Monica Bellucci per i 20 anni di GLAMOUR

 

GLAMOUR, il mensile di trend, stile e molto di più  dedicato alle giovani donne, compie 20 anni. E’ un compleanno speciale, che corona 20 anni di successi in un percorso che ha saputo seguire, passo dopo passo, l’evoluzione della vita femminile in ogni settore, cogliendo anticipatamente tutti quei trend che si sarebbero tramutati  – nel tempo – in dei must sicuri. Per i suoi 20 anni, GLAMOUR diventa un patinatissimo glossy che sceglie Monica Bellucci per la sua copertina: una Monica Bellucci sgargiante, in abitino dalle fantasie floreali all’ insegna del più puro stile Primavera Estate Dolce & Gabbana, di cui è fan e testimonial da tempi immemorabili. L’intervista con Monica si svolge, infatti, durante una delle permanenze milanesi della diva, in procinto di promuovere la campagna pubblicitaria del nuovo rossetto – Monica – che il ‘golden duo’ della moda italiana ha lanciato in suo onore. Monica e GLAMOUR si incontrano nel 1995: pochi anni di vita GLAMOUR, lei una carriera già consolidata nel campo della moda che proprio in quel periodo si apriva a nuove prospettive, nel cinema e in amore. Di li a poco la vita dell’ ex top di Città di Castello si sarebbe arricchita di sostanziali novità, professionali e nel privato. La chiacchierata con Chiara Gamberale, autrice dell’ intervista, non può che iniziare con delle considerazioni sul tempo. Vent’anni di GLAMOUR, vent’anni della vita di Monica: il tempo scorre veloce per lei, che non ha il culto del passato, vive la sua vita come viene assecondando il destino e prendendo decisioni di pancia. Vent’anni fa si ricorda insicura: la professione di modella appena iniziata con mille interrogativi, le ansie, la paura del futuro, la timidezza…e poi, arriva il cinema che, catartico, assorbe sul set i suoi lati oscuri epurandoli dal suo privato. Monica è fatalista, anche in amore: gli incontri capitano, sorprendono, nascono sulla base di un casuale incastro mai deciso a tavolino, mai ponderato. Continuerebbe a scegliere Vincent Cassel perchè tuttora lo vede e pensa che sia ‘un gran figo’. In quest’ ottica, anche la sofferenza, sentimentale è parte di un processo naturale per cui va accettata senza sovradimensionamenti, ma c’è un segreto: l’autoresponsabilizzazione a cui porta il passaggio tra l’essere bambina e l’essere donna. Quando ha vissuto, Monica, quello ‘scatto’? Dopo la nascita di Deva, la prima figlia: all’improvviso, una sera, si è accorta di non essere più al primo posto, che liberarsi dall’ego è la condizione principale per arrivare alla pace con noi stessi e con il mondo. E tra 20 anni? Rimarrà tutto quel che è destinato a durare nel tempo: l’amore per le proprie figlie, le amicizie, l’amore per il suo uomo…tutto quel che appartiene al campo dei sentimenti, insomma, per Monica ha una sua solidità, è soggetto ad un continuum proiettato nel futuro. Ancora una volta, il fatalismo ha un suo ruolo importante in una vita che la star considera pilotata dalla fortuna, dal destino: lei ne ha accettato la generosità dei doni, non facendo nulla per forzare gli avvenimenti…Bensì, semplicemente, limitandosi ad assecondarla.

20 anni dopo la nascita di GLAMOUR, Monica Bellucci è una diva ormai celebrata a livello internazionale, con uno strepitoso equilibrio raggiunto tra vita privata e vita professionale e una nuova saggezza, una nuova consapevolezza rivelate in ogni sua singola frase. Un traguardo altrettanto importante, altrettanto rilevante rispetto a quelli già stranoti e che la rende ancora più interessante, affascinante, accattivante: con il passar degli anni,  il tempo ha saputo trasformare una Diva in una Donna a tutto tondo, a 360°.

Felice weekend.

