1 Maggio, Beltane

 

1 Maggio. Se la tradizione, oltre che alla Festa del Lavoro, associa questa data al Calendimaggio (rileggi qui l’articolo che VALIUM gli ha dedicato), i Gaeli – un popolo celtico stanziatosi in Scozia e in Irlanda – celebravano Beltane, il giorno che coincideva con l’inizio dell’Estate. Il nome deriva dall’ irlandese antico “Beletene”, ovvero “fuoco luminoso”, e in Irlanda veniva usato anche per indicare il mese di Maggio. La collocazione di tale ricorrenza era fissata a metà tra l’ Equinozio di Primavera e il Solstizio d’Estate. Ma cosa si festeggiava, esattamente? Innanzitutto il ritorno della luce e della vita; accanto ad esse, la fertilità. Luce, vita e fertilità rappresentano una triade inscindibile, l’una è direttamente collegata all’altra. Il sole a Maggio torna a splendere, il clima è mite, si può godere dell’aria aperta. Ci si proietta verso l’esterno anche interiormente: la natura rigogliosa e le giornate sempre più lunghe diffondono un’atmosfera gioiosa. Si progettano picnic, scampagnate, si intrecciano amicizie e nuovi amori. E’ il periodo in cui il bestiame, dopo lo svernamento, viene condotto al pascolo. A Beltane, nel X secolo, i greggi e le mandrie erano sottoposti a pratiche di benedizione e purificazione da parte dei Druidi, che accendevano enormi falò sulle colline. Lì avevano luogo i rituali.

 

 

Questa tradizione sopravvisse persino dopo l’avvento del Cristianesimo e resistette fino agli anni ’50 del 1900. Non era, però, esclusivamente rivolta agli animali. Un gran numero di persone ardiva attraversare i falò saltando. Il rito aveva un carattere di buon auspicio e preveggenza: quanto più alto era il salto, tanto più alto sarebbe stato il raccolto. Molteplici usanze celebravano la fertilità tramite la formazione di nuove coppie. Il rito del Palo del Maggio, ad esempio, era comune presso i popoli Germanici e Anglosassoni. Prevedeva che un tronco di betulla, ontano, pioppo o maggiociondolo venisse privato dei rami e poi fissato nella terra. Alle donne del villaggio spettava il compito di attaccare al Palo ventiquattro nastri che misuravano il doppio della sua lunghezza; i colori erano innumerevoli, ma prevalevano il rosso, che simboleggiava il principio maschile, e il bianco, emblema di quello femminile. Le donne nubili erano tenute a realizzare una ghirlanda di fiori da porre attorno al Palo, in modo che potesse salire e scendere nel bel mezzo della danza rituale. Tre giorni prima dell’ inizio della festa, il Palo e la corona venivano consacrati. Erano rispettivamente il simbolo dell’ energia maschile e femminile.

 

 

Il giorno stesso delle celebrazioni, le donne scavavano una buca nel terreno laddove sarebbe stato collocato il Palo. La valenza emblematica di questo particolare è evidente: la buca rappresentava l’organo genitale femminile, mentre il Palo era un palese simbolo fallico. Nel momento in cui gli uomini si accingevano a sprofondare il Palo nella terra, avveniva un singolarissimo rituale. Le donne fingevano di allontanarli dalla buca per poi permettere loro di piantarvi il tronco. Infine, i nastri colorati venivano fissati sulla cima del Palo insieme alla ghirlanda. Attorno al Palo si effettuavano danze di corteggiamento: ogni uomo e ogni donna del villaggio dovevano tenere in mano l’estremità di un nastro. Le donne danzavano attorno al palo in senso antiorario, gli uomini in senso opposto. Quando l’uomo e la donna si incontravano, dovevano cambiare subito la direzione della loro danza. A segnare il ritmo, solitamente, era un tamburo detto “bodhran celtico”. Il rituale terminava nel momento in cui i nastri si intrecciavano attorno al tronco e la ghirlanda scendeva; a quel punto, la danza ricominciava in senso contrario e la ghirlanda doveva ritornare in cima al palo. L’ obiettivo, in sintesi, era che la corona di fiori scendesse e salisse senza difficoltà: raffigurava una metafora dell’ unione del Re e della Regina di Maggio, nominati quella sera stessa. Nei paesi anglosassoni, i componenti della giovane coppia venivano ribattezzati “John Thomas” e “Lady Jane”, il che riporta alla mente una celebre hit dei Rolling Stones (anche se alcuni identificano la “Lady Jane” del titolo con Jane Seymour, moglie di Enrico VIII Tudor).

