Tina

 

“Sono convinta che ciascuno di noi sia nato con una missione unica, uno scopo che solo noi possiamo realizzare. Siamo tutti legati da una responsabilità comune: aiutare la famiglia umana a diventare più gentile e più felice. Le prime lezioni sul funzionamento dell’ Universo le ho ricavate dalla mia esperienza quotidiana durante l’infanzia a Nutbush, un paese rurale del Tennessee. Mi piaceva passare il tempo all’ aperto, correre nei campi, alzare lo sguardo verso i corpi celesti nel cielo, stare con gli animali – domestici e selvatici – e ascoltare i suoni della natura. Già a quei tempi percepivo una forza universale invisibile quando camminavo in mezzo ai pascoli sconfinati, giorno dopo giorno. Essere in comunione con la natura mi ha aiutato a credere nel mio intuito, che sembrava conoscere sempre la strada di casa quando mi smarrivo, il ramo migliore a cui appendermi e dondolare, il punto in cui un ruscello celava un sasso pericoloso. Ho imparato ad ascoltare il mio cuore, ed esso mi ha insegnato che io e te siamo connessi, non solo tra noi, ma con ogni altra cosa sul pianeta. Siamo collegati dalla misteriosa natura della vita stessa, dall’ energia creativa fondamentale dell’ Universo. In questo nostro mondo complicato in cui le contraddizioni abbondano, si scopre una bellezza mozzafiato nei luoghi meno probabili. L’arcobaleno più luminoso appare dopo il più violento dei temporali. Magnifiche farfalle emergono da bozzoli scialbi. E i più splendidi fiori di loto nascono dal fango denso e profondo. Secondo te perchè la vita agisce così? Forse quegli arcobaleni, quelle farfalle e quei fiori di loto sono lì per ricordarci che il nostro mondo è un’opera d’arte mistica, una tela universale che tutti noi dipingiamo con le nostre storie, giorno dopo giorno, con le pennellate dei nostri pensieri, delle nostre parole e azioni. “

Tina Turner, da “Diventare felicità. Diario spirituale per una vita migliore.”

 

Fai buon viaggio, Tina. Non ti dico “riposa in pace”, perchè vulcanica come sei tu non riposerai mai. E non ti dico neanche “addio”, perchè la morte è solamente un nuovo inizio. Con questo post voglio omaggiarti, esprimere la stima che ho sempre avuto per te. Hai saputo superare le avversità dell’esistenza semplicemente guardandoti dentro, riannodando il contatto con la tua anima e la tua vita spirituale, e questo ti rende un modello per tutti noi. Quando ti ho conosciuta artisticamente, ero solo una bambina: “A fool in love” è stato uno dei primi album che hanno comprato i miei genitori. Allora eri in coppia con Ike, e mi hanno subito colpito la tua voce potente, la tua grinta inesauribile, il tuo saperti connettere con l’istinto. Continua a brillare, Regina. Sei immortale, un’icona destinata a rimanere perennemente impressa nell’ immaginario collettivo.

(Foto: Jay Bernstein Public Relation Los Angeles via Wikimedia Commons)

 

Goodbye, Her Majesty The Queen

 

È sempre stato facile odiare e distruggere. Costruire e amare è molto più difficile.

Regina Elisabetta II

 

 

 

Foto: Unknown author / Library and Archives Canada, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, attraverso Wikimedia Commons

 

“Notte d’estate”, una poesia di Federico Garcia Lorca

 

 

 

L’acqua della fonte
suona il suo tamburo
d’argento.

Gli alberi
tessono il vento
e i fiori lo tingono
di profumo.

Una ragnatela
immensa
fa della luna
una stella.

(Federico Garcia Lorca)

 

 

Omaggio a Federico Garcia Lorca (Fuente Vaqueros, 5 Giugno 1898 – Viznar, 19 Agosto 1936), grande poeta della “generazione del ’27”, nell’ 86esimo anniversario della sua morte.