Timestrings: Valentino e il valore del tempo

 

Tempo e lusso: due concetti oggi strettamente correlati. Non si può negare che il tempo sia un lusso e che disporre liberamente del proprio acquisti, quotidianamente, una valenza sempre più preziosa; allo stesso modo, il lusso necessita di tempo per essere creato, plasmato, accuratamente realizzato. Quanto basta per tramutare la valorizzazione del tempo in un must:  è ciò che si propone di attuare la capsule collection Timestring di Valentino lanciata da Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, attuali direttori artistici del brand e straordinari autori del suo inesauribile, rinnovato successo. Timestring è un vero e proprio progetto che innesta una nuova consapevolezza sul nostro presente, la presa di coscienza necessaria per definire la complessità della moda: è cosi che una serie di dieci scarpe finemente decorate, ideate per la primavera 2012, viene sottolineata da una string nella suola interna ad indicare il tempo – espresso in ore, minuti e secondi – impiegato per la lavorazione di ogni singolo modello. Si tratta di cifre, scritte rigorosamente a meno, indicanti le coordinate numeriche dei tempi di manufattura: cifre a definire il tempo per evidenziarlo, risaltarlo e, parallelamente, per accentuare la raffinata lavorazione artigianale grazie ad esso effettuata. Un dettaglio di pura preziosità, in un ‘epoca in cui la produzione in serie rappresenta la realtà predominante fagocitando la secolare e prestigiosa artigianalità italiana. Una tradizione di cui Chiuri e Piccioli si riappriopriano magistralmente, servendosi della collaborazione di un folto team di maestri artigiani che eccellono nell’arte degli strass in vetro, del merletto, dei motivi floreali applicati sulle calzature. ” Ogni paio -dichiara Pierpaolo Piccioli – è il risultato di un lungo lavoro di squadra.” I modelli della linea Timestring sono i più disparati, ma hanno un leit-motiv comune: dalle zeppe alle décolletè, la cura del dettaglio e la maestria che ne sottolineano l’unicità sono due imput tassativi. La string inclusa nelle pump ritratte nella foto, ad esempio, riporta i tempi di realizzazione quantificandoli in 40 ore, 49 minuti e 18 secondi. In cuoio di capretto, presentano inserti in pelle di serpente e una decorazione nella parte posteriore: una serie di petali in cuoio, dipinti a mano con pennellate di rosso Valentino, che si infoltiscono fino a formare una splendida rosa in boccio, simbolo di grazia e femminilità. Dei piccoli ‘gioielli’ di scarpa che Valentino propone in accordo con la migliore tradizione artigianale italiana valorizzando dunque non solo la grande originalità creativa che sottostà all’estro del design, ma anche – richiamando a un saggio proverbio che recita “Il tempo è oro”- ogni singolo minuto dedicato alla lavorazione di queste ‘calzature meraviglia’. “Il lusso autentico – continua Piccioli – non può essere separato dalla dimensione temporale; è il fattore principale che determina un processo creativo -soprattutto in questa epoca di consumo superveloce – e questo è quanto vogliamo dimostrare con Timestrings.” Un concept e una realizzazione che rendono al massimo tutta la sofisticatezza e la minuziosa cura riposta nella lavorazione: un inno al made in Italy e a quanto, da sempre, caratterizza tutta l’eccellenza di una grande Maison come Valentino.

Buon venerdì.

Ivy

(Photo by Pasquale de Antonis)

