ognuno vuole avere il suo momento di gloria! Non è un caso che mi sia vestito da Andy Warhol per condurre il concorso, come per dire che tutti devono avere i loro 15 minuti di celebrità. Ho sublimato questo mood in maniera un po’ pop ed è piaciuto tantissimo! C’è un terzo flash, poi, che vorrei segnalare: Carnevale è cominciato sabato 15 Febbraio, ma siccome il giorno prima era San Valentino, Vela ha deciso di mettere in pre-apertura un evento speciale dedicato agli innamorati. E’ stato divertentissimo…Io ero un po’ il disturbatore, mentre i due conduttori “seri” – molto professionali, seppure ironici – erano Federica Cacciola e Tommy Vee. L’ elemento folle, invece, era rappresentato dal sottoscritto. Ho esordito interpretando San Valentino (ride), ma in maniera simpatica, poi ho impersonato Casanova e davo lezioni di bacio avvalendomi di due enormi lingue di gommapiuma. Infine sono diventato il Professor Agosti, “esperto in ormoni elettivi legati al concetto scientifico di amor”. Intervistavo il pubblico con il microfono, si sono venute a creare situazioni simpaticissime…Lo spettacolo è stato animato da tutte le migliori scuole di danza della città metropolitana di Venezia. Devo dire che quei giovani ballerini e ballerine erano bravissimi, spaziavano dalla danza classica a quella latino americana, è stato davvero molto bello. Anche la danza, così come la musica e l’arte in generale, unisce le persone: soprattutto un tipo di danza come il tango, che favorisce l’incontro fisico.

 

Maurice interpreta San Valentino al “San Valentino Night Ball” del Carnevale di Venezia

Gioioso e giocoso in piazza San Marco

Per le nuove generazioni italiane, diciamo dai Millennials in poi, il decreto “Io resto a casa” si associa a un’esperienza del tutto nuova: come affrontarla al meglio, secondo il Principe?

Io, in realtà, ho notato qualcosa di molto particolare. Cioè: visto che i giovani sono già abbastanza abituati a stare isolati a causa dei social, queste restrizioni li hanno portati, forse per ribellione e in maniera sconsiderata, a volersi incontrare davvero. Quindi si verificano episodi in cui dei gruppi di adolescenti fanno comunella nei parchi, oppure altrove, come se nulla fosse. E’ una cosa bellissima, ma si potrà fare dopo! Non ora. Per cui, sicuramente questa è un’esperienza nuova. Adesso che sarebbero obbligati a non ritrovarsi tra loro, a restare a casa, pare che i giovani vogliano fare il contrario. Allora il mio messaggio è: state vivendo in modo sbagliato le misure precauzionali contro la diffusione del Coronavirus. Adottate un atteggiamento di responsabilità per il vostro bene e per il bene comune, implementate gli incontri via social – tanto, ormai, la tecnologia consente di fare videochiamate e così via. Bisogna che prendiate coscienza della gravità della situazione e che vi preserviate dall’ ammalarvi, perché siete la nostra speranza. Adesso dovete farvi compagnia da lontano e rispettare le regole, che sono per tutti e soprattutto per voi. E’ anche vero che non si può rimanere attaccati 24 ore su 24 allo smartphone, quindi vi suggerisco di ricominciare a leggere, se avete delle passioni iniziate a coltivarle…Una cosa che manca a me in questo momento e dove mi trovo ora, ad esempio, è il pianoforte. Però ascolto tanta musica, cicinfischio anch’io sui social…Insomma, me la cavo. Poi, con la mia mitica grande amica costumista Flavia Cavalcanti, sono in ottima compagnia!

 

A Palazzo Papadopoli (ora Aman Hotel), sul Canal Grande, durante un ricevimento privato super esclusivo

Con le 12 Marie del Carnevale di Venezia 2020 e l’ organizzatrice Maria Grazia Bortolato

Che scenario auspichi, da qui a qualche mese? Pensi che la quotidianità torni a impregnarsi di musica, aggregazione, voglia di condividere?

Sì. Lo spero, più che altro. Il periodo è lungo, c’è il rischio che la depressione prenda il sopravvento, che si vada in paranoia…Ma spero che si trovi tutti la forza di resistere e, per chi ha resistito, la voglia di ritrovarsi con gioia poi sarà tanta. Magari con qualche incertezza, con qualche paura, ormai entrate per sempre nel nostro spirito perché questa è un’esperienza scioccante per tutti…Penso che una cicatrice rimarrà, ma non sarà una cicatrice brutta e ci ricorderà quanto è importante volersi bene subito e non rimandare l’espressione dei sentimenti. Bisogna fare una cernita tra chi ti avvicina con superficialità e per opportunismo e chi invece, da vicino o da lontano, ti manda della bella energia pur non conoscendoti bene. In una situazione come questa, si verifica una selezione naturale dei sentimenti veri.

 

Il Direttore Artistico Massimo Checchetto insieme al Principe al Gran Teatro La Fenice

Natura morta carnascialesca nella magione veneziana del Principe Maurice

Cosa può insegnare la “reclusione” a cui ci costringe il Coronavirus?

A riflettere, a meditare, a implementare le proprie passioni…Se non sai cosa fare, vuol dire che devi trovare qualcosa dentro di te. Cercando bene, magari, troverai un talento, la predisposizione a fare qualcosa: ti servirà a crescere. Sicuramente. L’ho già detto in passato, l’etimologia della parola “crisi” deriva dal greco e ha l’accezione di “crescita”. Io non ho mai vissuto la crisi – né personale, né sociale, né pubblica – come un dramma o la fine di tutto, l’ho sempre vissuta come uno stimolo alla crescita. Credo che quando questa emergenza si sarà conclusa ci sarà un rinascimento, e soprattutto sai di cosa? A rischio di ripetermi, dei sentimenti veri. Perché sono la cosa più importante. Come il gusto di condividere la festa, che prima magari veniva vista in maniera un po’ superficiale e relativa. Io, invece, l’ho sempre considerata un momento importante di aggregazione.

 

L’ invito dell’ evento “Eros & Thanatos”

Tramonto rosso prima della chiusura anticipata del Carnevale. Uno scatto a tinte forti, altamente suggestivo: quasi un emblema del dramma Coronavirus

Il Cocoricò avrebbe dovuto riaprire a Pasqua, con una nuova gestione. Quale messaggio lanci ai tantissimi giovani (e non) già sul piede di partenza, pronti a partecipare a questa attesissima inaugurazione?