Thierry Mugler: un ricordo

 

” Ho fatto moda perchè stavo cercando qualcosa che non esisteva. Dovevo provare a creare il mio proprio mondo. “

Manfred Thierry Mugler

In questa foto, un abito tratto dalla mostra “Thierry Mugler, Couturissime”, visibile fino al 24 Aprile a Parigi presso il Musée des Arts Décoratifs. L’ esposizione, una retrospettiva dedicata allo stilista francese scomparso il 23 Gennaio, è stata inaugurata nel 2019 a Montreal prima di approdare a Rotterdam, a Monaco e nella Ville Lumière. Per ammirare il fashion show di “Les Insectes”, invece, una delle collezioni (e delle sfilate) più straordinarie mandate in scena da Manfred Thierry Mugler, cliccate qui. Le creazioni, visionarie e spettacolari al punto tale da mozzare il fiato, fanno parte della linea di Haute Couture Primavera Estate 1997 e vengono indossate da regine della passerella del calibro di Eva Herzigova, Jerry Hall e Simonetta Gianfelici. Voglio ricordare Mugler come lo vidi al termine di quella sfilata: salutato da un tripudio di applausi, radioso, circondato dalle top model che si complimentano calorosamente con lui. Il designer si lascia contagiare dal loro entusiasmo, è raggiante di felicità. La felicità di chi ha realizzato il proprio sogno ed è riuscito a condividerlo con il mondo intero. Nell’ universo di Thierry Mugler ci siamo addentrati con gioia, con stupore, abbacinati dalla meraviglia. La stravaganza e l’opulenza, la sensualità e la sublime inventiva, la bellezza e la genialità costituivano i suoi cardini. Ogni défilé era un vero e proprio show, dove la musica e la scenografia catturavano i sensi e le modelle si esibivano anzichè limitarsi a sfilare; erano decisamente delle “superdonne”, femme fatale che ammaliavano i comuni mortali. Mugler stesso dichiarò: “Per creare qualcosa di cui sognare, ho bisogno di donne, architetture e luoghi eccezionali.”, e seppe creare un universo che coniugava il talento creativo con un glamour potentissimo. Il suo immaginario era popolato da dee, incantevoli e incantatrici, delle quali enfatizzava sapientemente la silhouette. Non dimenticheremo mai le atmosfere che lo stilista era in grado di evocare, la visionarietà con cui traduceva in abiti l’ ispirazione. Inoltrarsi nel mondo di Mugler era un piacere. Aveva una capacità incredibile di coinvolgerci, di renderci partecipi del suo sogno. Oggi, riguardando quei fashion show, proviamo un misto di nostalgia e di conforto: in un’epoca così drammatica della nostra storia, l’ universo di Thierry Mugler rappresenta un’oasi dove il bello, l’ eleganza, la fantasia tornano a nutrire l’ anima. E lo stile inconfondibile del designer di Strasburgo si tramuta in un antidoto contro il dilagante appiattimento esistenziale.

 

 

Foto: “Thierry Mugler exhibit @ Montreal Museum of Fine Art” by Stephen Kelly via Flickr, CC BY-2.0

Glitter People

 

” Credo che le coincidenze siano fondamentali, ma una coincidenza è fatta di energie che si incontrano e si muovono verso lo stesso obiettivo. Devi muoverti per andargli incontro.”

Virgil Abloh

(da “Abloh – isms”, a cura di Larry Warsh. Edizioni Princeton University Press)

 

In ricordo di Virgil Abloh

 

Photo by Myles Kalus Anak Jihem, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

 

Addio a Kenzo Takada

 

Se ho dato un importante contributo alla moda è stato di quello di portarle un po’ di accessibilità. Ciò che feci non fu proprio basic, ma non era neanche couture, e quello era in un periodo in cui la moda francese era tutta una questione di couture.

(Kenzo Takada)

Il Covid-19 ha stroncato la vita di Kenzo Takada, che negli anni ’70 portò una sferzata di colore e di giocosità nel mondo della moda. Il designer giapponese è morto il 4 Ottobre, a Parigi. Aveva 81 anni. Nato a Himeji, in Giappone, si era trasferito nella Ville Lumière nel 1964, subito dopo essersi diplomato in una fashion school di Tokyo; sei anni dopo, la sua prima collezione – presentata al Vivienne Gallery – riscuoteva un successo oltre ogni aspettativa. In una Francia ancora dominata dalla Couture, Kenzo lanciava uno stile basato su un sorprendente mix di chic parigino e suggestioni jap. Stampe floreali (il trademark del brand), tigrate, richiami esotici, miriadi di tessuti e ricorrenti venature etniche si fondevano in un connubio esaltato da tonalità vibranti. Le collezioni degli esordi di Kenzo sono ancora perfettamente attuali: parlano di multiculturalismo, viaggiano tra Oriente ed Occidente di continuo, inneggiano alla modernità tramite un mood playful che il tempo non ha mai intaccato. A Parigi Kenzo aveva aperto una boutique, la famosa Jungle Jap. Nel 1971 già sfilava a New York e a Tokyo, dove riceveva il prestigioso premio Fashion Editors Club of Japan; a questo riconoscimento sono seguiti il Bath Museum of Costume Dress of the Year nel 1976 e l’ onorificenza di Cavaliere dell’ Ordine delle Arti e delle Lettere di Francia nel 1984.