 

 

I fiori assumevano un ruolo importante, nelle celebrazioni di Beltane. Oltre ad essere destinati alla ghirlanda del Palo del Maggio, adornavano il capo delle giovani donne e venivano raccolti dopo i rituali, prima di trascorrere la notte insieme sotto il cielo stellato. Il fiore è il perfetto emblema del risveglio primaverile, dell’ energia ritrovata. Al sorgere del sole, era come se esplodesse la fioritura. Il desiderio era sbocciato e avrebbe diffuso il suo profumo durante l’ intero giorno. Non dimentichiamo che per i Gaeli, appartenenti al gruppo dei Celti, la giornata iniziava al tramonto e terminava con il tramonto successivo. Incluso nei quattro festival gaelici associati ai cicli stagionali (gli altri sono Samhain, Imbolc e Lughnasadh), Beltane era una data ricca di tradizioni. I falò rimangono l’elemento principale, il più importante: con le loro fiamme altissime, rivestivano una valenza protettiva, purificatrice e beneaugurale. Un’usanza prevedeva che tutti i fuochi delle case venissero spenti e poi riaccesi con una torcia alimentata dal falò dei Druidi. Gli antichi sacerdoti celti, infatti, realizzavano grandi falò in onore di Bel (anche detto Belenus), il Dio della Luce e del Fuoco.

 

 

Nelle case, davanti al focolare, si banchettava in compagnia. I fiori, onnipresenti, decoravano le porte, le finestre, gli ingressi delle stalle e persino il bestiame: adornare una mucca era di buon auspicio per la produzione di latticini, all’ epoca una delle principali fonti di sostentamento. Si creavano i cespugli di Maggio, corposi bouquet composti da giunchi, rami, infiorescenze, nastri, conchiglie e spighe. I fiori più utilizzati erano le primule, il biancoscospino, il sorbo selvatico, il nocciolo, la ginestra, la calendula, che venivano affiancati plasmando le più disparate forme; abbondavano le ghirlande così come le croci. A Beltane erano d’obbligo le visite ai pozzi sacri, e a la rugiada incarnava un potente elisir di giovinezza.

 

 

I May Bush, cespugli di Maggio, erano alberelli riccamente adornati (si usavano finanche le candele, preziose palline d’oro e d’argento) che facevano bella mostra di sè nei giardini delle case. Non era raro che venissero banditi concorsi per il cespuglio più bello. Ciò, con il passar del tempo, diede adito a rivalità e ladrocini che in era vittoriana condussero alla messa al bando della tradizione. A Beltane, inoltre, tornavano alla ribalta i cosiddetti “Aos Sì”, l’antico popolo degli elfi e delle fate irlandesi. Si pensava che le fate avessero l’abitudine di rubare i latticini e per evitarlo venivano presi speciali accorgimenti: ad esempio, i prodotti caseari si legavano ai rami del Maggio. Gli ornamenti floreali delle mucche, oltre ad essere di buon auspicio, avevano un identico obiettivo. Proteggevano, cioè, i bovini dalle incursioni delle fate. Oppure, gli agricoltori effettuavano appositi riti per placare le incantate creature: si versava a terra una piccola quantità di sangue del bestiame, si organizzavano processioni…Ciò dimostra il carattere fondamentale che a livello nutritivo, a quei tempi, rivestivano i derivati del latte. La simbologia di Beltane include infatti anche la mucca, e accanto ad essa l’ape: il miele rientrava tra i portentosi alimenti che assicuravano il sostentamento dei Gaeli.

 

 

L’ amore e l’ innamoramento rappresentavano due punti cardine della festa. Il 1 Maggio si celebrava il sacro incontro tra il Dio e la Dea, lo sboccio del loro amore. Da questa unione scaturivano, copiosi, i germogli della vita. L’ Estate, a Beltane, è sempre più vicina e la terra riprende a donarci i suoi frutti; l’agricoltura fiorisce in vista dei prossimi raccolti. Spiritualmente, Beltane è il periodo dei traguardi raggiunti. Abbiamo consolidato le nostre potenzialità individuali e siamo pronti ad elevarci ulteriormente, raggiungendo livelli di autoconsapevolezza e propositività sempre maggiori.

Buon Beltane a tutti voi!

