Il vin brulé, la bevanda del Natale e dell’Inverno

 

E’ il protagonista principale di ogni mercatino natalizio: il vin brulé, la famosissima bevanda calda a base di vino rosso, zucchero e spezie, riscalda e  promuove piacevoli pause all’insegna dell’euforia e della convivialità. Potremmo definirlo il drink più gettonato dell’Avvento, quando il freddo si fa intenso e nasce il desiderio di “sintonizzare” l’anima e il corpo con la magica atmosfera del periodo. Il nome “vin brulé”, in francese, significa letteralmente “vino bruciato”; per le sue caratteristiche, questa bevanda dapprima si diffuse nei più gelidi paesi europei. In seguito, l’usanza di bere il cosiddetto vino cotto si è estesa a livello mondiale. Le origini del vin brulé si perdono nella notte dei tempi. Pare che la sua ricetta sia stata elaborata nella Grecia antica; è ad essa che i romani si ispirarono per la preparazione di una bevanda a base di vino caldo, zafferano e miele che battezzarono conditum paradoxum. Alcune testimonianze su questo drink ci sono pervenute grazie a Marco Gavio Apicio, gastronomo e scrittore vissuto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.: nel suo libro di ricette “De Re Coquinaria”, Apicio descrive la bevanda come un delizioso mix di vino caldo, spezie – tra cui risalta il pepe – e miele in abbondanza. Nell’antica Roma, la conditum paradoxum si soleva bere dopo i pasti per favorire la digestione.

 

 

 

L’ abitudine di consumare vini speziati coinvolse anche il Medioevo; all’epoca trionfava l’Ippocrasso, un vino fermentato aromatizzato con spezie e dolcificato con miele. Successivamente, il vino cotto divenne un must nelle zone flagellate dal clima rigido, come le Alpi, l’Italia Settentrionale e i paesi del Nord Europa. Con il passar del tempo, il vin brulé è andato affermandosi come bevanda invernale per eccellenza. Il suo consumo prosegue a tutt’oggi, e ogni stato o regione ha rigorosamente mantenuto la ricetta del vin brulé locale. Generalmente, infatti, per prepararlo si utilizza il vino rosso riscaldato dolcificato con zucchero e aromatizzato con spezie quali la cannella, i chiodi di garofano, l’anice stellato e la noce grattugiata. Per intensificare il sapore del composto si aggiungono fette o scorze di agrumi (arance, limoni o mandarini) e mele. A seconda delle zone, tuttavia, esistono molteplici varianti della ricetta.

 

 

Mentre in quasi tutta la Germania, ad esempio, il vin brulé è esclusivamente a base di vino rosso, in Austria e nel Nord Italia viene utilizzato anche il vino bianco. Nel Bel Paese si registrano differenze persino da regione a regione: in Veneto si chiama “vinbruè” e si prepara sostituendo il vino con lo Chardonnay o il Pinot bianco; per aromatizzarlo si opta per la mela, la cannella e i chiodi di garofano. Consumare “vinbruè” è una tradizione associata al “panevin”, le sere antecedenti all’Epifania, quando nel Nord-Est si usa accendere grandi falò propiziatori. In Romagna, e in particolare a Faenza, il vin brulé è il “bisò”: si realizza con del Sangiovese quasi bollente e si beve durante la “Nott de bisò”, all’imbrunire del 5 Gennaio. Il nome “bisò” pare derivare dall’ espressione “biì sò”, “bevete, su!” in dialetto romagnolo, ma altre teorie rimandano a “Bischoff”, in tedesco “cardinale”, alludendo alla specifica tonalità di rosso (rosso cardinale, appunto) del vino cotto.

 

 

Tra i paesi europei in cui il vin brulé viene consumato regolarmente troviamo la Germania (dove prende il nome di Glühwein), il Regno Unito (in cui è stato battezzato mulled wine), la Francia (patria del vin chaud) e la Scandinavia: in Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia si chiama glögg ed è, tra l’altro, la bevanda tradizionale del giorno di Santa Lucia. Per affrontare il grande freddo, agli ingredienti classici del vin brulé sono stati aggiunti vodka e rum, cannella in abbondanza, zenzero, cardamomo, uva passa e mandorle pelate.

