Schield Jewels: Diego Diaz Marin “racconta” la capsule collection esclusiva della PE 2017

 

Schield, il brand di luxury jewels capitanato da Roberto Ferlito, fa scintillare l’estate con una capsule e una ad campaign da amore a prima vista. Protagonisti sono collier, bracciali, anelli, orecchini ad alto tasso di estrosità creativa ed acquistabili esclusivamente nel sito ufficiale del marchio: a fare da fil rouge alle creazioni, l’ ispirazione a linee iconiche che hanno forgiato l’ estetica Schield. Ci sono i futuribili Cyborg Flowers smaltati in color menta, impreziositi da perle e da elementi Swarovski,  così come gli irrestibili  gioielli Fluid che sembrano in procinto di sciogliersi. Il design “dentiforme” della collezione Teeth Brace si adorna di smeraldi e ritorna in una parure apposita. Teste-scultura in argento ironicamente battezzate Vodoo decorano bracciali e collane che rievocano gli esotismi della linea Bunga Bunga, alternando ear-cuff in cerchietti multipli ai Cyborg Sculpture più scolpiti ed essenziali.

Una capsule così esplosiva e variegata non poteva che essere valorizzata da una campagna ad hoc: il tocco di Diego Diaz Marin è inconfondibile, impregna ciascun scatto di un quid potentemente surreale. La donna Schield si muove in uno spazio urbano aperto, ma delimitato e cosparso da strutture geometriche; il cielo azzurro “signature” di Diaz Marin ci ricorda che siamo in piena estate. Bionda e in apparenza algida, vestita di un total black che si impone sullo sfondo luminoso, la protagonista è verosimilmente una delle nevrotiche ricorrenti in tutta l’ opera del fotografo spagnolo. Un elemento clou sono i guanti che indossa: ad un modello oltre il gomito, in pelle nera e vagamente feticista, ne alterna uno in seta bianca emblema di candore. Il mix di naiveté e grinta è una sua caratteristica, l’ ambivalenza che si fa dissonanza armonica.  Ad esaltare questo dualismo i gioielli Schield, che attraverso i loro bagliori lo elevano a unicità pura. Perchè stile, irriverenza e ricercatezza unconventional sono un must che ben si accorda con chiunque brilli di luce propria. Nelle sue molteplici sfaccettature.

CREDITS

Photo: Diego Diaz Marin

Model: Kseniia Smirnova

Make up & Hair: Erika Ramazzotti

Production: Fingercoast Studios

Featured on Schield official and Doubleview Official

Photo courtesy of Fingercoast Studios

La moda come linguaggio: incontro con Sara Schiavo

Sara in un ritratto di Nelum Francesca Caramini

Se creare, come Camus disse, è “vivere due volte”, Sara Schiavo (leggi qui l’ articolo che VALIUM ha dedicato al suo editoriale “Persinette”) si è assicurata esistenze molteplici grazie alla sua inventiva. Il senso artistico nel sangue, geniale e intuitiva, la giovane creativa romana ha messo in gioco il suo talento a 360°: l’ eclettismo è uno dei tratti che più la identifica. Un eclettismo che nel connubio tra idee e ricerca, nel continuo divenire del flusso ispirativo, nella necessità di esprimersi tramite un’ iconografia potente trova la sua linfa principale. Art director, stylist, designer, consulente, Sara, sostanzialmente, “racconta storie”. E lo fa attingendo all’ immensa forza evocativa veicolata dall’ immagine, dall’ impatto visivo.  La moda rappresenta il cardine su cui poggia la sua intera visione creativa,  un fil rouge che si snoda in un viavai di contaminazioni costanti: fotografia, arte, cinema, riferimenti storici, fiabe, personaggi, “fotogrammi” di vita quotidiana, tutto diventa prezioso materiale che alle suggestioni dona forma e concretezza. Ma non pensate ad una “moda” come pura espressione del gusto del momento; per Sara Schiavo la moda è un linguaggio che ingloba passato, futuro e presente, li mette in dialogo e non viene mai meno al suo valore comunicativo. E’ lei stessa a spiegarcelo in una torrida serata estiva, mentre a Roma l’ afa poco a poco sfuma nel rigenerante Ponentino.

La tua carriera ruota attorno al concetto di “moda”. Com’è cominciato, tutto?

