Sulle tracce del Principe Maurice – Ritorno alle origini

Il Principe in Piazza San Marco con Nefer Suvio e Daniel Didoné

 

Esattamente due anni fa, la diffusione del Coronavirus iniziava a stravolgere gli equilibri, gli stili di vita e le certezze della popolazione mondiale. Oggi, nonostante la situazione sia discretamente migliorata, il ritorno alla normalità sembra ancora lontano. Il prolungarsi della pandemia ha moltiplicato le modalità di rapportarsi all’ esistenza: tra di esse rientra, ad esempio, lo sviluppo di una nuova consapevolezza. Si riflette molto di più, si tende ad affrontare fatti ed argomenti sotto inedite prospettive. Il soggetto di “Lo sguardo su Venezia”, un documentario (diretto da Simone Marcelli, narrato da Ottavia Piccolo insieme a Carlo Montanaro e musicato da Pino Donaggio) presentato al Teatro La Fenice il 18 Gennaio scorso, è nato proprio da questo input: ripensare Venezia, ripercorrere le origini della città e il modo in cui ha forgiato la sua essenza per ripristinare lo splendore che l’ha sempre contraddistinta. Il Principe Maurice, che ha assistito alla proiezione, è rimasto estremamente colpito dalle considerazioni espresse nella pellicola. Il Grand Tour, la differenza tra “turisti” e “visitatori”, la necessità di restituire un’ anima al capoluogo del Veneto sono temi che da locali si fanno universali, stimolando riflessioni sui mutamenti indotti dall’ era pandemica. Il Principe stesso ha avvertito l’ impellenza di rigenerarsi, di tornare alle origini per riconnettersi con il proprio io più profondo. Nell’ intervista qui di seguito ci racconta i dettagli di questo suo percorso e molto altro ancora: parleremo della chiusura delle discoteche, dell’ emergenza sanitaria, di società e socialità, del musical “Casanova Opera Pop” di Red Canzian, ma soprattutto parleremo di Carnevale. Perchè il Carnevale di Venezia si avvicina a grandi passi ed è pronto a stupirci con una formula nuova di zecca. Nessuno meglio del Principe Maurice, che anche quest’ anno ricoprirà il ruolo di Maestro di Cerimonie della kermesse, potrebbe trascinarci nelle magiche atmosfere dell’ antichissima festa veneziana. Seguiamolo e lasciamoci ammaliare dal magnetismo del suo eloquio.

In occasione dei tuoi Auguri di Natale avevamo celebrato la rinascita del Cocoricò. Oggi, a un mese di distanza da quell’ intervista, siamo punto e a capo. Chiusura delle discoteche, nuove e sempre più stringenti restrizioni…Qual è il tuo punto di vista su questa situazione?

Eravamo gioiosi e euforici: era la vigilia di Natale e proprio a Natale ci sarebbe stata una data extra del Memorabilia grazie al successo ottenuto dall’ appuntamento del 7 dicembre. Il nostro entusiasmo era grande, la meraviglia anche, ma a causa della situazione Covid il Comitato Tecnico Scientifico ha deciso improvvisamente di chiudere tutto. Pensavamo che il decreto sarebbe diventato effettivo dopo Natale, invece è stato reso operativo immediatamente. Quindi il Memorabilia è saltato e le discoteche sono rimaste chiuse fino al 31 Gennaio, ma il nuovo decreto ne ha posticipato la riapertura al 12 Febbraio: un gigantesca mazzata – oltre che economica anche psicologica – sia per noi artisti che per gli operatori, gli imprenditori e ancor più per i ragazzi, che erano così entusiasti, cosi partecipi…Quando sono ritornato al Cocoricò mi sono commosso, si era instaurata un’empatia, un’energia bellissima. Poi, all’ improvviso…Tac! Mannaia…Questa decisione non si riesce a comprendere appieno, bisogna fare una profonda riflessione sotto tutti i punti di vista. Innanzitutto medico-scientifico, ma anche politico, economico e sociale, perché la situazione è veramente devastante: navighiamo a vista.

 

Il Grand Tour del Principe all’ Acropoli di Atene

Nell’ epoca del Covid, tra no vax, sì vax, no green pass, pro green pass e una quotidianità completamente vincolata al certificato verde, la società si è sgretolata e suddivisa in fazioni…Tutto questo, a tuo parere, lascerà cicatrici anche quando terminerà l’emergenza sanitaria?

Assolutamente sì. Sono convinto che le cicatrici saranno profonde e forti, tant’è che io stesso ho sentito l’esigenza di sfruttare tutte le occasioni di socialità perché altrimenti sarei impazzito. Sono un animale sociale e da palcoscenico, per me sarebbe follia pura dover rinunciare di nuovo a tutto! Ho deciso di andare alla ricerca delle origini dell’umanità più bella e più profonda attraverso un viaggio in Grecia sulle orme del famoso “Grand Tour”. Durante la prestigiosa presentazione al Gran Teatro La Fenice del documentario “Lo sguardo su Venezia”, si è parlato molto del Grand Tour: era un modo per educare i giovani aristocratici ed alto borghesi alla bellezza, ai valori fondamentali di un’umanità illuminata e autentica che è quella delle origini; quindi quella dell’antica Grecia, dell’antica Roma, del Rinascimento…Io sono voluto partire dall’ antica Grecia. Perché è proprio lì, nell’ Acropoli di Atene, che si respira il bello dell’umanità. L’ usanza di incoraggiare i giovani dell’aristocrazia a fare viaggi che li preparassero ad avere una visione più ampia della società e della cultura fu sancita da Elisabetta I di Inghilterra. Da “Grand Tour” è poi derivato il termine “turismo”, che oggi ha acquisito un’accezione quasi negativa. Nel documentario si affermava che “avremmo bisogno di meno turisti e di più visitatori”, per cui io, da visitatore, sono andato alle origini di tutto ed è stato un momento bellissimo, perché mi sono rifocillato l’anima. Abbiamo bisogno di ritrovare l’umanità che c’è in noi, di non perdere la fiducia nel prossimo…Sapere che esiste la filosofia, che esiste la democrazia nella sua accezione più profonda, che esiste la bellezza (decodificata in un modo fruibile da chiunque, la famosa bellezza classica) è meraviglioso, e lo consiglio a tutti. Andiamo in cerca di quello che ci fa emozionare ancora, riportiamolo nelle nostre vite. C’è troppa ansia in giro, troppa paura, si è sviluppata troppa cattiveria. Nei momenti di difficoltà l’uomo ha spesso rivelato il suo lato peggiore.

 

Ottavia Piccolo, protagonista della narrazione di “Lo sguardo su Venezia”, insieme allo storico Carlo Montanaro, autore dei testi e narratore, a sua volta, del documentario

L’ Acropoli d’Atene by night: un’ immagine altamente suggestiva

Tu, nel frattempo, a cosa ti stai dedicando?

Sono già prontissimo per il Carnevale!  Sto cercando di capire come posso rinnovare e implementare le mie capacità espressive e artistiche, vorrei farlo ripartendo dalle origini; anche a livello musicale, per esempio, ho ripreso a studiare autori che avevo accantonato da tempo. Recentemente, una delle mie più belle uscite mondane si è svolta alla Venice Cocktail Week: un evento che ha messo i maggiori bartender del mondo in competizione tra loro per creare nuovi cocktail da presentare sul mercato. Era presente anche Roberto Pellegrini, bartender di spicco oltre che padre della campionessa Federica Pellegrini. Ci conosciamo da tantissimi anni perché è stato un maitre del Florian, del bar del Gritti, del Danieli…Durante la Venice Cocktail Week, al Caffè Florian Pellegrini ha proposto un nuovo tipo di vermut dedicato agli intrighi veneziani. Mi ha quindi invitato a presentare questo “intrigante” prodotto nelle vesti di Casanova. E’ successo venerdi’ 17 dicembre. Potrebbe sembrare una data infausta ma ti confesso che a me, di venerdì 17, sono sempre successe cose belle! Tantevvero che al Florian ero in compagnia di Nefer Suvio, la compagna di Nick Rhodes dei Duran Duran, che mi ha fatto da dama. Mi è venuta a trovare a Venezia ed è stata la mia ospite d’onore dell’evento di presentazione. Indossava un costume settecentesco semplicemente delizioso dell’Atelier Nicolao! Con noi c’era anche Daniel Didonè, il mio fido assistente, per l’occasione nel ruolo di moretto. E’ stata una serata davvero stupenda!

 

Un quartetto d’eccezione. Da sinistra a destra: Nefer Suvio, il Principe Maurice, l’ acclamato bartender Roberto Pellegrini (padre della campionessa Federica) e Daniel Didoné alla Venice Cocktail Week

Dal nostro ultimo appuntamento ad oggi, cosa è successo nella tua vita?     

Purtroppo sono risultato anch’io positivo al Covid, e proprio durante la settimana di Natale. Ero quasi asintomatico, ma ho dovuto rinunciare a diverse cose che avevo in programma: ad esempio, raggiungere la mia famiglia. Mi è dispiaciuto parecchio…Fortunatamente il 30 ero già guarito e libero dai vincoli della quarantena. Per cui a Capodanno mi sono esibito in un dinner show all’ Odissea di Treviso e devo dirti che mi sono completamente ripreso! Con me c’era Micaela Martinis, un’artista di cabaret burlesque che ha rallegrato la cena con la sua performance. Dopodiché, ho fatto questo bel viaggio in Grecia. Ma prima ancora sono andato a trovare mia sorella in Brianza e mi sono goduto il panorama meraviglioso e assolato del “ramo del lago di Como” di cui parla Manzoni ne “I Promessi Sposi”. Tornando alla Grecia, in me c’è stata un’importante presa di coscienza: ho capito che dovevo ripercorrere le origini, anche le mie, i miei ricordi, per aggrapparmi a quello che c’era prima e per cercare di rielaborarlo in futuro. Dovevo rievocare i valori che ho avuto, la bellezza che mi ha circondato…Bisogna iniziare a curare l’anima, oltre che il fisico.

 

Ricordi dal Capodanno 2021: Maurice con la Burlesque performer Micaela Martinis, in arte Lucy Ladyville, e il dinner show dell’ Odissea di Spresiano Veneto (TV)

Il 12 Febbraio avrà inizio il Carnevale di Venezia. E’ stato già deciso il tema conduttore? E soprattutto, sarà un Carnevale in presenza o via streaming come lo scorso anno?

Intanto, alleluja!, non sarà via streaming (un pochino si, però.). Quest’anno si punta a rendere le maschere protagoniste, potranno passeggiare per la città e godersi gli splendori della laguna in attesa di partecipare alle cene negli antichi palazzi, in particolare – dal 19 febbraio in poi – al gala ufficiale del Carnevale a Ca’ Vendramin Calergi (il Casinò) del quale sarò Maestro di Cerimonie. Piazza San Marco, con le sue dimensioni, avrebbe favorito la formazione di assembramenti. Invece il Carnevale dovrà svolgersi sì in presenza, ma in tutta sicurezza. Il tema conduttore non è stato ancora reso noto, verrà svelato last minute. Come direttore artistico dell’Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia, assieme alla Presidente Giovanna Barbiero ho preparato un programma molto bello. Si partirà venerdì 25 con un evento straordinario a Palazzo Labia, sede della Rai Veneto; sabato 26 è previsto il Corteo delle Nazioni dedicato alle autorità e al Corpo Diplomatico presente in città: si alterneranno un corteo di gondole, un concerto e un cocktail nella cornice prestigiosa dell’Hotel Ca’ Sagredo. Per Martedì Grasso è in programma invece il gala internazionale  di chiusura a Palazzo Pisani Moretta, il più bel palazzo del Canal Grande. Penso che il Carnevale 2022 sarà ancora più bello e partecipato emozionalmente del solito. Verrà chi ama mettersi in costume, chi vuol godersi la città come se fosse un vero e proprio teatro…Venezia non sarà più “folla, disagio e strattoni”, ma si tramuterà nello splendido palcoscenico che è sempre stata. Soprattutto, la formula “palco e pubblico” caratteristica di Piazza San Marco verrà superata. Saranno tutti protagonisti! Le maschere, naturalmente, saranno molto gradite: è un’occasione per esplorare la città evitando inutili assembramenti, perché il Carnevale si concentrerà nei palazzi e nei teatri.

 

“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti”…In questo scatto brianzolo, Maurice ha immortalato il lago descritto da Manzoni ne “I Promessi Sposi”

Il lungolago di Lecco

Potresti darci qualche anticipazione sugli eventi a cui prenderai parte, o è ancora tutto top secret?

Il calendario è fitto, ma navighiamo a vista e bisogna capire giorno dopo giorno quali saranno gli sviluppi. Posso anticiparvi alcuni impegni che al momento ho preso: come già detto, sabato 19, il primo giorno di Carnevale, sarò Maestro di Cerimonie al gala ufficiale del Casinò. Ca’ Vendramin Calergi è uno dei più bei palazzi del Canal Grande, un palazzo rinascimentale prestigioso oltre che stupendo. Durante le serate “non grasse” il Casinò è a disposizione per eventi privati o aziendali, perciò ritornerò a Ca’ Vendramin Calergi da giovedì 24. Venerdì 25, al termine del gala, raggiungerò l’Associazione Internazionale del Carnevale di Venezia a Palazzo Labia, dove si terrà una festa dedicata al trionfo dei sensi che coinciderà anche con la fine delle celebrazioni per i 1600 anni di Venezia. Il tema della festa si rifà al significato storico del Carnevale: quel “panem et circensem” tipico altresì della Serenissima, quando il Carnevale durava sei mesi l’anno per fare in modo che la gente non pensasse ai problemi politici e sociali. Sabato 26 è previsto il corteo di gondole con cocktail e concerto, mentre la sera sarò di nuovo al Casinò. Nei locali, nei caffè storici, nelle lounge degli hotel, inoltre, saranno organizzati appuntamenti come la cioccolata calda da gustare in maschera con un accompagnamento musicale. Martedì Grasso ovviamente sarò al Casinò, poi darò un ultimo saluto ai soci dell’Associazione Internazionale nella meravigliosa cornice di Palazzo Pisani Moretta. L’ anticipazione più importante che posso darvi è che sarà un Carnevale vissuto nelle calli, nei campi e nei palazzi. Io stesso, durante il giorno, mi godrò in maschera la città. Il bello del Carnevale è anche poter essere anonimi, sennò che gusto c’è? L’ importante è che io non parli, altrimenti mi riconosceranno subito. Sarò silente, lo prometto!