Vi posso anticipare che io farò parte della squadra. Attualmente, nel locale si stanno facendo dei lavori di ristrutturazione molto importanti per renderlo ancora più bello. Ci sarà un grande investimento per quanto riguarda le novità, il talento, l’avere tutto il meglio. Bisogna soltanto avere pazienza, perché poi si riaprirà alla grande. La data sarà da stabilire, ovviamente, in base agli sviluppi dell’allarme Coronavirus…Proprio a proposito di questo, l’aver deciso di condividere l’esperienza del lockdown insieme a Flavia Cavalcanti, nella sua casa di Milano, si sta rivelando un’esperienza formidabile! E’ mia amica da sempre, anche lei partecipe di quel rinascimento di fine anni ‘80, inizio anni ‘90, quando si è imposto un nuovo tipo di musica, un nuovo modo di vivere la festa della notte…Mentre gli anni ’80 erano puro edonismo, ognuno si esibiva da sé, negli anni ’90 è sorta una “tribù che balla”. Flavia è stata partecipe di tutto questo perché emigrò dal Brasile proprio in quegli anni e a Riccione entrò a far parte dello “staff” epocale. Poi ha preso la sua strada, che ora è iper luminosa perché sta creando costumi per il musical, il teatro, le pubblicità e le serie TV…E’ lanciatissima. Abbiamo pensato di “restare a casa” insieme per due motivi. Innanzitutto ci accomuna lo stesso tipo di sensibilità, per cui stiamo vivendo questi momenti in simbiosi e in totale sintonia emozionale. Ci conosciamo da anni e ci vogliamo un gran bene, ci legano una stima e una fiducia reciproca, casa sua è comodissima perché siamo nella mitica via Gluck: condividiamo queste giornate in maniera molto intensa, bella e emozionante. In più la mia famiglia vive tutta nei dintorni, nella zona del milanese, e affrontare lo stato di allerta a pochi passi dai miei affetti più cari mi conforta. Con Flavia stiamo già studiando il nuovo Principe Maurice, i suoi nuovi look a partire dal Cocoricò in poi. Posso darti un’esclusiva, un’anticipazione mondiale. Anche per un discorso di purificazione – è come se da questa durissima esperienza ne uscissimo purificati nell’ animo – il colore dominante sarà il bianco. I miei saranno dei costumi particolari, sui quali si potranno fare delle proiezioni mappate per dare una visione di quello “che c’è dentro”. Se io da fuori sembrerò bianco, non va scordato che il bianco è l’insieme di tutti i colori. Attraverso queste mappature, quindi, appariranno immagini grafiche, dinamiche, esplosioni di luce e di colori, accompagnate ovviamente dalla techno o dalla tech house, ma in una versione inedita. Ci sarà una rinascita anche in questo senso: sempre nelle nostre corde, con il nostro gusto, ma con l’aiuto di costumi nuovi, di una tecnologia nuova e di un nuovo spirito. Ai giovani dico: aspettatevi qualcosa di meraviglioso che vi consolerà di tutte le rinunce che state vivendo ora! La raccomandazione è di vivere questo momento con senso di responsabilità e di mettere a frutto i sacrifici per crescere dentro. Capisco che, a quell’ età, nel cuore si hanno tante domande per cui si cerca una risposta. Il mio consiglio è di cercare qualche risposta anche in questa esperienza, che è drammaticissima, ma anche estremamente intensa e dal punto di vista spirituale può diventare veramente preziosa. Io ho sempre parlato di libertà, dignità e amore. Adesso la libertà è condizionata dalle circostanze, dalla dignità e dal senso della responsabilità. Quel che ne scaturirà sarà un maggior amore per se stessi e verso gli altri. Perché avendo più tempo per riflettere ci si capirà di più e perché degli altri, a causa dell’isolamento, sentiamo la mancanza…Quando ci è stato imposto di non stringerci la mano, di non abbracciarci, per me è stato scioccante: io sono espansivo, trovo che abbracciarsi sia uno scambio di energie. Questa rinuncia va sublimata: bisogna convogliare l’energia non più nel contatto fisico, ma in quello mentale e spirituale. Anche se non vedo l’ora di riabbracciare tutti quanti! (ride, ndr) Una critica che mi sento di fare è che il nostro settore, quello dell’entertainment, è stato messo in secondo piano. Come se non lavorassimo. Noi per fare quello che facciamo ci mettiamo studio, sacrificio, investimento, e vorrei che fossimo un pochino più apprezzati e considerati: perché la formica, senza la cicala, magari lavorerebbe meno volentieri. Produciamo divertimento, che è un prodotto essenziale per vivere. Anche gli animali cacciano, mangiano, però giocano tra loro. Una cosa positiva del blocco generale, invece, è che la riduzione delle attività industriali e del traffico ha reso l’aria pulitissima! Milano non è mai stata bella come ora. Guarda, a questo punto ringrazio il cielo che tutto questo sia successo nel momento dell’arrivo della Primavera. Sono sulla terrazza dell’appartamento di Flavia proprio adesso e ci sono piante bellissime che hanno germogli, foglioline nuove…questo spazio è un meraviglioso valore aggiunto!

 

Maurice insieme a Flavia Cavalcanti durante una serata (naturalmente, in epoca pre-pandemia) a Milano

Memento mori: il Coronavirus annienta il Carnevale di Venezia. Foto di Attilio Bruni

Un’immagine intrisa di speranza e positività: a Milano, tra gli zampilli della Fontana Torta degli Sposi si intravede un arcobaleno. E’ l'”andrà tutto bene” del Principe Maurice, un auspicio che il sole torni a splendere dopo questo tragico periodo

 

 

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice: le prime tappe di un 2020 che scintilla di…”Gloss’n’Glitter”

Un impetuoso mood Punk travolge Pitti Uomo

Mentre i rigori invernali sono al loro culmine, con temperature gelide e fitte nebbie, il Principe Maurice si muove ancora sul caliente sfondo di Palma di Maiorca. Durante il nostro appuntamento telefonico è in pausa aperitivo mentre impazza la tre giorni di Sant Sebastià, patrono del capoluogo maiorchino. Musica, grigliate e festa grande sono i leitmotiv di questa ricorrenza: ed è proprio tra una grigliata e l’altra che Maurice, in vena di celebrazioni (anche) per una serie di progetti nuovi di zecca, ci parla delle ultime notizie che riguardano la sua travolgente vita. Sono cinque, le tappe attraverso cui si snoda la puntata odierna di “Sulle tracce del Principe Maurice”. Treviso, dove il 2020 del nostro eroe ha avuto inizio, è la prima. Segue Firenze, che lo ha applaudito in una sorprendente versione Punk.  Fabriano, la celebre “Città della Carta”, accoglierà invece il Principe per un’attesissimo bis (seppure con un format differente) all’ Aera Club & Place. A Palma di Maiorca si terrà la presentazione di “Gloss’n’Glitter”, un concept sfavillante come suggerisce il nome, mentre Venezia – last but least – vedrà Maurice nelle consuete vesti di Maestro di Cerimonie oltre che di un Casanova inedito. Ma non vi “spoilero” oltre, e lascio che sia lui stesso a rivelarvi di più sugli indizi di cui sopra e a raccontarvi altro, moltissimo altro ancora.

Dopo i tuoi Auguri di Natale ai lettori di VALIUM, devo dire apprezzatissimi, ci rincontriamo agli albori di un nuovo decennio. Com’è andato il Capodanno all’ Odissea di Treviso e come hai iniziato il 2020?