 

Iman fotografata da Hans Feurer per una ad campaign Kenzo del 1983

L’ eleganza giocosa del designer si esprimeva anche attraverso i suoi fashion show. Per due anni di fila, nel 1978 e nel 1979, ha organizzato sfilate in un circo dove, in chiusura, si presentava sul dorso di un elefante: un gesto scevro da ogni traccia di autoglorificazione e molto ironico, forse associato a quel gusto esotico onnipresente nelle sue creazioni. L’ amore per la moda, inoltre, lo ha spronato a mettersi in gioco come costumista e a realizzare abiti di scena sia destinati al cinema che alle rappresentazioni teatrali.

 

Un look della collezione PE 1998

Nel frattempo, il brand di Kenzo si consolidava ulteriormente: il 1983 ha segnato il debutto della linea di menswear, mentre risale al 1998 il lancio dei primi profumi della griffe. Flower by Kenzo, il più celebre, è stato creato nel 2000, ma all’ epoca lo stilista era già “uscito di scena”. Sei anni dopo l’acquisizione del marchio da parte del gruppo LVMH , avvenuta nel 1993, Kenzo si è ritirato ufficialmente, rifacendo la sua comparsa nelle vesti di designer d’interni qualche tempo dopo. Oggi, il portoghese Felipe Oliveira Baptista – nominato direttore creativo del brand fondato da Takada – porta avanti l’eredità di Kenzo condividendone l’ amore per le stampe, per il colore e soprattutto l’estro eccentrico.

 

Uno scatto tratto dalla ad campaign PE 1975 realizzata da Hans Feurer, che ha sempre colto lo spirito di Kenzo nella sua quintessenza

Una ad datata 1985

 

Foto di Kenzo di Michell Zappa / CC BY (https://creativecommons.org/licenses/by/3.0) via Wikimedia Commons

 

 

Addio a Luis Sepùlveda

 

” «Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. È acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le ali» miagolò Zorba. La gabbianella spiegò le ali. I riflettori la inondavano di luce e la pioggia le copriva di perle le piume. L’umano e il gatto la videro sollevare la testa con gli occhi chiusi. «La pioggia. L’acqua. Mi piace!» stridette. «Ora volerai» miagolò Zorba. «Ti voglio bene. Sei un gatto molto buono» stridette Fortunata avvicinandosi al bordo della balaustra- «Ora volerai. Il cielo sarà tutto tuo» miagolò Zorba. “

Luis Sepùlveda, da “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”

Nell’ era del Coronavirus non è raro ascoltare notizie che spezzano il cuore. E proprio ieri è arrivata quella della morte, a causa del Covid-19, dello scrittore cileno Luis Sepùlveda. Voglio ricordarlo con una citazione tratta da “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, un romanzo famosissimo e ricco di riflessioni sul coraggio, sulla diversità, sulla natura umana. Credo che la produzione favolistica di Sepùlveda, che ebbe inizio nel 1996 proprio con questo libro, esprima a tutto tondo il suo pensiero e la sua sensibilità: gli animali che ne sono protagonisti si rifanno all’ antico genere in cui autori come Esopo, Fedro e La Fontaine eccelsero, e hanno molto da dire sull’ uomo e sul suo comportamento. Lo trovo un argomento più che mai attuale, su cui meditare a lungo. E anche se sono ancora ammutolita dalla tristezza, non posso fare a meno di ricordare l’impegno di Luis Sepùlveda, il suo grande amore per la poesia e per la natura, la fiducia che riponeva nell’ umanità. “Sogniamo che un altro mondo è possibile e realizzeremo quest’altro mondo possibile.”, scrive ne “Il potere dei sogni”: una convinzione che è insieme un monito e un auspicio per il futuro.