 

Ca’ Vendramin Calergi, sede del gala ufficiale del Carnevale di Venezia

A proposito di Venezia: il 21 Gennaio, al Teatro Malibran, ha debuttato il musical “Casanova Opera Pop” di Red Canzian. Ci avevi già accennato al tuo ruolo di “consulente speciale” della produzione. Com’è andata? E come ha accolto l’opera, il pubblico veneziano? Ho letto che i biglietti sono andati sold out…

Un sold out incredibile!  Dal punto di vista musicale si evidenzia innanzitutto il talento di chi l’ha composto, ovvero Red Canzian. Ho avuto modo di ascoltare l’intera opera e di assistere alle prove costumi, che sono stati realizzati nell’ atelier di Stefano Nicolao. Le scenografie sono straordinarie, che siano “tradizionali” o riprodotte su led wall. Io penso che “Casanova Opera Pop” sia destinato a diventare un classico, bello ed importante, del musical. Il mio augurio e desiderio è che possa diventare un classico della città di Venezia, cioè che venga rappresentato in pianta stabile in città. E magari proprio al Malibran, un gioiello Art Nouveau sotto l’egida de La Fenice. C’è una tale qualità, una tale bellezza, una tale fruibilità per la facilità di linguaggio e per la vena pop raffinata, che potrebbe benissimo diventare uno spettacolo fisso.

 

Sold out totale per il musical “Casanova Opera Pop” di Red Canzian al Teatro Malibran di Venezia

E poi dà un’immagine inedita di Casanova: finalmente, il grande seduttore si innamora. La donna che ama, Francesca, è una ragazza semplice e meravigliosa. Lui, che collezionava relazioni soprattutto tra le aristocratiche, le cantanti e le grandi attrici, si innamora di una ragazza senza grilli per la testa. E’ un po’ quello di cui parlavamo prima: cercare di arrivare alle origini, all’ essenza dei valori veri, senza troppi fronzoli. Nel musical, poi, c’è una vera guerra tra Casanova e una contessa austriaca che vorrebbe utilizzarlo come spia…Ci sono personaggi cattivi come in ogni fiaba (perché di fiaba si tratta), però ci sono anche tanti personaggi gioviali, piacevoli. Il sentimento prevale su tutto, non c’è nessun momento cupo ma una vaga venatura thriller conferita dalla nobildonna e dai suoi intrighi. Per il resto, l’amore trionfa: com’è giusto che sia in un musical su Casanova e su Venezia!

 

Maurice alla prima del musical “Casanova Opera Pop”

Casanova versus Casanova: il Principe dietro alle quinte insieme a Gianmarco Schiaretti, l’attore che interpreta il grande seduttore veneziano nel musical di Canzian. Schiaretti è un cantante e attore che si è fatto notare come protagonista di prestigiosi musical internazionali

Come procede il lavoro teatrale sul rapporto tra te e il tuo fratello gemello venuto a mancare nei primi mesi di vita?

E’ sempre nel mio cuore. Si è leggermente arenato perché le ultime difficoltà mi hanno un po’ distratto, ma c’è. Ci vorrà del tempo per svilupparlo, mi rendo conto che è un progetto importante e profondo. Non ti nego che ho pensato di chiedere il supporto di uno psicologo che mi accompagnerà nel tentativo di rappresentare un fratello gemello che non sia semplicemente il doppio di me stesso, ma che sia credibile, autentico quanto me. Al momento, quindi, ho preso contatto con degli esperti di psicologia e sto scegliendo un professionista che mi aiuti ad avere una visione più accurata di questo sdoppiamento. L’aspetto intimo è quello che mi preme di più curare. La figura di mio fratello dovrebbe essere speculare ma anche originale, non vorrei cadere negli errori che la mia mente creativa potrebbe commettere inconsciamente.

 

 

Le discoteche dovrebbero ufficialmente riaprire il 12 Febbraio, anche se con la variante Omicron i cambiamenti sono all’ordine del giorno. Finirà mai questo incubo? Come potrebbe riuscire a salvarsi un settore così fortemente penalizzato dalla sciagura pandemica?

Tutte le volte che avevamo fatto delle supposizioni, sono state purtroppo demolite dalla realtà dei fatti. Più che altro, dall’ atteggiamento del Comitato Tecnico Scientifico e del Ministro alla Salute nei confronti del nostro settore. Si è sempre trascurato l’aspetto socioculturale delle discoteche e dei locali di intrattenimento per considerare solo argomenti come gli assembramenti, le regole, questo e quell’ altro. Ma sono sotto gli occhi di tutti i modi che oggi hanno i giovani per aggregarsi: alle megarisse, sempre più frequenti, si sono aggiunti incontri con le armi in mano. Perciò, finchè il Governo non si renderà conto di quanto il settore dell’intrattenimento possa essere di aiuto per la prevenzione e per la regolarizzazione della società…Io spero che cominci a vedere in noi degli alleati che lo aiuta a “gestire” le nuove generazioni. Noi saremo sempre gli ultimi degli ultimi a riaprire, a questo punto non mi resta che citare “Gli ultimi saranno i primi” del Vangelo secondo Matteo! Mi auguro che venga presto sigillata la parola “fine” sulla pericolosità di questo virus. Non riesco a prevedere una data ben precisa, ma spero che con l’inizio della nuova stagione qualcosa migliori. Adesso, l’importante è che i contagi e le morie vadano scemando.

 

Maurice al Teatro La Fenice di Venezia in occasione della presentazione del documentario “Lo sguardo su Venezia”

L’ invito all’ evento del Teatro La Fenice

Hai qualche ulteriore, succosa anteprima di cui ci vorresti parlare?

Per il momento siamo a posto: il Carnevale è il progetto più imminente. Se poi dovesse riaprire il Cocoricò, ci sarà un Memorabilia a marzo. Stavolta non puoi perdertelo!

 

Pino Donaggio, che ha firmato la colonna sonora di “Lo sguardo su Venezia”…

…e I Solisti Veneti, che all’ evento di presentazione del documentario hanno eseguito brani originali del suo commento musicale e svariati classici del loro repertorio vivaldiano

Vorrei concludere in modo non convenzionale: scegli una parola che sintetizzi come ti accingi a vivere questo nuovo anno. E speriamo che il 2022 segni la definitiva estinzione dell’insidioso, nefasto Covid 19!

Direi “ricreare”. Nel senso di rigenerare e di inventare qualcosa di nuovo su quel che sono riuscito a rigenerare ritornando alle origini…Ricreare ripassando quello che mi era sfuggito con il tempo sui valori fondamentali, sulle cose più belle. Sto rileggendo i classici della letteratura, riguardando tanti film, sto facendo viaggi che mi riportano ai primordi: l’Acropoli di Atene, Roma…Gli spunti per creare, ma anche per ricrearci e ricreare, non ci mancano. La mia parola del 2022 è “ricreare” in tutte le sue declinazioni. Ricreare anche nel senso di rinnovare, ma è un verbo che si presta a tantissimi significati. Ad esempio, ricreare nell’ accezione di donare un momento di ricreazione al prossimo. Prendersi i propri tempi per recuperare proprio a livello culturale, spirituale, i valori fondamentali senza i quali nulla si può fare, perché sono le basi della nostra esistenza. “Ricreare”… anche perché hanno distrutto tanto!

Per aggiornamenti sul programma del Carnevale di Venezia cliccate qui: www.carnevale.venezia.it

 

“Ricreare”…altre immagini del Grand Tour in Grecia di Maurice

Foto di Ca’ Vendramin Calergi di Dennis Jarvis from Halifax, Canada, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons

Sulle tracce del Principe Maurice – Un’estate da red carpet e gli indizi di un autunno eclettico

Il Principe Maurice, con tanto di Flassy Mask, sul red carpet della Mostra del Cinema di Venezia

Nonostante la pandemia dilagante, l’ estate del Principe Maurice è trascorsa in un susseguirsi di progetti, sorprese ed eclatanti novità. Potremmo definirla un’ “estate da red carpet”, e non solo metaforicamente: le sue apparizioni sul tappeto rosso della 77ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia sono state salutate da un autentico tripudio di applausi e scatti. Merito, forse, anche di una stagione che lo ha decretato “Principe del Lido” a tutti gli effetti, supremo testimonial di un’isola che ha contribuito a riportare agli antichi fasti. “Il Lido veniva chiamata “l’Isola d’Oro”, racconta, “un secolo orsono era una delle mete turistiche più esclusive del mondo. Non è un caso che vanti tuttora un’ eccellente offerta ricettiva. Parliamo di strutture del calibro dell’ Hotel Des Bains, che Thomas Mann inserì in “La morte a Venezia”, dell’ Hotel Excelsior, prima sede della Mostra del Cinema, dell’ Hotel Ausonia Hungaria, che con la sua facciata di maiolica in stile Liberty è uno dei più splendidi edifici Art Nouveau che io abbia mai visto. La spiaggia dell’ isola, Bandiera Blu, è lunga dodici chilometri, il mare è trasparente, e poi c’è la Terrazza del Blue Moon che è il fiore all’ occhiello del litorale. Gestirla artisticamente mi ha permesso di scoprire il Lido a 360 gradi: ci sono due stupende riserve naturali del WWF, l’Oasi Dune degli Alberoni e quella di San Nicolò , chi ama lo sport può sbizzarrirsi tra impianti di tiro a segno, maneggi, campi da tennis e da golf…Sulla pista del piccolo aereoporto turistico, pensate, atterrò nientemeno che D’Annunzio con il velivolo tramite cui raggiunse Fiume. ” L’attenzione del Principe si focalizza anche sugli eventi che hanno reso celebre  l’Isola d’Oro: “La Biennale Cinema ovviamente è il top, ma in generale la location si presta a feste che definirei “alla Grande Gatsby“. Ho in mente di creare un Carnevale d’Estate che – Covid permettendo – verrà inaugurato l’ anno prossimo!” Oltre al resoconto dei mesi estivi del nostro eroe, in questa intervista troverete delle ghiotte anticipazioni relative ai suoi progetti autunnali. Ve li sintetizzo con un sibillino “Ciak, si gira!” che potrete approfondire qui di seguito…

Dopo un’estate per te sfavillante, eccoci arrivati all’ autunno: una stagione che spesso coincide con nuovi progetti, in cui si formulano i veri buoni propositi. Quali sono i tuoi? Mi riferisco sia ai progetti che ai propositi.

I progetti sono importanti, in vista, ma non sono ancora delineati. Una delle conseguenze dell’emergenza Covid è questa sorta di last minute su tutto. Un mio proposito è quello di   dedicarmi nuovamente al teatro: sto iniziando a scrivere un monologo dove, grazie alla tecnologia, riuscirei a interagire con un me stesso virtuale, olografico. Un altro progetto importante riguarda un’ulteriore evoluzione del format “dinner show”, non solo riferito alle atmosfere degli anni ‘20 e ‘30 del 2.0 ma che va oltre, si proietta in una modalità totalmente innovativa. Dobbiamo puntare sulle cene perché, purtroppo, la situazione dei locali è ancora penalizzata e non si sa per quanto tempo lo sarà. La collaborazione con Flavia sarà strettissima dal punto di vista dei costumi, perché conosce bene le mie esigenze. Con lei sono al sicuro! Il nostro rapporto ha un senso persino a questo livello. Oltre che su Flavia, poi, posso contare su dei collaboratori eccellenti: cito ad esempio Simone Fucci, alias Simon The Prince. Questo ragazzo straordinario che fa l’attore e il performer, ma in realtà è anche un ottimo regista, assistente regista e assistente di produzione, è diventato il mio braccio destro. L’ho portato con me sul red carpet della Mostra del Cinema! Dal momento che diffonde un messaggio importante sulla libertà di genere e sul rispetto delle identità sessuali, ho pensato di donargli questa magnifica vetrina. Ha avuto un successo notevole anche perché si muove sempre con molta naturalezza, con una grande eleganza.

 

Con Alberto Barbera, direttore della Mostra del Cinema…

…e insieme all’ attore, regista e performer Simon The Prince

La tua estate al Lido, con tanto di red carpet alla 77ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, rimarrà negli annali. Quali fotogrammi porti impressi nella mente, di quella fantastica stagione?

Cominciamo proprio dalla Mostra del Cinema, dove sono stato invitato sia all’ apertura che in chiusura. Ho potuto piluccare qualche film, sebbene fossi molto impegnato. Devo dire che la mia amicizia con il direttore Alberto Barbera è diventata ancora più forte: lo ammiro tantissimo per il coraggio che ha avuto organizzando questo Festival in tempi di Covid. E’ stato qualcosa di esemplare non solo per l’ambiente del cinema, della cultura, ma in generale. Da Venezia è partito un messaggio rivolto al mondo intero: bisogna – in sicurezza – osare, fare, continuare a vivere. Io, come sai, ho portato avanti il mio progetto della Terrazza del Blue Moon al Lido; un progetto un po’ condizionato dalle regole anticovid,  ma anche sostenuto dall’ entusiasmo di chi ha collaborato con me e soprattutto delle strutture che mi hanno ospitato, perché la  bellissima Terrazza appartiene a Venezia Spiagge SpaVela Spa e la municipalità di Venezia  hanno mirato a valorizzare il restauro di quest’opera architettonica veramente straordinaria progettata dall’ archistar Giancarlo de Carlo a fine anni ’90. Il suo restauro è stato presentato l’anno scorso, ma la riapertura al pubblico quest’anno. Io sono stato il testimonial di questa sua nuova attività e la cosa mi ha gratificato e onorato. Lì ho vissuto dei momenti davvero magici, romantici e quasi esoterici, in comunione con la Luna. Siccome sono notoriamente “lunare” mi sono trovato perfettamente a mio agio, e ho potuto  dar  vita ad eventi speciali dedicati in particolare alla Luna piena. Devo dire che la visuale sul mare che si gode dalla Terrazza, in realtà, era lo spettacolo più bello!