L’ ho iniziato benissimo. Il mio Capodanno all’ Odissea si è snodato tra due spettacoli, uno per il dinner show e l’altro nella grande sala live, dove ho indossato un “vestitone” rosso molto scenografico. Tutto è andato più che bene. La mia collaborazione con questo bellissimo locale continua: a breve ci saranno altre serate riferite soprattutto al dinner show, un genere che negli ultimi tempi sto coltivando e implementando. Tornando al Capodanno, lo definirei bello, gioioso, giocoso…Non è stato semplice, perché la produzione era abbastanza impegnativa: con me avevo circa una ventina di artisti tra ballerini, cantanti, acrobati eccetera…Ma a me questo genere di cose piace, per cui il mio approccio con il 2020 non sarebbe potuto andar meglio! Sono davvero soddisfatto.

 

Alcune immagini del Capodanno all’ Odissea di Spresiano (Treviso)

Il party di BePositive, brand di sneakers innovative fondato nel 1995 da Ubaldo Malvestiti, ti ha visto protagonista a Firenze l’8 Gennaio scorso, durante la prestigiosa kermesse di Pitti Uomo. Le foto dell’evento sono una delizia per lo sguardo…Che ci racconti di quella serata e della tua performance?

E’ stato tutto estremamente divertente, a cominciare da quando sono passato in Fortezza da Basso con il mio outfit Punk e il gruppo ristretto di modelli e performer che mi accompagnavano: ci fermavano a ogni passo! E’ stata una grande soddisfazione, c’erano fotografi da tutto il mondo, ci ha immortalati persino Vogue…Insomma, siamo piaciuti! Soprattutto perché eravamo in assoluto contrasto con tutto quello che di solito vedi a Pitti Uomo: lì sono sì stravaganti, ma in versione chic. Cappellini, barba e baffo perfetti, scarpa in un certo modo, colori tenui…Poi è arrivato questo gruppo punkeggiante di rottura, il nostro, ed è stato un autentico boom. Il party di Febos/BePositive, organizzato dal patron del marchio e dell’ evento Fabrizio Ferraro, si è rilevato stratosferico. Innanzitutto si teneva nella location impressionante, pazzesca, davvero stupenda, della Cattedrale dell’Immagine di Santo Stefano al Ponte, dove attualmente si tiene la mostra multimediale su Magritte (“Inside Magritte”, ndr.). Esiste tutto un impianto di proiezioni immersive che coinvolge le pareti e l’altare, poi c’è una stanza stranissima, la Sala degli Specchi, completamente ricoperta di specchi…Lo stesso video mapping dedicato a Magritte è stato utilizzato durante la nostra esibizione. La serata è iniziata con un cocktail ed una cena a buffet animata dai BowLand (un trio musicale iraniano che si è fatto conoscere per la sua elettronica raffinatissima con accenti etnici), dopodichè la mia performance ha stravolto il mood virandolo al Punk.

 

Il gruppo Punk capeggiato dal Principe a Firenze

Mi sono esibito sulle note di “My way” cantata da Sid Vicious dei Sex Pistols: sullo sfondo di una scenografia video mappata, ho sfoggiato una cresta di plastica nera con delle ciocche fluo e un look – curato da Flavia Cavalcanti –  ispirato al Punk, ma un Punk un po’ fashion in stile Vivienne Westwood. Il make up “à la Nina Hagen”, invece, è stato ideato da Vassy Longhi, un bravissimo truccatore che si è occupato anche delle acconciature. La festa è proseguita con il dj set di Tommy Vee, all’ insegna di una tech-house piacevolissima, mentre a fine serata (non dimentichiamo che l’8 gennaio ricorreva l’anniversario della nascita di David Bowie) ho cantato una versione punkeggiante, ma autentica, bella e soprattutto molto emozionata, di “Heroes”. Il party straripava di ospiti arrivati da tutto il mondo, soprattutto giornalisti, blogger e operatori del fashion biz. E’ stato un evento riuscitissimo perché alle feste di BePositive si può giocare, divertirsi, e questo la gente lo sa. Noia e formalità sono bandite! C’erano oltre 1000 persone, fuori la fila di chi voleva entrare (ma non poteva, perché non c’era più spazio) diventava sempre più lunga. Insomma, la mia è stata una rimpatriata a Firenze divertente e prestigiosa, perché il party di BePositive è uno dei più attesi: d’altronde, il successo di una festa dipende anche da quanto è ambita…E devo dire che non vedevo qualcosa del genere da tempo.

 

Il party di BePositive a Pitti Uomo: un vero boom

Cosa pensi della svolta della moda, che da un mood di puro glamour è approdata a tematiche sostenibili e prettamente sociali come l’inclusività?

Io trovo che sia giusto, perché la moda è un vettore straordinario di filosofia oltre che di stile. Non dimentichiamo che la stessa Vivienne Westwood, partita con il Punk e quindi con la trasgressione più assoluta, è diventata la pioniera di questa sensibilizzazione sui temi ambientali. La tua domanda, poi, mi riporta in mente le interviste che mi hanno fatto a Firenze l’8 Gennaio scorso. Mi chiedevano: “Come mai siete Punk? Siete cattivi?”, e io rispondevo “No. In una società che è cattiva di per sé, che è stata finora indolente nei confronti dei bisogni del pianeta, essere Punk significa – visto che siamo contrari a quel che accade attualmente – essere portatori di colore, di trasgressione nell’ immagine, ma anche di valori.” Sono felicissimo che la moda diffonda dei messaggi di aiuto al pianeta e a chi ne ha più bisogno, perché è un ambiente senza dubbio privilegiato e, soprattutto, ha un gran potere comunicativo. Il fatto che veicoli simili principi mi piace tantissimo e cavalco anch’io quest’ onda meravigliosa, affiancandomi a Vivienne che amo e che è mia amica.

 

La crew femminile del Principe al party di BePositive

Maurice insieme a Vivienne Westwood

Il make up artist e hairstylist Vassy Longhi e la designer/costumista Flavia Cavalcanti con il Principe in occasione dell’ evento a Pitti Uomo

Uno scatto pre-festa con il trio dei Bowland

Rimango in tema fashion perché sono molto curiosa di sapere quali sono i tuoi brand preferiti attualmente: citamene tre del presente e tre del passato, please!

Devo dirti la verità: alla fine della fiera, io vesto volentieri Zara! Però se devo essere elegante punto su Dolce & Gabbana, Valentino, mi piace molto Dior…Adoro la sua ricerca dei colori, dei tessuti. Per il classico capospalla citerei quindi Dolce & Gabbana, mentre per quanto riguarda le scelte di tendenza – ma sempre all’ insegna della raffinatezza – ti dico Christian Dior. I miei tre brand preferiti del presente sono senza dubbio Dolce & Gabbana, Vivienne Westwood e Dior, i tre del passato che adoro letteralmente sono ancora una volta Vivienne (che sempre mi è piaciuta e sempre mi piacerà) insieme a Jean-Paul Gaultier e a Thierry Mugler: ho delle giacche, dei completi stupendi con la sua griffe. Rispetto agli oufit da indossare on stage, invece, amo Issey Miyake, soprattutto la sua prima linea plissettata: crea delle geometrie stupende e occupa poco spazio nei bagagli. Miyake, come mi ha insegnato Grace Jones, è veramente l’ideale per i costumi di scena. Perchè per me la moda è anche teatro. E poi, del passato, conservo capi sartoriali di mio nonno e addirittura del mio bisnonno, avendo il loro stesso tipo di fisico. Li indosso tuttora! A proposito, sai qual è il mio sogno? Creare una linea da camera per uomo firmata Principe Maurice utilizzando tessuti veneziani tipo Fortuny e ricalcando un po’ lo stile dannunziano. Delle bellissime vestaglie, delle bellissime pantofole, però in materiali preziosi e con un design che richiama quell’ epoca. Poter ricevere come si usava un tempo, indossando vestaglie di seta, velluto, cachemire…griffate da me stesso. E’ un sogno che ho da un po’. Chissà che non riesca a realizzarlo!