Ho fatto studi artistici, ero portata per il disegno e mi è venuto naturale. Dopo il diploma in grafica pubblicitaria e la laurea in Scienze della Moda e del Costume all’ Università della Sapienza, mi sono iscritta all’ Accademia di Costume e Moda. Ho subito capito che quella sarebbe stata la mia strada. Il mio primo photo shoot risale al progetto di scouting “Final Work – Talents 2011” a conclusione dell’Accademia: contestualizzare i 5 oufit da me creati, che mi sono valsi il 3° posto e hanno sfilato ad Altaroma, è stato il cuore del lavoro. Con dei miei amici fotografi (Paula Ling yi Sun, Nelum Francesca.Caramini, Alessandro Cantarini e Martina Scorcucchi, per una volta nelle vesti di modella) abbiamo scattato alle Cave di Marmo di Carrara, perché la lavorazione della pelle degli abiti era tutto un richiamo alle forme delle rocce e alle loro venature. E’ stata una bellissima avventura, il progetto ha ottenuto molta visibilità e hanno cominciato a contattarmi diverse persone interessate a me non solo come designer, ma anche come art director e stylist. Dopo l’Accademia ho lavorato per due anni all’ Ufficio Stile di Valentino e ho collaborato con un magazine indipendente, FAMO, dove mi occupavo di moda. Dopodiché, tra consulenze e campagne pubblicitarie, ho lavorato essenzialmente come freelance. Dall’ anno scorso insegno Senso Estetico all’ Accademia delle Arti e delle Nuove Tecnologie di Roma, da giugno allo IED di Roma Styling per la moda e a tutt’ oggi, tra l’altro, faccio cool hunting per due brand: ricerco tendenze e immagini che siano di spunto per le collezioni. Mi piace molto perché la curiosità è una mia caratteristica.

Dall’ editoriale “Oh, Ophelia!” (published on Sticks and Stones agency) –  Photo by Marco Valerio Nati

Che cosa rappresenta, per te, la moda?

Un veicolo per comunicare sentimenti, per esprimere esperienza, un modo di vedere il mondo. Per me la moda non è soltanto l’abito, la tendenza del momento. E’ il linguaggio attuale, può riguardare qualsiasi contesto e qualsiasi settore: anticipa i linguaggi futuri, rimanda al passato e ti spinge a comunicarlo in modo più attuale…La moda è il mezzo di espressione più potente che esista, e per esprimersi ha infiniti modi: il design ne rappresenta solo uno.

Come hai vissuto il periodo dei tuoi studi all’ Accademia di Costume e Moda, “vivaio” di talenti illustri come – solo per citarne alcuni – Alessandro Michele, Frida Giannini e Tommaso Aquilani?

Dell’ Accademia ho un ricordo bellissimo anche perché è stato bellissimo relazionarmi con gli altri studenti. Da loro ho imparato tanto, la creatività era alle stelle e la voglia di fare altissima rispetto a quello che ci veniva proposto dall’ Accademia stessa. Abbiamo cominciato a creare delle cose tra di noi spontaneamente, per il puro piacere della sperimentazione: i costumi per le feste che organizzavamo in Accademia, gli allestimenti… E’ stato forse uno dei periodi più belli che io ricordi, perché eravamo completamente liberi e “artistoidi”!

Da “Oh, Ophelia!” – Photo by Marco Valerio Nati

Da “Oh, Ophelia!” – Photo by Marco Valerio Nati

Hai esordito come “junior designer” nel team di Valentino: un ottimo inizio, non c’è che dire. Cosa ci racconti al riguardo?

E’ stato molto costruttivo perché l’entrare subito a contatto con un’azienda così strutturata ha sicuramente accelerato la mia crescita professionale. Se oggi sono molto organizzata è perché ho lavorato da Valentino, dove tutto funzionava alla perfezione. Ho una base solida alle spalle. Mi è un po’ mancato l’aspetto della ‘libertà’: in fondo sono una “free spirit” e la vita d’ufficio non fa per me. Ma ne è valsa la pena per capire cosa volevo veramente fare. Pur lavorando tantissimo, io sentivo sempre il bisogno di stare sul set fotografico…

Che valore ha rivestito, per te, quell’ esperienza?

Quando lavoravo da Valentino, Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli erano già direttori creativi dal 2008. L’azienda, con loro, è cresciuta moltissimo. Hanno fatto un ottimo lavoro. Era bellissimo anche solo vedere quando gli abiti venivano realizzati, le vendeuse che ricevevano le ospiti nei salon Haute Couture…Ho avuto la fortuna di calarmi nelle atmosfere di una delle Maison più importanti al mondo, con un Dna fortissimo. E’ stata un’esperienza molto intensa, ma il bisogno di sperimentare fa parte di me stessa…Preferisco mettermi in gioco in realtà molteplici.