 

 

Ma qual è, esattamente, la gradazione alcolica del vin brulé? Con ovvie differenze determinate dal vino di base, rientra tra gli 11 e i 14 gradi. C’è da considerare, però, che l’etanolo evapora se sottoposto a temperature maggiori di 80°C; l’alcolicità della bevanda, inoltre, presenta variazioni legate sia al tempo che al modo di cottura. Va valutato poi un altro aspetto, parlando di questa bevanda natalizia: il suo effetto benefico. Il vin brulé vanta buone proprietà disinfettanti, corroboranti e riscalda istantaneamente il corpo. I chiodi di garofano possiedono virtù antibatteriche, mentre i tannini del vino hanno il potere di contrastare i virus; la scorza d’arancia è antibatterica, ricca di vitamina C e come tutti gli agrumi contiene esperidina, un potente antiossidante, e pectina, che protegge l’apparato gastrointestinale e facilita la digestione. Il vino cotto, insomma, è un efficace concentrato di proprietà salutari. Non è un caso che venga utilizzato persino per combattere i malanni stagionali!

 

 

 

Il vino novello, un piacere tutto autunnale

 

Novembre, tempo di vino novello: in Italia è disponibile dal 30 Ottobre, e potrà essere commercializzato fino al 31 Dicembre. Molti festeggiano la sua immissione sul mercato a San Martino, in parte perchè così voleva la tradizione e in parte perchè, prima del decreto del Ministero delle Politiche Agricole del 2012, veniva venduto a partire dal 6 Novembre. Oggi tale data è stata anticipata, permettendoci di assaporare il suo aroma fruttato e il suo gusto fresco, vagamente frizzante, già dall’ inizio del mese. E’ un tipico vino aromatico il vino novello, il cui nome sembra sottolinearne la provenienza dalla vendemmia dello stesso anno in cui viene degustato. Affinchè possa essere definito “vino novello”, tuttavia, il Ministero delle Politiche Agricole ha stabilito una normativa ad hoc: deve possedere una gradazione alcolica che si attesta a un minimo di 11 gradi, contenere almeno un 40% di uve vinificate per macerazione carbonica e un 60% tramite processi di vinificazione tradizionali, e un massimo di zuccheri riduttori che ammonta a 10 grammi per litro. E’ stato fissato un limite anche per il procedimento di vinificazione, che non può oltrepassare i 10 giorni. Il vino novello, inoltre, va consumato “giovane”: ottenuto con livelli tannici bassissimi, è un “pronto da bere” da degustare per non oltre sei mesi dal suo imbottigliamento. Dopo questo periodo è soggetto a un deterioramento graduale, ma irreversibile, poichè si tratta di un tipo di vino che non possiede i requisiti affinchè possa “invecchiare bene”. La denominazione di vino novello riguarda, infine, solo i vini DOP (Denominazione di Origine Protetta) o IGP (Identificazione Geografica Protetta) sia fermi che frizzanti. Potrete trovare tutte queste informazioni sull’etichetta.

 

 

Bere vino a poca distanza dall’ ultima vendemmia è una tradizione remotissima che accomunava i Greci e i Romani: in Grecia, il vino novello veniva consumato in abbondanza durante le feste dedicate a Dioniso; nell’antica Roma, invece, si preferiva degustarlo in Autunno. Un po’ come avviene in Francia con il vin bourru, tanto per intenderci. Dire “vino novello”, però, non significa dire “vino nuovo”: il suo segno distintivo è la tecnica di vinificazione a macerazione carbonica a cui viene sottoposto il 40% dell’uva. Ma in cosa consiste esattamente questa tecnica? In sintesi, si inseriscono dei grappoli d’uva interi in un serbatoio saturo di anidride carbonica fino ad azzerare completamente l’ossigeno. I grappoli rimangono nel serbatoio per qualche ora o qualche giorno, a una temperatura di 25°; nel frattempo, la mancanza di ossigeno dà il via a un processo di fermentazione alcolica intracellulare. Gli zuccheri si tramutano in etanolo prima che l’uva venga pigiata al termine della macerazione. Il vino che si ottiene, il vino novello, possiede un dolcissimo sentore fruttato frammisto all’aroma del mosto.

 

 

Non è raro che il suo gusto rievochi quello di frutti quali la fragola, il mirtillo, il lampone o la ciliegia, perfettamente armonizzati con vaghi accenti floreali. La gradazione alcolica relativamente bassa rende possibile assaporare più di un calice di questo vino dal caratteristico color rubino. Degustarlo è un’esperienza sensoriale unica, impreziosita dal breve lasso di tempo in cui ci è consentito sperimentarla. La freschezza del vino novello fa sì che si sposi con molteplici cibi autunnali: il top viene raggiunto con il classico tagliere di salumi e formaggi, ma anche le castagne (specie a San Martino) rappresentano un abbinamento ideale. Zucche, funghi, legumi e formaggi di stagione come il pecorino compongono un connubio all’ insegna della delizia con il vino novello, per non parlare degli stuzzichini a base di pesce. Se al salato preferite il dolce, sarà perfetto accompagnare un dessert al cioccolato fondente alle note fruttate di questo vino.

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