 

Un selfie “Punk” del Principe in compagnia di Nina Aprodu al party di BePositive

Il mese di Gennaio per te è iniziato alla grande, ma sono sicura che Febbraio sarà altrettanto spettacolare. Basti pensare che l’8 prenderà il via il Carnevale di Venezia, del quale sarai ancora una volta l’icona. Quale sarà il tema di quest’anno e quali anticipazioni puoi darci, nelle tue vesti di Maestro di Cerimonie?

Il Carnevale di quest’ anno sarà dedicato al tema de “Il Gioco, l’ Amore e la Follia”. Sono tre elementi che convivono da sempre nella vita di ognuno di noi, perché l’amore è senza dubbio gioco, è anche follia…Chi non ha fatto follie per amore? Chi non sta alle regole del gioco dell’amore, per coltivare le proprie relazioni? Questo tema mi calza a pennello. Io sarò un Casanova nuovo, sempre in costume settecentesco ma al posto della parrucca indosserò…Non ve lo rivelo! Diciamo che la mia sarà un’interpretazione del personaggio del quale sono diventato l’incarnazione ufficiale – questo Casanova già trasformato in maschera della Commedia dell’Arte – in versione “contaminata”, più ricca di gioco e di follia. Posso anticiparvi poi che esiste un Carnevale, parallelo a quello popolare, che è il Carnevale Culturale. Quest’ anno mi è stato chiesto di produrre qualcosa che avesse a che fare con quel programma. Mi dedicherò a un progetto sui temi di amore e morte, “Eros & Thanatos”, però in chiave abbastanza grottesca: ci saranno anche le cosiddette “drama queen”. Sono partito citando la canzone “Morirò d’amore” di Giuni Russo in modo ironico, simpatico, pur portando esempi storici e drammatici come quelli di Didone, Cleopatra e così via. Sarà una performance sia recitata che musicale. Ad affiancarmi ci sarà il Duo Bellavista-Soglia e ci esibiremo a Palazzo Labia – una location ad hoc con il suo ciclo di affreschi su Antonio e Cleopatra – il 19 Febbraio.  Il Carnevale ha un nuovo direttore artistico, Massimo Checchetto. E’ il direttore delle scenografie, oltre che regista, di alcune opere del Teatro La Fenice. Sono felicissimo della sua nomina perché Checchetto è una persona preparata, professionalmente molto avanti, è un artista ed è veneziano; abbiamo un rapporto di stima reciproca, per cui è probabile che durante il Carnevale creeremo insieme delle performance non previste: preparatevi alle sorprese!

 

Un souvenir del Carnevale di Venezia 2019

Appuntamenti fondamentali come il Volo dell’Angelo, Le Marie, la chiusura, il Corteo Acqueo dell’8 Febbraio, ovviamente, mi vedranno sempre coinvolto. Inoltre anche quest’ anno – e tutte le sere – mi vedrete nei panni di Maestro di Cerimonie al Gala ufficiale di Ca’ Vendramin Calergi, il Casinò di Venezia, che sarà dedicato all’ amore ed avrà “Nutri l’amore e accresci la follia” come motto. Ma c’è di più. Con l’Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia (di cui sono il direttore artistico) abbiamo studiato tre eventi da inscenare in tre location pazzesche. Uno si terrà Venerdi Grasso nella preziosissima Scuola Grande San Giovanni Evangelista, ed è dedicato ai vampiri. Per me il vampiro è un amante morboso, come lo è la vamp (che deriva sempre da “vampiro”…). L’ispirazione si rifarà al romanzo e alla pellicola “Intervista con il vampiro”. Ricordi il “Teatro dei Vampiri” dove, nel film, i vampiri si fingevano attori e facevano del pubblico le loro vittime?  “Il Teatro dei Vampiri” sarà una festa molto bella, poi ce ne sarà un’altra che con occhio ironico guarderà a Oriente e sarà riferita ad Aladino: sono previste danze esotiche e l’apparizione di questo affascinantissimo, meraviglioso Genio della Lampada – che non sarò io (ride, ndr.). La terza festa, invece, avrà come tema l’amore ma affrontato nell’ opera buffa e nell’ operetta. Si terrà a Palazzo Pisani Moretta, il palazzo più suggestivo del Canal Grande, in chiusura della kermesse. Ma la novità assoluta è che il Carnevale, in teoria, sarebbe dovuto cominciare il 15 Febbraio invece inizierà il 14: con un tema come quello dell’Amore, San Valentino non poteva essere di certo lasciato fuori! Includere questa data sarà molto intrigante…Per quanto mi riguarda, quella sera stessa condurrò la speciale “Valentino’s Night, amorosi balli a San Marco” in piazza San Marco, insieme a Federica Cacciola e a Tommy Vee.

 

 

Una coppia al Carnevale di Venezia

I problemi associati all’ acqua alta determineranno mutamenti nell’ accoglienza turistica, misure precauzionali particolari?

Per ciò che riguarda l’acqua alta in particolare no, perché tutto sommato è un fenomeno abbastanza comune dell’inverno veneziano. Ci saranno però degli accorgimenti relativi alla sicurezza, mirati a non intasare la piazza: probabilmente verranno installate delle telecamere che rileveranno il numero di persone presenti e quando si raggiungerà la capienza prestabilita dalle autorità, l’accesso verrà chiuso. E’ sopraggiunta l’esigenza di limitare l’affluenza, anche per ragioni di salvaguardia della città. Venezia ha una pavimentazione secolare, fragile; la grande folla potrebbe danneggiarla. C’è quindi una nuova sensibilità che richiede delle precauzioni specifiche. I limiti posti sono stati studiati per non pregiudicare l’economia cittadina e la quantità di gente che il Carnevale attira. Per i visitatori sarà come addentrarsi in un locale chiuso: quando usciranno delle persone ne entreranno altre, il flusso sarà continuo e ben coordinato. L’invito che è stato fatto a ognuno, poi, è quello di vivere il Carnevale appieno. I veneziani vengono esortati a mascherarsi, a riappropriarsi della festa, perché tutto questo si era un po’ perso con il passar del tempo.

 

 

Tornando al prossimo Febbraio, mi giunge voce che lo inaugurerai con un grande ritorno: l’1 ti accingi nuovamente ad esibirti a Fabriano, la celebre “Città della Carta”, presso l’Aera Club & Place. Che mi dici di questo appuntamento?