 

Una spettacolare performance del Principe sulla Terrazza del Blue Moon

La Burlesque performer Giuditta Sin mentre si esibisce durante l’ evento “Blue Full Moon” del 3 Settembre scorso

Una suggestiva foto scattata la stessa sera dello show “Blue Full Moon”

Poco prima di approdare al Lido, però, hai vissuto un’esperienza – o sarebbe meglio dire una “High Experience” – in netto contrasto con il glamour della Mostra del Cinema, ma decisamente spettacolare a livello di emozioni e di contatto con la natura…Potresti parlarcene?

L’esperienza che ho vissuto è stata davvero agli antipodi della mondanità della Mostra, ma non meno entusiasmante. In Luglio ho trascorso una settimana a Livigno insieme a tutto lo staff di Metempsicosi. Sono tornato a collaborare con i miei vecchi amici dell’Insomnia, tra cui dj/producers quali  Joy Kiticonti, Ricky LeRoy, Mario Più, 00Zicky, tutti nomi che nel mondo della notte sono celeberrimi, per un esperimento nuovo chiamato “High Experience”: musica elettronica sperimentale fatta in alta quota per poche persone privilegiate e motivate. Mi sono abbandonato ad improvvisazioni vocali ed ho interpretato in libertà canzoni del mio repertorio. È stato stupendo! Lì, a più di 2000 metri di altitudine,  la scenografia è divina nel vero senso della parola; quella corona di montagne lascia senza fiato! Non si trattava solo di un esperimento artistico, bensì di un’esperienza totale dedicata ai sensi: degustazioni, passeggiate, fruizione della natura con i suoi profumi, scalate, attività anche avventurose…Mi sono cimentato in arrampicate bizzarre che non avrei mai immaginato, fuori esercizio come sono, di riuscire a fare! E’ stata una parentesi straordinaria in compagnia di amici carissimi con i quali ho condiviso momenti davvero unici. Voglio ringraziare gli organizzatori di questa incredibile avventura, in particolare Leonardo Brogi che è il manager della Metempsicosi e che, insieme ad alcuni sponsor locali, ha avuto l’idea di coinvolgerci in una full immersion da sogno. Hanno anche organizzato dei convegni: c’è stato un momento in cui ho dovuto raccontarmi ai presenti con la mia musica e sintetizzare il motivo per cui ero arrivato fin lì. E’ stata una sfida molto bella, sia dal punto di vista artistico che umano. Livigno è deliziosa! Tra l’altro, nel raggiungerla insieme a un caro amico, ho vissuto un’esperienza inaspettata. A Merano l’auto si è guastata! Abbiamo dovuto passare una notte in loco ed ho scoperto una città pazzesca, una parte di Italia – il Sud Tirolo – che mi ha incantato.  Al ritorno, mentre ero diretto a Milano, ho fatto tappa a Sankt Moritz e, ironia della sorte, mi sono ritrovato all’ Hotel Des Bains sapendo che dopo due giorni sarei arrivato all’ Hotel Des Bains del Lido di Venezia! Non c’è che dire, la mia estate è stata bellissima e speciale!

 

 

La High Experience di Livigno: sound elettronico ed esperienze multisensoriali ad alta quota

Il Covid, purtroppo, è ancora una realtà e le discoteche (almeno per il momento) rimangono chiuse. Ma un’icona come il Principe Maurice, con il suo talento, le sue competenze e la sua poliedricità, non è associabile esclusivamente al mondo della notte. In quali direzioni ti stai diversificando, oltre che nel dinner show?

Io nasco con il mondo della notte. Tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90 sono riuscito a creare qualcosa di alternativo e da lì è partito il progetto del Teatro Notturno. Questo progetto, però, si può portare ovunque e non solo nelle discoteche. Perché è un teatro che ha le sue atmosfere, a volte anche un po’ oscure, dark, ma con quell’ autoironia e quel senso del grottesco che lo rendono fruibile da tutti gli animi. Da qualche tempo a questa parte si è affacciata l’opportunità di una nuova carriera, sia cinematografica che nella fiction. Sono in cantiere parecchi progetti interrotti giocoforza a causa del lockdown. Per una miniserie a cui mi sto accingendo a prender parte c’è la concreta possibilità di essere programmati su piattaforme televisive importanti ed internazionali: si tratta di una serie criminale, d’azione, dove due bande di motociclisti si fronteggiano. E’ molto bello il messaggio che viene dato: le due gang fanno parte della malavita veneta, ma sono contrarie alla droga. Questo trasmette positività ai giovani e mi piace molto. Il titolo della serie è “Rockers”. Io interpreto un insospettabile notabile trevigiano che vive in una villa antica, ma ha una doppia personalità e traffica in armi e in diamanti. Sono molto cattivo! E’ qualcosa di bizzarro, perché non ho mai recitato in questo tipo di ruoli…sarà una bella prova d’attore! Ho sempre bisogno di stimoli e di provocazioni. Il fatto che il mondo della notte sia in crisi è per me un dispiacere, ma al tempo stesso uno stimolo per tentare nuove strade. E devo dire che sono abbastanza fortunato: la mia fama di performer spontaneo, abituato a improvvisare ma con una solida preparazione alle spalle, mi ha aperto strade che non avrei mai immaginato! Al mondo della notte devo tutto, anche la capacità di poter cambiare e di tornare, quando sarà il momento, sempre molto volentieri. Soprattutto per tutelare i diritti di chi in quel mondo lavora, diritti ancora adesso calpestati. Tornando a “Rockers”, la serie è stata presentata durante la Mostra del Cinema di Venezia nello spazio della Regione Veneto, in quanto è sotto il patrocinio della Film Commission regionale, della Film Commission Treviso e dell’associazione Ville Venete & Castelli perché gireremo soprattutto in quelle località. Non posso dire più di tanto se non che le riprese dovrebbero partire entro fine anno con tutte le precauzioni anticovid del caso. Non è facile, però credo che sia cosa buona e giusta iniziare. Bisogna reagire. Il messaggio della Mostra del Cinema è stato forte e chiaro: ricominciamo altrimenti ci perdiamo, ci abbandoniamo a un’inerzia che non ci appartiene. Soprattutto a noi italiani!

 

Una chicca in anteprima per voi: il trailer della serie “Rockers”!

 

La presentazione alla Mostra del Cinema di “Rockers”, serie destinata alle piattaforme TV  che vede Maurice tra i protagonisti

Uno scatto del party dedicato alla serie

Il Principe insieme all’ attore romano Mirko Frezza, protagonista principale di “Rockers”

Ti vedremo anche in TV: una splendida anticipazione, per tutti i lettori di VALIUM! La notizia è ancora top secret o può essere rivelata almeno in parte?

Si tratta di una trasmissione che è una sorta di candid camera, e visto che non hanno ancora girato tutte le puntate non può essere svelata. Per me è stata un’esperienza piuttosto forte, perché a un certo punto, all’ insaputa della vittima (non posso dire troppo, però cerco di spiegarvi), sono subentrati dei fattori umani e ho dovuto far forza su me stesso per calarmi nel ruolo del cinico che interpreto…Però ci sono riuscito! Mi sono detto: “Beh, ma allora posso fare anche il cattivo!”. E’ tutto collegato nella mia vita, c’è un legame un po’ per tutto…Mi arrivano degli indizi che poi si sviluppano, una serie di coincidenze sempre molto fortuite in cui mi trovo ad affrontare nuove sfide e soprattutto nuovi stimoli, che – specialmente in questo periodo – sono fondamentali.

Non molli mai, neppure la pandemia è riuscita a scoraggiarti…sei da ammirare! Sapevi che l’elemento alchemico collegato all’ autunno è il ferro? Il ferro come determinazione, forza di volontà, autocoscienza ed energia interiore. Quanto ti riconosci in queste caratteristiche?

Posso dirti che sono abituato a battere il ferro finchè è caldo! (ride, ndr) Non è che io sia privo di sconforti, però ritengo che la vita mi abbia temprato abbastanza, pur senza togliermi la sensibilità che in me proviene anche dall’ estro artistico. Mi riconosco parecchio nell’ elemento del ferro, anche se il mio vero elemento è l’acqua. Se reagisco, se mi rialzo ogni volta è perché ho avuto dei grandi esempi in questo senso: li ho seguiti e li porto avanti con quel coraggio che mi ha dato l’esperienza. Perché mi riconosco nell’ acqua? Il fuoco forgia il ferro, ma è l’acqua che lo tempra. La cosa più importante, nella metafora del ferro, è che non va fatto arrugginire! (ride, ndr) Il ferro puoi forgiarlo come vuoi, ma una volta che l’hai temprato rimane solido ed eterno soltanto se non lo fai arrugginire.

 

Un’ immagine “cosmica” e un po’ esoterica del Principe Maurice sulla Terrazza del Blue Moon

Quanto ha influito l’amore sul tuo rinnovato dinamismo?

Io vivo d’amore. Sono sempre vissuto d’amore, per cui dal momento in cui lo incontro sulla mia strada e lo riesco a conclamare mi sento più forte. E’ l’amore che mi fortifica. Ho la necessità di condividere, e la cosa bella riguardo alla mia unione con Flavia è che noi condividiamo anche le nostre passioni e le fomentiamo a vicenda, perché lavoriamo nello stesso ambiente. Nel vortice dell’estate scorsa, per fortuna, sono riuscito a ritagliarmi del tempo con lei, che è venuta a trovarmi in due occasioni, una delle quali è coincisa con un importante appuntamento veneziano: la Regata Storica. Siamo stati invitati dal Sindaco nella “machina”, la struttura istituzionale sul Canal Grande dove le autorità e i vip possono assistere comodamente a quello che è uno degli eventi più antichi, tradizionali e prestigiosi della Serenissima. Poi, per la prima volta nella mia vita, sono riuscito finalmente ad andare a vedere e a sentire l’opera che amo di più in assoluto, “Didone ed Enea” di Henry Purcell, in programma al Teatro La Fenice. Dato che a causa del Covid hanno dovuto eliminare molti posti a sedere, il direttore della scenografia Massimo Checchetto (che è anche il direttore artistico del Carnevale di Venezia) ha fatto trasferire tutte le poltrone dal parterre al palcoscenico, quindi si assisteva allo spettacolo sia dai palchi che dalle poltronissime genialmente sistemate lì dove normalmente si svolge lo spettacolo. Flavia ed io eravamo proprio “on stage” e guardando il parterre e ci sentivamo parte della scenografia dell’opera. Dietro di noi c’era la prua di una nave in costruzione: un elemento simbolico che trasmetteva un messaggio ben preciso. Era come dire “Stiamo costruendo questa nave e dobbiamo navigare insieme verso nuovi traguardi dello spettacolo.”, una metafora davvero bellissima.

 

La Regata Storica di Venezia: un evento che il Principe ha vissuto insieme a Flavia Cavalcanti, la sua “dolce metà”

Maurice e Flavia nel giorno della Regata

La coppia al Teatro La Fenice in occasione della messa in scena dell’ opera “Didone ed Enea” di Henry Purcell

Dopo anni di underground, ti stai affermando nel mondo dello spettacolo mainstream. Che sensazioni provi?

Diciamo che il mio personaggio inizia ad essere riconosciuto e guardato da media importanti perché sta uscendo un po’ di più allo scoperto nel mainstream. In fondo, anche la diatriba che qualcuno ha fomentato sul fatto che Achille Lauro mi imiti, che porti avanti il discorso del trasformismo, della fantasia, del riferimento storico, della trasgressione, tutti valori che ho fatto miei negli anni ‘90 con il Cocoricò, ha contribuito ad innalzare la fonte (ossia me stesso) oltre il livello dell’underground…Sabato 3 Ottobre, su RAI 2, “Tg2 weekend” ha proposto un servizio speciale dedicato al sottoscritto a cura della giornalista Carola Carulli. Era al Lido per la Mostra del Cinema e non le è sfuggito quello che stavo combinando sulla Terrazza del Blue Moon: è venuta a trovarmi insieme alla troupe, si sono entusiasmati e hanno voluto farmi questo omaggio. A proposito di Mostra del Cinema, le mascherine Flassy che ho sfoggiato all’ inaugurazione e in chiusura della kermesse hanno divertito anche il direttore Barbera, che si è complimentato tantissimo per il fatto di veder trasformato un “must have” sanitario in un feticcio fashion. Grazie all’ inventiva di Flavia e Vassy Longhi ho avuto l’onore di essere stato pubblicato come top mask assieme a Tilda Swinton! Ma la cosa bella delle mascherine, declinate anche in versione eccentrica come le mie, è che hanno salvato la Mostra del Cinema: è filato tutto liscio, senza contagi. Il messaggio era senza dubbio giocoso, fashion, glamour, ma salutare. Alla Mostra sono stato abbastanza iconizzato…Il cinema è una mia grande passione e non hai idea di quanto sia bello, per me, cominciare a viverlo da dentro. Sono molto emozionato e motivato! Sfilare sul red carpet è sicuramente un riconoscimento, qualcosa di prestigioso, piacevole, simpatico e, nel mio caso, anche ironico. Ho sempre indossato qualcosa che facesse sorridere, che si distaccasse un po’ da quei paludamenti che si vedono in giro. Ha funzionato e funziona ancora: il mio look è piaciuto ai fotografi e di conseguenza ai giornali. Il red carpet è stata una bella vetrina, l’ennesimo passo verso il mainsteram. Ringrazio la Biennale, ringrazio il direttore Barbera che mi invita sempre con grande piacere – un piacere reciproco, devo dire!

 

Ancora uno scatto del Principe alla Biennale Cinema 2020

Una curiosità a bruciapelo: qual è, a tuo parere, la differenza tra “successo” e “fama”?