La vita di Ivy Nicholson potrebbe essere paragonata a una saga, a un romanzo ricco di colpi di scena di cui la suspence e l’ imprevedibilità sono gli ingredienti fondamentali, Nata a Brooklyn da una famiglia della working class di origini irlandesi, a soli 16 anni inizia una carriera di modella che la introduce ben presto nell’ universo delle top internazionali più quotate , più richieste e più conosciute al mondo. Occhi verdi, capelli castano scuro, sopracciglia ben delineate, raggiunge l’ apice della fama negli anni ’50. Una classe inconfondibile, altera come la figura della mannequin richiede all’epoca,  che lascia però intravedere, nell’ incredibile espressività del suo sguardo, una febbrile vitalità , un humus passionale che percorreranno tutta la sua vita. Ivy è protagonista delle copertine dei più importanti glossy di moda dell’epoca: VOGUEELLE, Harper’s Bazaar su tutti. Tra le tappe più importanti della sua carriera non può mancare l’Europa, dove intraprende anche la carriera di attrice apparendo in alcuni films. In Italia partecipa a Un americano a Roma , di Steno, con Alberto Sordi; inoltre prende parte alla lavorazione di Senso di Luchino Visconti, de Gli sbandati di Citto Maselli e a Le avventure di Giacomo Casanova, sempre di Steno, Frequenta tutta la crème dell’aristocrazia e del jet-set, è considerata una delle più sofisticate e eleganti modelle al mondo. Nel 1970 si trasferisce in pianta stabile a Parigi dove inizia a dipingere e dove cresce i suoi quattro figli, due dei quali – i gemelli Penelope e Gunter – sono figli di John Palmer, regista e cameraman della Factory di Andy Warhol: girata la boa dei ‘trenta’, infatti, e con una rivoluzione nei costumi e nei modelli estetici che ha apportato sostanziali cambiamenti, Ivy decide di dare uno stop alla sua carriera di modella legandosi sempre più alla Factory warholiana, divenendo una delle muse e confidenti di Andy e recitando in piccoli ruoli in tutta una serie di film dalla Factory prodotti. Poi, all’ improvviso, la favola della sua vita prende una direzione inaspettata: gli eventi precipitano,e Ivy scompare dalle scene. In molti, ricordando la sua sfolgorante bellezza, si chiedono dove sia finita. La risposta arriva del tutto inaspettata, brutale, shockante, dalle strade di San Francisco: sono gli anni ’80 e un fotografo del San Francisco Chronicle riconosce Ivy nelle foto che ha scattato a una homeless dai gesti e dalle movenze singolari. Da allora, sono passati ormai più di trent’anni e Ivy ha ripreso perfettamente in mano le redini della sua vita: ha girato un film, The dead life, in puro stile Factory, e sta lanciando la sua biografia, Warhol’s bride, curata da Catherine Grant Matta. Una rinascita totale, un’ ennesima radicale svolta nella vita erratica e piena di colpi di scena di una donna che non si è risparmiata nulla e ha attraversato continenti, conosciuto l’esistenza in ogni sua angolatura, frequentato dai principi ai senzatetto in una serie di tortuosi e sorprendenti avvenimenti. Il guizzo nello sguardo di Ivy la diceva lunga, rivelando la personalità di una donna che ha alternato mondi dorati e abissi con la stessa, brulicante, fame di vita senza calcoli. Senza regola  alcuna se non quella di vivere, rigorosamente, to the fullest.

 

Ivy (photo by Henry Clarke)

Ivy per VOGUE America, 1955

Ivy Nicholson insieme a Viva della Factory


Luna di fine marzo

 

Notte di fine marzo: i tuoi passi che risuonano lungo le strade silenziose e, davanti a te, la luna…Una luna piena, luminosa, che risalta nel cielo buio e sembra vegliare sul popolo notturno. E mentre, avanzando, ti sembra quasi di andarle incontro, l’ aria tiepida e dolce di queste sere primaverili ti avvolge in una  magia languida e densa di nostalgia…E’ nel silenzio di una notte di inizio stagione che rivivono immagini, volti, situazioni, le suggestioni di ricordi neanche poi tanto lontani. Come se l’oscurità divenisse una nera lavagna su cui i flashback della tua vita si incidono impalpabili delineandone colori, odori, sfumature…che poi svaniscono inghiottiti dal buio lasciandoti smarrita e sola con te stessa, persa nelle atmosfere di qualcosa che prima era, ma ora non è più. E all’ improvviso il silenzio diventa totale, l’aria della notte si immobilizza congelandoti il cuore. Solo la luna a rischiarare il tuo cammino, pervaso dai profumi dei fiori in boccio…Solo la luna amica, con il suo luminoso candore, a far luce sul profondo pozzo scavato nel tuo cuore.

Buon mercoledì.