Sono molto contento di tornare a Fabriano, una cittadina affascinante e antica. Mi fa piacere che questo locale abbia potuto riaprire i battenti e che abbia desiderato me e la crew, che è quella del Memorabilia  – anche se non potremo utilizzarne il nome per questioni legate al marchio. Però “The Heroes of Piramide”, gli eroi della Piramide, siamo noi e l’evento sarà sicuramente una bella replica di quella serata stupenda che venne fatta due anni fa. Io torno a Fabriano con grande simpatia, per divertirmi e cercare di far divertire gli appassionati con questo genere musicale, la techno, che è ormai un fenomeno di gran successo. Lo era già, ma lo è diventato ancor più dopo la chiusura del Cocoricò. C’è la volontà di non perdere quella memoria, per cui le serate dedicate agli anni ‘90 funzionano benissimo. Indubbiamente il nostro format è il più simile al Memorabilia e, sostanzialmente, quello di maggior qualità. La cosa più bella è che attira un pubblico di età svariate, ma tutti stanno bene insieme nel nome della musica e del divertimento!

 

Il Principe all’ Aera Club & Place nel 2018

Quali emozioni provi nel pensare di riaffrontare un pubblico che, nel Gennaio del 2018, ha letteralmente gremito il Club fabrianese?

Sono felicissimo pensando di stupire chi non mi conosce e di divertire chi mi conosce già! Io con il mio pubblico ho un rapporto straordinario, empatico: divento una sorta di amplificatore delle sue emozioni. Quello che mi interessa è essere un tutt’uno con la gente. Mi sento contento, soddisfatto, forte…Con chi assiste alle mie performance si è instaurato un feeling che non si è mai esaurito, non ho mai avuto il problema di essere fischiato o contestato. Parto con un canovaccio di quello che ho intenzione di fare, ma poi intercetto l’umore che circola in sala per improvvisare: sono al servizio del mio pubblico, e questo la gente lo percepisce. Capisce che sto dalla sua parte, che esalto ciò che desidera vivere, per cui mi ama. E’ un amore reciproco, d’altronde! Il rapporto tra me e il pubblico è magico. Gli sviluppi delle mie performance sono sempre imprevedibili, sempre improvvisati, sempre nuovi. Sfido chiunque a dire che una mia serata è stata uguale a un’altra. Faccio qualcosa di diverso ogni volta perché sono alla ricerca di quel famoso “uno, nessuno e centomila” che è nelle mie corde.

Dopo la tappa fabrianese, cosa bolle in pentola?

C’ è un nuovissimo progetto maiorchino con Francesca Faggella, una bravissima conduttrice sia radiofonica che televisiva. Ci siamo ritrovati a Maiorca e abbiamo pensato di lanciare un format che rievoca lo Studio 54, si chiama “Gloss’n’Glitter“: il 6 Febbraio verrà presentato a Palma di Maiorca con una festa riservata alla stampa, ai vip e agli operatori del settore, poi spero che girerà l’Europa e tutto il mondo. La nostra iniziativa sarà completamente dedicata alla New Disco, un genere ispirato alla musica degli anni ‘80 ma remixata in modo attualizzato sia a livello di ritmica che di sonorità. Francesca Faggella è una dj che fa New Disco da anni e ha già un programma radiofonico a tema su due radio delle Baleari. Quando ci siamo incontrati, abbiamo pensato di creare qualcosa che unisse musica e spettacolo. In “Gloss’n’Glitter” interpreterò Andy Warhol, l’anfitrione di questa festa dedicata agli anni ’80 e molto Studio 54, se vogliamo. Ci saranno 7 ballerini (tra ragazzi e ragazze) che faranno Vogueing, animazione di vario genere, ma la cosa divertente è che il progetto sarà sì destinato ai club, però vorrei che diventasse soprattutto un brunch musicale: è molto di moda e molto chic se fatto nei ristoranti giusti, nei locali giusti. Il format è abbastanza esclusivo, così come esclusivo era lo Studio 54; in seguito, diventerà un evento serale per location alternative. Sono assolutamente entusiasta di “Gloss’n’Glitter”! La presentazione si terrà in un lounge restaurant di Palma, MarChica, che abbiamo scelto come emblema dei luoghi non convenzionali in cui potrebbe svolgersi lo show. “Gloss’n’Glitter” debutterà ad Aprile e andrà in tournée nelle Baleari. Però contiamo che l’Inverno prossimo arrivi anche in Italia e se approdasse a New York, poi, sarebbe davvero il top! Specialmente se avessimo come special guest Grace Jones, che inaugurò proprio il leggendario Studio 54.

 

Il nuovo progetto in connubio con Francesca Faggella, “Gloss’n’Glitter”: molto Studio 54

Concludo con una domanda che sicuramente i lettori di VALIUM adoreranno: qual è l’Augurio che dedichi loro per il nuovo anno?

Il mio augurio vale per tutti gli anni ‘20 del 2000. Vorrei che quello appena iniziato fosse un decennio in cui verrà finalmente rivalutato il rapporto con la natura, soprattutto alla luce dei grandi drammi che hanno sconvolto interi continenti (vedi l’Australia). E poi auguro ai lettori che sia un momento di armonia personale, familiare, sociale…C’è molta confusione attualmente, anche a livello politico. Credo che vadano recuperati i valori base, persi nella fuffa del voler apparire e non del voler essere. Auspico quindi che il 2020 rappresenti l’inizio di un decennio pieno di consapevolezza, di impegno e di serenità con la propria coscienza. Bisogna riscoprire la coscienza, quella vera, quella che porta con sé i valori, per poter cominciare a dire “la mia coscienza è a posto perché sto facendo la cosa giusta per me, per la mia famiglia, per l’azienda per la quale lavoro, per la società e anche per il mondo in cui vivo”. Ecco, il mio augurio è proprio questo: ritrovare la consapevolezza, la coscienza e l’armonia tra il modo di pensare e il modo di essere. Prendere coscienza di chi siamo, di come siamo, di dove e come viviamo. Ritrovare la curiosità di scoprire i propri talenti, i talenti altrui, i propri sentimenti e quelli degli altri. Ed instaurare uno scambio a livello di coscienza a tutto tondo: nei valori, nei talenti, nei parametri…darsi un senso. La vita è temporanea, caduca, le mode cambiano. Quel che conta è l’essenza, l’anima. Auguro ad ognuno di riscoprirsi, di sentirsi più partecipe e più responsabile del tutto. Della propria vita e di quella di chi gli sta intorno. A tal proposito vorrei aggiungere che dall’ Odissea è partita una campagna, “Okkio alla vita”, dedicata alla guida prudente. La maggior parte degli incidenti in cui sono coinvolti i giovani è causata da un uso sconsiderato del telefonino, che distrae il guidatore. Io sono il testimonial di questa campagna che è patrocinata dalla Regione Veneto, ma sta diventando nazionale. Coscienza, dunque, anche nel guidare: perché si è responsabili della propria vita e della vita degli altri.