Da “The Dreamers” (published on Book Moda) – Photo by Ursu

Da “The Dreamers” – Photo by Ursu

Oggi crei nelle vesti di Art Director, Fashion Editor, designer e Fashion stylist. Qual è il ruolo che ti calza più a pennello?

La direzione artistica è il ruolo che più mi compete, perché le mie capacità organizzative mi consentono di gestirlo perfettamente. La ricerca è un’altra cosa che mi appassiona moltissimo, l’arrivare a partorire un’idea. Per me è un modo molto forte di esprimermi. Mi piace condividere e costruire le mie visioni insieme ad altri professionisti, è bellissimo così come lo è individuare i personaggi più adatti a raccontare una storia: il fotografo, la modella, la make up artist, l’hairstylist, la location, lo studio della luce e dell’atmosfera…Il gioco di squadra conduce a risultati sempre nuovi. Ho avuto anche esperienze come regista di fashion film.

A quali ispirazioni attinge la tua visione creativa?

Magari vado in macchina, per strada vedo un posto e immagino una storia. Tutto può essere fonte di ispirazione: a volte è la natura, altre l’arte, altre ancora il cinema oppure un personaggio, che sia esistente o meno. A volte delle specie di visioni che mi diverto a interpretare. Cerco sempre, dopo aver avuto un’idea, di far ricerca, di approfondire, di trovare spunti per descrivere la storia che via via si sviluppa…Per me è essenziale.

PARAKIAN Paris SS 2017 adv campaign – Photo by  Paolo Santambrogio

Esistono leitmotiv che ricorrono nel tuo immaginario artistico?

Il personaggio femminile in generale: fanciulla, donna romantica, madre, figlia. La figura femminile è per me spesso fonte di ispirazione, forse perché riesco ad immedesimarmi maggiormente. In generale, comunque, penso che i miei progetti siano tutti molto diversi tra loro perché mi piace fare cose nuove, collaborare con fotografi con stili completamente dissimili. Anche i miei fotografi preferiti hanno un’estetica personalissima, molto riconoscibile: penso ad Harley Weir, a Michal Pudelka, a Tim Walker

In che direzione evolvono i tuoi progetti futuri?

Per scaramanzia, preferirei non parlarne ancora. Sicuramente non mi fermerò!

Da “Daughters” (published on Mia Le Journal n. 2) – Photo by Sara Mautone

Da “Daughters” – Photo by Sara Mautone

Da “Devozione” (published on Liike Magazine Issue One) – Photo by Cristiano Pedrocco

Da “Devozione” – Photo by Cristiano Pedrocco

Da “Devozione” – Photo by Cristiano Pedrocco

Da “Persinette” (published on Paperonfire) – Photo by Daria Paladino

Da “Somnia Naturae” (published on Switch Magazine October Issue) – Photo by Marco Valerio Nati

Da “Somnia Naturae” – Photo by Marco Valerio Nati

CREDITS

Oh, Ophelia!” published on Sticks and Stones agency
art direction & styling Sara Schiavo
photography Marco Valerio Nati
model Alice Pagani
mua Mariangela Palatini
styling assistant Noemi Clarizio
The Dreamers” published on Book Moda
art direction & styling Sara Schiavo
 photography Ursu
models Cecile @iconmodels, Christina @iconmodels and Vittorio @iconmodels
mua & hair Claudio Ferri using Lancôme, Nars and Artego
styling assistant Giulia Mantovani and Angelo De Luca
photography assistant Franco Sassara
mua & hair assistant David Ciorba and Elena Florentina
special thanks to C.o.h.o. Loft, Rome
PARAKIAN Paris SS17 adv campaign
art direction & styling Sara Schiavo
photography Paolo Santambrogio
model Claire De Regge
mua & hair Luciano Chiarello 
styling assistant Gianluca Francese
with Chiara Giannoni, Luca Parrini and Riccardo Oggionni
special thanks for jewels Bernard Delettrez
Daughters” published on Mia Le Journal N°2
art direction Sara Schiavo
photography Sara Mautone
models Caitlin Marie @iconmodels, Patrycja Gacka & Jennifer Distaso
styling Alexia Mingarelli & Sarah Venturini
mua & hair Guia Bianchi
Devozione” published on Liike Magazine Issue One
art direction & styling Sara Schiavo
photography Cristiano Pedrocco
model Valentina Oteri
mua & hair Eleonora Juglair
styling assistant Angelo De Luca
photography assistant Taieb Ksiksi
Persinette” published on Paperonfire
art direction & styling Sara Schiavo
photography Daria Paladino
model Serena Ihnatiuc
mua Micaela Baruffa
hair Salvino Palmieri
styling assistant Noemi Clarizio
photo retouching Laura Gianetti
special thanks to Gold Fever Hair Extensions, Olga Teksheva and Coup de Théâtre
Somnia Naturae” published on Switch Magazine October Issue
art direction Sara Schiavo
photography Marco Valerio Nati
model Anna Bihas
styling Alexia Mingarelli
mua & hair Eleonora Juglair
styling assistant Gianluca Francese

