Arabica, Robusta, Liberica e Excelsa: conosci le quattro varietà di caffè?

 

Per tutti quelli che, proprio come me, “la giornata inizia solo dopo un buon caffè“, sarà interessante saperne di più su questa incomparabile bevanda. VALIUM le ha dedicato già due articoli, il primo nella rubrica “La colazione di oggi” e il secondo teso ad approfondire il modo di berla in diversi paesi. Il focus di oggi riguarderà, invece, le varietà di caffè presenti nel mondo. Ne esistono quattro, che differiscono per luogo di provenienza, sapore, clima delle aree di coltivazione, lavorazione e tostatura dei chicchi. I loro nomi? Arabica, Robusta, Liberica e Excelsa. Le varietà Arabica e Robusta sono le più utilizzate, anche perchè vengono considerate le più pregiate. Andiamo a scoprire, ora, le principali caratteristiche delle quattro specie.

 

Coffea Arabica

Viene coltivata in zone dal clima mite, con temperature massime di 20 gradi. Originaria dell’ Etiopia, si è estesa a svariate zone dell’Africa e dell’America centro-meridionale: in Colombia, Brasile e nel Centro America si trovano le piantagioni più vaste. Il gusto dell’Arabica è aromatico, ma piacevolmente delicato; lo arricchiscono note acidule determinate dal luogo in cui si collocano le coltivazioni, che possono raggiungere i 2400 metri di altezza. A seconda dell’area di provenienza, comunque, il sapore dell’Arabica varia profondamente; denominatori comuni di tutte le specie rimangono il colore, un marrone molto intenso, e il gusto che, a tratti, ricorda la cioccolata. La varietà Arabica, decantata per la sua pregiatezza, viene considerata la migliore.

 

Coffea Robusta

La varietà Robusta si distingue dall’Arabica per i chicchi di dimensioni minori e per la percentuale di caffeina in essi contenuta; questi elementi fanno sì che il sapore della Robusta risulti più intenso, più amarognolo  rispetto a quello dell’Arabica. Diversa è anche la struttura dei chicchi: di forma tondeggiante con taglio centrale per la Robusta, allungata con taglio irregolare per l’Arabica. A livello aromatico, poi, la varietà Arabica si rivela molto più eterogenea, mentre la Robusta possiede un minor numero di cromosomi; ciò esalta e intensifica il suo sapore amaro. Rispetto alle caratteristiche in comune, invece, il frutto delle due specie è di un bel rosso vivo per entrambe. Potremmo definire la Robusta “robusta di nome e di fatto”: adattandosi a molteplici climi, viene coltivata in svariati paesi. Le piantagioni più numerose si trovano in Africa, in Brasile e nell’Asia Sud Orientale, ma il suo paese di provenienza è la Repubblica Democratica del Congo. Le temperature ottimali per la Robusta sono comprese tra i 24 e i 29 gradi. Cresce molto velocemente, perciò la raccolta è frequente; essendo coltivata a un’altitudine massima di 800 metri, inoltre, la Robusta è priva degli accenti aciduli dell’Arabica. Ma allora, perchè quest’ultima viene considerata la varietà migliore? In realtà, pare che tra le due non esistano sostanziali differenze. Tantevvero che, in Italia, dalla miscela di Arabica e Robusta si ottiene il caffè espresso. Potremmo dire che l’Arabica eccelle nell’aroma, mentre la Robusta è l’optimum per conferire cremosità al caffè; le caratteristiche di ogni variante, come ho già detto, vengono condizionate anche dal processo di lavorazione dei chicchi e dalla loro tostatura.

 

Coffea Liberica

Proviene dalle foreste della Liberia, nell’Africa Occidentale, dove viene ampiamente coltivata. Le esigenze di questa varietà, che richiede acqua in abbondanza e temperature elevate, riducono però il numero delle sue piantagioni. Tra le caratteristiche della Coffea Liberica risalta un sapore fortemente intenso e aromatico. I giapponesi adorano i suoi fiori, con cui preparano dei deliziosi infusi. La coltivazione della specie si è estesa a paesi come le Filippine, l’Indonesia, le Seychelles, la Malesia, la Polinesia Francese, il Venezuela, la Colombia, il Brasile e diversi stati dell’America Centrale.