 

Qualche scatto beneaugurante tratto dal Capodanno all’ Odissea e il Principe durante un’ intervista TV

 

Photo Courtesy of Maurizio Agosti

 

 

 

 

La magia immutabile della notte di San Giovanni

 

La notte di San Giovanni, tra il 23 e il 24 Giugno, è intrisa di simbologia esoterica e di magiche rivelazioni. Nella mia città – Fabriano – precede i festeggiamenti per il Santo Patrono (San Giovanni Battista, appunto), e forse anche per questo le ho sempre dedicato svariati post. Ma il profondo fascino che questa notte esercita, in ogni caso, rimane innegabile. Secoli orsono, la ricorrenza di San Giovanni fu fissata al 24 Giugno con il probabile scopo di sovrapporre le celebrazioni cattoliche in onore del Santo ai rituali pagani per il Solstizio d’Estate. Tradizioni comuni, credenze condivise da tutte le più antiche civiltà europee, hanno consacrato la notte di San Giovanni alle virtù propiziatorie e alla divinazione. Astrologicamente, l’ ingresso del sole nel segno del Cancro – segno d’acqua dominato dalla luna – sancisce l’ unione tra fuoco e acqua, tra maschile e femminile, tra luce e ombra: un connubio da cui non possono che scaturire energie benefiche, originate da una complementarietà che diviene principio vitale per eccellenza. Ripercorrere le usanze associate a questa notte fatata ci avvolge ogni volta in un turbinio di fascinazioni, perchè è proprio il loro incanto che contribuisce a rendere unico, caratteristico e del tutto suggestivo il nostro patrimonio ancestrale.

 

Gli antichi Celti usavano accendere grandi falò in cima alle colline e far rotolare ruote infuocate lungo i loro pendii. Il fuoco ha una valenza purificatrice e beneaugurante sin da tempi remotissimi: anche far transitare il bestiame tra due falò e scavalcare le fiamme saltando mentre si esprime un desiderio viene considerato di buon auspicio. Il fuoco, inoltre, ha la facoltà di allontanare le malattie e gli spiriti maligni. Non sorprende che la tradizione dei falò rimanga quindi una delle più diffuse in tutta Europa.

Si attribuiscono proprietà prodigiose alla rugiada, alla guazza che si stende sui prati, tanto che un’usanza vuole che una donna desiderosa di diventare madre si rotoli o si stenda, nuda, tra l’erba bagnata.

Ad alcune erbe sono attribuiti poteri incantati e vengono utilizzate con funzioni guaritrici, propiziatorie o per proteggersi dai malefici.

L’iperico – o erba di San Giovanni– è pianta “del  Solstizio” per eccellenza: anticamente, i viandanti erano soliti percorrere i loro tragitti nascondendone un mazzetto sotto la giacca per proteggersi dalle entità malefiche. Altre piante, invece, come la ruta, la verbena, il vischio, la lavanda, il timo, il finocchio, la piantaggine e l’artemisia, venivano bruciate nei falò del Solstizio per attirare buoni auspici.

Le erbe, insieme ai petali dei fiori (su tutti, quello della ginestra), costituiscono gli ingredienti fondamentali dell’ acqua di San Giovanni, una delle tradizioni più antiche sviluppatesi nel fabrianese: immerse in una bacinella piena d’acqua durante la notte, venivano utilizzate per lavarsi la mattina seguente ritenendo che rinvigorisse la pelle e l’ organismo.

Anche il noce, albero magico per le streghe che lo attorniavano appena calavano le tenebre del 23 giugno, ricopre un ruolo particolare: dalle noci raccolte nottetempo, infatti, si ricava il  Nocino, un liquore i cui eccipienti includono un mix di cannella, alcool, chiodi di garofano, acqua e zucchero.

Tra le pratiche divinatorie a cui maggiormente si ricorreva rientrano, nel territorio della “città della carta”, quella di predire il futuro tramite la forma assunta dal bianco di un uovo versato in un bicchiere e poi esposto alla rugiada notturna. In particolare, la “divinazione dell’uovo” dava indicazioni sul futuro sposo alle ragazze in età da marito.

 

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice: tra Bowie e seduzioni di San Valentino…Aspettando il Carnevale

Il Principe con Morgan e Andy in occasione dello show tributo a Bowie

La sua ultima apparizione su VALIUM risale al Natale scorso, quando ci ha inoltrato i suoi Auguri. Rincontro il Principe Maurice nel cuore dell’ Inverno. I “giorni della merla”, gelidi e nevosi come da tradizione, sono ormai agli sgoccioli. Tra una manciata di ore sarà Febbraio, che potremmo definire il mese del Principe per antonomasia: il suo alter ego casanoviano raggiungerà l’apice del fascino a San Valentino, il Carnevale di Venezia (di cui sarà ancora una volta il Maestro di Cerimonie) lo eleverà a protagonista supremo. Che questa conversazione esordisca con temi “carnascialeschi”, quindi, non è un caso. Maurice, intento nella degustazione di chiacchiere, rievoca lo sfarzoso Carnevale veneziano del XVIII secolo, quando i festeggiamenti duravano mesi e mettersi in maschera era consentito nelle ricorrenze più disparate:   “Vorrei essere nato nel ‘700!”, conclude scherzosamente. Eh già, scherzosamente. Perchè non c’è dubbio che oggi, nel terzo millennio, il Carnevale del Principe sia tutto un susseguirsi di eventi irripetibili incastonati in magiche, sbalorditive atmosfere. Ce lo racconta nel corso di una chiacchierata con cui ci aggiorna sulle news che lo riguardano e parla a ruota libera di ricordi, personaggi, argomenti che ammalieranno – per l’ ennesima volta – tutti i lettori di VALIUM.

Innanzitutto, i più cari e sentiti Auguri di Buon Anno da parte mia e di tutti i tuoi innumerevoli fan. A proposito di Auguri, eravamo rimasti a quelli che ci hai inviato dalla tua Venezia…Cos’è successo, da allora, nella tua rocambolesca esistenza?

Vi aggiorno subito sul mio Capodanno con l’unicorno! Il 31 Dicembre ho fatto uno show bellissimo grazie a una domatrice di cavalli meravigliosa, Silvia Elena Resta: uno dei suoi cavalli era malato, aveva dei problemi ad una zampa. Silvia Elena l’ha curato e adesso è in grado di danzare con lei! Che storia meravigliosa…Questa ragazza stupenda è una principessa che discende da un’antica famiglia russa. La mia performance di Capodanno si è svolta all’ Odissea Fun City di Treviso, è stato uno spettacolo impostato su una fiaba d’amore. E un leitmotiv del mio 2019 sarà proprio la fiaba, che utilizzerò per ribadire il mio messaggio: l’amore per se stessi, per gli altri, per la natura, impreziosito da un tocco magico che lo rende didattico anche per gli adulti. Celebrerò valori importanti come i sogni, l’amore, la libertà e la dignità in maniera un po’ teatrale ma anche leggera, simpatica…Fiabesca, appunto. Il 9 Gennaio scorso, poi, ho preso parte all’ omaggio a David Bowie di Andrea Fumagalli (Andy Fluon) con i “White Dukes” e special guest il vulcanico Morgan (ex Bluvertigo) al Teatro Goldoni di Venezia.