Déjà vu

 

Il bianco e nero, il cappello a cloche, il giaccone in faux-poils, i sandali dal massiccio tacco a parallelepipedo potrebbero trarre in inganno: no, la foto non risale agli anni ’20 e le modelle ritratte non sono flappers appena uscite da un tea room e ancora in vena di confidenze. Ma nel fotografo rinveniamo un nome prestigioso come Arthur Elgort, che nel 1971 immportalava, per VOGUE UK, due slanciate top il cui outfit sembra davvero uscito da un’epoca lontana: quegli anni ’20 ruggenti che sancivano per le donne una nuova emancipazione e nuovi traguardi, oltre che un nuovo stile. L’abito in primo piano, nella foto, è caratterizzato da grafismi e da una linearità che ricordano, pur non riproducendone lo sfavillante e ‘fatale’ glamour, la collezione PE 2012 che Frida Giannini, per Gucci, ha dedicato alle flappers concependola come uno speciale tributo.  Corsi e ricorsi della moda, epoche che si alternano attingendo dal passato una continua ispirazione, stili che evolvono traendo linfa da must lontani nel tempo, un presente che ripropone spesso e volentieri diktakt  déjà vu. Dopotutto, non è il principio stesso su cui si basa l’enorme successo del vintage? Guardandoci indietro, volgiamo lo sguardo al futuro ogni qualvolta rielaboriamo uno stile ‘di rottura’, che ha segnato una svolta, che ha rivoluzionato un’epoca. Quanti capi, in tempi recenti, sono stati oggetto di un clamoroso ritorno tramutandosi in cult assoluti? Molti, moltissimi…Tanto per citarne solo alcuni: le zeppe, i pantaloni a zampa, la minigonna, l’abito charleston, l’esistenzialista dolcevita nero, gli abitini stile anni ’50, le ballerine…Negli anni ’80, una riedizione del taglio alla garçonne evolvette in quel famosissimo carrè che anche oggi miete numerosissime proseliti. Non possiamo che concludere con una chiosa assolutamente in linea con l’argomento di questo post: negli anni ’70, il déjà vu rimandava a esperienze esoteriche e a sensazioni legate a fenomeni di ‘espansione della coscienza’; oggi, il déjà vu è strettamente legato al mondo dello stile ed è dogma ispiratore che, dal passato, detrae le più interessanti coordinate per elaborare la moda del futuro. Un procedimento sicuramente intrigante che non esita a valorizzare, attraverso uno stile, tutta la cultura del contesto che lo definisce.

Buon martedì.

Glitter People

 

” Gli abiti hanno un ruolo fortemente importante nel dirci chi siamo.”

Kate Bush

 

Buon lunedì.

I macarons: quelle délice!

 

Domenica di primavera e sole che risplende: che ne dite di inauguare la giornata con un dolcissimo mélange di primaverili colori, dai pastello così attualmente à la page ai più classicamente evergreen come il beige, passando per l’ ‘alternativo’ ottanio? No, non sto parlando di outfit del giorno: la mia proposta si riferisce ai deliziosi macarons, specialità francesi già predilette da Marie Antoinette e presenti a profusione anche nel film di Sofia Coppola a lei dedicato. Ripieni di morbida crema inclusa in due cialde zuccherate dalla glassata consistenza, i macarons si declinano in un’infinita gamma di tonalità semplicemente stupende, catturando occhio e gola.

La giornata dedicata al relax per eccellenza inizia in tutta dolcezza e con un pizzico di meravigliosa allegria, donata dai variopinti dolcetti originari d’oltralpe: un inno alla primavera all’ insegna delle delizie del palato e delle coccole autogratificanti. E perchè no, dopotutto?

Buona domenica!

La celebrità come un dogma: Andy Warhol e ‘Interview’