 

John Collier, “Queen Guinevere’s Maying”

 

 

La colazione di oggi: le bacche commestibili e le loro innumerevoli virtù

 

In Autunno il contatto con la natura si cerca prevalentemente nei boschi: è lì che ci si inoltra per ammirare gli incredibili colori del foliage, per raccogliere funghi, per purificarsi dal caos cittadino. Ma nei boschi si va anche in cerca di bacche, che nei mesi freddi ci conquistano con il caleidoscopio delle loro nuance. Preciso che sto parlando di bacche commestibili, che è imprescindibile saper identificare. Se non siete degli esperti di botanica, quindi, fate attenzione: correte il rischio di confonderle con quelle velenose o tossiche. Per scongiurare questo pericolo, vi consiglio di comprarle nei migliori supermercati o in specifici siti on line. Perchè, allora, un focus sulle bacche? Il motivo è molto semplice: sono buonissime, succose, particolarmente ricche di proprietà salutari. Con le bacche si guarniscono o farciscono i dolci, si preparano marmellate e liquori. Andiamo subito a scoprire le più utilizzate in cucina!

 

 

Le bacche di sambuco, sferiche e di un viola scurissimo, sono soffici e deliziose. Molto conosciute per le virtù lassative e diuretiche, è tassativo consumarle cotte allo scopo di azzerare la loro lieve tossicità. Mature al punto giusto, possono essere utilizzate per la preparazione di ghiotte marmellate; aggiungete mezza mela con la buccia, se volete renderle ancora più appetitose: risulteranno dense e irresistibili. Dal punto di vista del benessere, il sambuco è considerato un toccasana per le vie respiratorie: le sue foglie e i suoi fiori, sotto forma di infuso, sono ottimi per sconfiggere bronchiti e raffreddori.

 

 

Chi non conosce il biancospino? La sua nuvola di fiori candidi, le spine che si infittiscono sui suoi rami lo rendono inconfondibile. A inizio Autunno, i fiori si tramutano in una bacca color rosso vibrante amatissima dagli uccelli. Anticamente, la bacca di biancospino ha fornito sostentamento a svariate popolazioni: il suo valore nutrizionale è ragguardevole. Inoltre, essendo ricca di flavonoidi, possiede delle spiccate proprietà antiossidanti. Gli zuccheri naturali in essa contenuti fanno sì che sia un potente energizzante; non è un caso che venisse inclusa tra gli ingredienti della “pemmican”, una miscela alimentare tipica dei nativi americani. La bacca di biancospino è anche ottima per il benessere della circolazione e dell’ apparato cardiovascolare. Risulta l’ideale per guarnire i dolci e, come il sambuco, per preparare delle squisite marmellate.

 

 

Il ginepro è un sempreverde contraddistinto da una vertiginosa altezza (può sfiorare addirittura i 10 metri), dalle aghifoglie e da bacche che in Autunno assumono una sfumatura tra il blu e il viola. Grazie alla sua maestosità, non è raro che adorni i giardini e le aiuole dei parchi. La bacca di ginepro ha una particolarità: è completamente avvolta in una pellicola opaca detta pruina. Anche il suo sapore, simile a quello del gin, è senza dubbio singolare; si tratta inoltre di una bacca succosissima e molto dolce. Le doti di questo piccolo frutto, principalmente adoperato per aromatizzare gli alimenti, sono innumerevoli: migliora la digestione, contrasta il gonfiore allo stomaco, è un ottimo diuretico, purifica l’apparato urinario, possiede virtù antimicrobiche e antimicotiche. Essendo ricco di antiossidanti, neutralizza l’azione dei radicali liberi e stimola la rigenerazione cellulare. In cucina dona uno speciale sapore speziato al pane, alla carne e agli insaccati, mentre come bevanda  si utilizza per preparare il gin oltre che un gran numero di liquori e digestivi.

 

 

Le bacche del corniolo, tinte di un rosso profondo, hanno una forma ovoidale che ricorda quella delle olive. Per maturare impiegano sette mesi durante i quali assumono, l’uno dopo l’altro, diversi colori: dal verde iniziale passano al giallo, dal giallo all’ arancio, dall’ arancio a un rosso squillante per poi finire con il burgundy che indica la completa maturazione. Il gusto delle corniole è dolce e acidulo a un tempo, il grado di succosità molto alto. Le loro proprietà sono incalcolabili. Abbondano innanzitutto di vitamina C, un efficace antiossidante naturale che contribuisce a rafforzare il sistema immunitario e a contrastare i radicali liberi. La vitamina C è portentosa, inoltre, per combattere i dolori alle articolazioni e i disordini del metabolismo. La presenza dei tannini, potentemente astringenti e antinfiammatori, è un toccasana per i disturbi intestinali. In cucina, la bacca del corniolo è utilizzatissima: il suo inconfondibile sapore fa sì che venga impiegata sia per la preparazione di bevande che di alimenti. Vini, liquori, dolci, marmellate, salse e gelatine a base di corniola sono numerosissimi; degustate fresche, in più, queste bacche risultano particolarmente dissetanti.