 

Coffea Excelsa

E’ una varietà molto coltivata in Africa, in Indonesia e nel Vietnam. In confronto con quella dell’Arabica, la sua pianta vanta una “tempra” più forte; tuttavia, le esigenze della specie Excelsa sono molteplici e ne pregiudicano notevolmente la diffusione: basti pensare che la raccolta prevede che ogni chicco venga colto singolarmente. Ciò rende la procedura fin troppo laboriosa e richiede dei cospiscui investimenti in termini di tempo e di denaro.

 

La colazione di oggi: il caffè e le sue varianti nel mondo

 

In Italia è un’istituzione. Il caffè non è una semplice bevanda, bensì un rito: da svolgere da soli o in compagnia. Ma anche nel resto del mondo lo si apprezza. Non è un caso che appaia solo al terzo posto, dopo l’acqua e il té, nella classifica dei liquidi più bevuti. E se nello stivale l’espresso (preparato al bar con una macchina che eroga un getto di acqua calda sotto pressione su uno strato di caffè macinato e pressato in precedenza) è il tipo di caffè più gettonato, molti paesi hanno elaborato varianti entrate a far parte delle proprie tipicità nazionali. Le caratteristiche di queste varianti, come scopriremo, sono determinate da molteplici fattori: i più rilevanti si associano alla presenza di piantagioni di caffè, alla lavorazione dei chicchi, al gusto e allo stile di vita locali. Il caffè migliore, è risaputo, proviene dalle zone tropicali. Le specie del genere Coffea sono diffuse nella “Bean Belt”, la fascia equatoriale del globo, che comprende oltre 50 paesi. In essa rientrano molti stati dell’ America del Sud, dell’ Africa e dell’Asia sud orientale. A detenere il record della produzione mondiale di caffè sono cinque nazioni: al primo posto in classifica troviamo il Brasile, seguito dal Vietnam, dalla Colombia, dall’ Indonesia e dall’  Etiopia. Qualche dato? Il mercato del caffè è secondo solo a quello del petrolio; ogni anno si esportano più di 30 milioni di sacchi di caffè, che viene consumato da circa il 40% della popolazione terrestre. Secondo le statistiche, le tazze di caffè bevute annualmente ammontano a ben 500 miliardi. I paesi maggiormente coinvolti nell’esportazione del prodotto sono il Brasile, la Colombia (dove è presente il cosiddetto “Eje Cafetero”, una vastissima area di piantagioni di caffé), l’Indonesia e l’ Honduras, mentre tra i principali importatori figurano gli Stati Uniti, la Germania, la Francia, l’Italia e il Belgio. Le qualità di caffè differiscono in base al luogo di provenienza. Determinanti per l’aroma risultano il clima, il tipo di terreno, la coltivazione…Il sapore dei chicchi, idealmente, dovrebbe contraddistinguere il paese da cui derivano. In questo articolo ci occuperemo però non tanto della Coffea Arabica, quanto del caffè bell’è pronto: ovvero, delle varianti di caffè (considerato come bevanda) più diffuse al mondo.

 

 

Andiamo subito in Colombia, dove il caffè rappresenta il motore dell’economia. L’ Eje Cafetero, situato a sud di Medellin, è la “zona del caffè” per eccellenza: qui il caffè si coltiva, si produce e si esporta. In questo territorio immenso le piantagioni si alternano a città, paesini e paesaggi di una bellezza mozzafiato che hanno fatto guadagnare all’Eje il titolo di Patrimonio Mondiale dell’ Umanità UNESCO. Ma quali sono le principali tipologie di caffè preparate in Colombia? Su tutte, predominano due rivisitazioni dell’ espresso: se il Tinto corrisponde all’espresso classico, la Chaqueta è un caffè nero arricchito di panela, ovvero zucchero di canna non raffinato e plasmato in panetti che funge da dolcificante. Questo caffè viene anche detto Tinto Campesino. Poi c’è il Cortado, un caffè macchiato che mescola espresso e latte in parti uguali.

 

 

Proseguiamo il nostro tragitto in America Latina. Chi ha visitato il Venezuela sarà senz’altro rimasto intrigato dal caffè Guayoyo, un caffè nero dall’aroma decisamente soave diluito con acqua bollente. Il Cerrero è il suo esatto opposto, molto concentrato e dal gusto intenso, mentre il Guarapo viene dolcificato con il papelòn, l’equivalente della panela colombiana. Il Tetero, invece, si prepara con un 90% di latte e un 10% di caffè.