 

Il Capodanno con l’ unicorno del Principe (sullo sfondo), qui insieme a Silvia Elena Resta

Vorrei soffermarmi proprio sul tributo a Bowie, dove ti sei esibito nelle vesti di narratore. Che ci racconti di quell’ esperienza?     

A fine anno, Andy mi ha chiesto di partecipare come presentatore/narratore ad un tributo a Bowie che lui e Morgan avrebbero messo in scena nel più antico teatro di Venezia, il Teatro Goldoni, e io ho acconsentito. Quindi, dopo le feste natalizie, ci siamo ritrovati a Monza – dove hanno il quartier generale sia Andy che Morgan – e durante una bellissima riunione abbiamo concordato la regia dello show. Quella sera ho avuto la certezza della stima che anche Morgan – una persona di livello culturale e musicale eccelso – ha nei miei confronti. Mi ha detto, “Sai che vorrei fare? Mi piacerebbe uscire prima dello spettacolo, a sipario chiuso, proporre un breve excursus sulla carriera artistica di David Bowie e poi presentarti.” Cioè: io che dovevo essere un accompagnatore discreto e nascosto, alla fine sono stato presentato da Morgan! Questa cosa mi ha gratificato incredibilmente…La mia scelta è stata quindi non più quella di raccontare David Bowie, perché  l’avrebbe fatto Morgan più che bene, ma di parlare a nome di Bowie citando frasi sue. All’inizio di ognuna delle tre fasi dello spettacolo ho interpretato a modo mio una frase di David Bowie cambiando look ogni volta. Più che di una narrazione, si è trattato quasi di un’evocazione: da narratore sono diventato espressione dello spirito di David! Il successo è stato strepitoso, già sold out molto tempo prima della data. Lo spettacolo è andato stupendamente bene e per me è stato molto importante per presentarmi in questa città che amo e mi ama in un ruolo diverso da quello ormai conclamato di Maestro di Cerimonie del Carnevale. ho ricevuto molte congratulazioni… Oltre ad essere un palcoscenico divertente, utile, emozionante, questo show ha sdoganato la mia figura al di là della consueta (e sempre meravigliosa) esperienza carnascialesca, per cui sono molto soddisfatto.

 

La riunione di Andy, Morgan e il Principe in quel di Monza

Il tributo a David Bowie al Teatro Goldoni di Venezia

Abbiamo parlato spesso di Lindsay Kemp, meno di David Bowie. Che cosa pensi di lui e del suo legame con Kemp?

Ho avuto l’onore e il piacere di ospitare David Bowie a casa mia, a Venezia, quando la mia love story con Grace Jones era in corso. E’ stata Grace il mio passaporto, il trait d’union tra me e lui. Nei dieci giorni in cui David è stato mio ospite ho potuto apprezzare la sua grazia, la sua tranquillità al di fuori del palcoscenico. Pur essendo un grande businessman di se stesso, nel privato era una figura delicata, semplice e generosa dal punto di vista umano. Generosa di afflato, di simpatia…Ecco, di lui io ho questa immagine. E poi c’è il suo alter ego, il Bowie rockstar: un mostro da palcoscenico che mi ha insegnato e mi ha aperto la strada – a me come a tanti altri – per poter essere libero di sentirmi quello che voglio essere, di esprimermi artisticamente come desidero. Ammiro questa grande forza che ha saputo dare a tutti attraverso il suo percorso artistico. A casa mia è venuto nel febbraio del ’91 insieme a Iman, allora erano fidanzati…Dopo il soggiorno veneziano, Bowie le chiese di sposarlo. Io e Grace, evidentemente, abbiamo fatto un po’ da Cupidi! L’ultima volta che l’ho visto è stato sempre a Venezia: era lì per le riprese di uno spot di Louis Vuitton con una versione al clavicembalo di “I’d rather be high” in sottofondo. Lo spot, tra l’altro, era girato in un palazzo dove frequentemente faccio feste. E’ stato come il chiudersi di un cerchio, da Venezia e su Venezia, del mio incontro con Bowie. Una chicca: quando l’ho ospitato eravamo in pieno Carnevale, e io – vestito in abiti settecenteschi con tanto di parrucca e cipria sul viso – intrattenevo i miei ospiti cantando i duetti dell’opera. Siccome avevo la voce in falsetto, interpretavo sia il protagonista maschile che quello femminile. Tutto questo divertiva moltissimo Bowie, che mi ha fatto una miriade di complimenti! E’ un ricordo davvero splendido…Della sua relazione con Lindsay Kemp l’ho saputo dallo stesso Kemp. E’ stato molto bello perché David era già abbastanza famoso, però aveva l’esigenza di arricchirsi artisticamente ed imparare come gestirsi anche dal punto dell’immagine, teatrale diciamo. E’ nato quindi questo spettacolo, “Pierrot in Turquoise”, dove Lindsay era il protagonista ma il coprotagonista era proprio David.

 

Il Principe con Andy, Morgan e i White Dukes

Con Bowie hai condiviso gli insegnamenti di un Maestro come Lindsay Kemp. C’ è ancora posto per i mentori, nell’ era digital?

Purtroppo sembrerebbe di no… pare che esistano soltanto questi fenomeni da Instagram che hanno milioni di followers e quindi per la società odierna sono potenti: in realtà non ci sono basi. Non ci sono le qualità per essere dei veri mentori, ci sono solo apparenze, esibizionismi, provocazioni fine a se stesse. Le nuove generazioni, sotto questo punto di vista, sono piuttosto sfortunate. Perché se non riconosci o non hai dei buoni Maestri, come puoi poi crescere e crearti una strada per essere te stesso? I social hanno anche lati positivi, però sono diventati quasi uno strumento di ricatto mentale nei confronti dei giovani. Lanciano messaggi impliciti – “se non sei cosi non sei nessuno, devi uniformarti”…- e in pochi hanno il coraggio di uscire dal coro. Per costoro deve essere piuttosto frustrante dover cercare mentori nel passato… perché oggi come oggi non ce n’è. C’è un vuoto –anzi, un “sottovuoto”-  spinto, mentale e culturale, che fa paura! Bisognerebbe riuscire a ribellarsi un po’ a questo sistema. La figura del mentore è stata sostituita da quella dell’influencer, e questo ti dà un’idea di quanto questa società sia allo sbaraglio: dovremmo recuperare gli strumenti antichi per trasmettere valori, come ad esempio l’arte, la filosofia, persino il racconto delle fiabe o, in età più adulta, la rieducazione al vero  piacere dei sensi. Non è che io vedo uno spaghetto allo scoglio fotografato su Instagram e mi vien voglia di mangiarlo perché chi ha postato quella foto ha 100.000 followers! Io voglio lo spaghetto in tavola e voglio annusarlo, gustarlo fino a leccarmi le dita, alla Alberto Sordi!!! Ahahahah! Bisogna recuperare la fisicità dei rapporti. Speriamo che ci sia una bella reazione e che da questa crisi (che non è una brutta parola, perché la sua etimologia deriva da “crescita”) vengano fuori nuovi personaggi di spessore che possano fungere da mentori. Io, nel mio piccolo, cerco di esserlo con umiltà, veicolando i valori di libertà, dignità e amore. Il supporto dei social sarebbe importante per diffonderlo, ma io voglio che chi mi segue lo faccia davvero per amore. Avere tanti followers è un mero status symbol!