 

 

Tra le bacche che apportano molteplici benefici figurano anche quelle dell’ aronia nera: sfoggiano un color ebano intenso e si riuniscono in folti grappoli. Tra i loro componenti principali risalta una quantità massiccia di antociani, dei flavonoidi dalla spiccata azione antiossidante, che contrastano l’ invecchiamento cellulare, lo stress ossidativo e le patologie cardiovascolari. La presenza dei polifenoli accentua queste proprietà e rende le bacche dell’aronia nera il frutto “antietà” per eccellenza. Un connubio di vitamine, fibre e sali minerali apporta ulteriori vantaggi. La vitamina C è ottima per mantenere in salute le ossa, i tessuti e rafforzare il sistema immunitario; la vitamina K ottimizza la coagulazione del sangue abbassando i livelli di colesterolo e combattendo l’aterosclerosi, con effetti benefici sulla pressione sanguigna; l’acido chinico contrasta le infezioni dell’ apparato urinario; il ferro garantisce l’ossigenazione delle cellule, mentre il potassio è un toccasana per il sistema cardiovascolare; le fibre favoriscono la digestione e regolarizzano l’ intestino. Pare che gli antociani, inoltre, svolgano un’efficace azione contro determinati tipi di tumori, ad esempio quello al colon. Con le bacche dell’ aronia nera si preparano sciroppi, bevande, marmellate, frullati, tisane, macedonie…a colazione si possono abbinare al latte, al muesli o ai cereali per iniziare la giornata in modo salutare, ma possono essere anche consumate al naturale: possiedono un altissimo valore nutrizionale.

 

 

 

 

La prima notte di luglio

 

” Nella vita di Herr Cazotte trascorrere la prima notte di luglio all’aperto era una specie di rito. Ad esso fedele, anche il primo luglio di quell’anno, subito dopo che la Corte e tutti gli abitanti di Rosenbad si erano ritirati per la notte, egli uscì sotto le stelle pallide in un cielo terso, in un mondo rorido di rugiada e colmo di fragranza. A tutta prima camminò rapidamente per allontanarsi, poi rallentò il passo per guardarsi intorno. E men­tre così faceva sentì che il suo cuore traboccava di gratitudine. Si tolse il cappello. “Quale tremendo, insondabile potere di immaginazione” si disse “ha formato ognuno dei più piccoli oggetti che ho d’intorno, e li ha combinati in una possente unità! Io non sono una persona modesta, ho una notevole considerazione per i miei talenti, e oso cred­ere che avrei anche potuto immaginare l’una o l’altra delle cose che mi circondano. Avrei potuto inventare i lunghi fili d’erba, ma sarei stato capace di inventare la rugiada? Avrei potuto inventare l’oscurità, ma sarei stato capace di inventare le stelle? Di una cosa sono sicuro” disse tra sé mentre rimaneva perfettamente immobile e ascoltava “che non sarei mai stato capace d’inventare l’usignolo”. “I fiori del castagno” continuò “si tengono dritti come i ceri degli altari. I fiori del lillà sembrano erompere in tutte le direzioni dal tronco e dai rami, dando a tutto l’arbusto l’aspetto di un lussureggiante bouquet e i fiori del cìtiso si inchinano penduli come do­rati ghiaccioli estivi nell’aria di un pallido azzurro. Ma i fiori del biancospino si spandono lungo i rami come fragili strati di neve bianca e rosea. Non è possibile che una varietà così infinita sia necessaria all’economia della Natura, dev’essere per forza la manifestazione di uno spirito universale, inventivo, ottimista e giocondo all’estremo, incapace di trattenere i suoi scherzosi torrenti di felicità. E davvero, davvero: ” Domine, non sum dignus.” Si aggirò a lungo per i boschi. “Stanotte” pensò “sto rendendo omaggio al grande dio Pan”.”

 

Karen Blixen, da “Ehrengard”