Il successo lo hai quando realizzi i tuoi sogni, è più “personale”. La fama è il riconoscimento generale e possibilmente duraturo del tuo successo. L’una è l’auspicabile compendio dell’altro, un coronamento. Preferisco l’idea di successo a quella di fama. Certo che il fatto di essere riconosciuto, amato ed ammirato da tante persone diverse per età e condizione sociale, mi fa un piacere enorme. Innanzitutto perché ho notato che sono stati premiati, oltre al mio lavoro, la mia umanità e il mio rispetto per ogni tipo di impiego: per me siamo tutti importanti, quando lavoravo al Cocoricò anche la signora che puliva i bagni era una protagonista. Aver riscontrato il grande affetto nei miei confronti nel prestigioso contesto della Mostra del Cinema è stato molto gratificante e mi ha anche incoraggiato a portare avanti l’attività della Terrazza, qualcosa di non facile in tempi di Covid: sarebbe bastato un contagio per mandare all’ aria tutto.

 

Prima della rappresentazione di “Didone ed Enea” al Teatro La Fenice

Flavia tra le “poltronissime” sistemate on stage

Dove potremo rivederti, a brevissimo?

Ho appena ricominciato con i dinner show all’ Odissea di Treviso, ma ci saranno sviluppi anche in altre città.  In questo momento mi trovo a Milano e il fatto di essere con Flavia, che ha molte relazioni lavorando ad un ottimo livello nel suo settore, fa sì che stiano nascendo dei progetti in loco. Mi riferisco sempre a spettacoli che, purtroppo, non danno adito alle danze, visto che è a tutt’oggi proibito ballare. Vorrei esibirmi in svariate parti d’Italia. Come ti accennavo, il Covid ci ha abituati a confrontarci spesso con situazioni last minute, ma non è detto che dal last minute scaturiscano delle brutte cose. Anzi: c’è l’entusiasmo del dover far tutto subito, delle idee da sviluppare nell’ immediato… Ci sono già grandi progetti, variegati e ancora rigorosamente top secret che – nel caso andassero in porto – vi comunicherò nella prossima puntata di questa rubrica!

 

Maurice “in Terrazza” con il Sindaco di Venezia Luigi Brugnaro

All’ evento mondano “No Paparazzi” della Mostra del Cinema insieme all’ artista internazionale Florence Aseult e ad alcune amiche

Biennale Cinema in versione glamour: cocktail party vip all’ esclusiva Terrazza Campari

Il Principe con Fabio Testi…

…con Ottavia Piccolo…

…e con Floriano Cattai, alias Lyzard, autore della serie “Rockers” oltre che raffinato sound designer e produttore di musica elettronica

La High Experience: l’elettronica tiene alto il suo vessillo anche sulle Alpi. Nelle foto qui di seguito, alcune immagini di Livigno e di Maurice insieme ai dj Joy Kiticonti e Mario Più

 

 

 

 

 

 

Photo courtesy of Maurizio Agosti

 

 

 

L’irresistibile magia del Teatro Equestre: conversazione con Silvia Elena Resta

Silvia e il suo cavallo Zar (foto di Maurizio Polverelli)

Di lei colpiscono subito gli occhi, magnetici e di un verde che vira all’ acquamarina. Sono occhi che accentuano l’ allure ammaliante della sua figura: Silvia Elena Resta è un’ amazzone e, in quanto tale, la circonda un alone quasi mitologico. Sembra una creatura senza tempo, difficilmente collocabile in un’ epoca ben precisa, mentre la silhouette flessuosa, lo sguardo fiero e volitivo rivelano le sue origini russe. Quel che è certo è che, quando pensiamo a lei, la immaginiamo inevitabilmente in sella ad uno splendido cavallo bianco. Oppure mentre manipola le fiamme, intenta in mirabolanti virtuosismi di giocoleria con il fuoco, o, ancora, nelle vesti di abile e sensibile falconiera. Le competenze di Silvia Elena Resta, infatti, partendo da una passione innata per l’equitazione, spaziano ad ampio spettro decretandola un’ artista oltremodo eclettica. Fondatrice della Compagnia di Teatro Equestre Le Zebre  (con sede equestre a La Baglina di Cesenatico e teatro situato a Gatteo, nella provincia di Forlì-Cesena), Silvia vanta un curriculum che annovera una precoce carriera agonistica, studi presso le scuole ippiche europee più prestigiose (come quelle di Doncaster e di Jerez de la Frontera), titoli di istruttrice sia nell’ ambito dello sport che dell’arte associati al cavallo. Tra i suoi ispiratori troviamo Mario Luraschi, Bartabas, il Teatro del Centauro di Manolo, che hanno contribuito a rafforzare in lei l’amore per l’ universo del Teatro Equestre: le evoluzioni degli eleganti quadrupedi, lo straordinario connubio di equitazione ed arti performative circensi inscenato da questa amazzone dall’ “anima russa” (prendendo in prestito il titolo di una delle sue performance), rappresentano i punti di forza degli spettacoli che allestisce. L’abbiamo vista protagonista di show come – solo per citarne alcuni – “Madame Butterfly”, “Amarcord” (grazie al quale è risultata vincitrice della Rassegna delle Regioni a Cavallo di Leonessa), ed ospite d’eccezione di eventi tra cui spiccano il “Gran Ballo della Cavalchina” di Venezia, svariate edizioni di “Horse Lyric” e “Oriental Image”, oltre che la prima tappa italiana del tour “Appassionata”. Per saperne di più, leggete cosa mi ha raccontato Silvia nell’ intervista che segue.

La tua passione per l’equitazione si è rivelata quando eri ancora una bambina. Come è cominciato, tutto?

L’ inizio del mio avvicinamento ai cavalli è stato casuale. E’ stato mio nonno Luigi a portarmi nel maneggio, o meglio, nel centro di addestramento di un’amica di famiglia, perché in quel periodo lui lavorava per la rivista equestre “Western Journal”. Tant’è che io ho iniziato con la monta western, con i cavalli di razza americana, facendo successivamente delle gare e vincendo, tra l’altro, un paio di titoli italiani quando avevo solo 12-13 anni. Andavo già a cavallo e gareggiavo quando a una fiera di Verona vidi lo spettacolo di un bravissimo addestratore italo-francese, Mario Luraschi, che si è esibito in una performance medievale da brividi. Ne sono rimasta incantata al punto tale da pensare “Anch’io voglio fare questo tipo di spettacoli!”, sia per passione personale che per regalare emozioni al pubblico: quando cavalchi, si sviluppa un’energia che da te passa al cavallo, contagia gli altri artisti in scena e, infine, lo spettatore; è come regalargli un sogno. Dopo le mie esibizioni sono in molti a farmi i complimenti, ricevo tante lettere soprattutto da ragazze che si immedesimano in me, perché i personaggi femminili che interpreto –  da Giovanna d’Arco a Madame Butterfly  –  appaiono come qualcosa di estremamente bello e realizzabile. In pochi minuti di spettacolo, tra il fuoco, i cavalli e le musiche, la gente si sente trasportata altrove, in un universo fantastico. E’ quello che desideravo, e sembra che io sia riuscita ad ottenerlo! Nel corso degli anni mi è costato impegno e fatica, tanto più che non esisteva una scuola di formazione ad hoc e i miei genitori trovavano difficile persino solo immaginare cosa avrei voluto fare.

 

Silvia e Zar nel backstage di un set fotografico moda per “Fisico”

Buona parte della tua formazione si è svolta all’ estero. Hai notato un approccio diverso, oltreconfine, rispetto all’ universo equestre?

In alcuni stati sono più avanti. Il Teatro Equestre è nato in Francia perché le sovvenzioni dallo Stato a livello artistico sono cospicue: questo certamente influisce e ha fatto sì che siano sorte delle scuole. La massima cultura nel settore l’ho riscontrata in Spagna, in Portogallo, anche se, in generale, trovo l’ambiente legato al mondo dei cavalli un po’ troppo indietro rispetto a come potrebbe essere, nei confronti dell’approccio con gli animali. Perché per approcciarsi bene, fare una buona esecuzione ed imparare veramente a comunicare con i cavalli ci vuole davvero tanto impegno, ma non tutti sono disposti ad impegnarsi a fondo. E’ un po’ come la danza classica, bisogna allenarsi tutti i giorni e mettersi in discussione su ciò che si fa in maniera corretta o meno. Io ho iniziato con delle buone basi, però nel corso del tempo ho provato un po’ tutte le metodologie, anche sbagliando; l’importante è che tu dica “Ok, questo metodo non va bene quindi lo cambio”. L’ impegno aumenta, poi, quando all’ aspetto della tecnica equestre devi aggiungere quello artistico, per cui è necessario avere una formazione teatrale, musicale, di danza, perché devi muoverti in scena e solo lo studio di tutte queste discipline ti permetterà di ottenere un buon risultato. A Versailles c’è l’Accademia di Bartabas, ma in Italia non esiste una scuola che ti istruisca ad ampio spettro: devi spostarti ed imparare un po’ dall’ uno e un po’ dall’ altro nei vari ambiti. Qui non abbiamo aiuti da parte dello Stato, servirebbero buone iniziative promosse da privati. Anzi, già che ci sono, vorrei approfittare di questa occasione per lanciare un appello ed invitare uno sponsor, un mecenate, a interessarsi dell’arte equestre e ad erogare delle sovvenzioni. Sarebbe la soluzione ideale, perché di artisti che si impegnano ce ne sono, ma è un lavoro che non porta a grandi incassi e le spese superano le entrate abbondantemente.

 

Un set fotografico romantico e “d’altri tempi” in Portogallo (foto di Debra Jamroz)

Discendi da una nobile famiglia di origini russe: tra i tuoi antenati figurano il poeta Vassili Sumbatoff, tuo bisnonno, e il drammaturgo (oltre che direttore del Piccolo Teatro di Mosca) Sumbatoff Yuzhin, ma anche una stirpe di cavalieri Giorgiani e Armeni. Che influenza hanno avuto, in te, le tue radici russe e soprattutto, quando le senti riaffiorare?

E’ qualcosa che appartiene al mio DNA, perché fin da bambina – pur non essendo psicologicamente influenzata dalle mie origini russe – fantasticavo di cavalieri, falconieri, combattimenti…In me l’idea del contatto con gli animali era innata, pensavo solo a loro. Non ho mai avuto bambole o cose del genere; volevo il costume da Moschettiere, da Cavaliere della Tavola Rotonda, da Principessa mai. Quindi, le mie radici sono un tutt’uno con il patrimonio genetico: non è un caso che in molti, quando mi incontrano per la prima volta, mi chiedano se sono russa. Poi, nel momento in cui ho conosciuto meglio la storia di famiglia, devo dire che l’ho trovata molto interessante sia dal punto di vista artistico che umano, perché i miei antenati ne hanno passate di tutti i colori ma non si sono arresi, sono rimasti onesti ed apprezzabili, non hanno mai perso il valore dell’amore in senso lato. Non arretrando davanti a nessun tipo di avversità, mi hanno trasmesso quell’ idea di onore quasi cavalleresco che va al di là dell’essere cavalieri. Il mio bisnonno poeta, tra l’altro, apparve anche in un film con Gassmann intitolato “La figlia del Capitano”, mentre mia nonna e mia zia facevano le comparse a Cinecittà per sbarcare il lunario. Arrivati dalla Russia come Principi, i miei in Italia erano semplicemente dei profughi. Però hanno mantenuto sempre una dignità molto spiccata, valorizzando la cultura ed esprimendo di continuo il loro talento artistico. Mia nonna e mia zia, infatti, alla fine aprirono una scuola di danza classica. Ma io decisi che non avrei mai fatto la ballerina, perché non mi piaceva portare il tutù! Mi sono un po’ pentita…La danza l’ho coltivata in un modo diverso e un po’ più avanti nel tempo. Nell’ arte equestre ho fuso tutti gli elementi che amavo: il fuoco, la falconeria, i cavalli, la danza e persino la musica, che è parte integrante della mia vita anche se non suono nessuno strumento. L’unica cosa di cui mi rammarico è la difficoltà di trovare i canali giusti, perché le mie performance, come quelle di molti altri artisti (danzatori, acrobati, musicisti…), potrebbero valorizzare tanti luoghi e tanti eventi. L’arte equestre, ad esempio, potrebbe essere introdotta nei musei piuttosto che nei borghi; anche gli eventi live, anziché rientrare solamente nell’ ambito, che so, della rievocazione storica piuttosto che della discoteca, del gala o del meeting aziendale, sarebbero ancor più sorprendenti in tutte quelle situazioni in cui non ti aspetteresti mai di vedere un cavallo, come appunto un museo o altre location particolari.

Qual è stato il momento in cui hai deciso che il tuo amore per il mondo dei cavalli sarebbe diventato un lavoro?

E’ stata una cosa quasi fisiologica, naturale…A conti fatti, l’ho deciso da bambina. C’è stato anche un periodo in cui avrei voluto fare la regista, perché amo molto il cinema. Però in quell’ ambito avevo pochi agganci, non c’era qualcuno che mi potesse direzionare, perciò sono rimasta con i miei cavalli. Poco a poco ho pensato di donare un aspetto artistico alle mie performance, e gli spettacoli sono diventati una parte sostanziale del mio lavoro; ma non ho mai trascurato le attività inerenti all’ addestramento dei cavalli e all’ insegnamento dell’equitazione, che per me continuano ad essere delle grandi passioni. L’esperienza artistica rappresenta, anzi, un valore aggiunto e mi dà la possibilità di affrontare temi tipo le difficoltà che un cavallo può riscontrare nei confronti di elementi inusuali come il fuoco, la musica ecc…L’ aspetto diciamo così, “teatrale”, inoltre, può essere applicabile anche all’ insegnamento equestre perché ha dei valori simili, interessanti per chi impara ad andare a cavallo e a rapportarsi con i cavalli. La decisione vera e propria di lavorare nell’ ambiente equestre, forse, l’ho presa la stessa sera in cui ho assistito allo spettacolo di Mario Luraschi. E’ stata una scelta che è andata maturando piano piano, ma quando l’ho abbracciata sapevo che non l’avrei abbandonata mai più. E’ stato difficile, in certi momenti. Mi dicevo “Basta, tutto questo non succederebbe se facessi un lavoro “normale”!”…A volte ero totalmente sconfortata. Ma quando la gente ti chiama, sollecita uno spettacolo, l’arte poi ti trascina. Nella mia vita l’arte equestre è stato un amore corrisposto, che mi ha restituito parecchio in termini di emozioni, di conoscenze e di soddisfazioni.