 

 

In Messico il Café de Olla è una bevanda tradizionale; solitamente, per esaltare il suo sapore “antico”, viene servito in tazze o recipienti di argilla o di ceramica. Si beve caldo ed è composto da acqua, caffè macinato, cannella e piloncillo (il nome messicano della panela colombiana). Il Café de Olla ha un aroma inconfondibile che sancisce la sua unicità.

 

 

Restiamo in America, ma dirigiamoci negli Stati Uniti. Negli USA il caffè è molto amato, ma viene preparato in un modo completamente diverso dal nostro. Il più conosciuto è senz’altro il Caffè Americano, un caffè lungo, diluito con acqua bollente, bevuto in tazze alte e piuttosto capienti (le cosiddette “mugs”). Il Red Eye, invece, richiede una tazza di piccole dimensioni per esaltare il suo gusto intenso: è un mix potente di caffè espresso ed americano. Poi abbiamo il Drip Coffee, preparato con un filtro all’interno del quale viene posta una dose di caffè macinato. Per completare l’opera, si versa dell’acqua calda sul caffè in modo da creare un liquido uniforme. Va anche detto che gli americani adorano rendere il caffè il più goloso possibile: molto spesso lo arricchiscono con panna, marshmallows, biscotti e un’ampia varietà di delizie dolciarie.

 

 

Dall’America passiamo all’ Europa, dove non si può certo dire che le varianti del caffè facciano difetto. Una delle più note è certamente l’Irish Coffee, diffusissimo anche negli Stati Uniti: nasce in Irlanda, come suggerisce il suo nome, ed è una prelibata miscela di caffè caldo, whiskey rigorosamente irlandese e una buona dose di panna shakerata “posata” sulla superficie. Perchè shakerata? E’ molto semplice: in questo modo appare ancora più spumosa ed invitante. L’Irish Coffee si beve in un bicchiere di vetro simile a un calice, a stelo lungo, che viene riscaldato prima di essere riempito. La storia dell’Irish Coffee è curiosa. Fu inventato da Joe Sheridan, lo chef di un ristorante situato di fronte all’ aereoporto della città irlandese di Foynes, per rinfrancare dei viaggiatori di malumore a causa della cancellazione del volo su cui si sarebbero imbarcati. Qualche anno dopo un giornalista del San Francisco Chronicle, Stanton Delaplane, degustò l’Irish Coffee mentre si trovava in Irlanda e ne fu conquistato al punto tale da “esportarlo” immediatamente negli Stati Uniti.

 

 

Approdando in Germania, notiamo che anche i tedeschi amano abbinare al caffè i più golosi ingredienti. L’Eiskaffee, ad esempio, è un drink che combina il caffè freddo con polvere di cacao, gelato alla vaniglia e panna montata. Una ghiottoneria unica, non c’è che dire! Il Pharisäer Kaffee si prepara invece correggendo il caffè lungo con del rum ed aggiungendo una spolverata di cacao amaro, dello zucchero e una buona dose di panna montata: da leccarsi i baffi.

 

 

In Asia c’è davvero da sbizzarrirsi. Il Vietnam, al secondo posto tra i paesi esportatori di caffè, spicca per le varianti a dir poco creative con cui ha rivisitato la bevanda. Innanzitutto va detto che il caffè classico si prepara con una speciale caffettiera a percolazione, i cui filtri vengono posizionati proprio sopra al bicchiere. Su un filtro si inserisce il caffè macinato, poi si versa dell’acqua calda lentamente, a più riprese. Infine si mescola il tutto e si ottiene un caffè dal gusto molto intenso, che può essere gustato sia caldo che freddo (grazie ad alcuni cubetti di ghiaccio). Un’ altra versione di questo caffè prevede l’aggiunta di una modica dose di latte condensato, e riscaldato, precedentemente messo nel bicchiere. La variante detta Bac Xiu si avvale invece di latte condensato in dosi massicce raffreddato con molto ghiaccio. Il sapore particolarmente forte del caffè vietnamita è dovuto ai chicchi di Robusta con cui si prepara, che rispetto a quelli di Arabica contengono il doppio della caffeina. Il Caphe Trung potrebbe quasi essere definito un dolce: si montano dei tuorli d’uovo mescolandoli con lo zucchero e il latte condensato, unendoli successivamente al caffè preparato con la caffettiera a percolazione. Il risultato è super goloso, una sorta di crema densa che ricorda il tiramisù. Il Caphe Sua Chua è un delizioso mix di caffè nero e yogurt, mentre il Caphe Dua combina il caffè con il latte di cocco, e viene servito caldo oppure ghiacciato.