“E’ dura avere in ufficio tanta gente famosa contemporaneamente, perchè nessuno capisce come mai ci siano gli altri.”,
affermò Andy Warhol.  Eppure , la sua ossessione per la celebrità e per le celebrities è cosa nota: una sua dichiarazione sul tema, “Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti”, è diventato l’aforisma forse maggiormente identificativo del padre della Pop Art.  E proprio in omaggio alle più talentuose, alle più glamourous celebrities mondiali creò Interview, con il sottotitolo di ‘The Crystal ball of pop“. Era il 1969 e Warhol – insieme a John Wilcock e a Gerard Malanga – proponeva una rivista in cui le interviste ai VIP dell’ epoca (creativi, musicisti, artisti, esponenti del jet-set, e chiunque destasse la sua curiosità e il suo’interesse -unico reqisito: essere famosi) costituivano un buon 60% della pubblicazione, mentre nel rimanente 40% rientravano le pagine pubblicitarie patinate. Non si trattava di interviste qualunque: le domande poste all’ interlocutore erano tipicamente in linea con lo stile dissacratore ed eccentrico di Warhol, dando luogo all’ impressione di assistere quasi ad un colloquio privato tra Andy e la celebrity di turno.
Caratterizzata da una grafica personalissima e da copertine che esibivano ritratti degli intervistati realizzati dal re della Pop Art con varie tecniche e modalità, Interview era soggetta a un metodo di distribuzione del tutto particolare: era Warhol stesso ad occuparti della sua diffusione in prima persona, elargendo copie ai passanti, ai taxisti, ai gestori dei negozi od organizzando eventi improvvisati a cui, alla distribuzione di copie, si accompagnava una sua sessione di autografi. Il tutto, naturalmente, nella brulicante e prestigiosa cornice di Manhattan. Interview aveva una cadenza mensile e uno stile che privilegiava fortemente l’ immagine. Una cospicua quantità dei più grandi nomi, tra i fotografi contemporanei, ha visto coinciderel’ inizio della sua carriera con la nascita del periodico: David Lachapelle in particolare, ma anche Herb Ritts, Bruce Weber, Matthew Rolston. Nel 1987, con la morte di Andy Warhol, Interview interruppe la pubblicazione, per essere rilanciata nel 2008 da Fabien Baron e Glenne O’ Brien; ma l’arguzia e l’ indolente ironia di Andy rimarranno, sfortunatamente e per sempre, i due più importanti tasselli mancanti del ‘puzzle‘.
Felice weekend.

Total black: le evoluzioni del ‘profondo nero’

In una Primavera caratterizzata da un tripudio di colori pastello, rappresenta l’eccezione che conferma la regola: VOGUE Spagna sceglie il nero, in versione total black, come protagonista principale di un servizio incluso nel numero di Marzo. ‘Etiqueta negra’, nero profondo per uno shooting ambientato in una delle cornici più tipicamente estive, la spiaggia. Una spiaggia bianca, sabbiosa, sullo sfondo della quale il mare si confonde nel cielo azzurro.  Il nero, dicevamo: un nero che è colore più visceralmente pertinente alle radici della Spagna del sud. Richiama agli abiti caratteristici delle donne andaluse, alle mantillas, ai grani del rosario, a pizzi e merletti finemente lavorati, ad atmosfere mistiche ma al tempo stesso intensamente sensuali. Il nero che sceglie VOGUE è un nero declinato in materiali molteplici e insoliti che lo rendono sorprendente, inedito, versatile e ne sottolineano la grinta, la sofisticatezza ormai evergreen, a fronte di tante tonalità arcobaleno. Pelle squarciata da strategici inserti nude, tessuti dall’ effetto squamato, giacche damascate impreziosite di glitter, tulle e chiffon, tricot in rete, cotone, pizzi ricamati su tulle costituiscono i ‘basic’ tramite i quali il nero si declina in molteplici versioni in un continuo gioco di opacità, lucentezza e trasparenze, donando agli outfit un twist che alterna linee minimal e barocca preziosità. Gli accessori privilegiano i sandali, su tutti: alla gladiatore, di stampo francescano, abbottonati ed alti alla caviglia ma sempre rasoterra, evidenziano un mood deciso nella loro elaborata essenzialità. Tra i bijoux, spicca su tutti un importante orecchino indossato come pezzo unico: il design? A forma di croce, naturalmente. Trait-d’union ulteriore che definisce un nuovo nero mescolanza di misticismo e modernità, attingendo dalla tradizione gli elementi portanti per il suo futuro.

Buon venerdì.

Glitter people

 

“Il sex appeal è composto per il 50% da ciò che hai, per l’altro 50% da ciò che gli altri pensano che tu abbia”.

Sophia Loren

 

Buon mercoledì.