“Christian Dior, couturier du reve”: la grande mostra che celebra i 70 anni della Maison

Christian Dior, Bar suit, Haute Couture, Spring-Summer 1947, Afternoon suit, Shantung jacket , Pleated corolla skirt in wool crêpe, Musée des Arts Décoratifs, UFAC
© Photo Les Arts Décoratifs / Nicholas Alan Cope

Sono trascorsi 70 anni da quando il New Look, nel secondo dopoguerra, rivoluzionò in toto la silhouette femminile. Era il 1947 e la collezione Primavera/Estate di Christian Dior, contrapponendo uno charme elegante alle austerità imperanti durante il conflitto bellico, riscosse un successo tale da far sì che Parigi fosse ribattezzata “capitale della moda internazionale”. Da allora, la Maison Dior ha conosciuto un’ epopea di invariato splendore che in occasione del suo 70mo viene celebrata da una retrospettiva parigina: “Christian Dior, couturier du reve” è appena stata inaugurata presso il Musée des Arts Décoratifs e sarà visitabile fino al 7 Gennaio 2018. La mostra approfondisce ad ampio spettro l’ universo Dior, ripercorrendo il percorso inaugurato da Monsieur Christian fino ad approdare ai suoi illustri successori; il tributo è in grande stile, forse il più maestoso mai dedicato alla Maison. Agli oltre 300 abiti di Haute Couture selezionati viene affiancato, infatti, il fitto patrimonio intangibile costituito dalle emozioni, dalle storie di vita, dalle affinità e dalle ispirazioni, un heritage insostituibile documentato attraverso documenti, tele d’atelier, fotografie, schizzi, illustrazioni e reperti pubblicitari oltre che da accessori come i cappelli, le scarpe, le borse e dagli storici profumi Dior.

Christian Dior, Opéra Bouffe gown, Haute Couture, Fall-Winter 1956, Aiman line Short evening gown in silk faille by Abraham, Paris, Dior Héritage
© Photo Les Arts Décoratifs / Nicholas Alan Cope *

A dare il via al percorso espositivo, un approfondimento biografico sul “couturier du reve”: l’ infanzia a Grenville, gli Anni Ruggenti trascorsi in una Parigi effervescente dove inaugurò una galleria d’Arte, gli inizi nella Haute Couture come illustratore vengono evidenziati al pari delle sue passioni. L’ arte fu, senza dubbio, l’ amore principale di Christian Dior. Lo rivela il feeling che instaurò con nomi del calibro di Giacometti, Max Jacob, Dalì, Leonor Fini, Jean Cocteau e moltissimi altri habitué della galleria, ma anche la cospicua serie di dipinti, arredi, sculture, oggetti di antiquariato e d’arte esposti ad avvalorare la sua inclinazione. I curatori Florence Muller e Olivier Gabet hanno organizzato un excursus cronologico e tematico che si estende nei 3000 mq del Museo con dovizia di particolari: “raccontare” la Maison Dior significa anche, naturalmente, non tralasciare il prezioso ruolo che le creazioni fur di Frédéric Castet, i beauty look di Serge Lutens, Thyen e Peter Philips e le fragranze di François Demachy hanno rivestito nel forgiare la sua estetica. Fondamentale è poi lo spazio dedicato ai couturier che, dal 1957 (anno in cui Christian Dior morì improvvisamente) ad oggi, hanno portato avanti il suo heritage. Le creazioni di Yves Saint Laurent, Marc Bohan, Gianfranco Ferrè, John Galliano, Raf Simons e Maria Grazia Chiuri vengono omaggiate  in 6 gallerie che evidenziano le loro rispettive riletture di uno stile ormai leggendario.