 

 

Prima di passare ai caffè ghiacciati, che durante l’estate hanno spopolato e intendono farlo anche in autunno, diamo un’occhiata al caffè più diffuso nella penisola balcanica, in medio oriente e in tutti i paesi arabi: il caffè Turco. L’acqua, insieme al caffè in polvere e allo zucchero, viene fatta bollire in un bricco di ottone che i turchi chiamano “cezve” e i greci “briki”. Una volta pronto, è tassativo insaporire il caffè con delle spezie – in particolare il cardamomo. Anche buona parte dell’Africa, come abbiamo già visto, appartiene alla cosiddetta “Bean Belt”. Del continente nero non possiamo tralasciare il caffè Touba, un’ antichissima bevanda senegalese. Il Touba, autentico emblema della tradizione africana, viene addirittura servito per strada e come complemento ideale dello street food (in Senegal, infatti, lo si accompagna ai cibi salati). Questo tipo di caffè, dal gusto intenso e corposo, si prepara pestando i grani di caffè insieme ai chiodi di garofano e a baccelli di pepe tostati. Dopo aver filtrato la miscela, si aggiunge dell’acqua bollente e si filtra nuovamente; oppure si dolcifica il tutto tralasciando la seconda filtrazione. La bevanda che si ottiene ha un gusto unico, potente e speziato, e svolge un’ottima azione depurativa per lo stomaco e il fegato.

 

 

Con i bollori dell’estate, di recente, si è verificato un vero e proprio boom del caffè ghiacciato. Essenzialmente ne esistono due tipi: l’Iced Coffee e il Cold Brew Coffee. Il primo è un caffè che viene estratto a caldo e in seguito raffreddato. Tra le sue varianti in Italia troviamo l’Espresso Shakerato, mentre in Giappone furoreggia il Japanese Iced Coffee (che si avvale di un dripper per la sua preparazione) e negli USA l’Iced Latte arricchito di sciroppi aromatizzati. Il Cold Brew Coffee, al contrario, è un caffè preparato con acqua fredda (o addirittura ghiacciata) in cui vengono infusi dei fondi di caffè in polvere. L’operazione richiede dalle 12 alle 24 ore, dopodichè il caffè può essere scolato. Il Cold Brew Coffee affonda le sue origini a Kyoto, in Giappone, e fu diffuso in Europa dai mercanti olandesi che commerciavano con il paese del Sol Levante. Oggi, nazioni come il Vietnam, l’India e la Tailandia hanno creato delle proprie varianti della bevanda, gettonatissima anche negli Stati Uniti.

 

 

 

La colazione di oggi: il cocco, “re dei vegetali”

 

La palma da cocco (nome botanico Cocos Nucifera, appartenente alla famiglia delle Arecacee) la conosciamo tutti: è l’emblema dei Tropici per antonomasia. Ha un fusto slanciato che può sfiorare i 40 metri di altezza, foglie paripennate lunghe fino a 5 metri e proviene dalle zone torride del sud-est asiatico; originaria dell’Indonesia, si è poi diffusa in India, nelle Filippine e in tutto l’Oceano Indiano. Successivamente la sua coltivazione si è estesa anche all’ Africa e al Sudamerica, più che altro nelle aree equatoriali. Il frutto, una grande drupa chiamata noce di cocco, è di forma ovale e pesa circa 1,5 kg. La drupa è composta da un esocarpo esterno liscio, da un mesocarpo intermedio di consistenza fibrosa e da un endocarpo solido e legnoso. Internamente, la drupa vanta una polpa bianca edibile che racchiude acqua di cocco nella sua cavità: il suo sapore è dolce, rinfrescante, le sue virtù sono innumerevoli. In ambito alimentare, dalla polpa vengono ricavati il latte, l’olio e la farina di cocco; dall’acqua di cocco, il liquido opalescente incluso nella noce, si estrae una bevanda che dopo la fermentazione origina il “vino di palma”, diffusissimo sin dai tempi degli Antichi Egizi.  Essiccando e frullando la polpa di cocco prima di mescolarla con acqua, si ottiene il latte di cocco: pare che in diversi luoghi fosse utilizzato per nutrire i neonati in alternativa al latte materno. L’olio di cocco è particolarmente indicato per i prodotti di bellezza, poichè abbonda di antiossidanti. Nello specifico, nutre, reidrata e lucida i capelli. Il cocco fu scoperto dagli europei nel 1498: quando l’esploratore portoghese Vasco Da Gama inaugurò la rotta marittima per le Indie, il suo equipaggio notò un frutto locale molto simile alla testa del Coco, un mitologico mostro ispanico. Di conseguenza, il frutto fu battezzato “coco” (“testa” in portoghese) per tale somiglianza.