 

Silvia, Zar e Elisa (foto di Manuel Zarrelli)

Cosa rappresenta, per te, esibirti in sella ad un cavallo?

La sella è un po’ il prolungamento del tuo corpo, ti tramuti in un tutt’uno con qualcuno con cui devi capirti molto bene e collaborare. E’ come ballare in coppia, e sono io a condurre. Sin dall’ inizio hai la sensazione di essere trasportata altrove, le zampe del cavallo diventano un po’ le tue gambe e tu diventi qualcos’altro: c’è dell’elettricità. Malgrado sia impegnativo, perché allenarsi tutti i giorni è una fatica, quando arriva il giorno dello spettacolo è sempre un’emozione. Soprattutto perché l’emozione, poi, la leggi negli occhi degli spettatori e capisci che funziona!

 

Silvia e il suo adorato Fidalgo

Nella vostra compagnia, Le Zebre, figurano acrobati, trampolieri, giocolieri con il fuoco, amazzoni, falconieri…Puoi raccontarci come le magiche arti che padroneggiano interagiscono tra loro?

Sempre nei termini di inscenare una danza insieme. Possono esserci i giocolieri con il fuoco tutt’intorno piuttosto che una danzatrice che si relaziona con me e con il cavallo, piuttosto che l’acrobatica aerea…E’ ogni volta un interagire, un creare vari quadri collettivamente. Poi, ad esempio, c’è uno spettacolo intero sul Barocco, il mio sulla Madama Butterfly – tutto incentrato sul kabuki e sulle arti orientali – ed altri, ancora, in cui le musiche e i costumi contribuiscono a interpretare uno stile o magari un’epoca. Uno show molto bello è dedicato al Minotauro ed alla sua leggenda: un acrobata sui trampoli è vestito da Minotauro e tra di noi c’è un inseguimento che ricorda un po’ il Rejoneo, la corrida a cavallo, ma con un trampoliere invece del toro. E’ importante che ci sia feeling, che tutti gli artisti che lavorano allo spettacolo amino gli animali, i cavalli, questo ambiente…Normalmente, però, tutti collaborano molto volentieri.

 

Silvia durante una performance di giocoleria con il fuoco (foto di Claudio Silighini)

La falconeria è entrata a far parte delle tue performance equestri. Come nasce, e perché, il tuo interesse per il falco?

Fin da ragazza ero affascinata dai falchi, poi ebbi l’occasione di conoscere un falconiere che aveva anche un cavallo e ho fatto un po’ di gavetta da lui. Aiutandolo nel suo lavoro, poco a poco ho imparato la pratica della falconeria. Quello che mi intrigava di più era il fatto che un animale così, completamente libero, tornasse da me e volevo iniziare a capirne le dinamiche. Oggi, per esempio, con il cavallo si fa molto lavoro di Horsemanship, una tecnica che consiste nel tenerlo in libertà per poi farlo riavvicinare, nel fargli fare degli esercizi senza toccarlo. Queste nuove tecniche hanno a che fare con aspetti squisitamente etologici, bisogna conoscere bene le caratteristiche della specie; sono tutte metodologie applicabili anche alle relazioni umane, tant’è che io ho fatto diversi team building su questi temi. Osservare chi hai davanti ti aiuta a capire come ti stai comportando tu, perché le persone pensano di fare certe cose ma fisicamente si contraddicono: comunicare senza parlare è un metodo utile per comprendere gli altri e di conseguenza se stessi. Anche il rapporto con gli animali dipende da come ti poni, fondamentalmente devi essere capace di controllarti. E’ una condizione non solo fisica, bensì psicologica. Le tecniche addestrative più moderne, quelle che hanno una base etologica e scientifica, sono molto interessanti sia per quanto riguarda i cavalli che i rapaci. Io in casa ho un falchetto, si chiama Cid (come El Cid Campeador, il celebre condottiero spagnolo) ed è uno di famiglia. Fa gli spettacoli con me, è bravissimo, però al di là del fatto che lavoriamo insieme mi piace averlo vicino.

Puoi raccontarci un aneddoto indimenticabile associato ad una tua esibizione?

Te ne posso raccontare due. Uno riguarda l’evento della Cavalchina (con la direzione artistica di Antonio Giarola e la collaborazione di Bruno Baudino e Freddy Bazzocchi): entrai a cavallo al Teatro La Fenice di Venezia e, per l’occasione, facemmo volare al suo interno una miriade di falchi. E’ stato qualcosa di spettacolare! Tutto ciò dimostra che i cavalli possono essere portati in luoghi non comuni, dove non si penserebbe mai che possano entrare e invece possono farlo, creando peraltro un effetto mozzafiato. In quell’ occasione ho avuto il piacere di conoscere Maurice Agosti, a riprova del fatto che queste situazioni sono magiche anche perché si incontrano persone magiche, con le quali si intrecciano rapporti che durano una vita. Un altro aneddoto molto bello l’ho vissuto al Mazda Palace di Milano, dove mi esibivo con Fidalgo: il mio cavallo preferito, un cavallo albino con cui ho fatto i miei spettacoli più importanti. Purtroppo, è morto tre anni fa. Eravamo a Milano per “Appassionata”, la tournée di una compagnia tedesca di alto livello che era approdata nel Bel Paese per la prima volta e mi aveva voluto come guest italiana. La mia performance aveva il sottofondo della “Lucia di Lammermoor” cantata dal vivo da una bravissima cantante lirica islandese, c’era il pienone, la location era meravigliosa. Io e il mio cavallo eravamo al top, tra noi c’era il feeling di due anime gemelle. Fidalgo imparava a memoria tutte le coreografie e quando si apriva il sipario, nel silenzio che precedeva l’inizio del brano musicale, lui cacciava un gran nitrito per salutare il pubblico: era impressionante! Poi, partiva con gran baldanza. In quel momento vivevo sensazioni da brividi! Fidalgo è persino apparso in uno spot con Valentino Rossi. Rimane il mio cavallo del cuore, aveva un modo di calcare la scena da vero artista! Adesso, invece, con me c’è Zar.

 

Il backstage dello spot Fastweb. Da sinistra a destra: Valentino Rossi, Silvia, Fidalgo, Claudia e Giulia

Se Silvia Elena Resta non fosse un’artista equestre, cosa farebbe nella vita?

L’astronauta! O magari la regista, come ti dicevo, data la mia passione per il mondo cinematografico.  Non sarebbe così semplice, però ho notato che tante cose che non mi sembravano semplici poi sono riuscita a farle…quindi! Diciamo che in questo momento, più a livello pratico, sono molto impegnata nel far funzionare la struttura – con sede fisica vicino a Cesenatico – che ho destinato a location stabile per le nostre esibizioni. Se ho mai pensato di fare la stuntman? Sarei dovuta andare negli Stati Uniti, credo: qui le stuntman femminili non sono ricercatissime. Bisognerebbe trasferirsi a Hollywood, dove di film ne producono a bizzeffe!

 

Silvia, Fidalgo e il falchetto Cid (foto di Paola Paris)

Quali sono i tuoi progetti a breve termine? Ce n’è qualcuno di cui ci vorresti parlare?

C’è un progetto ancora top secret, posso soltanto dirti che avrà a che fare con lo sport…Ma non è a breve termine. Invece in questo periodo, soprattutto in Emilia Romagna, stiamo facendo una miriade di spettacoli con il fuoco oltre che con i cavalli. Ne avremo uno molto carino in stile western – e sarebbe la prima volta, per noi –  qui a Cesena: ho ritrovato un po’ le mie radici. Avendo la possibilità di fare dei sopralluoghi prima, intuisco molto bene quali sono gli spazi che possono accogliere i cavalli. Pensa che Mario Luraschi ne ha portato uno persino nel ristorante della Torre Eiffel! I cavalli possono andare in tanti posti. Per esempio, in Francia, Manolo e i ragazzi del Teatro del Centauro hanno fatto delle performance equestri in cui passeggiavano in centro, nei treni, in stazione…Sono cose assolutamente fattibili. Per questo ti dico che sarebbe molto bello trovare qualcuno, uno sponsor, non solo per uno spettacolo, ma magari per delle performance artistiche continuative che condurrebbero i cavalli nei luoghi più inaspettati. Tornando ai miei progetti, c’è quello della nostra location fissa: non sarà finalizzata solamente alle esibizioni, ma anche alla formazione di altri artisti e di tutti coloro che vogliono avvicinarsi al mondo equestre.

 

Photo courtesy of Silvia Elena Resta

 

 

Sulle tracce del Principe Maurice: 1 anno con VALIUM

 

“Il Principe Maurice, all’ anagrafe Maurizio Agosti Montenaro Durazzo: un sublime performer, un’ icona della notte e del Teatro Notturno, un Casanova del 2000 che celebra le gesta del seduttore veneziano in Italia e oltreconfine. Ma non solo. ” Eh già, non solo: così presentavo il Principe quando lanciai questa rubrica a lui dedicata (rileggi qui l’ intervista del 3 Luglio 2018). Da allora, è passato esattamente un anno. Un anno che i lettori di VALIUM hanno avuto il privilegio di trascorrere con il “guru” del Cocoricò, certo, ma anche con una persona a dir poco squisita. Di mese in mese (o giù di lì) Maurice ci ha addentrato nel suo universo magico, intriso di meraviglia, e al tempo stesso non ha mai risparmiato riflessioni sulla società che ci circonda. In occasione del primo anniversario di “Sulle tracce del Principe Maurice”, queste sfaccettature si fondono in un caleidoscopio degno delle strobolights sparate sulle sfere a specchi di una discoteca: il paragone non poteva essere più pregnante. Dagli eventi veneziani all’ incanto del mare (inteso sia come protagonista di spettacolari kermesse che come agognata vacanza), passando per la chiusura del Cocoricò e per i fasti del Life Ball di Vienna, Maurice si esprime a ruota libera sul mondo della notte, su piaghe del nostro tempo come la droga e l’Aids e su una libertà che, a volte, sembra languire. Un ricordo del Maestro Zeffirelli e l’ inaugurazione di Villa La Superba a Stra, sulla Riviera del Brenta, ci riportano poi nel vivo della sua mirabolante esistenza, che la rievocazione di quel party di fine Giugno tratteggia nella dimensione più fatata, lunare e stratosferica…Mi fermo qui. Non mi resta che augurare Buon Anniversario a noi e a tutti voi che, numerosissimi, già da un anno ci seguite!

L’estate è ormai arrivata, sancita da un’afa incredibile. Vorrei prendere spunto proprio da questo tema: che cosa rappresenta per te la stagione del sole, dell’amore, delle vacanze?          

Io amo l’estate, e da quando ho una “base” a Palma di Maiorca ci vado appena posso, anche solo per 2-3 giorni, per godermi il mare, il sole e i paesaggi incantevoli dell’isola. Per me estate è uguale mare, che amo tantissimo! Adoro le calette che si raggiungono solo in barca e non ti nego che, quando posso, frequento anche spiagge naturiste: è meraviglioso spogliarsi degli indumenti per essere il più possibile a contatto con la natura.

 

Palma di Maiorca, il “buen retiro” di Maurice

Calette incontaminate e natura verdeggiante a Maiorca

Il mese di Giugno ti ha visto più che mai preso in un vortice di appuntamenti veneziani: il Salone Nautico (in programma dal 18 al 23), ma anche i numerosi eventi del Teatro La Fenice. Vuoi parlarcene?

Venezia pullula sempre di eventi. Il Teatro La Fenice ha un calendario che spazia da Gennaio a Dicembre, e di recente sono riuscito ad assistere a due spettacoli importanti: uno è il premio “Una vita nella Musica”, ideato da Bruno Tosi, premio che quest’ anno si è aggiudicato il Maestro Riccardo Chailly, mentre il Quartetto Adorno e la compositrice Clara Iannotta hanno ottenuto il premio “Una vita nella Musica Giovani”, perché da alcuni anni viene dato anche ai giovani artisti. “Una vita nella musica”, quindi, sia nel senso di compimento di una carriera straordinaria che di una carriera in fieri e di un’indiscutibile qualità.

 

Il Maestro Riccardo Chailly

E’ stato veramente emozionante! Quella sera stessa, subito dopo, sono stato tra gli spettatori del “Don Giovanni” di Mozart, molto suggestivo, una delle mie opere preferite. Ma la gran novità è stato indubbiamente lo straordinario Salone Nautico che ho avuto l’onore di preinaugurare con la Miss Italia in carica, Carlotta Maggiorana: c’è stata un’esibizione delle Frecce Tricolori, la presenza istituzionale è stata massiccia e in Laguna è arrivata persino la Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Castellati.

 

L’ esibizione delle Frecce Tricolori e (a seguire) alcuni scatti del Salone Nautico

 

Poi ci sono state cene, eventi, visite a yacht meravigliosi! L’Arsenale, cuore pulsante della Serenissima, a Venezia era diventato una zona militare, chiusa, tranne che per alcune parti acquisite dal Comune in tempi recenti – le Tese – dove si svolgevano appuntamenti anche legati al Carnevale. Grazie al Salone Nautico, invece, è stata aperta una buona parte del Presidio della Marina. Era possibile entrare nell’ Arsenale passando per il Museo Navale ed ammirare quindi imbarcazioni antiche, prestigiosissime, come quella che ha sostituito il Bucintoro: qualcosa di estremamente suggestivo! Dopo essere passati negli spazi del Presidio della Marina, dove spiccavano imbarcazioni militari impressionanti, si raggiungeva la parte espositiva e commerciale. Il Salone, insomma, è stato un compendio di tutta quella che è la vita sul mare e da un punto di vista militare e da un punto di vista ludico (gli yacht del Gruppo Ferretti sono pazzeschi) e da un punto di vista prettamente istruttivo, che evidenzia come Venezia sia legata al mare, come la ricerca di energie alternative per alimentare i natanti abbia portato anche alla creazione di motori ibridi. C’era addirittura un’imbarcazione con il motore completamente elettrico! Aver assistito a questa manifestazione è stata un’emozione sotto tutti i punti di vista: culturale, perché si è ripercorsa la storia di Venezia, sociale perché abbiamo potuto vedere da vicino le imbarcazioni che usano la Guardia di Finanza, i Carabinieri, la Croce Rossa…Qui tutto è sull’ acqua e questa città non poteva che essere la testimonial ideale di un evento del genere.