Maria Grazia Chiuri for Christian Dior, Essence d’herbier cocktail dress, Haute Couture, Spring-Summer 2017, Ecru fringe cocktail dress, floral raffia and thread embroidery adomed with Swarovski crystals, derived from a Christian Dior original
© Photo Les Arts Décoratifs / Nicholas Alan Cope *

Quando il New Look trionfò, si impose una moda dai codici del tutto inediti: la linea a corolla, che sottolineava la vita e amplificava le gonne a dismisura, esaltava una nuova femminilità. Le spalle si arrotondavano dolcemente, il busto risaltava grazie a bar jacket aderenti e gli accessori – cappello, borsa, guanti – si tramutavano in parte integrante della mise. Al razionamento dei tessuti tipico della Seconda Guerra Mondiale venivano sostituite stoffe in metratura extra, la donna si riappropriava del gusto di abbigliarsi e di esibire glamour allo stato puro. La passione per l’arte e per l’ antiquariato divenne, per Christian Dior, sommo leitmotiv ispirativo: se ne rinvengono tracce sia nel design che nei pattern decorativi. Dal 1957 ad oggi, i couturier che gli sono succeduti hanno reinterpretato la sua cifra stilistica attingendo ai più svariati spunti. La raffinata audacia di Saint Laurent, lo chic lineare di Marc Bohan, le suggestioni architettoniche di Gianfranco Ferrè, la Punk couture teatrale di John Galliano, il rigoroso minimal di Raf Simons e il femminismo luxury di Maria Grazia Chiuri vengono analizzati, nella mostra, tramite outfit tanto splendidi quanto significativi.

John Galliano for Christian Dior, Shéhérazade ensemble, Haute Couture, Spring-Summer 1998 Evening ensemble , Ballets-Russes-inspired kimono, pyramid line with large silk velvet funnel collar, appliqué décor, embroidery and incrustation of Swarovski crystals, Long double satin sheath dress, Paris, Dior Héritage © Photo Les Arts Décoratifs / Nicholas Alan Cope *

A concludere l’ esposizione, la navata centrale si tramuta in sala da ballo per accogliere un novero di evening dress spettacolari. Alcuni di essi sono stati indossati da VIP del calibro della Principessa Grace di Monaco, Lady Diana Spencer, Charlize Theron e Jennifer Lawrence, affascinanti figure chiave dell’ iconografia Dior. Altre creazioni, sono per la prima volta visibili a Parigi. Tutti gli abiti contribuiscono, mirabilmente, ad illustrare la storia mitica di una Maison che del glamour ha fatto il suo emblema più sublime.

Gianfranco Ferré for Christian Dior, Palladio dress, Haute Couture, Spring-Summer 1992, In Balmy Summer Breezes line, Long embroidered and pleated white silk georgette sheath dress Paris, Dior Héritage © Photo Les Arts Décoratifs / Nicholas Alan Cope *

“CHRISTIAN DIOR, COUTURIER DU REVE”

Una mostra a cura di Florence Muller e Olivier Gabet con lo sponsor di Swarovski

Dal 5 Luglio 2017 al 7 Gennaio 2018

c/o Museé des Arts Décoratifs

107, Rue de Rivoli

Parigi

Per info: www.lesartsdecoratifs.fr

 

Raf Simons for Christian Dior, Haute Couture, Fall-Winter 2012
¾-length yellow duchess satin evening dress with Sterling Ruby SP178 shadow print, Paris, Dior Héritage, © Photo Les Arts Décoratifs / Nicholas Alan Cope *

Yves Saint Laurent for Christian Dior, Bonne Conduite dress, Haute Couture,
Spring-Summer 1958, Trapèze line, Smock dress in speckled wool by Rodier, Paris, Pierre Bergé – Yves Saint Laurent Foundation © Photo Les Arts Décoratifs / Nicholas Alan Cope *

Marc Bohan for Christian Dior, Gamin suit, Haute Couture, Fall-Winter 1961, Charme 62 line,Tweed suit, Short double-breasted jacket, Trapeze skirt and matching scarf Paris, Dior Héritage © Photo Les Arts Décoratifs / Nicholas Alan Cope *

Photo courtesy of Musée des Arts Décoratifs