Parliamo di cinema: come procede il progetto “Ca’ Moon”?

“Ca’ moon” c’è! Però ci sono anche alcuni inceppi burocratici, ma dobbiamo fare le cose per bene. Siccome andremo a girare scene in preziose location del Veneto, come ad esempio le ville, tutto l’iter di richieste e di permessi ha ritardato il nostro primo ciak. Dovremo cominciare intorno all’ inizio di Marzo. “Ca’ moon” è una commedia che farà sorridere, che farà pensare, ma che intende anche valorizzare il territorio con la sua storia e con le sue eccellenze.

 

Il Principe all’ AERA Club and Place di Fabriano (photo courtesy of AERA Club)

Esattamente un anno fa (o giù di lì) ti sei esibito in un noto club della mia città, Fabriano. Come ricordi quella spettacolare serata?

La ricordo con molta simpatia perché fu un successo, e fu tra l’altro una delle rare serate in cui io e i Datura siamo ufficialmente usciti con il marchio ReMemo, la trasmissione che su m2o dedichiamo alla musica techno degli anni ‘90. La serata a Fabriano fu stupenda, estremamente divertente. Tra l’altro, l’avrai notato perché c’eri anche tu, c’era gente di svariate fasce di età. Ed è qualcosa di molto bello perché vuol dire che la techno, un po’ sottovalutata all’ epoca, è in grado di riunire le persone così come succede con il rock, la musica classica ed altri generi. Quella sera abbiamo avuto la conferma della valenza emotiva della techno rappresentata degnamente dai Datura e interpretata a livello teatrale da me, con la solita passione. Ho un bellissimo ricordo del locale, l’Aera Club and Place, e la cosa che mi fece ancora più piacere è che fu ordinata anche la proiezione del mio docufilm: Principe Maurice # Tribute. un bel momento autonarrativo, di grande soddisfazione personale, che mi piacerebbe ripetere!

 

Il Principe al Carnevale di Venezia

San Valentino è vicino (c’è anche la rima!). Sarai ancora Casanova in quel di Ancona, dove hai insegnato tecniche di seduzione per due 14 Febbraio di seguito, o hai altro in calendario?

Ho altro in calendario: farò innanzitutto una cena spettacolo dedicata agli innamorati dove sarò solo una voce narrante, molto delicata e dolce. Coccolerò con le più belle canzoni d’amore i fidanzati che il 13 Febbraio parteciperanno a questa cena. La vigilia di San Valentino mi vedrà quindi, dal punto di vista performativo, nei panni di chansonnier d’amour. A San Valentino, invece, sarò Casanova ma a Venezia per un evento intimo ed esclusivo, una sorta di private love lesson… Per il momento è top secret, “salterà fuori” al momento giusto! Il 15 Febbraio, infine, mi esibirò in una serata per i single e cercherò di coinvolgerli: tanti giovani oggi rimangono single perché i social li hanno disabituati ai rapporti veri. La cena spettacolo e questa serata si terranno entrambi nell’”Atelier fashion restaurant”  dell’Odissea Fun City di Spresiano, vicino Treviso. Stiamo incrementando la formula del dinner show a modo mio, avvolgendola di un mood un po’ rétro. Ti dico una sola cosa: alcuni sabati fa ho fatto un concerto di canzoni napoletane tradizionali e antiche: un successone! Per i single darò lezioni di seduzione e organizzeremo anche una gara a tema. Sarà una cosa abbastanza comica, divertente, però tra il serio e il faceto si possono trasmettere nozioni ed emozioni, si devono rieducare le persone a sedursi. I vincitori della “competizione” potranno fare un viaggio insieme: insomma, una ne invento e cento ne fo!

 

Il Principe in piazza San Marco durante il Carnevale

Sempre a Febbraio ha inizio un evento che ti vede solennemente coinvolto, il Carnevale di Venezia. Che puoi anticiparci della tua presenza all’ edizione 2019 della kermesse?

Posso anticiparvi che farò, anche quest’ anno, il Maestro di Cerimonie dell’apertura e della chiusura del Carnevale oltre che della famosa rievocazione delle Marie, le dodici fanciulle che rappresenteranno la dolce bellezza veneziana. E poi, tutte le sere, mi troverete – sempre nei panni di Maestro di Cerimonie – al gala ufficiale che si terrà a Ca’ Vendramin Calergi, la splendida sede del Casinò di Venezia dove visse anche Wagner. Sarà un evento grandioso, che includerà una cena di Gala, uno spettacolo e il Ballo. Come direttore artistico del Carnevale è stato riconfermato Marco Maccapani, una figura più che qualificata, e siamo contentissimi. Il tema sarà invece legato alla Luna, in occasione dei 50 anni dal primo allunaggio. Lo esploreremo proiettandolo verso quel sogno di fine ‘800, un po’ alla Giulio Verne, quando ci si interrogava sul vero aspetto della luna e si fantasticava di poter andare nello spazio… Visto che il mio film “Ca’ Moon” è pure dedicato alla Luna, se riusciremo a montarlo e a presentarlo entro il 2019 per me sarà un anno totalmente “lunatico”!

 

Una preview del costume di Maurice per l’edizione 2019 del Carnevale di Venezia.

Il mio costume ufficiale per il Carnevale è molto particolare, un abito barocco color blu notte con ricami in argento che raffigurano astri stilizzati…Lo abbinerò a una parrucca settecentesca impreziosita da gioielli a forma di luna e astri che esplodono verso l’esterno realizzata dal Maestro Alessio Aldini, un grande amico che lavora nel mondo della moda e del cinema ed è come me appassionatissimo del Carnevale veneziano. Chi è, invece, l’autore del costume? Ti verranno i brividi: è il pluripremiato Pier Luigi Pizzi! Il 24 Febbraio, poi, in calendario c’è un evento bellissimo. La prima domenica di Carnevale, il Volo dell’Angelo, interpretato dalla vincitrice 2018 del concorso delle Marie Erika Chia,  verrà arricchito da una novità: un’altra delle Marie del 2018, Micol Rossi, la ragazza scelta dai lettori de “Il Gazzettino” di Venezia, una ragazza che lotta da tempo contro il morbo di Crohn, sarà il secondo angelo che scenderà dal Campanile. L’aveva espresso come desiderio e abbiamo accolto la proposta di testimoniare il suo coraggio per rimarcare che esistono persone che lottano, e meritano di essere conosciute e viste perché diffondono dei bei messaggi di forza e di speranza. Avremo quindi un doppio Volo dell’Angelo. Non potete mancare!

 

 

Altri scatti tratti dal Carnevale veneziano del Principe

 

Photo courtesy of Maurice Agosti