 

 

 

Il Principe, in divisa da ammiraglio, nei giardini del Casinò Ca’ Vendramin Calergi con la conduttrice Chiara Sgarbossa e un magnate indiano ospite d’onore al Salone Nautico

Ti racconto un aneddoto, uno dei più spiritosi della mia carriera: una sera, al Casinò, c’è stata una festa dedicata proprio al Salone Nautico. Ero convinto che le autorità della Marina, compreso il contrammiraglio Romani, venissero in borghese. Nel mio consueto ruolo di Maestro delle Cerimonie, ho deciso quindi che avrei ricevuto gli ospiti vestito da ammiraglio. Ci crederesti che il contrammiraglio è arrivato con la stessa divisa che indossavo? E’ stato divertentissimo! L’ho accolto dicendo “Lei penserà che mi sono montato la testa” (ride a crepapelle, ndr.)…Poi mi sono cambiato d’abito, l’ho fatta passare per una gag e ha funzionato!

 

Il Principe con il contrammiraglio Romani

L’ ultima notte di Giugno mi ha visto in qualità di Maestro di Cerimonie (ormai un mio ruolo principe negli eventi) e co-regista di un evento straordinario di cui ti dò solo un assaggio, perché meriterebbe un’intervista a sé stante… L’inaugurazione a Stra, sulla Riviera del Brenta famosa per le sue eccellenze calzaturiere, di Villa La Superba , una stupenda magione di fine ottocento sede di rappresentanza e “club house” del noto studio di progettazione (calzature, interior design, fashion) RubensLuciano. Questo è stato l’evento privato probabilmente più spettacolare dell’anno e vorrò parlarne in dettaglio. Nella cappella privata ho potuto esprimere un momento di puro Teatro Notturno rappresentando “La Caduta di Lucifero” con i miei performer preferiti: Daniel Didoné e Nina Aprodu fruendo della collaborazione di Laura Giusti, astro nascente della performing art. Semplicemente stratosferiche le proiezioni mappate sulla facciata della villa e sulle fronde degli alberi dell’immenso giardino create da Emanuele Stocco di Circuitozero.

 

 

“La Caduta di Lucifero” a Villa La Superba

L’estate 2019 non è iniziata alla grande, purtroppo, per gli innumerevoli fan della “Piramide” di Riccione: il Cocoricò è stato dichiarato fallito e pare che abbia chiuso definitivamente i battenti. Cosa hai provato ascoltando questa notizia e qual è la tua opinione al riguardo?

Io spero che il Cocoricò possa essere rilevato da imprenditori che vogliano investire per un restauro della struttura ed un rilancio. Certo, è doloroso: finisce un capitolo che è stato il nostro, sarebbe stato meglio non arrivare al fallimento. Indubbiamente c’è stato un atteggiamento, diciamo, un po’ vessatorio nei confronti non solo del Cocoricò ma di tutto il mondo della notte. Il fallimento è stato dichiarato senza giungere ad alcun compromesso, pare quasi che ci sia una volontà istituzionale di cambiare il volto del divertimentificio della Riviera. Vediamo che succederà! Per sdrammatizzare io, intervistato dallo Zoo di Radio 105, ho detto che stavano parlando con una “mummia senza la piramide”! In realtà mi sento un po’ spaesato, perché anche se ho avuto modo di esportare altrove il mio progetto del Teatro Notturno, non ho più una casa madre. Almeno per il momento.

Pensi che sia possibile, un giorno, che il Cocoricò possa rinascere (come l’araba fenice) dalle proprie ceneri?

Lo spero, anche se secondo alcune voci al suo posto vorrebbero costruire dei quartieri residenziali. Mi auguro che non sia così, perché in tal caso non avrebbe senso aver creato un marchio con un grande valore, oltre che evocativo, anche economico per poi distruggere l’essenza del marchio ovvero la location. Sarebbe un grosso danno annientare il Cocoricò. Farlo rinascere, al contrario, sarebbe l’ideale, creando un investimento importante sia in termini di denaro che di creatività per renderlo di nuovo un punto di riferimento internazionale del mondo della notte. Il Cocoricò figurava nella classifica dei primi 10 locali al mondo e come primo locale d’Italia, quello che è successo non me lo sarei mai aspettato…Mi ha molto commosso il pensiero che tutti gli habitué del club hanno rivolto a me considerandomi la sua icona. Se ne avrò l’occasione, farò il possibile per contribuire a far rinascere il Cocoricò a nuova vita, in vesti diverse…Ho tante idee: non penserei solo a rievocare gli anni ‘90, sono già proiettato nel 3000 io! E questo anche grazie al grande amore che mi è stato dimostrato da migliaia e migliaia di fan nella circostanza della sua chiusura.

 

Un fotogramma tratto dal party d’inaugurazione di Villa La Superba

Nel frattempo, la tua vita è stata movimentata dalla miriade di eventi che ormai ne sono diventati parte integrante…Ad esempio, il Life Ball di Vienna. Cosa ci racconti della tua partecipazione a quella che pare sia l’ultima edizione di uno show che ha fatto storia?

Vedi, è un segno dei tempi: anche questo evento, che per 26 anni ha alimentato l’immaginario artistico e creativo dell’ambiente queer a livelli di qualità altissimi, con contributi di artisti persino hollywoodiani …pare che chiuda i battenti. Devo dire che quest’ ultima edizione è stata particolarmente sentita, anche se la mancanza di sponsor istituzionali importanti l’ha un po’ penalizzata. La presenza del famoso Circo Roncalli di Amburgo mi ha spronato a rappresentare uno dei miei personaggi preferiti, il clown bianco, in una versione scenografica e bizzarra indossando un costume raro e prezioso (comparso anche nel film “I Clown” di Fellini) della collezione privata di Antonio Giarola, veronese regista circense e teatrale di fama internazionale.

 

Il Principe al Life Ball di Vienna nei panni del clown bianco

Anche stavolta ho accolto i vip presenti nella reception per la cena di gala e poi mi sono esibito per Redbull insieme a David Morales: è stato un bellissimo finale. Qualcuno dice che il Life Ball andrà avanti comunque…Speriamo! Sta di fatto che la società, in qualche modo, sta implodendo. E bisogna reagire, altrimenti si perde il passo con la libertà, con la libertà di espressione e con il fatto di sentirsi a proprio agio in ogni veste che si decide di indossare. Per me è una grossa preoccupazione: sono segnali brutti. Nei decenni abbiamo cercato di lavorare, anche attraverso il Teatro Notturno e così via, per abbattere limiti e pregiudizi affinché tutti potessero sentirsi bene nella propria pelle; adesso, invece, pare che qualcuno voglia fare dei passi indietro suscitando disagio in persone che cominciavano a vivere la loro dimensione serenamente, senza fare nulla di male agli altri.

 

Ricordi del Life Ball di Vienna. Il Principe con Dave Morales…

…e con il top model Nyle di Marco

Noi andiamo avanti, sperando sempre che si possa recuperare quello che è stato fatto finora. Il Life Ball di quest’ anno è stato bellissimo, molto emozionante, anche un po’ malinconico soprattutto da parte dell’organizzatore Gery Keszler, che ha fatto un discorso molto toccante. Neppure la città di Vienna vuole rinunciare a questo evento che la pone in una vetrina internazionale meravigliosa; tra l’altro, a tutt’oggi il Life Ball (in collaborazione con importanti associazioni internazionali) ha raccolto oltre 30 milioni destinati alla la ricerca sull’ Aids…I risultati si cominciano a vedere. Interrompere questo flusso perché politicamente non si vede più la necessità di organizzare l’evento, secondo me è sbagliato. Bisogna ribadire che l’Aids esiste ancora e che, purtroppo, per l’ignoranza e la mancanza di informazione il contagio sta ritornando alla ribalta. Mettere la parola “fine” sul Life Ball sarebbe quindi sciocco, anche dal punto di vista dello spettacolo e dell’immagine: Vienna in quei giorni è il centro dell’Europa, del mondo, e tra l’altro ricorda il Carnevale di Venezia. Ecco perché amo tanto quell’ evento: perché è un gran Carnevale!

 

Maurice al Life Ball insieme alla Principessa Lilly von Wittgenstein e un amico

Giorni fa è venuta a mancare una figura leggendaria del cinema e del teatro italiano, Franco Zeffirelli. Hai avuto modo di conoscerlo e, in ogni caso, come lo ricorderesti?

E’ stato un grande Maestro. Ho avuto l’onore di collaborare con lui a cavallo tra il 1989 e il 1990 per il “Don Giovanni” di Mozart al Metropolitan – che vedeva il grande Samuel Ramey protagonista – in qualità di assistente (dell’assistente…dell’assistente…) alla produzione, lo conoscevo bene. Ci siamo incontrati a Venezia durante una serata di gala, era il presidente del concorso “Maria Callas, Voci nuove per la lirica” e grazie a Bruno Tosi e Uto Ughi abbiamo fatto amicizia. Dopo la cena a palazzo Malipiero, dove ebbi modo di intrattenere la prestigiosa giuria tra cui c’erano i mitici soprano Renata Scotto e Magda Olivero, Zeffirelli mi invitò a New York, dove, appunto, lavorai con lui per qualche mese. Successivamente ci perdemmo di vista, ma quando capitava di ritrovarsi ci salutavamo e chiacchieravamo molto volentieri… Se Lindsay Kemp è mio indiscusso  mentore, poter vantare una collaborazione con Zeffirelli è per me comunque un onore! Lo porterò sempre nel cuore: era un grande.

 

Ancora un momento immortalato al Life Ball. Qui Maurice è davanti al Municipio di Vienna, sede dell’ evento

Immagino che chiunque, pensando all’estate del Principe Maurice, ti immagini mentre ti esibisci “all night” nei club, la techno martellante come sottofondo. Ma anche il Principe andrà in vacanza, giusto? Vorremmo avere, se possibile, delle anticipazioni…

La mia vacanza è andare a Palma di Maiorca, a casa mia, nel poco tempo libero che mi rimane! Tra l’altro, a Palma ho in previsione un evento molto bello: privato, raffinato…In linea con il mio motto attuale, lo definirei “Meno club, più Kabaret”. In un esclusivo hotel, infatti – il Portals Hills – mi esibirò in uno show di apertura della stagione. O meglio, la stagione è già iniziata ma desiderano che io mi presenti, e a me piace molto l’idea di entrare in questo circolo. Poi ci saranno delle serate in discoteca e lavorerò in Italia in svariate sedi, rifacendomi anche al prodotto techno che mi appartiene…Sebbene ora, come ti accennavo, io sia più orientato verso la dimensione teatrale e nell’organizzazione di happening vari. Le mie esibizioni nelle Baleari mi porteranno sia a Maiorca che a Ibiza: vi aggiornerò di volta in volta! A Venezia, invece, tra gli eventi che attendo con impazienza c’è la Festa del Redentore del 20 luglio, che vi racconterò nel nostro prossimo appuntamento; non vedo l’ora di rivivere questa antica e bellissima tradizione veneziana che viene celebrata fino all’ alba, dapprima sull’ acqua e poi sulla spiaggia.

 

Tramonto a Maiorca

A proposito di club, la società associa non di rado il mondo della notte allo sballo. Che ne pensi e quale sarebbe, in quel caso, la “ricetta alternativa” che il Principe Maurice proporrebbe ai giovani?

Non esiste una ricetta alternativa. L’alternativa è solo informarsi di più, parlare di più di questo problema, perché purtroppo la marcia indietro che hanno fatto le istituzioni a livello di prevenzione ha creato non poco disagio: bisogna imparare a conoscere gli effetti della droga. Non parlandone, drogarsi viene considerato quasi come qualcosa che si può fare tranquillamente. Il vero problema è che non si capisce che cos’è la droga, non il contenitore dove potrebbe succedere una tragedia (ad esempio la discoteca, il bar e così via…). Perché potrebbe succedere ovunque. Anzi, il fatto che non esistano luoghi di aggregazione fa disperdere i giovani e non si ha modo di comunicare direttamente con loro, il che non è l’ideale. Non esiste una forma di divertimento immune, volendo ti puoi drogare anche per andare a messa, oppure a scuola: ci sono ragazzi, per esempio, che si drogano prima delle lezioni pensando di potenziare le proprie prestazioni. Il problema non è che tipo di divertimento proporre affinché i giovani non si droghino, ma informare i giovani sui pericoli della droga e sulla prevenzione, aggiungerei anche dal punto di vista del contagio di svariate malattie (come appunto l’Aids). La società non può abbandonare i giovani a se stessi, deve informarli. Potrebbe essere l’inizio della soluzione di questo grande problema. Non esiste, quindi, una ricetta alternativa dal punto di vista del divertimento ma esiste una ricetta dal punto di vista sociale: cominciamo ad incontrare i giovani ed a spiegare a cosa vanno incontro se vogliono provare l’esperienza della droga.

Concludo con l’anniversario che ti lega a questa rubrica: oggi, infatti, “Sulle tracce del Principe Maurice” compie un anno: qual è il tuo bilancio e come definiresti con un aggettivo il nostro connubio?