 

 

Il soprannome più comune del cocco è “re dei vegetali”: perchè non esiste una parte del frutto che non sia utilizzabile, ma anche perchè, essendo una vera e propria miniera di grassi e proteine, ha ricoperto un ruolo nutrizionale fondamentale per moltissimi popoli dei paesi tropicali. Il cocco, infatti, è un alimento super nutriente: un etto del frutto contiene nientemeno che 360 calorie. Se state seguendo una dieta dimagrante, temo di dovervelo sconsigliare. Ma vi assicuro che, controindicazioni a parte, il cocco è un bomba di energia. Essendo molto ricco di potassio, in estate reintegra i sali minerali che perdiamo con la sudorazione. Nella polpa si concentrano i grassi e le calorie, abbondanti, così come un discreto numero di proteine e carboidrati. L’acqua di cocco contiene minerali quali il fosforo, il magnesio e il potassio, ma la noce tropicale abbonda anche di manganese: un toccasana per mantenere sani denti e ossa, potenziare il sistema immunitario e metabolizzare le proteine, il colesterolo e i carboidrati. Altri componenti del frutto sono le proteine e le vitamine, soprattutto quelle del gruppo B; le quantità di carboidrati risultano esigue al contrario degli aminoacidi, delle fibre e dei grassi “buoni” contenuti nel frutto, che permettono di mantenere la glicemia sotto controllo. I benefici della noce di cocco, oltre a quelli già citati, includono un’efficace azione contro le patologie urinarie e la stipsi. In più, il cocco combatte l’astenia ed è un ottimo energizzante del sistema nervoso.

 

 

Ciò avviene perchè la maggior parte dei grassi di cui è ricco il frutto è rappresentata dai trigliceridi a media catena, che l’organismo converte rapidamente in produttori di energia. Il rame e il ferro contenuti nel cocco favoriscono la formazione dei globuli rossi, mentre il selenio, con la sua azione antiossidante, contrasta l’invecchiamento cellulare.

 

 

Come gustare il cocco a colazione? Innanzitutto, grazie alle sue virtù dissetanti, può essere bevuto sotto forma di acqua o latte. La polpa del frutto, di solito, viene mangiata cruda o tagliata a pezzetti; la si può grattugiare e cuocere al forno: regalerà un sapore delizioso a torte, biscotti e dolcetti (pensate ai caratteristici pasticcini sferici ricoperti di noce di cocco grattugiata). Il cocco grattugiato e cotto al forno dona un gusto inedito sia al pane che ai muffin e ai biscotti. La farina di cocco può sostituire quella di grano ed è perfetta per chi è allergico al glutine, poichè non contiene questa sostanza.

 

 

Concludo con qualche curiosità. Proveniente dall’ Indonesia, la palma da cocco fu diffusa in Africa e nel Centro e Sud America dagli esploratori spagnoli e portoghesi. In tempi remotissimi la forma del frutto, così simile a un cranio, diede origine a svariate leggende sulla sacralità del cocco: lo si utilizzava per un gran numero di rituali simbolici, lo si offriva in sacrificio agli dei. Il “re dei vegetali” veniva considerato di buon auspicio in molte culture. In India lo si gustava (e si gusta tuttora) nelle occasioni speciali, e si pensava che regalarlo a una coppia di sposi il giorno delle nozze avesse propiziato loro tanta fortuna e felicità.