Io sono contentissimo di questo appuntamento che mi obbliga un po’ a fare il punto della mia situazione, anche perché mese dopo mese mi rendo conto di quante cose belle faccio! E’ un appuntamento che mi gratifica sotto molti punti di vista. Diventa quasi la cronaca della mia vita: come a corte esistevano gli storiografi del Principe, Silvia Ragni fa la storiografia delle mie avventure notturne, diurne e in giro per il mondo. E’ un bel materiale sul quale posso anticipare che vorrò eventualmente, più avanti, cominciare a scrivere la mia storia. Quindi, grazie a questa rubrica mi è venuta voglia di raccontarmi in maniera ancor più esaustiva prima che manchi la memoria e che io rincoglionisca del tutto (ride, ndr.)…Di raccontare questa vita straordinaria che ho il piacere di vivere! Poi è logico che per VALIUM io evidenzi gli avvenimenti più belli e più intriganti, ma anch’io ho i miei momenti no. Momenti di sofferenza, anche davanti a questa ignoranza che dilaga, a questo rigurgito di omofobia e di xenofobia che non posso condividere, oppure a causa della natura che soffre. Però, nonostante gli inevitabili problemi, grazie alle nostre conversazioni periodiche mi rendo conto che la mia vita è piena di cose che mi rendono felice e delle quali sono fiero. Una definizione per “Sulle tracce del Principe Maurice”? Direi un salotto che, nell’ intimità della nostra amicizia, attraverso VALIUM viene condiviso con tutti i lettori ed è ormai diventato un appuntamento irrinunciabile. Ad Maiora! Adoro portare a tante persone un momento di sorriso, di speranza e di divertimento…

 

Il Principe “clown bianco” con lo sfondo di una scenografia sfarzosa al Life Ball di Vienna

 

 

Photo courtesy of Maurice Agosti

 

Sulle tracce del Principe Maurice: un Carnevale intriso di magia lunare

Il Principe con il “cosmico” costume del Carnevale di Venezia 2019

“E’ tutta colpa della Luna, quando si avvicina troppo alla Terra fa impazzire tutti”, dice Otello nel quinto atto della tragedia shakespereana omonima. Un detto latino recita invece: “Semel in anno licet insanire”, “una volta all’ anno è lecito impazzire”, il cui significato, con il passar del tempo, è andato ad associarsi al Carnevale ed alla sua ritualità liberatoria, giocosa, eccentrica. Se il dizionario designa il lunatico come colui che (citando il Treccani) “patisce di accessi di pazzia ricorrenti con le fasi lunari”, viene spontaneo instaurare un legame stretto tra Carnevale, luna e il concetto di “temporanea follia” a cui si riferivano gli antichi popoli. Non sorprende, quindi, che il tema del Carnevale di Venezia 2019 fosse proprio “Blame the Moon”, “Colpa della Luna”. Ed è dal magico  Carnevale della Serenissima che prende spunto questa conversazione con il Principe Maurice: chi meglio di lui, Gran Cerimoniere del Carnevale e icona della notte per antonomasia, avrebbe potuto ripercorrere insieme a noi le “lunari” celebrazioni terminate il 5 Marzo scorso? Avvolto in un alone cosmico accentuato dal costume e dal copricapo creati per lui, rispettivamente, da Pier Luigi Pizzi e da Alessio Aldini, il Principe emana un fascino a dir poco siderale (e mai termine fu più appropriato). Grazie ai suoi racconti ci immergiamo nell’ incantevole kermesse lagunare per poi approdare a Kiev e rifugiarci, infine, nei boschi odorosi di fiori appena sbocciati: un viaggio ammaliante che si addentra anche in uno speciale percorso casanoviano, dove i cinque sensi si coniugano con la storia, l’ arte, il savoir faire, la tradizione… Ma, soprattutto, con la voluttuosità del leggendario seduttore veneziano.

In questa puntata della nostra rubrica avrai molto, anzi moltissimo, da raccontarci…Non si può che iniziare con il Carnevale di Venezia, che ti vede sovrano. Attraverso quali “flash” lo rievocheresti?

Come ogni anno, ho svolto il ruolo di Gran Cerimoniere in apertura e chiusura del Carnevale, ho presieduto al Concorso delle Marie e ai Voli dell’Angelo. “Voli”, al plurale, perché vi avevo anticipato che quest’anno ci sarebbe stato un secondo volo ufficiale: al Volo dell’Angelo effettuato da Erica Chia, la vincitrice del Concorso delle Marie 2018, si è aggiunto quello dell’Angelo Guerriero, la Maria votata dai lettori del Gazzettino, ovvero Micol Rossi. Micol soffre di morbo di Crohn da tantissimi anni, e oltre al disagio e alla paura chi è affetto da questa malattia si trova spesso a sperimentare la discriminazione. Il messaggio che ha voluto dare calandosi dal campanile di San Marco è stato quindi di grande coraggio, un dire “Non vergogniamoci di star male, di essere diversi. Anzi, sosteniamo chi ha problemi come noi, chi è a rischio di emarginazione anche sul lavoro.” E’ stato un bellissimo messaggio. Ho accolto Micol personalmente, ci siamo commossi tutti…E’ stato un Carnevale molto bizzarro e pieno di momenti emozionanti, si è riso ma si è anche pianto. Pianto di gioia, che è la cosa più bella! La gioia di riuscire a fare delle cose straordinarie, perché è stato un Carnevale straordinario: “lunatico” per l’ispirazione alla luna, al primo allunaggio di 50 anni fa, ma anche con riferimenti fantasiosi e un po’ Steam Punk dettati dalla fantascienza. Tutte le sere ho fatto da anfitrione al party “Blame the Moon” che si teneva al casino, Ca’ Vendramin Calergi, ma altrettanto belle sono state le feste dell’ Associazione Internazionale per il Carnevale di Venezia e le feste private. Quest’ anno c’è stata una festa in più, “Il Carnevale del Futuro”, curata dalla catena di superlusso Aman. All’ Aman Venice, l’hotel a 7 stelle di Venezia, è stato organizzato un venerdì grasso iper esclusivo che includeva una cena riservata a pochi e privilegiatissimi ospiti, e un dopocena danzante all’ Arsenale con i dj più cool del pianeta. La cena e’ stata un po’ avvolta nel mistero: pare che ci fossero persone molto, molto importanti…Il dopocena all’ Arsenale, invece, era aperto a un pubblico più vasto ed è stata quella la novità mondana. Anche dal punto di vista della piazza, c’è stato un intervento straordinario: dalle 17, 30 fino a dopo cena l’Home Festival di Treviso (un festival di caratura internazionale incentrato sulla musica elettronica e le band di avanguardia) sponsorizzato da Red Bull ha portato in Piazza San Marco musica di qualità, nuova, bella, per i giovani, che dopo si trasferivano all’ Arsenale a fare discoteca.

 

Il Principe con le Marie

Il Volo dell’ “Angelo Guerriero” Micol Rossi

Quale è stato, per te, l’episodio più magico in assoluto di questa edizione “sotto il segno della luna”?           

Ho fortissimamente voluto l’artista russa Sasha Frolova come ospite di questo Carnevale. E’ un’esponente del filone dell’Inflatable Art, l’”Arte Gonfiabile”: ci sono artisti che creano enormi strutture gonfiabili in varie forme, e Sasha è una di questi. Le sue sculture sono state ospitate alla Biennale di Venezia, è un’artista famosa in tutto il mondo, ma realizza anche cose che puoi indossare. E per il Carnevale ha creato un costume composto da parti gonfiabili che banalmente potrebbero essere chiamati palloncini, ma non lo sono. Sasha taglia delle forme, le incolla con una colla particolare, le gonfia in un certo modo e diventano figure aliene, che hanno un non so che di extraterreno. La sua creazione veneziana si chiamava “Baroque” ed era interamente in lattice bianco, con una maschera dal sapore fetish, un copricapo che somigliava a una parrucca e abiti che rievocavano dei costumi settecenteschi. Abbiamo interpretato insieme una coppia. Io ho annullato la mia identità per diventare una sua opera d’arte, ho voluto omaggiarla cosi. E’ stato un momento meraviglioso e magico!

 

L’ “entrée” in Piazza San Marco del Principe insieme all’artista russa Sasha Frolova

Eravamo una visione aliena della tradizione veneziana. Nel momento in cui abbiamo fatto il nostro ingresso con il sottofondo di una suite di Monteverdi rivisitata in stile elettronico da Wendy Carlos (che ha composto anche le musiche di “Arancia Meccanica”), in Piazza San Marco c’è stato un boato! Incarnavamo la sintesi assoluta del tema del Carnevale, “Blame the Moon”: perché d’ accordo la celebrazione della luna, d’accordo lo Steam Punk, ma il Carnevale di Venezia deve offrire qualcosa di nuovo, di diverso, di unico. Indossando l’ opera d’arte “Baroque” ho cantato “Starman” di David Bowie insieme a Andy dei Bluvertigo, il tutto rigorosamente live, durante un gran finale affollato di maschere spettacolari. Il Carnevale di Venezia è bello proprio perché la gente gira con quelle maschere lì, che sono magiche e diverse. Noi non abbiamo i carri, il nostro è un Carnevale “ad personam”: tu, turista, l’essenza del Carnevale te la trovi davanti, non la guardi con gli occhi rivolti verso l’alto. Puoi sfiorarla, puoi parlarci!

 

 

Il Principe,  opera d’arte vivente grazie all’ inflatable costume “Baroque” di Sasha Frolova, mentre si esibisce in “Starman” con Andy dei Bluvertigo

A tuo parere, prestigio e tradizione a parte, su quale atout si concentra l’irresistibile fascino che il Carnevale di Venezia esercita a livello planetario? 

Il fatto che sia un sogno ad occhi aperti. Vorrei che il Carnevale di Venezia avesse come sottotitolo “Un sogno ad occhi aperti”, perché questo è sempre stato e sempre sarà. Il sogno di cambiare condizione sociale, il sogno di sentirsi liberi…Un sogno che sembra limitato, perché dura solo in quel periodo, ma che rimane nel cuore perché lo puoi vivere di persona, non in un letto e poi dimenticarlo. Se vivi un sogno ad occhi aperti, lo ricorderai per tutta la vita.

 

 

Flash notturni e prestigiosamente “festaioli” dal Carnevale veneziano

Che ci dici del percorso casanoviano dei 5 sensi? Quali sono le tappe veneziane da cui, a tuo parere, non si può prescindere? Mi riferisco sia al Carnevale, che a una vita quotidiana “sulle tue tracce”…

Il mio percorso dei sensi, per quanto riguarda il gusto, fa tappa in un ristorantino sulla Riva del Vin, a Rialto: si chiama proprio Riva del Vin. Lì riesco a mangiare dei piatti veneziani a base di pesce freschissimi e deliziosi a prezzi più che onesti. Un altro ristorante di qualità a cui sono affezionato è il Colombo di Domenico Stanziani di fianco al Teatro Goldoni: cucina superiore! In piazza San Marco segnalo invece Quadri, il ristorante stellato dei fratelli Alajmo, meraviglioso e di superlusso. Offrono prelibatezze da sballo preparate dagli chef più celebri al mondo! Passando alla vista, tornerei senz’ altro a Rialto e mi soffermerei sul suo antichissimo mercato di pesce e di verdure: da visitare assolutamente perché la mercanzia viene messa in mostra con un amore, con un gusto cromatico incredibile. Per gli occhi è uno spettacolo, perché è un autentico quadro vivente!

 

Riva del Vin by night

E poi, vi consiglio di visitare i Musei Veneziani. Suggerirei Palazzo Fortuny, dove l’artista catalano Mariano Fortuny y Madrazo andò a vivere trasformandolo in un atelier enorme che ospitava i suoi tessuti ed i suoi quadri. A Palazzo Fortuny sono spesso organizzate delle mostre tematiche; una, famosissima, fu dedicata anche alla Marchesa Casati. E’ un museo dal sapore un po’ dannunziano, molto decadente e raffinato. Per l’olfatto, raccomando assolutamente il percorso creato da The Merchant of Venice al Museo Mocenigo: una collezione di boccette di profumo di tutte le epoche, dalla Mesopotamia ai giorni nostri, alambicchi particolari….Il curatore di questo iter olfattivo è Domenico Moramarco, che dà anche lezioni sulla storia del profumo (in Europa è iniziata proprio a Venezia, grazie a una principessa bizantina che sposò un doge e portò la sua corte di profumieri, gioiellieri e sarti nella Serenissima). Lo sponsor del percorso, The Merchant of Venice, è un marchio della famiglia Vidal (quella del famoso bagnoschiuma): il giovane imprenditore Marco Vidal ha creato una linea di profumi boutique che si chiama appunto The Merchant of Venice e ha un flagship store veneziano (ma punti vendita anche a Milano, Roma, Verona, Dubai etc…) in Campo San Fantin. Quindi, chi desidera soddisfare l’olfatto va prima al Museo Mocenigo a vivere questa esperienza olfattiva storica, sofisticata e bellissima, e poi può comprarsi il profumo che più gli piace nella boutique di The Merchant of Venice in Campo San Fantin. Lì troverà un’infinità di fragranze una più meravigliosa dell’altra!

 

Palazzo Mocenigo, sede del Museo omonimo

Passando all’ udito, propongo anche in questo caso due opzioni. Passeggiare nella zona del Conservatorio ed ascoltare le melodie di chi sta studiando, di chi sta preparando un concerto, oppure addentrarsi nelle calli nei paraggi del Teatro La Fenice, dove può capitare di ascoltare i gorgheggi di una cantante lirica o le prove, magari, di un pianista o di un flautista….Venezia è una città musicale di per sé, è musica anche solo lo sciacquio dei rii quando passano le gondole o le imbarcazioni! Se volete ascoltare la musica sovrana avete a disposizione uno dei teatri più belli del mondo, il Gran Teatro La Fenice, appunto, che ha una programmazione straordinaria. Siamo arrivati al tatto. Quando è arrivata da me, Sasha Frolova mi ha chiesto di poter toccare la parte più antica della casa. Si è quindi issata su una sedia e ha iniziato a “tastare” le travi quattrocentesche. Ecco, per me il tatto è questo: qualcosa che ti trasmette una storia, un’emozione. Il mio consiglio, quando girate per Venezia, è quello di accarezzare le pareti, i marmi, ma anche la vostra partner! Il tatto è il senso più… sensuale! Per cui toccare la città e chi si ama è un must. Oppure, andate da Bevilacqua o da Rubelli e accarezzate quelle sete, quei velluti meravigliosi. Se vogliamo aggiungere il sesto senso, la seduzione, possiamo metterci sulle tracce di Casanova in persona nella zona di Cannaregio: al Museo Casanova c’è una meravigliosa installazione audio-video che racconta la sua storia. Altrimenti, seguite il Principe Maurice nelle sue performance al Casino Venier, uno dei piccoli palazzi privati dove i nobili veneziani ricevevano sia per libertinaggio che per affari. La mia prossima esibizione si terrà il 2 aprile, giorno del compleanno di Casanova. Casino Venier, che oggi è gestito dall’ Alliance Française, è l’ultimo esempio rimasto di quei luoghi di delizia, perdizione e trattative…E’ un vero e proprio palazzo di cultura. Potete visitarlo su appuntamento. E vi assicuro che avrete la sensazione di conoscere meglio il grande Giacomo.

 

Il Principe nelle settecentesche vesti di Giacomo Casanova

Nel film “Ca Moon” – di cui sarai il protagonista – saranno presenti anche scene girate durante la kermesse veneziana?               

E’ ancora top secret! Il progetto del film è tutto un work in progress pieno di sorprese e di colpi di scena. E’ probabile che immagini di repertorio come quelle girate quest’ anno vengano utilizzate, anche visto il tema coincidente del Carnevale e del titolo della pellicola, ma non posso confermarlo per ragioni di segretezza. Ti terrò aggiornata!

 

Maschere a Venezia

Ancora il Principe in versione notturna durante il Carnevale: mistero e fascino lunare

So che sei volato di nuovo all’ estero, e anche in questo caso l’argomento “Carnevale di Venezia” ha giocato un ruolo predominante…Che puoi raccontarci, al riguardo?

Sono stato in missione con poche ma valide persone, tra cui la mia coordinatrice Oksana Kuzmenko e il fido Daniel Didonè, per portare a Kiev la testimonianza di Casanova sul Carnevale di Venezia. E’ stato un evento molto prestigioso dedicato, ovviamente, al trionfo dei sensi a cui hanno preso parte due sponsor veneziani importanti: The Merchant of Venice per l’olfatto e l’Atelier Pietro Longhi per la vista e per il tatto. Io, Casanova, avevo un piccolo laboratorio dove ho creato un profumo per la mia dama. Ho portato quindi questo set più altre cose di The Merchant of Venice e poi i costumi, sia per me che per gli altri artisti reclutati in loco, dell’Atelier Pietro Longhi, un atelier raffinato e “filologico” di Venezia che segue gli artisti del Carnevale ai quali sono particolarmente affezionato. Era previsto, per il gusto, un menu a tema su Casanova e Venezia; per l’udito era stato ingaggiato un quartetto d’archi al femminile di chiara fama. La location? Un ristorante di primissima categoria, il Fabius, che ha capienza massima per 150 persone ed era appena fuori Kiev: si è trattato di un evento molto privato, tutto su invito. Erano presenti personaggi importanti dell’imprenditoria, dello spettacolo e della politica.

 

Kiev

Una situazione abbastanza “blindata”, insomma, probabilmente foriera di future collaborazioni più ufficiali. Sono stato in Ucraina nelle vesti di Maestro di Cerimonie, ma mi piacerebbe portare una numerosa compagnia di maschere per organizzare anche un Carnevale pubblico destinato agli abitanti di Kiev, una città bellissima con gente bellissima che sicuramente potrà apprezzare. Vedremo se prima o poi ci riuscirò!

 

Kiev

L’ organizzatrice di eventi internazionali Oksana Kuzmenko

Ci sono altri progetti in vista di cui vuoi parlarci?

Ho in ballo progetti per il Salone del Mobile e del Design di Milano, kermesse tra le più importanti al mondo ricca di eventi collaterali, feste, happening veramente molto belli e addirittura più interessanti, a mio parere, della Fashion Week. La cosa più intrigante è che la città meneghina celebra il 500mo anniversario dalla morte di Leonardo da Vinci: il genio è nell’ aria! Per me Leonardo da Vinci è la genialità assoluta, una figura quasi aliena per la moltitudine di talenti che possedeva, una mente spropositata. Quel che andrò a fare io a Milano non avrà a che fare con Leonardo come figura storica, ma con il suo spirito. Per scaramanzia, però, non dico di più! Il 5 e il 6 Maggio, poi, sarò al Music Festival di Rimini. Mi ha chiamato Nicoletta Magalotti (la celebre Nico Note del Morphine del Cocoricò) per propormi di far parte della giuria di un premio speciale dedicato ai nomi più significativi della club culture italiana, e di partecipare come relatore ad un convegno a Rimini. Sarà la prima edizione di un premio alla memoria di Dino D’Arcangelo, il giornalista che portò il Cocoricò alla Love Parade sdoganando la musica techno. Prima di allora, l’house music e la techno non venivano considerate neppure un genere musicale. Lo divennero per merito di Dino D’Arcangelo che insistette nel dire, riferendosi al Cocoricò in particolare, che da noi si faceva cultura…Così come erano cultura, appunto, la house music e la techno. D’ Arcangelo aveva una rubrica intitolata “Tenera è la notte” su Repubblica, era una persona brillantissima…E’ venuto a mancare poco tempo fa. Tutti i critici musicali che all’inizio snobbavano la EDM (electronic dance music), grazie a lui dovettero rivedere le loro posizioni.

 

Il Principe con il copricapo stellare firmato da Alessio Aldini

L’ Equinozio, due giorni fa,  ha sancito l’arrivo della Primavera. Qual è il “rituale” che il Principe Maurice consiglia ai suoi fan per onorare il risveglio della natura?

Vi dò due suggerimenti: il primo poetico, il secondo dionisiaco. Il primo è di andare in un bosco, da soli o in compagnia di persona intima, ed ascoltare il silenzio. Sdraiarsi, ascoltare, osservare, guardare cosa succede tra l’erba, avvicinarsi ai fiori. Più che un rito è la presa di coscienza di questa cosa meravigliosa che è il risveglio della natura…Il consiglio più “dionisiaco”, invece, è quello di abbandonarsi a un rito orgiastico nel bosco di notte, sulla falsariga delle Baccanti di Dioniso!

 

“La giovinezza di Bacco” (1884), dipinto di William-Adolphe Bouguerau

Lo vedo come un momento euforico che invita a godere della natura, ad abbandonarsi veramente ai sensi, alla gioia e al risveglio anche del corpo grazie alla mitezza del clima, a tutta l’energia, ai ferormoni degli animali che vanno in calore per riprodursi. La magia primaverile ogni anno si rinnova ed è qualcosa di veramente fantastico. Vi suggerisco, quindi, di prendere parte a questo risveglio attraverso i sensi. Se andate nel bosco da soli, camminate a piedi nudi sull’ erba, sulle foglie…Non abbiate paura. Non bisogna avere paura della natura, la natura è amica. Annusate i profumi nell’aria, abbracciate gli alberi, accarezzate i petali…Non strappate i fiori, non importunate gli insetti. Neanche le farfalle, che come sai se vengono toccate sulle ali non volano più. Ripristinate un rapporto alla pari, rispettoso e romantico con la natura. Se poi avete voglia di giocare, e siete con le persone giuste, fate un rito dionisiaco tutti insieme abbandonandovi alla voluttuosità più sfrenata. Reinnamoratevi della natura attraverso un contatto bello e diretto. E’ possibile farlo anche in città: persino nelle metropoli ci sono dei parchi stupendi dove poter mettere in pratica questo rituale!

 

Photo courtesy of Maurice Agosti

Riva del Vin: photo by Zairon [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)]

Palazzo Mocenigo: photo by Didier Descouens [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)]

 

 

Da artista di strada a cantastorie contemporaneo: quattro chiacchiere con Jack Paps

 

Lo incontri e pensi che, di certo, non passa inosservato: sembra direttamente uscito da una affiche della Belle Epoque. Sul fatto che sia un artista non ci sono dubbi, ce lo racconta un look  a metà tra l’ eccentrico e il bohémien. L’hanno definito “un moderno menestrello”, e l’aria del cantastorie gli si addice: la barba folta, i baffi d’antan, i capelli raccolti in due lunghe trecce sono un po’ il “trademark” di Jack Paps, così come la tuba e gli anelli gipsy. In realtà, il suo talento si è sempre rivelato estremamente eclettico. Curioso della vita, intuitivo, Jack diventa un musicista da autodidatta e inizia ad esibirsi con la sua fisarmonica come artista di strada. Qualche anno dopo lo ritroviamo sul palco di uno degli eventi clou dell’ estate, il Summer Jamboree, dove ha introdotto l’ attesissimo Burlesque Show: pigiando sui tasti dell’ inseparabile fisarmonica, Paps ha conquistato immediatamente l’ audience della kermesse senigalliese. Un vero e proprio trionfo, il suo, personaggio che si distanzia dalle atmosfere anni ’40 e ’50 del Festival a favore di un’ ispirazione squisitamente “fin de siècle”. L’ ho voluto incontrare per saperne di più su di lui e sulla sua arte: c’è da scommettere che di Jack Paps sentiremo parlare molto, nei mesi a venire. Io, nel frattempo,  ho scoperto che ama svelarsi con parsimonia e che è un vero maestro nel potenziare l’ attenzione grazie a un misterioso “non detto”.

Come racconteresti il tuo background esistenziale e formativo?

Non mi sono mai iscritto a un Conservatorio e non ho mai studiato musica privatamente, durante l’adolescenza non ho fatto parte della band più quotata della scuola e non sognavo di diventare un musicista professionista. Per giunta, ora che lo sono, non credo che vorrò esserlo ancora a lungo. Da bambino ho trovato una piccola pianola tra la cianfrusaglie del garage e da quel primo approccio con la musica questa è rimasta, seppur in maniera riservata, un frammento sostanziale della mia vita per 20 anni. Suonare e cantare restano di fatto le voci attraverso cui posso esprimere la parte immateriale, l’origine e il centro del mio pensiero, della volontà e della coscienza a me stesso e a nessun altro.

 

(Photo by Giuseppe Reggiani)

 

Come nasci artisticamente?

Vengo da una famiglia poco abbiente e per non pesare e dare una mano ho cominciato a lavorare a 15 anni. Ho fatto i lavori più disparati, dal cameriere alla guardia giurata, dal facchino al corriere e intanto nel corso degli anni, nonostante l’impegno e la serietà, le situazioni lavorative che incontravo non mi permettevano di poter costruire qualcosa di stabile. All’età di 24 anni ho deciso di rivoluzionare la mia vita e in un periodo storico in cui il lavoro precario era all’ordine del giorno ho optato per il più precario di tutti, l’artista. Così ho cominciato tra le calli e i campielli di Venezia come artista di strada, con una fisarmonica sgangherata che sapevo suonare a malapena. Da cosa nasce cosa ed è cominciata una vera e propria vita errante partecipando a festival di arte di strada italiani e stranieri, collaborazioni musicali, e successivamente spettacoli teatrali. La professione si è consolidata poi con la partecipazione e le esibizioni nelle feste private e negli appuntamenti mondani più attesi dell’anno. Cinque anni fa prendevo in mano la fisarmonica senza sapere da dove partire e a oggi ho collezionato un racconto di condivisione tra palchi, salotti e strade affollate.

Per descriverti hai usato la definizione di “artista di strada”. Su cosa sono incentrate, esattamente, le tue performance?

Anche se il mio lavoro mi porta a esibirmi in ambienti altolocati e benestanti, non ho ancora smesso per sopravvivere di lavorare in strada. Ho cominciato come artista di strada e mi esibisco nella fattispecie ancora oggi come cantastorie intrattenendo i passanti con canzoni e filastrocche. Nel corso degli anni però il mio spettacolo si è trasformato molto e da esecuzione musicale si è evoluto in una piccola boîte a surprises dalla quale escono le note della fisarmonica, brani anni ’30 e gag dove per esempio i bicchieri vengono frantumati con la sola forza della voce ed io mi esibisco con improbabile delicatezza in coreografie di danza classica corredato di tutù.

 

(Photo by Giuseppe Reggiani)

 

Guardarti è come immergersi in atmosfere bohemien e molto “fin de siècle”: cosa ti lega a quell’ epoca?

L’immaginario, la moda della Parigi di fine ottocento, i suoi personaggi e le idee rivoluzionarie sono stati l’ispirazione che hanno alimentato la mia ricerca e le mie esibizioni a sviluppare l’aspetto che ha oggi il mio spettacolo. Sono intrinsecamente legato a quell’epoca per certi aspetti che si associano alla mia vita da quando ho cominciato a fare questo mestiere. Mi sono divertito nell’immaginarmi simile agli artisti bohémien durante i concerti abusivi nelle strade o nei bassifondi di città suggestive come Venezia, oppure quando per imparare le sonorità e i ritmi delle musiche balcaniche ho cominciato a frequentare e a suonare assieme ai gitani di Milano.

Alla fisarmonica classica hai aggiunto sonorità contemporanee, più prettamente elettroniche: perché?

Sono cresciuto negli anni ’90 ascoltando Gabry Ponte e gli Eiffel 65 e oggi, volente o nolente, nonostante io abbia approfondito un altro genere musicale, amo ancora la techno più grossolana e cafona. Ecco perché ogni tanto tendo a cimentarmi in esperimenti di questo genere.

 

(Photo by Giuseppe Reggiani)

 

Quest’ anno hai esordito al Summer Jamboree introducendo il “Burlesque Show” al Teatro La Fenice. Com’è andata?

E’ stata una scommessa per gli organizzatori, sapevo che avrei dovuto aprire lo spettacolo che avrebbe coinvolto artisti e musicisti internazionali. Ho avuto un solo brano per riuscire a scaldare il pubblico di 800 persone che hanno riempito il teatro e, considerando l’entusiasmo e gli applausi al termine dell’esibizione, direi che ho adempiuto egregiamente al mio dovere.

Cosa ti ha colpito di più del Festival?

Per me il SummerJamboree è stato uno sconvolgimento culturale irresistibile che mi ha riportato negli anni ’40 e ’50 in cui la musica univa le classi sociali, e che durante questi 12 giorni, allo stesso modo, ha reso tutti indiscriminatamente partecipi a un evento traboccante di gioia e allegria.

(Photo by Davide Bona)

Pensi che se raggiungessi una notorietà massiccia il tuo modo di approcciarti all’ arte ne risentirebbe?

Per il mio tipo di personalità, per come sono fatto io, potrebbe davvero essere una cosa deleteria e probabilmente non mi farebbe bene.

Veniamo al gossip. Che puoi dirmi del tuo love affair con Eve La Plume?

Sono innamorato. Direi che è tutto!

Hai qualcosa che bolle in pentola, dopo l’esperienza senigalliese?

Pensavo di mollare tutto e diventare insegnante di Yoga.

 

(Photo by Davide Bona)